[srpskohrvatski / italiano]
NUOVI LIVELLI DI ABIEZIONE RAGGIUNTI NEL 2021
1) "IL GIORNALE" PUBBLICA ARTICOLO SU "BAMBINI INFOIBATI"
– Analisi di Claudia Cernigoi
2) NELLE MARCHE E A PAVIA SONO DISTRIBUITI NELLE SCUOLE LIBRI DI PROPAGANDA FASCISTA
– Comunicato PC Ascoli Piceno
– Articolo apparso su "Patria Indipendente"
3) INTIMIDAZIONI CONTRO LO STORICO ERIC GOBETTI
– Comunicato del Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica di Parma in merito alle polemiche su Gobetti
4) UZ 10. FEBRUAR, „DAN SJEĆANJA“ (Vladimir Kapuralin, 10. februara 2021.)
5) NUOVE INTITOLAZIONI TOPONOMASTICHE ALLA MARTIRE FASCISTA NORMA COSSETTO. IL CASO DI PARMA
– Comunicato della Federazione di Parma del PRC
6) COMMENTI
– Maurizio Acerbo (PRC-SE): Siamo stati gli unici a votare contro il “Giorno del Ricordo”. Lo rivendichiamo
– Fabio Muzzolon: Lettera a "L'Arena" (Verona)
=== 1 ===
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=722911441758866&id=154067661976583
Claudia Cernigoi
14.2.2021
LE FABBRICHE DELLE MENZOGNE, ennesima puntata.
I "bambini" infoibati dagli Jugoslavi
Una delle più importanti fabbriche di menzogne sulla storia del confine orientale è indiscutibilmente il quotidiano Il Giornale (non a caso ospita spesso gli interventi di Fausto Biloslavo, specialista in materia).
Alcuni giorni fa è comparso un articolo particolarmente odioso, perché parla di "bambini infoibati", a firma di tale Simona Sardi, presentata come "giornalista investigativa" (veramente di questa signora abbiamo letto che "vive tra Roma, Firenze e Verona ed è una giornalista che si occupa di infanzia e di problemi legati al mondo delle donne. Il suo secondo mestiere è scri... anzi creare libri per bambini!", il che è, per carità, bello buono e sacrosanto, ma giornalismo investigativo è altro).
Come abbia investigativo la collega Sardi non è dato sapere, ma fin dall'inizio, quando definisce "bambini" la fascia d'età da 0 a 17 anni, la sua "investigazione" ci sembra poco seria: dopo i 14 anni non si è più "bambini", e inoltre al tempo della guerra andavano a combattere anche i sedicenni.
Senza entrare nel merito di tutti i nomi citati (che ci sembrano tratti dalle solite, trite e ritrite, pubblicazioni propagandistiche che continuano a citarsi a vicenda), che richiedono uno studio specifico, vogliamo però segnalarne alcuni che dimostrano come questo tipo di "ricostruzione" storica sia in realtà solo l'ennesimo modo di fare disinformazione, in maniera anche piuttosto squallida, dato che si vuole far presa sui sentimenti che portano a (giustamente) condannare come infamie l'uccisione di bambini e ragazzi.
Ma tra i "bambini" indicati da Sardi come infoibati c'è anche il diciassettenne triestino Vinicio Bressanutti. Il quale effettivamente è stato trovato morto nel Fous di Balancetta, una cavità naturale nei pressi di Travesio (attuale provincia di Pordenone), quindi della sua morte difficilmente si possono ritenere responsabili i "partigiani titini" che non sono mai arrivati oltre il Tagliamento. Bressanutti, oltretutto, è stato ucciso nel 1944, presumibilmente da partigiani del luogo, dato che vestiva la divisa della Landschutz, cioè la milizia germanica (neanche la divisa della MDT, che era la formazione collaborazionista italiana). Insomma, il "bambino" Bressanutti è stato ammazzato nel corso della guerra in quanto militare nazista.
(Inserisco un commento per fatto personale: dei morti recuperati dal Fous di Balancetta ho parlato diffusamente nel mio libro "Operazione Plutone", uscito due anni fa: se si leggesse quello che scrivo invece di tacciarmi di "negazionista" senza entrare nel merito delle mie ricerche, qualcuno potrebbe evitare di fare figuracce barbine, ma tant'è).
Il secondo caso è ancora più mistificante: altri "bambini" vittime degli Jugoslavi sarebbero, secondo Sardi, i fratelli Piesz, Aurelio di 17 anni ed Eva di 15, uccisi dai "titini" a Fiume.
In realtà Aurelio Piesz era nato nel 1919, quindi di anni ne aveva 26, ed era il tenente a capo del presidio di Rupa, lungo la strada per Fiume; il 30/4/44 un'operazione congiunta nazifascista, cui partecipò anche Piesz, al comando del suo reparto, attaccò ed incendiò, radendolo praticamente al suolo, il villaggio di Lipa: vennero distrutte 87 case e 85 tra stalle e capanne, fu lasciata in piedi solo la chiesa, ma le persone che cercarono di rifugiarvisi furono massacrate come le altre. I morti totali furono 269, di cui 96 bambini, il più piccolo dei quali aveva sette mesi (nella foto un'immagine del massacro).
