L'AUTORE:
Knut Krusewitz, della Technische Universitaet di Berlino, docente di
Pianificazione ambientale e autore di una delle relazioni più rigorose e
intelligenti sul tema dei bombardamenti nei Balcani (industrie chimiche
e uranio), pubblicata da 'Il Manifesto' del 4.1.2000 p. 10.
(http://www.geocities.com/Paris/Chateau/9161/comitato/krusewitz.html)
10 novembre 1999
traduzione: 20 novembre 1999
Versione integrale
*** N.A.T.O.: condotta di guerra e conseguenze ambientali ***
1. Proposizione del problema.
La domanda che deve porsi dal punto di vista delle scienze ambientali e'
quali metodi bellici e quali mezzi la NATO abbia utilizzato durante la
sua
Operation Allied Force e quali danni essa abbia causato all'ambiente
naturale e sociale. La domanda deve essere posta in quanto sussiste il
fondato sospetto che l'alleanza bellica contro la Jugoslavia abbia
urtato i
principi e le norme del Trattato sul divieto di guerra ecologica e
contro il
divieto di danneggiamento ambientale prescritto dal diritto
internazionale
umanitario.
Le relative prescrizioni del diritto internazionale bellico includono in
primo luogo l'intenzionale danneggiamento dell'ambiente nell'ambito
della
condotta bellica.
Inoltre esse si applicano anche ai danni collaterali, se questi
conducono a
conseguenze dannose gravi, estese e durature, e percio' portano con se'
un
perturbamento significativo della vita umana, delle risorse naturali ed
economiche.
In questo caso sarebbe rilevante non solo dal punto di vista ambientale,
ma
anche di quello del diritto internazionale poter provare che l'Alleanza
abbia fatto uso nell'ambito della sua condotta bellica di metodi e mezzi
che
dal punto di vista ambientale erano mirati o da cui ci si doveva
aspettare
che essi causassero danni ambientali persistenti di simile entita'. Si
tratterebbe allora di gravi violazioni delle leggi e consuetudini
belliche,
che potrebbero essere punite come crimini di guerra.
Su questo sfondo e' divenuta un argomento di dibattito internazionale la
questione se il bilancio ambientale della guerra consenta la conclusione
che
la NATO abbia effettivamente condotto una guerra ecologica contro la
Jugoslavia. Con il mio contributo io cerco di dare un apporto al
chiarimento
di questa controversia. A questo fine e' necessario innanzitutto
trattare dei
danni ambientali nel teatro di guerra; infine cerchero' di ordinare e
valutare questi danni secondo il diritto internazionale.
2. Come si comunicano e valutano i danni ambientali di guerra?
2.1. Per la critica del concetto dell'UNEP.
Gia' durante la guerra, ancor prima che vi fosse il primo bilancio
empirico
dei danni ambientali, il direttore esecutivo del Programma Ambientale
delle
Nazioni Unite (ingl.: United Nations Environmental Programme: UNEP),
l'ex
ministro dell'ambiente Klaus Toepfer (cristiano-democratico), riferi'
che la
guerra non aveva causato alcuna catastrofe ecologica.
L'11 maggio 1999 costui rese nota la costituzione di una Balkan Task
Force
(BTF), un gruppo di lavoro speciale per l'ambiente nell'area di guerra.
Esso
avrebbe dovuto "raccogliere e confrontare informazioni credibili sulle
conseguenze ambientali della crisi del Kossovo" (Haavisto, 1999), al
fine di
togliere fondamento a "speculazioni su una catastrofe ecologica dovuta
alla
guerra del Kossovo" (Sueddeutsche Zeitung, (a), 1999, p. 7). Infatti a
Toepfer
non interessavano speculazioni, ma cose concrete. La sua BTF doveva
raccogliere per tempo determinate informazioni ambientali, con cui la
NATO
potesse eventualmente provare di aver condotto una guerra conforme a
diritto
internazionale. Mentre Toepfer strumentalizzava l'UNEP e la BTF, rendeva
ogni
dichiarazione sul significato ecologico della guerra un argomento
ambientale
e di politica militare, ma soprattutto di diritto internazionale dalla
forza
dirompente.
Dall'UNEP-BTF si pretese una prestazione apologetica, che strutturo' il
rapporto interno tra incarico di indagare, metodo d'indagine e risultato
dell'indagine. A causa della preponderante funzione discolpatoria del
rapporto finale dell'UNEP e' giocoforza contrapporvi una critica sui
metodi.
2.2.1. Incarico di indagine:
Toepfer conferi' al BTF solo un incarico di indagine tecnicamente
ristretto,
che non doveva mettere in luce ne' gli aspetti militari, ne' di
giusinternazionalistici, ne' sociali del problema ambientale. L'incarico
di
indagine non riguardava quindi la questione, evidente dal punto di vista
ecologico e sollevabile dal punto di vista del diritto internazionale,
della
concatenazione tra metodi di condotta della guerra NATO e i danni
ambientali
che ne sono derivati nella regione dei Balcani.
Pekka Haavisto, direttore di questa technical mission, formulo' poi
questo
equivoco concetto di indagine in un programma di valutazione
apparentemente
obiettivo: "L'incarico viene suddiviso tra cinque gruppi tematici: 1.
Stima
dei danni ambientali derivanti dagli impianti industriali distrutti; 2.
Danubio; 3. Conseguenze della guerra sulle risorse naturali; 4. Effetti
a
lungo termine della guerra sulla salute degli uomini e sull'ambiente; 5.
Insediamenti umani." (Haavisto, ibid.).
Al contrario di quanto annunciato la BTF non si occupo' in loco degli
"effetti a lungo termine della crisi sulla salute umana e
sull'ambiente".
Cio' potrebbe essere effettuato da uno studio di lungo periodo ordinato
di
recente dalla Commissione Europea. Il suo titolo: "Valutazione accurata
degli influssi sull'ambiente della guerra in Jugoslavia" (Commissione
Europea, 1999). Il suo rapporto finale verra' in essere tuttavia solo
nell'
autunno del 2000. Il Gruppo di lavoro UNEP ha tentato nonostante cio' di
valutare la contaminazione dell'ambiente dovuta al munizionamento
all'uranio
impoverito (depleted uranium: DU). Esso fu costretto a convocare un
Depleted
Uranium Desk Asessment Group (che si riuniva a Ginevra), giacche' la
NATO si
era rifiutata di fornire indicazioni sulla quantita' di armi DU
impiegate e
sui loro bersagli.
2.2.2. Metodo di indagine:
La direttiva politica del direttore UNEP propizio' presso la BTF una
percezione specifica delle conseguenze ecologiche della guerra, che
rimase
quindi allineata non a riflessioni di natura obiettiva, quanto piuttosto
di
natura opportunistica. Dal momento in cui la BTF accetto' acriticamente
la
direttiva extrascientifica del suo committente politico, ando' perfino
ad
oscurare quegli ambiti di realta' scientificamente considerevoli, che un
resoconto obiettivo avrebbe sicuramente resi parte costitutiva di
un'analisi
e valutazione imparziale.
La BTF concepi' il suo programma d'indagine in modo tale da relegare in
un
novero di dati extrascientifico la connessione tematica tra condotta
bellica
NATO, scelta dei mezzi bellici e danni ambientali da esse provocati.
Solo in
questo modo essa poteva considerare i gravi danni della guerra
all'ambiente
naturale e sociale come meri danni collaterali, a guisa di "incidenti
sul
lavoro" di guerra.
2.2.3. Risultati dell'indagine.
Non pare aver minimamente disturbato la BTF il dover presentare un
rapporto
il cui riusultato era gia' stabilito prima che si esaminasse la prima
misurazione dei danni in loco, premessa irrinunciabile della valutazione
tecnica dei danni ambientali di guerra.
Nonostante -od a causa- dell'immunizzazione politicamente stabilita
della
realta' e della connessa minimizzazione del problema la BTF trovo' prove
sul
fatto che la Nato aveva ripetutamente causato consistenti danni
ambientali
in quattro localita', cioe' Pancevo, Kragujevac, Novi Sad e Bor.
I risultati delle loro indagini furono banali, giacche' essi
confermarono
soltanto cio' che esperti ed esperte di disastri sapevano gia' in
precedenza:
chi distrugge militarmente complessi industriali - installazioni
petrolchimiche, raffinerie, depositi di carburante, centrali elettriche,
fabbriche di munizioni, di fertilizzanti, ed impianti chimici - libera
con
cio' sostanze nocive all'ambiente ed alla salute, che naturalmente si
depositano anche nelle vicinanze degli impianti bombardati. Ma certo non
solo li', giacche' esse si diffondono a grande distanza con le termiche,
i
venti, il ciclo delle acque.
La BTF trascuro' deliberatamente questo importante dato di fatto
ecologico,
nonostante allora le fossero noti i risultati delle misurazioni al
riguardo
eseguite dal Dipartimento di Tecniche Ambientali dell'Universita'
Demokritos
di Xanthi (Tracia) (Rapsomanikis, 1999 pag. 1-4; Sueddeutsche Zeitung,
(b)
1999, pag. 5).
Ergo: il concetto metodico dell'UNEP-BTF non era minimamente idoneo all'
elaborazione di un bilancio dei danni ambientali che sarebbe bastato
alla
loro stessa pretesa di presentare "un rapporto completo che sia
neutrale,
obiettivo e scientificamente credibile" (Haavisto, ibid.). Percio' la
parte
empirica del rapporto UNEP contribuiva ben poco al chiarimento del
quesito
qui trattato, se la NATO abbia o meno condotto una guerra ecologica.
2.3. Problematica della pianificazione ambientale.
Le guerre mondiali e le successive forme della "moderna" condotta di
guerra
hanno causato danni non soltanto all'ambiente naturale, ma anche a
quello
sociale (Krusewitz, 1985; idem, 1999, pag. 5-7). Compito di una scienza
ambientale illuministica e' percio' rilevare e valutare non solo i
"danni
collaterali ecologici", effetti primari della guerra, alla qual cosa si
e'
limitata essenzialmente la UNEP-BTF, ma anche i suoi effetti secondari e
terziari. Se la guerra contro la Jugoslavia abbia in effetti causato
soltanto danni collaterali all'ambiente naturale, o se non abbia
prodotto
piuttosto pregiudizi macroscopici, duraturi e gravi all'ambiente
naturale e
sociale, puo' giudicarsi solo se si esaminano i suoi effetti primari,
secondari e terziari. A questo fine utilizzo un metodo di ricerca che ho
sviluppato nell'analisi delle guerre moderne.
