Subject: da ABC
Date: Wed, 13 Jun 2001 08:16:57 +0200
From: "abcsolidarieta" <abcsolidarieta@...>
To: A, B, C, Solidariet� e pace
<abcsolidarieta@...>
Gentili amiche/amici,
di seguito riportiamo la relazione integrale del viaggio fatto, dal 15
al 30
maggio, per consegnare le quote agli affidati. La maggior parte di
questa
relazione trover� posto sul semestrale "A, B, C" che riceverete entro il
mese di giugno o ai primi di luglio. Una sintesi, invece, verr� inviata
a
tutti insieme al bilancio contabile del viaggio e alle ricevute.
Cordiali saluti.
APPUNTI IN SERBIA E BOSNIA - 15-30 MAGGIO 2001
1) Parlando con i dirigenti sindacali
Senza nemmeno attendere nostre domande, i dirigenti sindacali della
"Zastava" (Kragujevac), della "Mascinska Industria" e della "Elektronska
Industria" (Nis) - le fabbriche dove, oltre alle scuole, si svolgono le
nostre iniziative di adozione a distanza in Serbia - ci hanno esposto a
lungo, spesso accalorandosi, le loro idee, le loro aspettative e le loro
critiche sulle situazioni locali e su quella generale del Paese. Come �
comprensibile, i giudizi divergono sensibilmente.
Quello che era il sindacato di regime, e che resta il sindacato
maggioritario alla "Zastava", ha ora mutato il nome da "Organizzazione
sindacale unitaria" in "Sindacato autonomo"; ha anche sostituito molti
componenti del Comitato direttivo e lo stesso presidente, che adesso �
Dragan Cobic; ma � ben lontano dall'accettare i nuovi processi in corso
dopo
il "Cambiamento" (termine comunemente usato in Serbia quando si vuol
alludere in modo un po' anodino, e senza troppo compromettersi, alla
"rivoluzione di Belgrado" che sanc�, il 5 ottobre 2000, la vittoria
dell'Opposizione democratica serba, sigla DOS). Il Sindacato autonomo �
apertamente contrario alla politica economica dell'attuale governo serbo
diretto da Zoran Djindjic. La "Zastava" - ci dicono - verr� scissa in
una
diecina di fabbriche a s� stanti, per agevolarne le privatizzazioni.
Qualcuna cambier� tipo di produzione (si parla perfino di sigarette, e
gi�
la cosa sta sollevando proteste a Nis e a Vranje, che da molto tempo
hanno
fabbriche di questo tipo, sebbene da ricostruire perch� bombardate). Non
che
prima le produzioni del complesso "Zastava" - quando, beniteso, si
produceva
con effettivi sbocchi di mercato - fossero omogenee, dato che qua si
facevano automobili, l� furgoni, altrove utensili di vario genere e armi
leggere. C'era per� una direzione generale che coordinava il tutto e lo
gestiva per gli aspetti di maggiore importanza. Adesso invece ci saranno
tante fabbriche autocefale, ciascuna delle quali tratter� separatamente
l'ingresso di capitale privato, per lo pi� estero (leggi
multinazionale). A
quali condizioni? Qui sta il punto.
Secondo i dirigenti del Sindacato autonomo, si tratter� di una
svendita
a grave danno degli operai, della citt�, del Paese. La maggior parte
delle
nostre maestranze - � la loro non difficile previsione - sar� licenziata
in
tronco, perch� dovremo limitarci ad "assemblare" pezzi provenienti
chiss� da
dove. Secondo il maggiore dei sindacati gi� di opposizione, dal
battagliero
nome di "Nezavisnost!" e secondo la sezione locale dell�Associazione dei
sindacati liberi e indipendenti, le privatizzazioni sono comunque un
passaggio necessario e urgente per una reale ripresa produttiva; sar�
compito dei sindacati far s� che questo passaggio avvenga nel modo il
pi�
possibile indolore dal punto di vista sociale.