Da una testimonianza raccolta dal professor Samo Pahor risulta che mentre i nazifascisti incendiavano le case, un bambino di pochi anni si sarebbe diretto verso il tenente Piesz, che era conosciuto nel villaggio, per cercare protezione: ma Piesz lo avrebbe gettato nella casa che stava bruciando.
Piesz fu arrestato a Trieste nel maggio '45 dagli Jugoslavi: fu processato e condannato a morte, impiccato il 31 maggio al bivio di Rupa. Della sorella quindicenne, che sarebbe stata arrestata con lui (questo secondo l'Albo dei caduti della RSI), non sappiamo nulla, e nulla possiamo dire.
Ma rimane lo squallore di questa ennesima manovra di propaganda mistificatoria, cui si è prestata una giornalista evidentemente priva di quella deontologia professionale che prevede che le notizie debbano essere verificate prima di essere pubblicate.
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=722911441758866&id=154067661976583
Claudia Cernigoi
14.2.2021
LE FABBRICHE DELLE MENZOGNE, ennesima puntata.
I "bambini" infoibati dagli Jugoslavi
Una delle più importanti fabbriche di menzogne sulla storia del confine orientale è indiscutibilmente il quotidiano Il Giornale (non a caso ospita spesso gli interventi di Fausto Biloslavo, specialista in materia).
Alcuni giorni fa è comparso un articolo particolarmente odioso, perché parla di "bambini infoibati", a firma di tale Simona Sardi, presentata come "giornalista investigativa" (veramente di questa signora abbiamo letto che "vive tra Roma, Firenze e Verona ed è una giornalista che si occupa di infanzia e di problemi legati al mondo delle donne. Il suo secondo mestiere è scri... anzi creare libri per bambini!", il che è, per carità, bello buono e sacrosanto, ma giornalismo investigativo è altro).
Come abbia investigativo la collega Sardi non è dato sapere, ma fin dall'inizio, quando definisce "bambini" la fascia d'età da 0 a 17 anni, la sua "investigazione" ci sembra poco seria: dopo i 14 anni non si è più "bambini", e inoltre al tempo della guerra andavano a combattere anche i sedicenni.
Senza entrare nel merito di tutti i nomi citati (che ci sembrano tratti dalle solite, trite e ritrite, pubblicazioni propagandistiche che continuano a citarsi a vicenda), che richiedono uno studio specifico, vogliamo però segnalarne alcuni che dimostrano come questo tipo di "ricostruzione" storica sia in realtà solo l'ennesimo modo di fare disinformazione, in maniera anche piuttosto squallida, dato che si vuole far presa sui sentimenti che portano a (giustamente) condannare come infamie l'uccisione di bambini e ragazzi.
Ma tra i "bambini" indicati da Sardi come infoibati c'è anche il diciassettenne triestino Vinicio Bressanutti. Il quale effettivamente è stato trovato morto nel Fous di Balancetta, una cavità naturale nei pressi di Travesio (attuale provincia di Pordenone), quindi della sua morte difficilmente si possono ritenere responsabili i "partigiani titini" che non sono mai arrivati oltre il Tagliamento. Bressanutti, oltretutto, è stato ucciso nel 1944, presumibilmente da partigiani del luogo, dato che vestiva la divisa della Landschutz, cioè la milizia germanica (neanche la divisa della MDT, che era la formazione collaborazionista italiana). Insomma, il "bambino" Bressanutti è stato ammazzato nel corso della guerra in quanto militare nazista.
(Inserisco un commento per fatto personale: dei morti recuperati dal Fous di Balancetta ho parlato diffusamente nel mio libro "Operazione Plutone", uscito due anni fa: se si leggesse quello che scrivo invece di tacciarmi di "negazionista" senza entrare nel merito delle mie ricerche, qualcuno potrebbe evitare di fare figuracce barbine, ma tant'è).
Il secondo caso è ancora più mistificante: altri "bambini" vittime degli Jugoslavi sarebbero, secondo Sardi, i fratelli Piesz, Aurelio di 17 anni ed Eva di 15, uccisi dai "titini" a Fiume.
In realtà Aurelio Piesz era nato nel 1919, quindi di anni ne aveva 26, ed era il tenente a capo del presidio di Rupa, lungo la strada per Fiume; il 30/4/44 un'operazione congiunta nazifascista, cui partecipò anche Piesz, al comando del suo reparto, attaccò ed incendiò, radendolo praticamente al suolo, il villaggio di Lipa: vennero distrutte 87 case e 85 tra stalle e capanne, fu lasciata in piedi solo la chiesa, ma le persone che cercarono di rifugiarvisi furono massacrate come le altre. I morti totali furono 269, di cui 96 bambini, il più piccolo dei quali aveva sette mesi (nella foto un'immagine del massacro).
Da una testimonianza raccolta dal professor Samo Pahor risulta che mentre i nazifascisti incendiavano le case, un bambino di pochi anni si sarebbe diretto verso il tenente Piesz, che era conosciuto nel villaggio, per cercare protezione: ma Piesz lo avrebbe gettato nella casa che stava bruciando.