2.3.1. Effetti primari.
Quali metodi e mezzi di condotta bellica ha scelto la NATO? Quali armi
vi ha
impiegato? Quali sostanze tossiche/cancerogene/radioattive sono finite
nell'
ambiente, da quali sorgenti provenivano, in quali quantita' cio' e'
accaduto e
come si sono diffuse nello spazio? Quali danni si possono documentare
nella
biosfera (nel bilancio naturale regionale), nei paesaggi culturali, nei
territori protetti, nei territori di ricreazione, come pure nelle
regioni-modello internazionali (riserve della biosfera dell'UNESCO)?
Con riguardo agli effetti primari della guerra si conosce qualche cosa
rispetto ai danni ambientali di limitata estensione, ma poco riguardo a
quelli di ampio raggio. Dati primari sono stati rilevati soprattutto
presso
i siti industriali bombardati.
Sono stati aggrediti e distrutti da attacchi con bombe o missili oltre
20
impianti che contenevano sostanze e/o energie pericolose come:
- Raffinerie di petrolio, oleodotti, depositi di carburante, stazioni di
carico;
- Impianti industriali chimici e farmaceutici;
- Fabbriche di ammoniaca, fertilizzanti e fitofarmaci.
Con cio' sono state liberate in un'area considerevole sostanze
cancerogene,
tossiche ed ecotossiche. Finora tali inquinanti sono stati misurati e
segnalati nelle seguenti localita' (Stephan/Strobel/Klass, 1999; FOCUS,
1999;
Tehnokratia, 1999; UNEP/UNCHS, 1999):
Pancevo: 1,2 dicloroetano (ECD), cloruro di vinile monomero (VCM),
diossina,
furani, fosgene, benzo(a')pirene, ammoniaca, bifenili policlorati
(PCBs),
mercurio, anidride solforosa, ossido d'azoto, fuliggine, fumo;
Kragujevac: PCBs, diossina, furani, benzolo, toluolo, tetracloroetilene,
tricloroetano, rame, zinco, cobalto;
Novi Sad: PCBs, c-esano, idrocarburi liquidi, anidride solforosa,
piombo,
mercurio, fuliggine, fumo;
Bor: PCBs, rame, arsenico, cadmio, piombo, zinco;
Kraljevo: idrocarburi liquidi, gasolio, toluolo, benzolo;
Nis: idrocarburi liquidi, PCBs, diossina;
Novi Beograd: idrocarburi liquidi, benzina;
Smederova: fuliggine, fumo, PCK, idrocarburi liquidi;
Cacak: metalli pesanti.
Questi gli effetti primari della guerra. E' incontestabile che la
Operation
Allied Force ha danneggiato notevolmente l'ambiente naturale nei
dintorni
dei complessi industriali distrutti, e con cio' ha compromesso la salute
della popolazione. E' tuttavia controverso se i danni all'ambiente siano
solo
notevoli o non piuttosto gravi, estese e durature. Su cio' ritornero'
nella
sezione dedicata alla valutazione della condotta di guerra secondo il
diritto internazionale.
2.3.2. Effetti secondari.
Come agiscono tali inquinanti e tali danni ambientali su uomini, salute,
agricoltura, forestazione, risorse acquee, aree protette,
regioni-modello,
approvigionamento idrico, infrastrutture del traffico, ed insediamenti?
Quali tendenze seguono nel corso del tempo le concentrazioni degli
inquinanti e quali ne sono i motivi? Si devono adottare misure di
emergenza
in aree ad alto rischio (per es. presso le fabbriche chimiche
distrutte)?
Quali procedure tecniche devono essere messe in atto per la diminuzione
o l'
eliminazione dei danni? Le discariche militari sono riconoscibili e da
risanare? Puo' essere ripristinato lo status quo ante ecologico?
In questo momento nella Repubblica Jugoslava sono stati rilevati solo
pochi
dati riguardanti gli effetti secondari. Cio' per motivi di politica
interna,
per le sanzioni, per motivi strutturali, ma anche per motivi legati alle
tecniche di misurazione ambientale, di cui non ci si occupa piu'
dettagliatamente.
Tuttavia, nel caso dei complessi industriali bombardati a Pancevo, si
puo'
esporre in modo esemplare il nesso causale tra effetti sull'ambiente
della
condotta bellica NATO primari e secondari. La NATO attacca piu' volte
con
missili (Cruise Missiles) la localita' industriale Pancevo - un
complesso di
stabilimenti petrolchimici, raffinerie di idrocarburi, fabbriche di
fertilizzanti, impianti di cloruro di vinile monomero ed etilene - e lo
distrugge insieme con i suoi grandi depositi.
Le sostanze tossiche da cio' sprigionate formavano ad ogni attacco nubi
tossiche, che contenevano di volta in volta miscugli corrosivi di ECD,
cloruro di vinile monomero (VCM), diossine, fosgene, anidride solforosa,
ossidi di azoto, benzo(a')pirene ed ammoniaca.
In alcune notti di bombardamento le concentrazioni di veleni erano
altrettanto alte che dopo un grande attacco con armi chimiche. La
popolazione e' stata ripetutamente esposta, in quasi tutti i casi
indifesa, a
queste sostanze tossiche.
Percio' i danni alla salute "si mostreranno in parte soltanto fra molti
anni"
(Stephan, 1999, pag. 42).
2.3.3. Effetti terziari.
Quali costi per l'economia nazionale sorgeranno dai programmi di
ricostruzione e risanamento? Chi li finanziera'? Come agiranno le
conseguenze
della guerra sul mercato e sulle condizioni del lavoro? Come i costi
naturali e sociali della guerra cambieranno lo standard di vita, le
condizioni culturali ed educative della societa'? Le opzioni di sviluppo
economiche, politiche ed internazionale delle parti in conflitto sono
ragguardevolmente limitate? I danni economici sono percio' significativi
dal
punto di vista della pianificazione ambientale, poiche' le loro
dimensioni
decidono se, e, se si', sotto quali condizioni, si potranno sostenere i
costi
ambientali naturali e sociali della guerra.
I tre settori-chiave dell'industria jugoslava, chimico, energetico,
metallurgico sono stati gravemente danneggiati. La petrolchimica, il
ramo
industriale piu' redditizio del paese, e' quasi completamente distrutto,
con
nefaste ed incalcolabili conseguenze ecologiche, il moderno impianto
chimico
Petrohemija di Pancevo e' stato raso al suolo.
Altrettanto distrutte sono entrambe le fabbriche di fertilizzanti di
Novi
Sad e Pancevo. Cio' significa "un'ipoteca particolarmente pesante per il
futuro. La Jugoslavia e' un paese agricolo, ed e' sopravvissuta agli
anni dell
'isolamento solo della propria produzione alimentare. Negli anni scorsi
la
quota dell'agricoltura nel prodotto interno lordo e' salita dal 35 a
quasi il
50%" (Israel, 1999, pag. 8).
A Pancevo si trovavano anche le maggiori raffinerie della Jugoslavia,
che
ora sono ridotte in macerie. L'economia energetica e' il secondo settore
economico fondamentale che e' stato duramente danneggiato dalla guerra.
"Nel
settore-chiave della metallurgia gli stabilimenti del gruppo Zastava,
soprattutto a Kragujevac, sono stati largamente distrutti. 120 imprese
fornitrici dipendono da questo complesso industriale automobilistico"
(Spiegel, 1999, pag. 153).
Un primo bilancio degli effetti terziari nell'economia nazionale
presenta,
secondo l'inventario di un economista jugoslavo, il seguente quadro: "A
causa della guerra e delle sue conseguenze la produzione industriale
nella
Repubblica Federale Jugoslava, confrontata coll'anno precedente, calera'
del
44,4% [...]. Il prodotto interno lordo dovrebbe affondare del 40,7%, l'
impotr-export di oltre il 50%, la disoccupazione dovrebbe salire al
32,6%"
(Sueddeutsche Zeitung, 1999, pag. 25).
3. Valutazione dei danni ambientali secondo il diritto internazionale
bellico.
Alla spiegazione della questione, se la NATO abbia condotto una guerra
ecologica contro la Jugoslavia contribuisce il diritto internazionale
bellico. Le norme ed i principi relativi si trovano:
-nell'accordo sul divieto dell'uso militare o comunque ostile di
tecniche
che alterino l'ambiente, unitamente all'appendice e intesa del 18 maggio
1977 - accordo sul divieto di guerra ecologica, ingl.: Environmental
Mpodification Convention, citato come ENMOD-Convention (Fahl, 1980,
pagg.
136-143), e
- nel 39o protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alla Convenzione di
Ginevra del 12 agosto 1949 sulla protezione delle vittime dei conflitti
armati -citato come PA I- (Randelzhofer, 1999, pagg. 569-617).
In base all'esperienza della condotta bellica USA in Vietnam l'ONU varo'
nel
1977 la ENMOD-Convention; la Repubblica Federale Tedesca la ratifico'
nel
1983.
Secondo l'art. I dell'accordo e' vietato l'uso "di tecniche che alterino
l'
ambiente che producano effetti gravi, estesi e duraturi" come mezzo di
condotta bellica. "Il bersaglio e' dunque l'uso delle cosiddette
environmental modification techniques come strumenti militari, cioe' il
mirato abuso dell'ambiente come arma" (Oeter, 1994, pag. 98). Ogni
"manipolazione" militare "dei processi naturali" (art. II) e' pertanto
interdetta.
Le Intese (Understandings) sugli articoli I e II stabiliscono che si
intende
"esteso" un ambito di varie centinaia di chilometri quadrati; per
"duraturi"
s'intendono danni militari che si prolungano per vari mesi (circa una
stagione), e "grave" e' un effetto che porta con se' disturbi seri e
significativi alla vita umana, alle risorse economiche e naturali e ad
altri
beni.
Se viene violato uno di questi limiti, entra in gioco il divieto
dell'ENMOD.