Dal "socialismo" di Milosevic, dunque, al "neo-liberismo" di
Djindjic:
sar� davvero possibile condizionarlo sindacalmente, in un Paese che sta
per
entrare nella "globalizzazione" dopo dieci anni di isolamento e di
"embargo", in un quadro generale di diffusa povert�, pieno zeppo di
profughi
da quasi tutto il resto della Jugoslavia di Tito, con infrastrutture
inadeguate, impianti obsoleti e un'inflazione di difficile contenimento?
Noi
serbi - tengono a sottolineare tutti gli amici sindacalisti con cui
parliamo, a prescindere dalle loro diversit� e contrapposizioni - siamo
un
popolo di civilt� e cultura europea, nessuno potr� ridurci a una
colonia.
Siamo gi� passati attraverso tante catastrofi, ci risolleveremo anche
questa
volta. Noi di ABC, cosa potevamo rispondere? Fino a qualche anno fa, il
nome
del grande complesso di Kragujevac era "Crvena Zastava", che vuol dire
"Bandiera rossa". Adesso � rimasta la Bandiera, e siamo certi che i
nostri
amici, quale che sia il loro "colore", non intendono ammainarla.
Non molto dissimile � la situazione che abbiamo trovato a Nis. Alla
Elektronska prevale il Sindacato unitario, alla Mascinska
"Nezavisnost!", e
in sostanza i discorsi che ci fanno sono, rispettivamente, analoghi. La
differenza � che ambedue i complessi gi� da tempo sono raggruppamenti di
singole fabbriche, ciascuna con produzioni specifiche. "Produzione",
per�, �
anche qui un temine improprio, poich� in realt� non si produce, e quindi
non
si vende, quasi nulla. Ci hanno condotto a visitare qualche "settore":
ovunque macchinari fermi, oggetti lavorati a met� e lasciati l� ad
arrugginirsi, pochi operai che timbrano i cartellini pi� che altro
affinch�
la loro appartenenza alla fabbrica resti almeno scritta sui registri.
Delle
maestranze comprese in organico - ci dicono i sindacalisti - solo un 20%
lavora tutti i giorni, ma ad orario ridotto, per un salario rapportabile
a
60, 80, al massimo 100 marchi mensili; un 40% viene chiamato
saltuariamente,
il resto � a "salario minimo garantito" (pari a nostre 15-20 mila
lire!).
Garantito, per�, fino a quando sar� possibile, ed � probabile che fra
poco
non lo sia pi�.
In generale, sulla complessiva politica economica del governo
Djindjic
il malcontento � diffuso. Aumentano i prezzi - riferiscono tutti -,
aumentano le tariffe dell'elettricit�, del telefono, aumentano le tasse,
perfino quelle universitarie, aumentano i prezzi di tutti i generi,
anche di
prima necessit�. All'adagio per cui "si stava meglio quando si stava
peggio"
(che i pi� vecchi tra noi italiani ricordano come tipico dei nostri
primi
anni dalla caduta del fascismo), molti contrappongono per� la
convinzione
che � necessario stringere la cinghia, e non per poco tempo, affinch�
l'inflazione non precipiti e la Serbia non si riduca a elemosinare
troppi e
onerosi prestiti. E' questa una tesi sostenuta con forza sui
"mass-media"
da esponenti governativi.