Piesz fu arrestato a Trieste nel maggio '45 dagli Jugoslavi: fu processato e condannato a morte, impiccato il 31 maggio al bivio di Rupa. Della sorella quindicenne, che sarebbe stata arrestata con lui (questo secondo l'Albo dei caduti della RSI), non sappiamo nulla, e nulla possiamo dire.
Ma rimane lo squallore di questa ennesima manovra di propaganda mistificatoria, cui si è prestata una giornalista evidentemente priva di quella deontologia professionale che prevede che le notizie debbano essere verificate prima di essere pubblicate.
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Fonte: pagina FB di Partito Comunista - Marche, 10.2.2021.
Da Partito Comunista - Ascoli Piceno
COMUNICATO DEL PARTITO COMUNISTA MARCHE - SEZIONE DI ASCOLI PICENO
Il 10 Febbraio è la "giornata del ricordo" o meglio la giornata della storia negata d’Italia dal 1920 al 1943. Ci battiamo contro ogni revisionismo, per una analisi reale del contesto e dei fatti storici.
Non possiamo accettare che la storia venga narrata a senso unico, solamente a partire dalle vicende istriane del 25 Luglio 1943 a quelle di Trieste dell'aprile 1945.
Una data su tutte andrebbe ricordata, il 13 Luglio 1920, giorno che Mussolini definì come il "provvidenziale incendio del Balkan", a partire dalla quale ebbero inizio l’italianizzazione fascista dei territori slavi e la "bonifica etnica".
Oggi, 10 Febbraio 2021, il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, esponente di Fratelli d’Italia, decide di festeggiare la “giornata del ricordo" distribuendo agli studenti della scuola pubblica due libri editi da Ferrogallico, casa editrice vicina all'estrema destra e gestita, tra gli altri, dai dirigenti di Forza Nuova
Marco Carucci (capo della comunicazione) e Alfredo Durantini (segretario provinciale milanese).
I libri in oggetto sono "Foiba Rossa", "Norma Cossetto. Storia di un’italiana" e "Nino Benvenuti. Il mio esodo dall’Istria", testi già in passato abbondantemente smontati da diversi e autorevoli storici, in quanto pieni di errori e falsi storici e creati ad arte per inventare una sorta di Shoah nostrana, da usare esclusivamente a fini di propaganda politica.
La sezione del Partito Comunista di Ascoli Piceno e tutto il Partito Comunista Marche condanna con sdegno questa operazione faziosa e di revisionismo storico, avulsa da qualsiasi contestualizzazione e portata avanti con sperpero di denaro pubblico!
La storia dovrebbe essere maestra di vita e in quanto tale raccontata così come è avvenuta, non manipolata per riabilitare soggetti, ideologie criminali e soprattutto, come in questa occasione, usando i giovani e la scuola pubblica, come mezzo di falsa propaganda.
Partito Comunista - Marche
Non possiamo accettare che la storia venga narrata a senso unico, solamente a partire dalle vicende istriane del 25 Luglio 1943 a quelle di Trieste dell'aprile 1945.
Una data su tutte andrebbe ricordata, il 13 Luglio 1920, giorno che Mussolini definì come il "provvidenziale incendio del Balkan", a partire dalla quale ebbero inizio l’italianizzazione fascista dei territori slavi e la "bonifica etnica".
Oggi, 10 Febbraio 2021, il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, esponente di Fratelli d’Italia, decide di festeggiare la “giornata del ricordo" distribuendo agli studenti della scuola pubblica due libri editi da Ferrogallico, casa editrice vicina all'estrema destra e gestita, tra gli altri, dai dirigenti di Forza Nuova
Marco Carucci (capo della comunicazione) e Alfredo Durantini (segretario provinciale milanese).
I libri in oggetto sono "Foiba Rossa", "Norma Cossetto. Storia di un’italiana" e "Nino Benvenuti. Il mio esodo dall’Istria", testi già in passato abbondantemente smontati da diversi e autorevoli storici, in quanto pieni di errori e falsi storici e creati ad arte per inventare una sorta di Shoah nostrana, da usare esclusivamente a fini di propaganda politica.
La sezione del Partito Comunista di Ascoli Piceno e tutto il Partito Comunista Marche condanna con sdegno questa operazione faziosa e di revisionismo storico, avulsa da qualsiasi contestualizzazione e portata avanti con sperpero di denaro pubblico!
La storia dovrebbe essere maestra di vita e in quanto tale raccontata così come è avvenuta, non manipolata per riabilitare soggetti, ideologie criminali e soprattutto, come in questa occasione, usando i giovani e la scuola pubblica, come mezzo di falsa propaganda.
Partito Comunista - Marche
In foto: Cimitero Partigiano internazionale di Pozza, Acquasanta Terme (AP)
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La consigliera e il fumetto rosso sangue
Annalisa Alessio, 9.2.2021
A Pavia un’esponente di FdI annuncia la distribuzione agli studenti di medie e superiori del fumetto “Foiba Rossa” dedicato a Norma Cossetto, dove accanto a ricostruzioni fantasiose già confutate dagli storici, si propongono scene violente mai documentate. L’Anpi provinciale con il presidente Marchiselli chiede chiarimenti al prefetto e all’Usp
Mentre una consigliera comunale pavese di Fratelli d’Italia sorride dalla rete, informandoci di aver diffuso nelle scuole – non sappiamo in base a quale autorizzazione – il fumetto “foiba rossa”, già l’anno scorso oggetto di una sciagurata mostra patrocinata dall’Amministrazione comunale, che fa propria la narrazione tossica su Norma Cossetto, ci vengono alla mente alcune riflessioni.