Con l'art. 35, sez. 3, PA I e le norme complementari dell'art. 55 nello
stesso Protocollo Aggiuntivo e' stato "introdotto un assoluto divieto di
danni ambientali persistenti nel diritto internazionale umanitario"
(Oeter,
ibid.).
Se e' chiaro o presumibile che si pervenga a danni ambientali gravi,
estesi e
duraturi, anche l'impiego di tali mezzi e metodi dannosi per l'ambiente
non
e' piu' ammissibile, nemmeno se asseritamente necessario dal punto di
vista
militare.
Arrecare consapevolmente od accettare semplicemente il rischio di creare
danni gravi e persistenti all'ambiente sono coomportamenti con cio'
pienamente considerati nell'ambito della condotta bellica.
Le norme del protocollo aggiuntivo I superano in p'rincipio il divieto
della
ENMOD. Non vi sono solo compresi l'intenzionale danneggiamento
dell'ambiente
nell'ambito della condotta bellica (come nel caso della convenzione sul
divieto di guerra ecologica), ... ... ... ... danni collaterali" (Oeter,
ibid.).
Poiche' ogni condotta bellica causa notevoli danni collaterali
all'ambiente,
la questione sulle disposizioni limitative della guerra nel Protocollo
Aggiuntivo I non e' soltanto di prevalente interesse militare, ma anche
di
interesse per la pace.
"La Conferenza Diplomatica ha percio' utilizzato i concetti-soglia
esteso,
duraturo e grave impiegati analogamente alla ENMOD, non ugualmente in
modo
alternativo (come per la ENMOD) ma in modo cumulativo. Solo i danni
collaterali coinvolgenti grandi superfici, che contemporaneamente
persistono
per lunghi lassi di tempo e che inoltre comportano gravi pregiudizi per
l'
ambiente, sono compresi dai divieti dell'art. 35, 3o co., e 55 del PA I
(Oeter, loc. cit. pag. 99).
4. Applicazione dei criteri di valutazione giusinternazionalistici alla
condotta bellica della N.A.T.O.
Si ammette qui che una complessiva, sistematica analisi dei dati
rilevanti
dal punto di vista ambientale, se fosse in effetti possibile, non e'
stata
fino a questo momento (ottobre 2999) ancora fornita.
Tuttavia le informazioni introdotte nei dati sono sufficienti ad
ottenere
istruttivi risultati sul nesso causale tra condotta bellica e
conseguenze
ambientali; conformemente a cio' determinati effetti primari, secondari
e
terziari sono duraturi, si presentano in modo esteso, ed indicano danni
gravi all'ambiente naturale, dai quali la salute della popolazione e'
considerevolmente minacciata.
4.1. Danni ambientali duraturi.
Violazioni delle disposizioni delle intese relative all'art. I, II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, art. 55, sez. 1, PA
I.
Al contrario dell'impressione comunicata dal Gruppo di lavoro dell'UNEP,
raccolta dei dati e valutazione della pericolosita' dei danni ambientali
si
mostrano complicate, poiche' con la distruzione dei complessi
industriali si
sono formate contaminazioni miste di varie sostanze. "L'effetto dell'
interazione di tali miscugli di inquinanti nel sottosuolo e' assai
difficilmente valutabile ed ancora poco studiato". (UBA, 1999, pag. 9).
"Sicuramente dal cio' che resta dalla distruzione di discariche
industriali
derivera' nelle regioni colpite una minaccia per gli esseri umani che
agira'
ben oltre la fine della guerra.
Questo giudizio prognostico e' stato confermato dall'Ufficio per le
sostanze
pericolose (Halle) e dall'Oko-Control (Dessau) nel caso di Opovo: "Near
Opovo, forest damage which suggests contamination by fumes was clearly
perceptible. [...] Crop losses (probably over a period of several years)
should be taken in account, as well as a detrimental impact upon the
natural
fauna and flora" (Stephan/Strobel/Klass, loc. cit., pag. 54).
4.2. Danni ambientali estesi.
Violazioni delle disposizioni delle intese sugli artt. I e II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, ed art. 55, sez. I,
PA
I.
Inoltre la minaccia si estende largamente oltre le regioni colpite. Due
prove empiriche al riguardo:
-"The results from Pancevo (including Opovo) and Novi Sad show that the
chemical consequences of the war are not limited to local effects but
are of
at least regional impact, and since they also effect the Danube they
could
have also trans-border impacts" (Stephan/Strobel/Klass, loc. cit., pag.
54).
-"Between March 24 and June 10, 1999 a large number of chemicals were
ejected in the atmosphere because of air strikes in chemical industries
and
oil storage facilities in former Yugoslavia. Chemicals released in the
atmosphere under suitable meteorological conditions can be transported
across borders to large distances. The releases contain not only
conventionel air pollutants but also semi-volatile organic compounds
(SVOs)
which include dioxins, furans, PCBs, PAHs and organic phthalates, all
known
to be hazardous to health" (FOCUS, 1999).
Resta da chiarire come mai soltanto istituti ecologici greci abbiano
misurato la diffusione di inquinanti su spazi estesi in Europa.
4.3. Danni ambientali gravi.
Violazioni delle disposizioni nelle intese relative agli artt. I, II
della
ENMOD-Convention in relazione agli artt. 35, sez. 3; 54, sez. 2, 55 sez.
1,
PA I.
L'Ufficio Federale dell'Ambiente (Umweltbundesamt: UBA) gia' il 5 maggio
1999
avvisava che per le conseguenze ambientali della guerra un "uso civile
di
larga parte di queste regioni non sara' possibile per la minaccia alla
salute
derivante dalla contaminazione del suolo e delle acque profonde e
superficiali" (UBA, 1999, pag. 10). Questa previsione e' stata finora
confermata in due gravi casi. Si tratta del significativo danneggiamento
delle risorse naturali ed economiche, come anche della vita umana, in un
caso per lo sprigionamento di policlordibenzodiossine (PCDDs: diossina
di
Seveso) e di policlordibenzofurani (PCDFs); ed altrettanto nell'altro
caso,
relativo allo sprigionamento di prodotti radiotossici e chemiotossici
della
disintegrazione di munizioni di uranio (munizioni DU).
4.3.1. Azione dei PCDDs e PCDFs:
"It can be claimed that considerable amounts of PCDDs/PCDFs must have
been
distributed by gas clouds. [It] would therefore be necessary [to]
examine
the contamination of agricultural and horticultural lands over which the
gas
clouds passed, the substances carried by the clouds would have been
partly
distributed by precipitation. The values obtained [...] reach limits for
agricultural and horticultural land use and suggest the need for
inspection
and remidial action of restricted use" (Stephan/Strobel/Klass, loc.
cit.,
pag. 52).
Cio' sarebbe "non una catastrofe ambientale, ma chiaramente una
perturbazione
dell'ambiente", sentenzia il direttore della Divisione Chimica
Ambientale
dell'Universita' di Ulm, Karlheinz Ballschmiter. I cancerogeni furani e
diossine sarebbero immagazzinati prevalentemente nei prodotti agricoli
ed
"al 95 per cento introdotti nella catena alimentare". Cosi' le vacche
avranno
prossimamente anche dalle nostre parti un carico piu' elevato. "Gli
esseri
umani sono colpiti attraverso i prodotti lattiero-caseari". Tuttavia il
"carico a Belgrado e dintorni" sarebbe "molto piu' elevato". "Se in quei
luoghi tra due anni si analizzasse il latte materno, il risultato si
rispecchierebbe negli inquinanti in esso contenuti" (Sueddeutsche
Zeitung,
(a), loc. cit., pag. 5).
4.3.2. Effetti delle munizioni DU:
Nell'aprile 1999 diversi media tedeschi annunciavano che la NATO aveva
"confermato, che la forza d'attacco USA impiega in Jugoslavia
munizionamento
radioattivo. Allo stesso tempo l'alleanza smentiva pero' voci sulla
pericolosita' per i civili estranei (Fuldaer Zeitung, 1999, pag. 3).
Questa
affermazione della NATO era falsa. Vero e' al contrario che l'impiego di
queste munizioni rappresenta un notevole pericolo per uomo e natura.Allo
stato naturale il metallo pesante uranio e' un miscuglio degli isotopi
U235 e
U238. L'isotopo U235 e' presente in questo metallo pesante soltanto in
misura
limitata. Per l'utilizzzo dell'uranio nelle armi nucleari e' necessario
elevare la quota di U235 con dei procedimenti di arricchimento. Con cio'
avanza U238 in grandi quantita'. Questo U238 viene anche qualificato
come
depleted uranium (DU).L'interesse militare per il DU fu svegliato
poiche'
esso possiede una densita' molto piu' elevata di altri materiali
imopiegati
nella produzione di munizioni. Cosi' il DU e' quasi tre volte piu'
pesante
dell'acciaio, cosa che ad una granata riempita di DU consente di avere
una
forza di penetrazione molto maggiore nei confronti delle corazze dei
veicoli
militari. Poiche' il DU e' piu' tenero dell'acciaio, esso si polverizza
nel
penetrare le corazze. Se un tale proiettile colpisce la superficie del
bersaglio, una gran parte dell'energia cinetica si converte in calore.
Allora il proiettile si accende ed agisce all'interno del carro armato
come
un proiettile incendiario. (Rodejohann, 1977, pagg. 39 e segg.) Dopo l'
esplosione l'U238 si comporta da radiotossico, in quanto emette raggi
alfa,
e da chemiotossico in quanto metallo pesante.
"Secondo ricerche intraprese nel frattempo la produzione di
radioattivita'
alla superficie del proiettile da me [cioe' il prof. Siegwart-Horst
Guenther]
rinvenuto nel 1991 ammontava ad 11 microSievert al minuto. La dose
ammessa
in Germania viene definita in 300 microSievert all'anno. Avendo a che
fare
con un proiettile di uranio, pertanto, la dose annua si raggiunge
abbondantemente in un giorno" (Guenther, 1999, pag. 184). Nell'aria le
particelle di uranio si legano ad areosol. Essi possono essere inalati
attraverso le vie respiratorie od ingeriti attraverso la catena
alimentare.
Possibili conseguenze: "anemia, leucemia, tumore osseo, danni
all'embrione"
(Wolff, 1998, volantino).