2) Un milione di profughi, tra "vecchi" e "nuovi"
Zobnatica � una localit� nel nord della Vojvodina, a met� strada
fra
Subotica e Backa Topola. Ci sono alcune attrazioni turistiche: un noto
allevamento di cavalli da corsa, un mausoleo di rimembranze storiche e
sportive, un pescoso laghetto, un esteso e ben curato parco pubblico. Un
albergo con pretese di lusso ospita comitive di scolari o pensionati,
cacciatori, squadre di calcio o di basket in temporaneo "ritiro". Ma a
una
cinquantina di metri dall'albergo, in un vecchio caseggiato agricolo,
c'� un
"centro collettivo" per profughi. E' proprio l� che andiamo noi in un
afoso
pomeriggio, su indicazione della nostra amica direttrice della scuola
"Nikola Tesla" di Backa Topola, dove, la mattina, avevamo consegnato le
"borse di studio". Sono una trentina di persone, assiepate in poche
anguste stanzette. Uno stretto ingresso dalle pareti annerite, con una
stufa
a carbone e due panche, dove siedono alcuni anziani dall'aria assente.
Ci
sediamo accanto a loro e cerchiamo di attaccare discorso con tutta la
naturalezza che ci riesce. A poco a poco comincia a rompersi il
ghiaccio e
qualcuno prende a raccontarci la sua storia. Al silenzio succede un
profluvio di parole: dove stavano prima, dove lavoravano, come era la
loro
casa, come viveva la loro famiglia, quando e come sono dovuti andar via.
Zeljka abitava a Knin. Ne � dovuta fuggire a precipizio ai primi
dell'agosto 1995, con tutti gli altri serbi della zona, quando il nuovo
esercito croato, modernamente armato, istruito e diretto da esperti
americani, spazz� via in pochi giorni, con un blitz denominato
"Operazione
Tempesta", l'autoproclamatasi Repubblica serba di Krajina, in territorio
croato, nata dalla rivolta del 1991, con epicentro appunto nella
cittadina
di Knin. Perch� vi ribellaste? Perch� non volevamo fare la fine di
quelle
centinaia di migliaia di nostri padri o nonni che furono sterminati
durante
la seconda guerra mondiale a Jasenovac, la Dachau croata di cui nessuno,
da
voi, sa niente. Quando cominciammo di nuovo a vedercela brutta, mentre
il
presidente Tudjiman lanciava da Zagabria lo slogan "la Croazia ai
croati"
escludendoci cos� da ogni diritto nel nuovo Stato di cui si preparava la
secessione, i nostri uomini si armarono e resistettero per quattro anni.
Ma
ormai, di fronte agli attacchi dei carri armati, non potevano pi�
farcela.
Dovemmo lasciare in tutta fretta le nostre case, incamminandoci verso
Banja
Luka [principale centro della Republika Srpska e ora sua capitale-
n.d.r.].
Di l� fummo smistati nelle pi� diverse localit� della Serbia vera e
propria,
e a noi � capitato di venire qui. Come vedete, ci stiamo ancora dopo sei
anni.
Da una cucina minuscola appare una giovane donna, Zorica, con i
suoi
due figlioletti. Erano fuggiti a Doboi, citt� della Republika Srpska a
oriente di Banja Luka, incalzati dall'offensiva "Maestral", sferrata da
croati e musulmani nel settembre del '95, quando i serbi di Bosnia erano
ridotti allo stremo sotto i bombardamenti della NATO. Come tutti gli
altri -
ci narra Zorica - siamo poi venuti in Serbia. Tra i due figli
riconosciamo
una bambina che in mattinata aveva partecipato allo spettacolo
organizzato
dalla scuola per darci il benvenuto. Donna coraggiosa, Zorica, vivace e
sorridente: dichiara di aver fiducia che presto verranno giorni
migliori.
Al racconto di Zorica segue quello di Milica, un'anziana signora
che
fissa lo sguardo davanti a s�: non sta guardando noi, ma la sua casa nel
Kosovo, a Pristina. Suo marito era ingegnere in una fabbrica della zona.
Serbi, albanesi e altre popolazioni vivevano e lavoravano insieme. Poi
sono
riprese le tensioni inter-etniche ed � cominciata quella maledetta
guerra...