A chi scrive non è nota l’esistenza di una fiction che abbia quale scenario il campo di internamento nell’isola di Arbe (Rab) “dove tra il 1942 e il 1943 morirono, ad opera delle truppe occupanti italiane, forse un quinto degli oltre 10.000 prigionieri civili deportati dalla Slovenia dall’Istria e dalla Dalmazia” (cit. G. Rochat le guerre italiane) o di una fiction che abbia quali protagonisti i contadini del villaggio di Drenovo sterminati il 14 dicembre 1941 da militi del regio esercito nell’ottica della repressione preventiva teorizzata dagli alti comandi.
Nemmeno ci è nota nemmeno l’esistenza di un fumetto che, a vividi colori, tracci i passaggi salienti della circolare 3C, emanata nel marzo 1942 dal comando superiore delle forze armate italiane, forti del “principio dello spopolamento e della deportazione dei civili, e della strategia della snazionalizzazione” (cit. D. Conti l’occupazione italiana dei Balcani). Nemmeno sappiamo se esista un fumetto che restituisca l’immagine del cielo colore del sangue sopra Trieste, mentre le fiamme dell’incendio squadrista del 13 luglio 1920 devastano il Narodni dom, sede delle associazioni slavofile.
Se, pure, una di queste opere esistesse, ci asterremmo attentamente dal farne il fulcro attorno cui condurre la riflessione sugli eventi definiti, con un punto di vista molto parziale, “confini orientali”.
Perché la storia è altra cosa: essa conosce spigoli aguzzi, rigetta il tempo fasullo che contrae ed appiattisce gli eventi; batte al ritmo di un prima e di un dopo, e richiede tempo e fatica per essere appresa.
Cosa diversa dalla fiction o dal fumetto è anche la memoria della storia, entro la quale, a partire dai nomi dei generali italiani nei Balcani iscritti nelle liste dei criminali di guerra dalle Nazioni Unite e restati impuniti, andrebbero ricondotti ampi spezzoni di eventi sommersi da potenti strati di opacità in nome di una sorta di auto assoluzione della nazione, sempre facile a privilegiare quell’imbarazzante “paradigma vittimario” che chiude ogni conto ancora in sospeso con un vano fiotto di pianto.
Per tornare al caso pavese, di cui attendiamo eventuali sviluppi, anche in ordine alla richiesta di chiarimenti da parte di Anpi al prefetto e al dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale (Usp), almeno chiederemmo che l’approccio alla storia non fosse svolto da un esponente del partito che, per il tramite del suo leader, Giorgia Meloni, nel centenario dell’entrata in guerra ha promosso l’evento “il Piave mormorò, non passa lo straniero”, quando è noto che le truppe italiane non passarono il Piave, ma si schierarono lungo l’Isonzo, fiume di confine con gli Imperi centrali e che, se c’era uno straniero invasore, che attentava il passaggio, quello era l’esercito italiano, in guerra contro l’ex alleato asburgico.
Nemmeno ci è nota nemmeno l’esistenza di un fumetto che, a vividi colori, tracci i passaggi salienti della circolare 3C, emanata nel marzo 1942 dal comando superiore delle forze armate italiane, forti del “principio dello spopolamento e della deportazione dei civili, e della strategia della snazionalizzazione” (cit. D. Conti l’occupazione italiana dei Balcani). Nemmeno sappiamo se esista un fumetto che restituisca l’immagine del cielo colore del sangue sopra Trieste, mentre le fiamme dell’incendio squadrista del 13 luglio 1920 devastano il Narodni dom, sede delle associazioni slavofile.
Se, pure, una di queste opere esistesse, ci asterremmo attentamente dal farne il fulcro attorno cui condurre la riflessione sugli eventi definiti, con un punto di vista molto parziale, “confini orientali”.
Perché la storia è altra cosa: essa conosce spigoli aguzzi, rigetta il tempo fasullo che contrae ed appiattisce gli eventi; batte al ritmo di un prima e di un dopo, e richiede tempo e fatica per essere appresa.
Cosa diversa dalla fiction o dal fumetto è anche la memoria della storia, entro la quale, a partire dai nomi dei generali italiani nei Balcani iscritti nelle liste dei criminali di guerra dalle Nazioni Unite e restati impuniti, andrebbero ricondotti ampi spezzoni di eventi sommersi da potenti strati di opacità in nome di una sorta di auto assoluzione della nazione, sempre facile a privilegiare quell’imbarazzante “paradigma vittimario” che chiude ogni conto ancora in sospeso con un vano fiotto di pianto.