Sebbene la NATO finora si rifiuti di dare indicazioni sulle aree e
quantita'
di impiego del munizionamento DU, e' sicuro che essa ha adoperato
quest'arma
nella regione di Prizren. "In aprile, durante il conflitto del Kossovo,
scienziati dell'Istituto Nazionale per la Difesa della Salute in
Macedonia
hanno misurato nell'aria valori otto volte piu' elevati di quegli
emettitori
di raggi alfa derivanti dai proiettili di uranio" (Peterson, 1999, pag.
11).
Anche il Ministero dell'Ambiente serbo ha misurato "in Kossovo una
maggiore
emisssione radioattiva nella misura di 3,4 Mega Becquerel. Essa sarebbe
stata causata da U238 non fissile, contenuto nei proiettili sparati
dagli
aerei americani modello A-10" (IPPNW, 1999, pag. 23). L'Autorita'
Britannica
per la Protezione dalle Radiazioni avvertiva in luglio, che i maggiori
rischi in Kossovo erano da ricercare ove erano state sparate munizioni
di
uranio. Percio' le truppe britanniche ivi stanziate erano state
avvertite di
indossare tute protettive, "se il contatto con obiettivi colpiti da
munizioni di uranio e' inevitabile" (Peterson, ibid.).
Per un'efficace protezione della popolazione civile dai persistenti
pericoli
per la salute di questi componenti per la salute, nessuno si e' in ogni
caso
finora dichiarato competente.
4.4. I danni ambientali persistenti erano prevedibili (art. 35 sez. 3,
55
sez. 1, PA I)
Le prove qui esposte del fatto che la NATO con la sua condotta bellica
abbia
causato danni estesi, duraturi e gravi all'ambiente naturale e sociale,
volgono l'interesse sull'interrogativo, se essa abbia agito in modo
premeditato od inconsapevole.
Il Governo Federale ha preso la seguente posizione al riguardo. "La
pianificazione degli obiettivi, cioe' l'individuazione dei bersagli e la
scelta della procedura d'attacco era studiata in modo tale da evitare
possibili danni collaterali, soprattutto ai civili, ma anche
all'ambiente.
Percio' la NATO ha impiegato una complessa procedura, in cui giocavano
un
ruolo tutte le informazioni disponibili sul bersaglio stesso, su
possibili
bersagli collaterali, cosi' come sull'azione dei vari tipi di armamento
in
questione nel combattimento. In parte sono state usate simulazioni
computerizzate, per testare l'arma col piu' ridotto rischio di danni
collaterali. Dei giuristi hanno valutato ogni bersaglio dal punto di
vista
della liceita' del combattimento secondo il diritto internazionale"
(Parlamento Tedesco -Bundestag, Drs. 14/1788, pag. 4).
Questa argomentazione non convince affatto, perche' non chiarisce i
danni
ambientali duraturi della guerra. Ancor piu' notevole e' il riferimento
al
diritto internazionale, e cio' per due motivi.
In primo luogo poiche' all'interno degli Stati belligeranti v'erano
concezioni notevolmente diuverse su cio' che nell'ambito della Operation
Allied Force era o no0n era conforme a diritto internazionale.
Contrariamente agli altri Stati della NATO, gli Stati Uniti da oltre
vent'
anni non hanno ratificato i relativi trattati di diritto internazionale
bellico.
In secondo luogo, in quanto esso suscita la questione su che tipo di
giuristi internazionalisti debbano essere quelli che ritengono conformi
a
diritto internazionale dei metodi di condotta bellica secondo i quali e'
lecito utilizzare impianti chimici come armi ecologiche secondarie, al
fine
di condurre una guerra chimica contro natura ed uomo senza armi
chimiche.
E se i pianificatori di obiettivi abbiano effettivamente impiegato allo
scopo simulazioni computerizzate, non si potra' indagare fintanto che i
ministeri della guerra della NATO non renderanno pubblici le analisi,
segretate, degli effetti delle armi (BDA: Battle Damage Assessment)
(Bundestag tedesco, loc. cit., pag. 3). In conclusione con tali
simulazioni
i militari avrebbero potuto scegliere anche l'arma piu' pericolosa.
Nel caso di Pancevo vi sono indizi che convalidano questa ipotesi.
Dopo i bombardamenti dell'impianto di VCM della fabbrica chimica HIP
AZOTARA
con missili Cruise si sprigiono' tra l'altro del fosgene, una sostanza
una
volta e mezzo piu' velenosa dell'acido cianidrico (o prussico).
"After the bombing on April 15 and 18, and thus after the distruction of
the
VCM plant by fire, test results showed the following pollution levels:
[...]phosgene: concentration detected: 10 ppm; concentration causing
irritation: 1-3 ppm; lethal concentration: 10 ppm"
(Stephan/Strobel/Klass,
loc. cit., pagg. 21 e segg.). 1 ppm (parte per milione) e'
l'abbreviazione
riferita al peso (1 mg/kg).
Con tali attacchi la NATO ha messo in pericolo consapevolmente vita,
salute
e sicurezza della popolazione civile, come anche la biosfera nell'area
urbana di Belgrado. Consapevolmente, giacche' essa poteva prevederne le
conseguenze devastanti. L'alleanza militare aveva sviluppato gia' due
decenni
fa un marcato interesse proprio per gli scenari di ricaduta del fosgene.
Uno degli studiosi di ricadute dell'epoca, nel frattempo divenuto membro
della direzione della Shell tedesca s.p.a., il chimicon Fritz
Vahrenholt,
riferiva nel 1979 in un simposio NATO a Roma i risultati delle relative
simulazioni al computer:
"Quanto al fosgene, che fu impiegato nella guerra mondiale come arma
chimica
contro i Francesi e che oggi e' utilizzato in una serie di processi
chimici,
nel 1978 e' stato calcolato dal TUV (ente di supervisione tecnica) della
Renania quali effetti potrebbe avere una ricaduta in condizioni
estremamente
sfavorevoli: in regioni densamente popolarte come la zona di Colonia
oltre
2.000 morti e quasi 20.000 feriti gravi (Vahrenholt, 1982, pag. 193).
Nel
1979 la ricerca fu ripetuta, su incarico della NATO, dal meteorologo
berlinese Bernd Gutsche, con un modello di diffusione
matematico-meteorologico. Risultato: "A seconda delle condizioni
meteorologiche una nube di fosgene si puo' estendere fino a sei, ma
anche
oltre 100 chilometri, nel qual caso nella zona interna morirebbe un
abitante
su due. Nel caso peggiore potrebbe essere investita un area di circa
1200
chilometri quadrati" (Gutsche, 1980, pag. 217). La quantita' critica di
questi prodotti chimici esplosivi in grado che potrebbe causare una tale
dinamica catastrofica, consiste di 2 tonnellate. Quanti morti o feriti
si
aspettava la NATO nell'aprile del999 dal suo attacco alcomplesso
chimico?
Evidentemente dobbiamo riconsiderare il nostro concetto di guerra
chimica.
Guerre chimiche moderne non vengono piu' condotte con armi chimiche
primarie,
bensi' secondarie, cioe' attraverso il bombardamento, secondo le
condizioni
ecologiche e metereologiche, di impianti contenenti sostanze e/o energie
pericolose.
Dal momento che i pianificatori di guerra della NATO conoscevano la
quantita'
critica di questi prodotti chimici, che agiscono in modo simile alle
armi
chimiche se liberate durante un attacco, io rinfaccio loro che proprio
l'
incontrollabilita' delle ricadute chimiche di natura militare e' insita
nell'
elemento tattico essenziale della condotta di guerra.
Questa ipotesi e' suffragata dall' ufficio federale per l'ambiente
attraverso
la seguente congettura sulla prognosi di ricaduta:
"generalmente si presuppone che attraverso la liberazione, incendio,
esplosione di sostanze pericolose :
-in impianti di raffinerie petrolifere sono coinvolti tutti i derivati
compreso l'idrocarburo policiclico;
-in fabbriche di concimi sono coinvolti in particolare ammoniaca, acido
nitrico, fosfati; in caso di incendi bisogna mettere in conto grandi
quantita' di gas nitroso;
-inoltre nel caso di serbatoi di carburante e di magazzini di gas
liquido
bisogna tenere conto eventualmente di notevoli danni a causa di
esplosioni
con ricaduta di detriti, inoltre gli idrocarburi liquidi liberati
provocano
inquinamento del terreno e dell'acqua;[...]
-in impianti chimici puo' sussistere un evidente pericolo a causa delle
qualita' specifiche dei materiali coinvolti." (UBA,a.a. O, S 4).
I materiali pericolosi possono essere immessi nell'atmosfera, nel
terreno, e
percio' sia nelle acque sotterranee che in quelle di superficie.
"Incendi di
grandi dimensioni causano, sulla base della termica connessa, un ampio ,
sconfinato spargimento di materiale dannoso." (UBA, ebda. S.5).
Il caso Pancevo spiega infine il perche' la NATO riteneva di poter
raggiungere il proprio fine strategico solo coi metodi e mezzi della
condotta bellica ecologica. Essa causo' premeditatamente dei danni
collaterali che coinvolsero vaste aree; tali danni parimenti permangono
piu'
a lungo e percio' mettono seriamente in pericolo la salute della
popolazione:
e questo con l'intenzione di far insorgere la popolazione contro il
governo
da essa scelto. "La campagna aerea della NATO [sic!] ha contribuito
militarmente al cedimento finale di Slobodan Milosevic. Il presidente
jugoslavo si e' accorto infine che la popolazione non era pronta a
sopportare
piu' a lungo le privazioni della vita quotidiana causate dagli attacchi
ad
obiettivi di rilievo militare. (Deutscher Bundestag, Drs. 14/1788, p 4).
Solo dalla prospettiva di una condotta di guerra totale devono sembrare
rilevanti dal punto di vista militare tutti gli obiettivi naturali e
sociali. Ma solo in questa prospettiva. Per gli uomini colpiti dalla
guerra,
invece, l'affermazione del nostro governo federale secondo cui gli
attacchi
aerei NATO "non sono stati rivolti ne' contro la popolazione ne' contro
l'
economia jugoslava" (Deutscher Bundestag, Drs.14/1788, p.4) suona come
una
presa in giro delle loro sofferenze per la guerra .
