La storia in tribunale. Il primo febbraio si svolgerà a Praga il processo contro Josef Skála e gli studiosi di Praga incriminati per aver sollevato dubbi sui responsabili del massacro di Katyn.
Due anni prima, il 2 luglio 2020, i tre avevano partecipato al forum di discussione pubblica – organizzato, su richiesta degli ascoltatori, da www.svobodne.radio.cz – sul massacro di Katyn, divenuto uno dei principali argomenti della crociata antisovietica e anticomunista delle forze politiche e sociali andate al potere nel 1989, la cui versione dei fatti scarica sui sovietici premeditazione ed esecuzione del crimine. Tale versione, sulla base dell’analisi dei documenti e delle prove disponibili fino al 2020, è contestata da ricercatori e studiosi di diversi Paesi, che l’hanno attribuita agli occupanti nazisti[1].
Nel forum del 2 luglio 2020 J. Skála ha sottolineato che l’obiettivo era quello di stimolare ulteriori discussioni senza alcuna affermazione dogmatica. Né lui né gli altri relatori hanno negato o messo in dubbio il massacro dei prigionieri polacchi, né tantomeno lo hanno avallato o giustificato in alcun modo. Sono entrati esclusivamente in un dibattito, che dura da oltre tre quarti di secolo, sull’attribuzione delle responsabilità. La loro colpa è quella di essersi opposti alla versione oggi spacciata come canone inviolabile, argomentando con riferimento a fonti e documenti, compresi quelli emersi dagli archivi nel periodo successivo al crollo dell’URSS. La trasmissione ha avuto molti commenti positivi e non ha sollevato polemiche.
IL PROCESSO SI SVOLGERÀ IL 1° FEBBRAIO 2023.
Nel 2000, poco dopo l’ingresso ufficiale di Ungheria, Polonia e Repubblica ceca nella NATO (12 marzo 1999) venne approvata la Legge che introduceva nel codice penale del 1961 l’art. 261a, che accomuna crimini nazisti e comunisti:
Chiunque neghi, metta in dubbio[2], approvi o tenti di giustificare pubblicamente il genocidio nazista, comunista o di altro tipo o crimini nazisti, comunisti o di altro tipo contro l’umanità o crimini di guerra o crimini contro la pace è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Diventerà poi, nel nuovo codice penale entrato in vigore il 1° gennaio 2010, l’articolo 405. Questa formulazione – al pari di altre presenti nei codici penali di Paesi ex socialisti quali Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria – lascia ampi margini di discrezionalità e di arbitrarietà all’autorità giudiziaria, che viene trasformata in autorità scientifica suprema, depositaria di una verità indiscutibile, dubitare della quale porta al carcere. Nei Paesi della “libera” UE torna il medievale Tribunale dell’Inquisizione.
Negli oltre trent’anni seguiti all’89, attraverso un martellamento mediatico ininterrotto e sempre più duro operato dai nazionalisti anticomunisti e antirussi dei paesi ex socialisti dell’Europa centro-orientale e dagli ideologi oltranzisti della NATO, si è imposta nella UE una nuova narrazione storica, che rovescia quella che – pur con tutte le asperità della guerra fredda – riconosceva il grande valore storico della coalizione alleata antinazista e l’apporto fondamentale e imprescindibile dell’Unione Sovietica alla vittoria contro il nazifascismo. Il suggello di questa nuova narrazione è stata la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”[5], che toglie qualsiasi valore all’alleanza internazionale antinazifascista per accomunare in una condanna senza appello Germania nazista e URSS, additati come corresponsabili (con qualche accento più pesante contro i russi) dello scoppio della II guerra mondiale e di tutti i lutti che ne seguirono, e indicando nelle liberaldemocrazie il faro e il destino dei popoli europei. Su questa base può così operare la nuova Inquisizione del XXI secolo, che mette in carcere chiunque sollevi anche un fondato dubbio sulla storia scritta e sancita dalle forze politiche al potere.
L’incriminazione e la condanna dei tre relatori stabilisce un precedente allarmante, è un ulteriore passo verso una UE sempre meno tollerante del dissenso, sempre più in contraddizione con quei principi di libertà che in modo altisonante proclama ad ogni piè sospinto.
La solidarietà con gli incriminati di Praga e l’impegno perché siano pienamente scagionati assume oggi il valore di una battaglia più generale nella UE per la difesa della libertà di espressione e di agibilità politica, contro la repressione.
Note:
1 Una sintesi aggiornata si può leggere in Grover Furr,The Katyn Massacre: A Re-examination in the Light of Recent Evidence, in “Cultural Logic: Marxist Theory & Practice”,Volume 24 (2020), pp. 37-49, in https://ojs.library.ubc.ca/index.php/clogic/article/view/193976.
2 Corsivo mio, AC.
3 Cfr. Cajani, L. (2012). CriminalLawsonHistory:TheCaseoftheEuropeanUnion, “Historein”, 11, 19–48. https://doi.org/10.12681/historein.138.
4 Cfr. 6 ragioni per non punire il negazionismo, 30 ottobre 2010, in http://www.hakeillah.com/5_10_01.htm. Si veda anche, tra gli altri, Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica, firmato nel 2007 da centinaia di docenti universitari e studiosi, pubblicato in “Storicamente”, 2 (2006), https://storicamente.org/02negazionismo: “La strada della verità storica di Stato non ci sembra utile per contrastare fenomeni, molto spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all’odio razziale, all’apologia di reati ripugnanti e offensivi per l’umanità […] È la società civile, attraverso una costante battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare le posizioni negazioniste. Che lo Stato aiuti la società civile, senza sostituirsi ad essa con una legge che rischia di essere inutile o, peggio, controproducente”.
5 Si vedano in proposito, tra gli altri, gli articoli di Joao Arsenio Nunes e Enrico Maria Massucci in “MarxVentuno” n. 2-3/2021, pp. 241-262.