Per tornare al caso pavese, di cui attendiamo eventuali sviluppi, anche in ordine alla richiesta di chiarimenti da parte di Anpi al prefetto e al dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale (Usp), almeno chiederemmo che l’approccio alla storia non fosse svolto da un esponente del partito che, per il tramite del suo leader, Giorgia Meloni, nel centenario dell’entrata in guerra ha promosso l’evento “il Piave mormorò, non passa lo straniero”, quando è noto che le truppe italiane non passarono il Piave, ma si schierarono lungo l’Isonzo, fiume di confine con gli Imperi centrali e che, se c’era uno straniero invasore, che attentava il passaggio, quello era l’esercito italiano, in guerra contro l’ex alleato asburgico.
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Sulle minacce allo storico Eric Gobetti, autore del libro "E allora le foibe?" (Laterza 2021 – si veda:
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9380-9205-il-fenomeno-delle-foibe.html ), segnaliamo ad esempio:
https://torino.corriere.it/cultura/21_febbraio_11/libro-foibe-minacciato-eric-gobetti-comunista-appeso-ci-vendicheremo-a2976022-6c80-11eb-bd17-59a445633f5e.shtml
https://www.facebook.com/erik.gobetti/posts/10158116801427644
https://torino.corriere.it/cultura/21_febbraio_11/libro-foibe-minacciato-eric-gobetti-comunista-appeso-ci-vendicheremo-a2976022-6c80-11eb-bd17-59a445633f5e.shtml
https://www.facebook.com/erik.gobetti/posts/10158116801427644
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Comunicato del Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica
In merito alle iniziative sulle foibe a Parma, il Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica esprime solidarietà nei confronti dello storico Eric Gobetti e dei/delle ricercatori/ricercatrici del <<Centro Studi Movimenti>>, autori di interventi e scritti affatto “estremisti” ma equilibrati, oggetto di volgari attacchi da posizioni preconcette e negazioniste, negazioniste, queste sì, delle cause e dei crimini del fascismo che stanno alla base di tutte le complesse e tragiche vicende del confine nordorientale dagli anni ’20 del ‘900 a metà del secolo scorso.
Il Comitato invita il Comune di Parma, nella quale nel 1942 e nel 1943 furono deportati e incarcerati oltre 800 civili jugoslavi antifascisti, a tenere viva la memoria di questo fatto e a rivitalizzare il gemellaggio con Lubiana intrapreso nel 1964 all’insegna della pace e dell’amicizia fra i popoli.
Il Comitato sostiene la richiesta rivolta al Governo, già formulata nel 2015, dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ANPI, diretta alla sospensione della legge 92/2004 istitutiva del 10 febbraio <<giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati>>. La celebrazione del 10 febbraio infatti risulta essere, piuttosto che una rievocazione storica corretta e completa, una ricostruzione rovesciata della realtà storica dei fatti. Rovesciata innanzitutto per l’attribuzione di riconoscimenti e medaglie della Repubblica a persone (loro congiunti) che – dall’esame delle biografie – risultano essere state in gran parte fascisti, collaborazionisti, appartenenti alle forze armate dell’Italia fascista che hanno aggredito e occupato la Jugoslavia e che durante la RSI nelle zone del Litorale Adriatico erano sotto il diretto comando tedesco.
Parma, 13 febbraio 2021
In merito alle iniziative sulle foibe a Parma, il Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica esprime solidarietà nei confronti dello storico Eric Gobetti e dei/delle ricercatori/ricercatrici del <<Centro Studi Movimenti>>, autori di interventi e scritti affatto “estremisti” ma equilibrati, oggetto di volgari attacchi da posizioni preconcette e negazioniste, negazioniste, queste sì, delle cause e dei crimini del fascismo che stanno alla base di tutte le complesse e tragiche vicende del confine nordorientale dagli anni ’20 del ‘900 a metà del secolo scorso.
Il Comitato invita il Comune di Parma, nella quale nel 1942 e nel 1943 furono deportati e incarcerati oltre 800 civili jugoslavi antifascisti, a tenere viva la memoria di questo fatto e a rivitalizzare il gemellaggio con Lubiana intrapreso nel 1964 all’insegna della pace e dell’amicizia fra i popoli.
Il Comitato sostiene la richiesta rivolta al Governo, già formulata nel 2015, dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ANPI, diretta alla sospensione della legge 92/2004 istitutiva del 10 febbraio <<giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati>>. La celebrazione del 10 febbraio infatti risulta essere, piuttosto che una rievocazione storica corretta e completa, una ricostruzione rovesciata della realtà storica dei fatti. Rovesciata innanzitutto per l’attribuzione di riconoscimenti e medaglie della Repubblica a persone (loro congiunti) che – dall’esame delle biografie – risultano essere state in gran parte fascisti, collaborazionisti, appartenenti alle forze armate dell’Italia fascista che hanno aggredito e occupato la Jugoslavia e che durante la RSI nelle zone del Litorale Adriatico erano sotto il diretto comando tedesco.
Parma, 13 febbraio 2021
=== 4 ===
Pročitaj takodjer: UZ 10. FEBRUAR, „DAN SJEĆANJA“ (Vladimir Kapuralin, 10. veljače 2020.)