--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------
Knut Krusewitz, della Technische Universitaet di Berlino, docente di
Pianificazione ambientale e autore di una delle relazioni più rigorose e
intelligenti sul tema dei bombardamenti nei Balcani (industrie chimiche
e uranio), pubblicata da 'Il Manifesto' del 4.1.2000 p. 10.
(http://www.geocities.com/Paris/Chateau/9161/comitato/krusewitz.html)
10 novembre 1999
traduzione: 20 novembre 1999
Versione integrale
*** N.A.T.O.: condotta di guerra e conseguenze ambientali ***
1. Proposizione del problema.
La domanda che deve porsi dal punto di vista delle scienze ambientali e'
quali metodi bellici e quali mezzi la NATO abbia utilizzato durante la
sua
Operation Allied Force e quali danni essa abbia causato all'ambiente
naturale e sociale. La domanda deve essere posta in quanto sussiste il
fondato sospetto che l'alleanza bellica contro la Jugoslavia abbia
urtato i
principi e le norme del Trattato sul divieto di guerra ecologica e
contro il
divieto di danneggiamento ambientale prescritto dal diritto
internazionale
umanitario.
Le relative prescrizioni del diritto internazionale bellico includono in
primo luogo l'intenzionale danneggiamento dell'ambiente nell'ambito
della
condotta bellica.
Inoltre esse si applicano anche ai danni collaterali, se questi
conducono a
conseguenze dannose gravi, estese e durature, e percio' portano con se'
un
perturbamento significativo della vita umana, delle risorse naturali ed
economiche.
In questo caso sarebbe rilevante non solo dal punto di vista ambientale,
ma
anche di quello del diritto internazionale poter provare che l'Alleanza
abbia fatto uso nell'ambito della sua condotta bellica di metodi e mezzi
che
dal punto di vista ambientale erano mirati o da cui ci si doveva
aspettare
che essi causassero danni ambientali persistenti di simile entita'. Si
tratterebbe allora di gravi violazioni delle leggi e consuetudini
belliche,
che potrebbero essere punite come crimini di guerra.
Su questo sfondo e' divenuta un argomento di dibattito internazionale la
questione se il bilancio ambientale della guerra consenta la conclusione
che
la NATO abbia effettivamente condotto una guerra ecologica contro la
Jugoslavia. Con il mio contributo io cerco di dare un apporto al
chiarimento
di questa controversia. A questo fine e' necessario innanzitutto
trattare dei
danni ambientali nel teatro di guerra; infine cerchero' di ordinare e
valutare questi danni secondo il diritto internazionale.
2. Come si comunicano e valutano i danni ambientali di guerra?
2.1. Per la critica del concetto dell'UNEP.
Gia' durante la guerra, ancor prima che vi fosse il primo bilancio
empirico
dei danni ambientali, il direttore esecutivo del Programma Ambientale
delle
Nazioni Unite (ingl.: United Nations Environmental Programme: UNEP),
l'ex
ministro dell'ambiente Klaus Toepfer (cristiano-democratico), riferi'
che la
guerra non aveva causato alcuna catastrofe ecologica.
L'11 maggio 1999 costui rese nota la costituzione di una Balkan Task
Force
(BTF), un gruppo di lavoro speciale per l'ambiente nell'area di guerra.
Esso
avrebbe dovuto "raccogliere e confrontare informazioni credibili sulle
conseguenze ambientali della crisi del Kossovo" (Haavisto, 1999), al
fine di
togliere fondamento a "speculazioni su una catastrofe ecologica dovuta
alla
guerra del Kossovo" (Sueddeutsche Zeitung, (a), 1999, p. 7). Infatti a
Toepfer
non interessavano speculazioni, ma cose concrete. La sua BTF doveva
raccogliere per tempo determinate informazioni ambientali, con cui la
NATO
potesse eventualmente provare di aver condotto una guerra conforme a
diritto
internazionale. Mentre Toepfer strumentalizzava l'UNEP e la BTF, rendeva
ogni
dichiarazione sul significato ecologico della guerra un argomento
ambientale
e di politica militare, ma soprattutto di diritto internazionale dalla
forza
dirompente.
Dall'UNEP-BTF si pretese una prestazione apologetica, che strutturo' il
rapporto interno tra incarico di indagare, metodo d'indagine e risultato
dell'indagine. A causa della preponderante funzione discolpatoria del
rapporto finale dell'UNEP e' giocoforza contrapporvi una critica sui
metodi.
2.2.1. Incarico di indagine:
Toepfer conferi' al BTF solo un incarico di indagine tecnicamente
ristretto,
che non doveva mettere in luce ne' gli aspetti militari, ne' di
giusinternazionalistici, ne' sociali del problema ambientale. L'incarico
di
indagine non riguardava quindi la questione, evidente dal punto di vista
ecologico e sollevabile dal punto di vista del diritto internazionale,
della
concatenazione tra metodi di condotta della guerra NATO e i danni
ambientali
che ne sono derivati nella regione dei Balcani.
Pekka Haavisto, direttore di questa technical mission, formulo' poi
questo
equivoco concetto di indagine in un programma di valutazione
apparentemente
obiettivo: "L'incarico viene suddiviso tra cinque gruppi tematici: 1.
Stima
dei danni ambientali derivanti dagli impianti industriali distrutti; 2.
Danubio; 3. Conseguenze della guerra sulle risorse naturali; 4. Effetti
a
lungo termine della guerra sulla salute degli uomini e sull'ambiente; 5.
Insediamenti umani." (Haavisto, ibid.).
Al contrario di quanto annunciato la BTF non si occupo' in loco degli
"effetti a lungo termine della crisi sulla salute umana e
sull'ambiente".
Cio' potrebbe essere effettuato da uno studio di lungo periodo ordinato
di
recente dalla Commissione Europea. Il suo titolo: "Valutazione accurata
degli influssi sull'ambiente della guerra in Jugoslavia" (Commissione
Europea, 1999). Il suo rapporto finale verra' in essere tuttavia solo
nell'
autunno del 2000. Il Gruppo di lavoro UNEP ha tentato nonostante cio' di
valutare la contaminazione dell'ambiente dovuta al munizionamento
all'uranio
impoverito (depleted uranium: DU). Esso fu costretto a convocare un
Depleted
Uranium Desk Asessment Group (che si riuniva a Ginevra), giacche' la
NATO si
era rifiutata di fornire indicazioni sulla quantita' di armi DU
impiegate e
sui loro bersagli.
2.2.2. Metodo di indagine:
La direttiva politica del direttore UNEP propizio' presso la BTF una
percezione specifica delle conseguenze ecologiche della guerra, che
rimase
quindi allineata non a riflessioni di natura obiettiva, quanto piuttosto
di
natura opportunistica. Dal momento in cui la BTF accetto' acriticamente
la
direttiva extrascientifica del suo committente politico, ando' perfino
ad
oscurare quegli ambiti di realta' scientificamente considerevoli, che un
resoconto obiettivo avrebbe sicuramente resi parte costitutiva di
un'analisi
e valutazione imparziale.
La BTF concepi' il suo programma d'indagine in modo tale da relegare in
un
novero di dati extrascientifico la connessione tematica tra condotta
bellica
NATO, scelta dei mezzi bellici e danni ambientali da esse provocati.
Solo in
questo modo essa poteva considerare i gravi danni della guerra
all'ambiente
naturale e sociale come meri danni collaterali, a guisa di "incidenti
sul
lavoro" di guerra.
2.2.3. Risultati dell'indagine.
Non pare aver minimamente disturbato la BTF il dover presentare un
rapporto
il cui riusultato era gia' stabilito prima che si esaminasse la prima
misurazione dei danni in loco, premessa irrinunciabile della valutazione
tecnica dei danni ambientali di guerra.
Nonostante -od a causa- dell'immunizzazione politicamente stabilita
della
realta' e della connessa minimizzazione del problema la BTF trovo' prove
sul
fatto che la Nato aveva ripetutamente causato consistenti danni
ambientali
in quattro localita', cioe' Pancevo, Kragujevac, Novi Sad e Bor.
I risultati delle loro indagini furono banali, giacche' essi
confermarono
soltanto cio' che esperti ed esperte di disastri sapevano gia' in
precedenza:
chi distrugge militarmente complessi industriali - installazioni
petrolchimiche, raffinerie, depositi di carburante, centrali elettriche,
fabbriche di munizioni, di fertilizzanti, ed impianti chimici - libera
con
cio' sostanze nocive all'ambiente ed alla salute, che naturalmente si
depositano anche nelle vicinanze degli impianti bombardati. Ma certo non
solo li', giacche' esse si diffondono a grande distanza con le termiche,
i
venti, il ciclo delle acque.
La BTF trascuro' deliberatamente questo importante dato di fatto
ecologico,
nonostante allora le fossero noti i risultati delle misurazioni al
riguardo
eseguite dal Dipartimento di Tecniche Ambientali dell'Universita'
Demokritos
di Xanthi (Tracia) (Rapsomanikis, 1999 pag. 1-4; Sueddeutsche Zeitung,
(b)
1999, pag. 5).
Ergo: il concetto metodico dell'UNEP-BTF non era minimamente idoneo all'
elaborazione di un bilancio dei danni ambientali che sarebbe bastato
alla
loro stessa pretesa di presentare "un rapporto completo che sia
neutrale,
obiettivo e scientificamente credibile" (Haavisto, ibid.). Percio' la
parte
empirica del rapporto UNEP contribuiva ben poco al chiarimento del
quesito
qui trattato, se la NATO abbia o meno condotto una guerra ecologica.
2.3. Problematica della pianificazione ambientale.
Le guerre mondiali e le successive forme della "moderna" condotta di
guerra
hanno causato danni non soltanto all'ambiente naturale, ma anche a
quello
sociale (Krusewitz, 1985; idem, 1999, pag. 5-7). Compito di una scienza
ambientale illuministica e' percio' rilevare e valutare non solo i
"danni
collaterali ecologici", effetti primari della guerra, alla qual cosa si
e'
limitata essenzialmente la UNEP-BTF, ma anche i suoi effetti secondari e
terziari. Se la guerra contro la Jugoslavia abbia in effetti causato
soltanto danni collaterali all'ambiente naturale, o se non abbia
prodotto
piuttosto pregiudizi macroscopici, duraturi e gravi all'ambiente
naturale e
sociale, puo' giudicarsi solo se si esaminano i suoi effetti primari,
secondari e terziari. A questo fine utilizzo un metodo di ricerca che ho
sviluppato nell'analisi delle guerre moderne.