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UZ 10. FEBRUAR, „DAN SJEĆANJA“
11. VELJAČE 2021. Antifašizam, Dalmacija, Eu, Govor SRP-a, Istra
U talijanskom parlamentu je 30. III. 2004. godine, za vrijeme Berlusconijeve vlade uglavnom pod pritiskom desničarske partije Alleanza Nazionale, nasljednice MSI fašističkog pokreta Movimento Sociale Italiano, ali i podrškom partija lijevog centra, izglasan i time ustanovljen Il giorno del ricordo, „Dan sjećanja“, 10. februara. Tim činom se u Italiji ustoličila nova praksa kojom se pristup iseljavanju u Italiju većeg broja Talijana, ali i Slavena, s oslobođenih područja Istre, Dalmacije i otoka nakon II. svjetskog rata i pripajanja tih dijelova Jugoslaviji, izdvaja od dotadašnje percepcije i daje mu drugu dimenziju. U prošlosti bi se na talijanskoj strani problem aktualizirao kada bi se pojavila politička potreba za njim. Određivanjem 10. februara „Danom sjećanja“ povod je institucionaliziran i on više nije prepušten političkoj potrebi trenutka, već se on permanentno nudi kao argument, čime si je institut vlasti zadao obavezu i ona vlast koja ne bude posegnula za njim riskira da bude doživljena kao nepatriotska.
Pristup i argumentacija koja je korištena za taj projekt pristrana je, selektivna i jednostrana. Iako je ključna riječ u nazivu „sjećanje“, ono se odnosi samo na jednu stranu. U obzir uzima samo žrtve i stradanja pripadnika talijanske nacionalnosti i domaćih kolaboracionista u periodu nakon kapitulacije Italije 8. septembra 1943. godine do 4. oktobra iste godine, kada su Istru okupirale njemačke trupe, dok prešućuje žrtve slavenskog domicilnog stanovništva od dolaska fašista na vlast pa dalje.
Bez namjere da se licitira sa žrtvama, prema nacističkim izvorima iz tog vremena pronađeni su ostaci 203 žrtve. Prema istraživanjima povjesničara nakon II. svjetskog rata, procjene govore o 500 žrtava. Usprkos tome, pred dvije godine, Matteo Salvini, ministar unutrašnjih poslova, usporedio je događaje o kojima je riječ s događanjima u Auschwitzu. To je samo jedan primjer uzet iz šume sličnih.
I prije donošenja spornog zakona, talijanska je strana događaje o kojima je riječ koristila propagandistički pa i iredentistički, kvantitativno pretjeravajući po pitanju žrtava i događaja. S druge strane, nakon završetka rata, u uvjetima blokovske podjele i nastavka hladnog rata, iskoristila je za temeljito brisanje fizičkih tragova koncentracijskih logora na i oko istočne granice, pri čemu su i njeni ratni zločinci prošli nekažnjeno, za razliku od, recimo, njihovih kolega, određnog broja nacističkih zločinaca. S druge strane, i jugoslavenska strana nije puno, odnosno, bolje reći, rado govorila o odgovornosti s naše strane, što nije doprinijelo raščišćavanju problema.
Pojave poput „Dana sjećanja“ nisu put do istine, već instrumentaliziranje povijesti za alimentiranje novih tenzija. Danas, s vremenske distance od 70 i više godina od tih događaja, pristrani političari ne mogu riješiti problem. Najpozvaniji za to su povjesničari obiju strana, a takvih ima, koji ne zlorabe svoju struku, već na osnovu postojeće arhivske i ostale građe utvrđuju istinu. Tome mogu doprinijeti i ostali istinoljubivi pojedinci koji se zanimaju za te događaje.
U Puli, 10. februara 2021.
Vladimir Kapuralin
=== 5 ===
Comunicato della Federazione di Parma del PRC sul voto del Comune di Parma per istituire
<<via Norma Cossetto>>
La Federazione di Parma del Partito della Rifondazione Comunista ritiene grave e inaccettabile il voto del Consiglio Comunale di Parma nella seduta del 15 febbraio 2021 a favore di una mozione presentata dalla Lega Nord per l’intitolazione di una via di Parma a Norma Cossetto, giovane istriana uccisa nel 1943, recuperata da una foiba.
Oltre al fatto che esiste già una via della città dedicata ai martiri (termine che nemmeno la legge 92/2004 utilizza in alcun passaggio) delle foibe del ’43 e ’45, non sono del tutto chiare le circostanze della morte di Norma Cossetto, alla quale nel 2005 è stata conferita dalla Presidenza della Repubblica la medaglia d’oro al merito civile.
In merito a questa onorificenza la Commissione Toponomastica del Comune di Reggio Emilia ha chiesto di rivedere l’istruttoria dell’assegnazione fatta a suo tempo a Roma e di poter accedere ai suoi atti. La Federazione di Parma del Partito della Rifondazione Comunista chiede che anche la Commissione Toponomastica del Comune di Parma proceda in questa domanda di riesame.
E’ evidente l’uso strumentale che la destra fa di questa vicenda tragica (prova ne è il fatto stesso che la mozione venga presentata in tutta Italia) nell’intento di riproporre la distorsione propagandistica della storia che ha generato l’istituzione stessa della Giornata del Ricordo: ogni anno, il 10 Febbraio, si celebra un ricordo a metà, si decontestualizzano i fatti, cancellando con un colpo di spugna i crimini orrendi commessi per decenni dai fascisti italiani ai danni delle popolazioni jugoslave, mentre si accendo i riflettori solo sugli atti di vendetta, colpevoli e crudeli a loro volta, ma di ben inferiore portata, messi in atto dalle vittime.