2.3.1. Effetti primari.
Quali metodi e mezzi di condotta bellica ha scelto la NATO? Quali armi
vi ha
impiegato? Quali sostanze tossiche/cancerogene/radioattive sono finite
nell'
ambiente, da quali sorgenti provenivano, in quali quantita' cio' e'
accaduto e
come si sono diffuse nello spazio? Quali danni si possono documentare
nella
biosfera (nel bilancio naturale regionale), nei paesaggi culturali, nei
territori protetti, nei territori di ricreazione, come pure nelle
regioni-modello internazionali (riserve della biosfera dell'UNESCO)?
Con riguardo agli effetti primari della guerra si conosce qualche cosa
rispetto ai danni ambientali di limitata estensione, ma poco riguardo a
quelli di ampio raggio. Dati primari sono stati rilevati soprattutto
presso
i siti industriali bombardati.
Sono stati aggrediti e distrutti da attacchi con bombe o missili oltre
20
impianti che contenevano sostanze e/o energie pericolose come:
- Raffinerie di petrolio, oleodotti, depositi di carburante, stazioni di
carico;
- Impianti industriali chimici e farmaceutici;
- Fabbriche di ammoniaca, fertilizzanti e fitofarmaci.
Con cio' sono state liberate in un'area considerevole sostanze
cancerogene,
tossiche ed ecotossiche. Finora tali inquinanti sono stati misurati e
segnalati nelle seguenti localita' (Stephan/Strobel/Klass, 1999; FOCUS,
1999;
Tehnokratia, 1999; UNEP/UNCHS, 1999):
Pancevo: 1,2 dicloroetano (ECD), cloruro di vinile monomero (VCM),
diossina,
furani, fosgene, benzo(a')pirene, ammoniaca, bifenili policlorati
(PCBs),
mercurio, anidride solforosa, ossido d'azoto, fuliggine, fumo;
Kragujevac: PCBs, diossina, furani, benzolo, toluolo, tetracloroetilene,
tricloroetano, rame, zinco, cobalto;
Novi Sad: PCBs, c-esano, idrocarburi liquidi, anidride solforosa,
piombo,
mercurio, fuliggine, fumo;
Bor: PCBs, rame, arsenico, cadmio, piombo, zinco;
Kraljevo: idrocarburi liquidi, gasolio, toluolo, benzolo;
Nis: idrocarburi liquidi, PCBs, diossina;
Novi Beograd: idrocarburi liquidi, benzina;
Smederova: fuliggine, fumo, PCK, idrocarburi liquidi;
Cacak: metalli pesanti.
Questi gli effetti primari della guerra. E' incontestabile che la
Operation
Allied Force ha danneggiato notevolmente l'ambiente naturale nei
dintorni
dei complessi industriali distrutti, e con cio' ha compromesso la salute
della popolazione. E' tuttavia controverso se i danni all'ambiente siano
solo
notevoli o non piuttosto gravi, estese e durature. Su cio' ritornero'
nella
sezione dedicata alla valutazione della condotta di guerra secondo il
diritto internazionale.
2.3.2. Effetti secondari.
Come agiscono tali inquinanti e tali danni ambientali su uomini, salute,
agricoltura, forestazione, risorse acquee, aree protette,
regioni-modello,
approvigionamento idrico, infrastrutture del traffico, ed insediamenti?
Quali tendenze seguono nel corso del tempo le concentrazioni degli
inquinanti e quali ne sono i motivi? Si devono adottare misure di
emergenza
in aree ad alto rischio (per es. presso le fabbriche chimiche
distrutte)?
Quali procedure tecniche devono essere messe in atto per la diminuzione
o l'
eliminazione dei danni? Le discariche militari sono riconoscibili e da
risanare? Puo' essere ripristinato lo status quo ante ecologico?
In questo momento nella Repubblica Jugoslava sono stati rilevati solo
pochi
dati riguardanti gli effetti secondari. Cio' per motivi di politica
interna,
per le sanzioni, per motivi strutturali, ma anche per motivi legati alle
tecniche di misurazione ambientale, di cui non ci si occupa piu'
dettagliatamente.
Tuttavia, nel caso dei complessi industriali bombardati a Pancevo, si
puo'
esporre in modo esemplare il nesso causale tra effetti sull'ambiente
della
condotta bellica NATO primari e secondari. La NATO attacca piu' volte
con
missili (Cruise Missiles) la localita' industriale Pancevo - un
complesso di
stabilimenti petrolchimici, raffinerie di idrocarburi, fabbriche di
fertilizzanti, impianti di cloruro di vinile monomero ed etilene - e lo
distrugge insieme con i suoi grandi depositi.
Le sostanze tossiche da cio' sprigionate formavano ad ogni attacco nubi
tossiche, che contenevano di volta in volta miscugli corrosivi di ECD,
cloruro di vinile monomero (VCM), diossine, fosgene, anidride solforosa,
ossidi di azoto, benzo(a')pirene ed ammoniaca.
In alcune notti di bombardamento le concentrazioni di veleni erano
altrettanto alte che dopo un grande attacco con armi chimiche. La
popolazione e' stata ripetutamente esposta, in quasi tutti i casi
indifesa, a
queste sostanze tossiche.
Percio' i danni alla salute "si mostreranno in parte soltanto fra molti
anni"
(Stephan, 1999, pag. 42).
2.3.3. Effetti terziari.
Quali costi per l'economia nazionale sorgeranno dai programmi di
ricostruzione e risanamento? Chi li finanziera'? Come agiranno le
conseguenze
della guerra sul mercato e sulle condizioni del lavoro? Come i costi
naturali e sociali della guerra cambieranno lo standard di vita, le
condizioni culturali ed educative della societa'? Le opzioni di sviluppo
economiche, politiche ed internazionale delle parti in conflitto sono
ragguardevolmente limitate? I danni economici sono percio' significativi
dal
punto di vista della pianificazione ambientale, poiche' le loro
dimensioni
decidono se, e, se si', sotto quali condizioni, si potranno sostenere i
costi
ambientali naturali e sociali della guerra.
I tre settori-chiave dell'industria jugoslava, chimico, energetico,
metallurgico sono stati gravemente danneggiati. La petrolchimica, il
ramo
industriale piu' redditizio del paese, e' quasi completamente distrutto,
con
nefaste ed incalcolabili conseguenze ecologiche, il moderno impianto
chimico
Petrohemija di Pancevo e' stato raso al suolo.
Altrettanto distrutte sono entrambe le fabbriche di fertilizzanti di
Novi
Sad e Pancevo. Cio' significa "un'ipoteca particolarmente pesante per il
futuro. La Jugoslavia e' un paese agricolo, ed e' sopravvissuta agli
anni dell
'isolamento solo della propria produzione alimentare. Negli anni scorsi
la
quota dell'agricoltura nel prodotto interno lordo e' salita dal 35 a
quasi il
50%" (Israel, 1999, pag. 8).
A Pancevo si trovavano anche le maggiori raffinerie della Jugoslavia,
che
ora sono ridotte in macerie. L'economia energetica e' il secondo settore
economico fondamentale che e' stato duramente danneggiato dalla guerra.
"Nel
settore-chiave della metallurgia gli stabilimenti del gruppo Zastava,
soprattutto a Kragujevac, sono stati largamente distrutti. 120 imprese
fornitrici dipendono da questo complesso industriale automobilistico"
(Spiegel, 1999, pag. 153).
Un primo bilancio degli effetti terziari nell'economia nazionale
presenta,
secondo l'inventario di un economista jugoslavo, il seguente quadro: "A
causa della guerra e delle sue conseguenze la produzione industriale
nella
Repubblica Federale Jugoslava, confrontata coll'anno precedente, calera'
del
44,4% [...]. Il prodotto interno lordo dovrebbe affondare del 40,7%, l'
impotr-export di oltre il 50%, la disoccupazione dovrebbe salire al
32,6%"
(Sueddeutsche Zeitung, 1999, pag. 25).
3. Valutazione dei danni ambientali secondo il diritto internazionale
bellico.
Alla spiegazione della questione, se la NATO abbia condotto una guerra
ecologica contro la Jugoslavia contribuisce il diritto internazionale
bellico. Le norme ed i principi relativi si trovano:
-nell'accordo sul divieto dell'uso militare o comunque ostile di
tecniche
che alterino l'ambiente, unitamente all'appendice e intesa del 18 maggio
1977 - accordo sul divieto di guerra ecologica, ingl.: Environmental
Mpodification Convention, citato come ENMOD-Convention (Fahl, 1980,
pagg.
136-143), e
- nel 39o protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alla Convenzione di
Ginevra del 12 agosto 1949 sulla protezione delle vittime dei conflitti
armati -citato come PA I- (Randelzhofer, 1999, pagg. 569-617).
In base all'esperienza della condotta bellica USA in Vietnam l'ONU varo'
nel
1977 la ENMOD-Convention; la Repubblica Federale Tedesca la ratifico'
nel
1983.
Secondo l'art. I dell'accordo e' vietato l'uso "di tecniche che alterino
l'
ambiente che producano effetti gravi, estesi e duraturi" come mezzo di
condotta bellica. "Il bersaglio e' dunque l'uso delle cosiddette
environmental modification techniques come strumenti militari, cioe' il
mirato abuso dell'ambiente come arma" (Oeter, 1994, pag. 98). Ogni
"manipolazione" militare "dei processi naturali" (art. II) e' pertanto
interdetta.
Le Intese (Understandings) sugli articoli I e II stabiliscono che si
intende
"esteso" un ambito di varie centinaia di chilometri quadrati; per
"duraturi"
s'intendono danni militari che si prolungano per vari mesi (circa una
stagione), e "grave" e' un effetto che porta con se' disturbi seri e
significativi alla vita umana, alle risorse economiche e naturali e ad
altri
beni.
Se viene violato uno di questi limiti, entra in gioco il divieto
dell'ENMOD.
Con l'art. 35, sez. 3, PA I e le norme complementari dell'art. 55 nello
stesso Protocollo Aggiuntivo e' stato "introdotto un assoluto divieto di
danni ambientali persistenti nel diritto internazionale umanitario"
(Oeter,
ibid.).
Se e' chiaro o presumibile che si pervenga a danni ambientali gravi,
estesi e
duraturi, anche l'impiego di tali mezzi e metodi dannosi per l'ambiente
non
e' piu' ammissibile, nemmeno se asseritamente necessario dal punto di
vista
militare.
Arrecare consapevolmente od accettare semplicemente il rischio di creare
danni gravi e persistenti all'ambiente sono coomportamenti con cio'
pienamente considerati nell'ambito della condotta bellica.
Le norme del protocollo aggiuntivo I superano in p'rincipio il divieto
della
ENMOD. Non vi sono solo compresi l'intenzionale danneggiamento
dell'ambiente
nell'ambito della condotta bellica (come nel caso della convenzione sul
divieto di guerra ecologica), ... ... ... ... danni collaterali" (Oeter,
ibid.).
Poiche' ogni condotta bellica causa notevoli danni collaterali
all'ambiente,
la questione sulle disposizioni limitative della guerra nel Protocollo
Aggiuntivo I non e' soltanto di prevalente interesse militare, ma anche
di
interesse per la pace.
"La Conferenza Diplomatica ha percio' utilizzato i concetti-soglia
esteso,
duraturo e grave impiegati analogamente alla ENMOD, non ugualmente in
modo
alternativo (come per la ENMOD) ma in modo cumulativo. Solo i danni
collaterali coinvolgenti grandi superfici, che contemporaneamente
persistono
per lunghi lassi di tempo e che inoltre comportano gravi pregiudizi per
l'
ambiente, sono compresi dai divieti dell'art. 35, 3o co., e 55 del PA I
(Oeter, loc. cit. pag. 99).
4. Applicazione dei criteri di valutazione giusinternazionalistici alla
condotta bellica della N.A.T.O.
Si ammette qui che una complessiva, sistematica analisi dei dati
rilevanti
dal punto di vista ambientale, se fosse in effetti possibile, non e'
stata
fino a questo momento (ottobre 2999) ancora fornita.
Tuttavia le informazioni introdotte nei dati sono sufficienti ad
ottenere
istruttivi risultati sul nesso causale tra condotta bellica e
conseguenze
ambientali; conformemente a cio' determinati effetti primari, secondari
e
terziari sono duraturi, si presentano in modo esteso, ed indicano danni
gravi all'ambiente naturale, dai quali la salute della popolazione e'
considerevolmente minacciata.
4.1. Danni ambientali duraturi.
Violazioni delle disposizioni delle intese relative all'art. I, II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, art. 55, sez. 1, PA
I.
Al contrario dell'impressione comunicata dal Gruppo di lavoro dell'UNEP,
raccolta dei dati e valutazione della pericolosita' dei danni ambientali
si
mostrano complicate, poiche' con la distruzione dei complessi
industriali si
sono formate contaminazioni miste di varie sostanze. "L'effetto dell'
interazione di tali miscugli di inquinanti nel sottosuolo e' assai
difficilmente valutabile ed ancora poco studiato". (UBA, 1999, pag. 9).
"Sicuramente dal cio' che resta dalla distruzione di discariche
industriali
derivera' nelle regioni colpite una minaccia per gli esseri umani che
agira'
ben oltre la fine della guerra.
Questo giudizio prognostico e' stato confermato dall'Ufficio per le
sostanze
pericolose (Halle) e dall'Oko-Control (Dessau) nel caso di Opovo: "Near
Opovo, forest damage which suggests contamination by fumes was clearly
perceptible. [...] Crop losses (probably over a period of several years)
should be taken in account, as well as a detrimental impact upon the
natural
fauna and flora" (Stephan/Strobel/Klass, loc. cit., pag. 54).
4.2. Danni ambientali estesi.
Violazioni delle disposizioni delle intese sugli artt. I e II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, ed art. 55, sez. I,
PA
I.
Inoltre la minaccia si estende largamente oltre le regioni colpite. Due
prove empiriche al riguardo:
-"The results from Pancevo (including Opovo) and Novi Sad show that the
chemical consequences of the war are not limited to local effects but
are of
at least regional impact, and since they also effect the Danube they
could
have also trans-border impacts" (Stephan/Strobel/Klass, loc. cit., pag.
54).
-"Between March 24 and June 10, 1999 a large number of chemicals were
ejected in the atmosphere because of air strikes in chemical industries
and
oil storage facilities in former Yugoslavia. Chemicals released in the
atmosphere under suitable meteorological conditions can be transported
across borders to large distances. The releases contain not only
conventionel air pollutants but also semi-volatile organic compounds
(SVOs)
which include dioxins, furans, PCBs, PAHs and organic phthalates, all
known
to be hazardous to health" (FOCUS, 1999).
Resta da chiarire come mai soltanto istituti ecologici greci abbiano
misurato la diffusione di inquinanti su spazi estesi in Europa.
4.3. Danni ambientali gravi.
Violazioni delle disposizioni nelle intese relative agli artt. I, II
della
ENMOD-Convention in relazione agli artt. 35, sez. 3; 54, sez. 2, 55 sez.
1,
PA I.
L'Ufficio Federale dell'Ambiente (Umweltbundesamt: UBA) gia' il 5 maggio
1999
avvisava che per le conseguenze ambientali della guerra un "uso civile
di
larga parte di queste regioni non sara' possibile per la minaccia alla
salute
derivante dalla contaminazione del suolo e delle acque profonde e
superficiali" (UBA, 1999, pag. 10). Questa previsione e' stata finora
confermata in due gravi casi. Si tratta del significativo danneggiamento
delle risorse naturali ed economiche, come anche della vita umana, in un
caso per lo sprigionamento di policlordibenzodiossine (PCDDs: diossina
di
Seveso) e di policlordibenzofurani (PCDFs); ed altrettanto nell'altro
caso,
relativo allo sprigionamento di prodotti radiotossici e chemiotossici
della
disintegrazione di munizioni di uranio (munizioni DU).
4.3.1. Azione dei PCDDs e PCDFs:
"It can be claimed that considerable amounts of PCDDs/PCDFs must have
been
distributed by gas clouds. [It] would therefore be necessary [to]
examine
the contamination of agricultural and horticultural lands over which the
gas
clouds passed, the substances carried by the clouds would have been
partly
distributed by precipitation. The values obtained [...] reach limits for
agricultural and horticultural land use and suggest the need for
inspection
and remidial action of restricted use" (Stephan/Strobel/Klass, loc.
cit.,
pag. 52).
Cio' sarebbe "non una catastrofe ambientale, ma chiaramente una
perturbazione
dell'ambiente", sentenzia il direttore della Divisione Chimica
Ambientale
dell'Universita' di Ulm, Karlheinz Ballschmiter. I cancerogeni furani e
diossine sarebbero immagazzinati prevalentemente nei prodotti agricoli
ed
"al 95 per cento introdotti nella catena alimentare". Cosi' le vacche
avranno
prossimamente anche dalle nostre parti un carico piu' elevato. "Gli
esseri
umani sono colpiti attraverso i prodotti lattiero-caseari". Tuttavia il
"carico a Belgrado e dintorni" sarebbe "molto piu' elevato". "Se in quei
luoghi tra due anni si analizzasse il latte materno, il risultato si
rispecchierebbe negli inquinanti in esso contenuti" (Sueddeutsche
Zeitung,
(a), loc. cit., pag. 5).
4.3.2. Effetti delle munizioni DU:
Nell'aprile 1999 diversi media tedeschi annunciavano che la NATO aveva
"confermato, che la forza d'attacco USA impiega in Jugoslavia
munizionamento
radioattivo. Allo stesso tempo l'alleanza smentiva pero' voci sulla
pericolosita' per i civili estranei (Fuldaer Zeitung, 1999, pag. 3).
Questa
affermazione della NATO era falsa. Vero e' al contrario che l'impiego di
queste munizioni rappresenta un notevole pericolo per uomo e natura.Allo
stato naturale il metallo pesante uranio e' un miscuglio degli isotopi
U235 e
U238. L'isotopo U235 e' presente in questo metallo pesante soltanto in
misura
limitata. Per l'utilizzzo dell'uranio nelle armi nucleari e' necessario
elevare la quota di U235 con dei procedimenti di arricchimento. Con cio'
avanza U238 in grandi quantita'. Questo U238 viene anche qualificato
come
depleted uranium (DU).L'interesse militare per il DU fu svegliato
poiche'
esso possiede una densita' molto piu' elevata di altri materiali
imopiegati
nella produzione di munizioni. Cosi' il DU e' quasi tre volte piu'
pesante
dell'acciaio, cosa che ad una granata riempita di DU consente di avere
una
forza di penetrazione molto maggiore nei confronti delle corazze dei
veicoli
militari. Poiche' il DU e' piu' tenero dell'acciaio, esso si polverizza
nel
penetrare le corazze. Se un tale proiettile colpisce la superficie del
bersaglio, una gran parte dell'energia cinetica si converte in calore.
Allora il proiettile si accende ed agisce all'interno del carro armato
come
un proiettile incendiario. (Rodejohann, 1977, pagg. 39 e segg.) Dopo l'
esplosione l'U238 si comporta da radiotossico, in quanto emette raggi
alfa,
e da chemiotossico in quanto metallo pesante.
"Secondo ricerche intraprese nel frattempo la produzione di
radioattivita'
alla superficie del proiettile da me [cioe' il prof. Siegwart-Horst
Guenther]
rinvenuto nel 1991 ammontava ad 11 microSievert al minuto. La dose
ammessa
in Germania viene definita in 300 microSievert all'anno. Avendo a che
fare
con un proiettile di uranio, pertanto, la dose annua si raggiunge
abbondantemente in un giorno" (Guenther, 1999, pag. 184). Nell'aria le
particelle di uranio si legano ad areosol. Essi possono essere inalati
attraverso le vie respiratorie od ingeriti attraverso la catena
alimentare.
Possibili conseguenze: "anemia, leucemia, tumore osseo, danni
all'embrione"
(Wolff, 1998, volantino).