Sarebbe, invece, opportuno che Parma, medaglia d’oro della Resistenza, non perda la memoria degli 800 e oltre civili jugoslavi antifascisti deportati e imprigionati nel carcere di San Francesco di Parma negli anni 1942, 1943 in seguito all’aggressione e all’occupazione fascista della Jugoslavia, dodici dei quali morirono in carcere, e che si rilanci il gemellaggio intrapreso nel 1964 con Lubiana che dal fascismo fu ridotta a città circondata tutta da filo spinato.
La Federazione di Parma del PRC si rivolge a tutte le forze e istituzioni democratiche antifasciste perché non manchi l’impegno contro l’opera di revisione della storia e riduzione della portata e del valore della Resistenza e della lotta partigiana, che ha nell’attribuzione il 10 febbraio di riconoscimenti e medaglie immeritati uno dei suoi più gravi momenti.
<<via Norma Cossetto>>
La Federazione di Parma del Partito della Rifondazione Comunista ritiene grave e inaccettabile il voto del Consiglio Comunale di Parma nella seduta del 15 febbraio 2021 a favore di una mozione presentata dalla Lega Nord per l’intitolazione di una via di Parma a Norma Cossetto, giovane istriana uccisa nel 1943, recuperata da una foiba.
Oltre al fatto che esiste già una via della città dedicata ai martiri (termine che nemmeno la legge 92/2004 utilizza in alcun passaggio) delle foibe del ’43 e ’45, non sono del tutto chiare le circostanze della morte di Norma Cossetto, alla quale nel 2005 è stata conferita dalla Presidenza della Repubblica la medaglia d’oro al merito civile.
In merito a questa onorificenza la Commissione Toponomastica del Comune di Reggio Emilia ha chiesto di rivedere l’istruttoria dell’assegnazione fatta a suo tempo a Roma e di poter accedere ai suoi atti. La Federazione di Parma del Partito della Rifondazione Comunista chiede che anche la Commissione Toponomastica del Comune di Parma proceda in questa domanda di riesame.
E’ evidente l’uso strumentale che la destra fa di questa vicenda tragica (prova ne è il fatto stesso che la mozione venga presentata in tutta Italia) nell’intento di riproporre la distorsione propagandistica della storia che ha generato l’istituzione stessa della Giornata del Ricordo: ogni anno, il 10 Febbraio, si celebra un ricordo a metà, si decontestualizzano i fatti, cancellando con un colpo di spugna i crimini orrendi commessi per decenni dai fascisti italiani ai danni delle popolazioni jugoslave, mentre si accendo i riflettori solo sugli atti di vendetta, colpevoli e crudeli a loro volta, ma di ben inferiore portata, messi in atto dalle vittime.
Sarebbe, invece, opportuno che Parma, medaglia d’oro della Resistenza, non perda la memoria degli 800 e oltre civili jugoslavi antifascisti deportati e imprigionati nel carcere di San Francesco di Parma negli anni 1942, 1943 in seguito all’aggressione e all’occupazione fascista della Jugoslavia, dodici dei quali morirono in carcere, e che si rilanci il gemellaggio intrapreso nel 1964 con Lubiana che dal fascismo fu ridotta a città circondata tutta da filo spinato.
La Federazione di Parma del PRC si rivolge a tutte le forze e istituzioni democratiche antifasciste perché non manchi l’impegno contro l’opera di revisione della storia e riduzione della portata e del valore della Resistenza e della lotta partigiana, che ha nell’attribuzione il 10 febbraio di riconoscimenti e medaglie immeritati uno dei suoi più gravi momenti.
Parma, 17 febbraio 2021
=== 6: COMMENTI ===
ACERBO(PRC-SE): SIAMO STATI GLI UNICI A VOTARE CONTRO IL “GIORNO DEL RICORDO”. LO RIVENDICHIAMO
Pubblicato il 10 feb 2021
Anche nel 2021 il Giorno del Ricordo si è trasformato in occasione per un festival del revisionismo storico e della memoria dimezzata.
Rivendichiamo di essere stati gli unici a non votare una legge che aveva come scopo la riscrittura della storia.
Anche oggi gli esponenti politici, e purtroppo lo stesso Presidente della Repubblica, hanno dimenticato di ricordare i crimini del fascismo e la guerra scatenata al fianco di Hitler da Mussolini che è costata ai popoli della Jugoslavia un’enorme numero di vittime.
Anche oggi la narrazione costruita dalla destra fascista fin dal dopoguerra è stata fatta propria da chi avrebbe dovere di salvaguardare la memoria innanzitutto del sacrificio di chi ha combattuto e sconfitto il nazifascismo.
Non si è sottratto al coro il segretario del PD Nicola Zingaretti che sembra avere studiato storia alla scuola di Almirante.
Il Giorno del Ricordo è diventata la celebrazione di quel revisionismo storico anticomunista che ha portato il PD a votare con le destre di tutta Europa una mozione che equipara il comunismo al nazismo.