Sebbene la NATO finora si rifiuti di dare indicazioni sulle aree e
quantita'
di impiego del munizionamento DU, e' sicuro che essa ha adoperato
quest'arma
nella regione di Prizren. "In aprile, durante il conflitto del Kossovo,
scienziati dell'Istituto Nazionale per la Difesa della Salute in
Macedonia
hanno misurato nell'aria valori otto volte piu' elevati di quegli
emettitori
di raggi alfa derivanti dai proiettili di uranio" (Peterson, 1999, pag.
11).
Anche il Ministero dell'Ambiente serbo ha misurato "in Kossovo una
maggiore
emisssione radioattiva nella misura di 3,4 Mega Becquerel. Essa sarebbe
stata causata da U238 non fissile, contenuto nei proiettili sparati
dagli
aerei americani modello A-10" (IPPNW, 1999, pag. 23). L'Autorita'
Britannica
per la Protezione dalle Radiazioni avvertiva in luglio, che i maggiori
rischi in Kossovo erano da ricercare ove erano state sparate munizioni
di
uranio. Percio' le truppe britanniche ivi stanziate erano state
avvertite di
indossare tute protettive, "se il contatto con obiettivi colpiti da
munizioni di uranio e' inevitabile" (Peterson, ibid.).
Per un'efficace protezione della popolazione civile dai persistenti
pericoli
per la salute di questi componenti per la salute, nessuno si e' in ogni
caso
finora dichiarato competente.
4.4. I danni ambientali persistenti erano prevedibili (art. 35 sez. 3,
55
sez. 1, PA I)
Le prove qui esposte del fatto che la NATO con la sua condotta bellica
abbia
causato danni estesi, duraturi e gravi all'ambiente naturale e sociale,
volgono l'interesse sull'interrogativo, se essa abbia agito in modo
premeditato od inconsapevole.
Il Governo Federale ha preso la seguente posizione al riguardo. "La
pianificazione degli obiettivi, cioe' l'individuazione dei bersagli e la
scelta della procedura d'attacco era studiata in modo tale da evitare
possibili danni collaterali, soprattutto ai civili, ma anche
all'ambiente.
Percio' la NATO ha impiegato una complessa procedura, in cui giocavano
un
ruolo tutte le informazioni disponibili sul bersaglio stesso, su
possibili
bersagli collaterali, cosi' come sull'azione dei vari tipi di armamento
in
questione nel combattimento. In parte sono state usate simulazioni
computerizzate, per testare l'arma col piu' ridotto rischio di danni
collaterali. Dei giuristi hanno valutato ogni bersaglio dal punto di
vista
della liceita' del combattimento secondo il diritto internazionale"
(Parlamento Tedesco -Bundestag, Drs. 14/1788, pag. 4).
Questa argomentazione non convince affatto, perche' non chiarisce i
danni
ambientali duraturi della guerra. Ancor piu' notevole e' il riferimento
al
diritto internazionale, e cio' per due motivi.
In primo luogo poiche' all'interno degli Stati belligeranti v'erano
concezioni notevolmente diuverse su cio' che nell'ambito della Operation
Allied Force era o no0n era conforme a diritto internazionale.
Contrariamente agli altri Stati della NATO, gli Stati Uniti da oltre
vent'
anni non hanno ratificato i relativi trattati di diritto internazionale
bellico.
In secondo luogo, in quanto esso suscita la questione su che tipo di
giuristi internazionalisti debbano essere quelli che ritengono conformi
a
diritto internazionale dei metodi di condotta bellica secondo i quali e'
lecito utilizzare impianti chimici come armi ecologiche secondarie, al
fine
di condurre una guerra chimica contro natura ed uomo senza armi
chimiche.
E se i pianificatori di obiettivi abbiano effettivamente impiegato allo
scopo simulazioni computerizzate, non si potra' indagare fintanto che i
ministeri della guerra della NATO non renderanno pubblici le analisi,
segretate, degli effetti delle armi (BDA: Battle Damage Assessment)
(Bundestag tedesco, loc. cit., pag. 3). In conclusione con tali
simulazioni
i militari avrebbero potuto scegliere anche l'arma piu' pericolosa.
Nel caso di Pancevo vi sono indizi che convalidano questa ipotesi.
Dopo i bombardamenti dell'impianto di VCM della fabbrica chimica HIP
AZOTARA
con missili Cruise si sprigiono' tra l'altro del fosgene, una sostanza
una
volta e mezzo piu' velenosa dell'acido cianidrico (o prussico).
"After the bombing on April 15 and 18, and thus after the distruction of
the
VCM plant by fire, test results showed the following pollution levels:
[...]phosgene: concentration detected: 10 ppm; concentration causing
irritation: 1-3 ppm; lethal concentration: 10 ppm"
(Stephan/Strobel/Klass,
loc. cit., pagg. 21 e segg.). 1 ppm (parte per milione) e'
l'abbreviazione
riferita al peso (1 mg/kg).
Con tali attacchi la NATO ha messo in pericolo consapevolmente vita,
salute
e sicurezza della popolazione civile, come anche la biosfera nell'area
urbana di Belgrado. Consapevolmente, giacche' essa poteva prevederne le
conseguenze devastanti. L'alleanza militare aveva sviluppato gia' due
decenni
fa un marcato interesse proprio per gli scenari di ricaduta del fosgene.
Uno degli studiosi di ricadute dell'epoca, nel frattempo divenuto membro
della direzione della Shell tedesca s.p.a., il chimicon Fritz
Vahrenholt,
riferiva nel 1979 in un simposio NATO a Roma i risultati delle relative
simulazioni al computer:
"Quanto al fosgene, che fu impiegato nella guerra mondiale come arma
chimica
contro i Francesi e che oggi e' utilizzato in una serie di processi
chimici,
nel 1978 e' stato calcolato dal TUV (ente di supervisione tecnica) della
Renania quali effetti potrebbe avere una ricaduta in condizioni
estremamente
sfavorevoli: in regioni densamente popolarte come la zona di Colonia
oltre
2.000 morti e quasi 20.000 feriti gravi (Vahrenholt, 1982, pag. 193).
Nel
1979 la ricerca fu ripetuta, su incarico della NATO, dal meteorologo
berlinese Bernd Gutsche, con un modello di diffusione
matematico-meteorologico. Risultato: "A seconda delle condizioni
meteorologiche una nube di fosgene si puo' estendere fino a sei, ma
anche
oltre 100 chilometri, nel qual caso nella zona interna morirebbe un
abitante
su due. Nel caso peggiore potrebbe essere investita un area di circa
1200
chilometri quadrati" (Gutsche, 1980, pag. 217). La quantita' critica di
questi prodotti chimici esplosivi in grado che potrebbe causare una tale
dinamica catastrofica, consiste di 2 tonnellate. Quanti morti o feriti
si
aspettava la NATO nell'aprile del999 dal suo attacco alcomplesso
chimico?
Evidentemente dobbiamo riconsiderare il nostro concetto di guerra
chimica.
Guerre chimiche moderne non vengono piu' condotte con armi chimiche
primarie,
bensi' secondarie, cioe' attraverso il bombardamento, secondo le
condizioni
ecologiche e metereologiche, di impianti contenenti sostanze e/o energie
pericolose.
Dal momento che i pianificatori di guerra della NATO conoscevano la
quantita'
critica di questi prodotti chimici, che agiscono in modo simile alle
armi
chimiche se liberate durante un attacco, io rinfaccio loro che proprio
l'
incontrollabilita' delle ricadute chimiche di natura militare e' insita
nell'
elemento tattico essenziale della condotta di guerra.
Questa ipotesi e' suffragata dall' ufficio federale per l'ambiente
attraverso
la seguente congettura sulla prognosi di ricaduta:
"generalmente si presuppone che attraverso la liberazione, incendio,
esplosione di sostanze pericolose :
-in impianti di raffinerie petrolifere sono coinvolti tutti i derivati
compreso l'idrocarburo policiclico;
-in fabbriche di concimi sono coinvolti in particolare ammoniaca, acido
nitrico, fosfati; in caso di incendi bisogna mettere in conto grandi
quantita' di gas nitroso;
-inoltre nel caso di serbatoi di carburante e di magazzini di gas
liquido
bisogna tenere conto eventualmente di notevoli danni a causa di
esplosioni
con ricaduta di detriti, inoltre gli idrocarburi liquidi liberati
provocano
inquinamento del terreno e dell'acqua;[...]
-in impianti chimici puo' sussistere un evidente pericolo a causa delle
qualita' specifiche dei materiali coinvolti." (UBA,a.a. O, S 4).
I materiali pericolosi possono essere immessi nell'atmosfera, nel
terreno, e
percio' sia nelle acque sotterranee che in quelle di superficie.
"Incendi di
grandi dimensioni causano, sulla base della termica connessa, un ampio ,
sconfinato spargimento di materiale dannoso." (UBA, ebda. S.5).
Il caso Pancevo spiega infine il perche' la NATO riteneva di poter
raggiungere il proprio fine strategico solo coi metodi e mezzi della
condotta bellica ecologica. Essa causo' premeditatamente dei danni
collaterali che coinvolsero vaste aree; tali danni parimenti permangono
piu'
a lungo e percio' mettono seriamente in pericolo la salute della
popolazione:
e questo con l'intenzione di far insorgere la popolazione contro il
governo
da essa scelto. "La campagna aerea della NATO [sic!] ha contribuito
militarmente al cedimento finale di Slobodan Milosevic. Il presidente
jugoslavo si e' accorto infine che la popolazione non era pronta a
sopportare
piu' a lungo le privazioni della vita quotidiana causate dagli attacchi
ad
obiettivi di rilievo militare. (Deutscher Bundestag, Drs. 14/1788, p 4).
Solo dalla prospettiva di una condotta di guerra totale devono sembrare
rilevanti dal punto di vista militare tutti gli obiettivi naturali e
sociali. Ma solo in questa prospettiva. Per gli uomini colpiti dalla
guerra,
invece, l'affermazione del nostro governo federale secondo cui gli
attacchi
aerei NATO "non sono stati rivolti ne' contro la popolazione ne' contro
l'
economia jugoslava" (Deutscher Bundestag, Drs.14/1788, p.4) suona come
una
presa in giro delle loro sofferenze per la guerra .
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