Rivendichiamo con orgoglio di aver votato contro la legge che istituì questa giornata della mistificazione.
Anche nel 2021 il Giorno del Ricordo si è trasformato in occasione per un festival del revisionismo storico e della memoria dimezzata.
Rivendichiamo di essere stati gli unici a non votare una legge che aveva come scopo la riscrittura della storia.
Anche oggi gli esponenti politici, e purtroppo lo stesso Presidente della Repubblica, hanno dimenticato di ricordare i crimini del fascismo e la guerra scatenata al fianco di Hitler da Mussolini che è costata ai popoli della Jugoslavia un’enorme numero di vittime.
Anche oggi la narrazione costruita dalla destra fascista fin dal dopoguerra è stata fatta propria da chi avrebbe dovere di salvaguardare la memoria innanzitutto del sacrificio di chi ha combattuto e sconfitto il nazifascismo.
Non si è sottratto al coro il segretario del PD Nicola Zingaretti che sembra avere studiato storia alla scuola di Almirante.
Il Giorno del Ricordo è diventata la celebrazione di quel revisionismo storico anticomunista che ha portato il PD a votare con le destre di tutta Europa una mozione che equipara il comunismo al nazismo.
Rivendichiamo con orgoglio di aver votato contro la legge che istituì questa giornata della mistificazione.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
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Lettera a "L'Arena", quotidiano di Verona
GIORNO DEL RICORDO
Rieccoci alla fatidica data del 10 febbraio ed è cosa nobilissima il Ricordo. Ma bisogna stare attenti ancora oggi a non urtare la suscettibilità di tanti, anche di chi quelle ferite ha aperto, cioè l’Italia fascista (e poi gli opposti nazionalismi italiano e croato) che mosse guerra al Regno di Jugoslavia, in seguito Repubblica Federativa Socialista Jugoslava. Ringrazio perciò L’Arena di dare voce occasionalmente anche a chi non si allinea al coro attuale.
Mi sono sempre modestamente occupato di spazi di cultura italiana e veneta nell’ex Paese balcanico, e ho notato che molte manifestazioni di tale folklore erano pubblicati dalla Jugoton di Belgrado, capitale, mentre l’informazione della comunità italiana era seguita da organi come Radio TV Capodistria e La Voce del Popolo (certo politicamente orientate), negli uffici dell’Istria si parlava anche in italiano e in dialetto. Niente del genere è stato fatto dall’Italia nei confronti delle comunità slave rimaste di qua del confine in Friuli Venezia Giulia, totalmente ignorate.
Il rancore antislavo riemerso da qualche anno è forse comprensibile laddove è conseguenza in buonafede di alcune tragedie familiari, che però colpirono tutte le parti in quelle terre martoriate e mistilingui. Contemporaneamente, va detto, le città italiane sono state sventrate dai bombardamenti alleati contro i civili.
Per il resto mi sembra che questo odio “slavofobo” oggi come ieri sia dettato da rabbia e sorpresa da parte italiana quando si vide che il nostro attacco militare a un Paese vicino e sovrano ebbe una reazione. Si pensava forse a una conquista facile, quasi senza colpo ferire contro questa che Mussolini definiva “razza slava inferiore e barbara”. Non fu così.
Fabio Muzzolon, SGLupatoto, Verona
Rieccoci alla fatidica data del 10 febbraio ed è cosa nobilissima il Ricordo. Ma bisogna stare attenti ancora oggi a non urtare la suscettibilità di tanti, anche di chi quelle ferite ha aperto, cioè l’Italia fascista (e poi gli opposti nazionalismi italiano e croato) che mosse guerra al Regno di Jugoslavia, in seguito Repubblica Federativa Socialista Jugoslava. Ringrazio perciò L’Arena di dare voce occasionalmente anche a chi non si allinea al coro attuale.
Mi sono sempre modestamente occupato di spazi di cultura italiana e veneta nell’ex Paese balcanico, e ho notato che molte manifestazioni di tale folklore erano pubblicati dalla Jugoton di Belgrado, capitale, mentre l’informazione della comunità italiana era seguita da organi come Radio TV Capodistria e La Voce del Popolo (certo politicamente orientate), negli uffici dell’Istria si parlava anche in italiano e in dialetto. Niente del genere è stato fatto dall’Italia nei confronti delle comunità slave rimaste di qua del confine in Friuli Venezia Giulia, totalmente ignorate.
Il rancore antislavo riemerso da qualche anno è forse comprensibile laddove è conseguenza in buonafede di alcune tragedie familiari, che però colpirono tutte le parti in quelle terre martoriate e mistilingui. Contemporaneamente, va detto, le città italiane sono state sventrate dai bombardamenti alleati contro i civili.
Per il resto mi sembra che questo odio “slavofobo” oggi come ieri sia dettato da rabbia e sorpresa da parte italiana quando si vide che il nostro attacco militare a un Paese vicino e sovrano ebbe una reazione. Si pensava forse a una conquista facile, quasi senza colpo ferire contro questa che Mussolini definiva “razza slava inferiore e barbara”. Non fu così.
Fabio Muzzolon, SGLupatoto, Verona