. Fortuna - dice Milica - che noi avevamo imparato bene la lingua dei
kosovari albanesi: questo ci ha aiutato a fuggire in tempo e per la
strada
giusta. Ci mostra alcune foto: la famiglia, la casa, i parenti, gli
amici.
Queste foto sono tutto ci� che le rimane; le guardiamo per qualche
minuto,
rendendoci conto che non � il caso di chiederle altro.
Di "centri collettivi" come questo a Zobnatica, e di solito pi�
grandi,
la Serbia � piena, sparsi da Nord a Sud. Su un popolo di dieci milioni,
un
milione di profughi dalla Bosnia, dall'Erzegovina, dalla Krajina, dalla
Slavonia orientale, dal Kosovo. Alla scuola "Nikola Tesla" di
Belgrado-Rakovica, per esempio, quella cinquantina di alunni che
aiutiamo
con le "borse di studio" sono quasi tutti profughi: basta guardare le
loro
schede con il luogo di nascita: Zadar (Zara), Knin, Gospic, Vukovar,
Pristina, Prizren... .Un caso davvero al limite � quello della famiglia
Stojsavljevic, sistemata nel vicino "centro collettivo" sulla Rakovica
put
(strada). La ragazza affidata - si legge nella scheda - "� stata profuga
due
volte: la prima volta, nel maggio del '95, � dovuta fuggire da Bihac
[Bosnia] a un villaggio nel comune di Graciac [Krajina]. Poco dopo, il 5
agosto dello stesso anno (si ricordi la citata "Operazione Tempesta"-
n.d.r.), � dovuta scappare ancora, fino a raggiungere Belgrado. Abita
ora in
una stanzetta di tre metri per quattro con la madre, il padre e un
fratello.
In queste condizioni, studiare � quasi impossibile".
Anche alla scuola "Ivan Goran Kovacic" di Niska Banja (Terme di
Nis),
molti degli alunni che prendono le nostre "borse di studio" vivono in un
vicino "centro collettivo". E' l'"Hotel Serbia", che ospitava una volta
la
gente ricca venuta per curarsi alle acque termali e ai grandi,
attrezzati
impianti che le utilizzano. Adesso l'albergo � zeppo di profughi, una
famiglia per ogni stanza. Ci andiamo a trovare alcune vecchie
conoscenze,
tra cui Jovanka, donna ancora giovane ma affetta da sclerosi, con le
gambe
paralizzate e due figli da portare avanti. Qualche anno fa mostrava un'
eccezionale forza d'animo, pareva che la malattia non la interessasse.
Adesso � scoraggiata e depressa, sdraiata su un lettino senza potersi
pi�
muovere. Piange e si lamenta a lungo, cantilenando, perch� tra poco i
suoi
bambini rimarranno soli.
3)Situazione d'incertezza in campo scolastico
Il "Cambiamento" ha prodotto o tende a produrre, di riflesso,
situazioni ambigue in molte scuole serbe. Per adesso timori o, al
contrario,
speranze riguardano in primo luogo la loro dirigenza: in parole povere,
si �
in attesa di sapere se questo o quel direttore, vice-direttore o altri,
di
nomina o notoriet� politica "socialista" (cio� miloseviana), sar�
lasciato
al suo posto. Per il momento, ci � parso di notare in alcune segreterie
scolastiche persone nuove, messe l� con compiti di sorveglianza. "La
politica non dovrebbe entrarci - dicono in molti, specialmente quelli
che
"temono" -, dovrebbero contare soltanto la competenza professionale e i
risultati didattici conseguiti". Altri per� - quelli che "sperano" -
fanno
notare che prima del "Cambiamento" le scuole hanno funzionato secondo
criteri, programmi e metodi omogenei al vecchio regime, e che � ormai
tempo
di farvi entrare "aria nuova", aprendo al vasto mondo l'orizzonte
mentale e
culturale degli alunni.
Per intanto, ci si attende che vengano aperti i cordoni della borsa
da
parte del Ministero e delle amministrazioni comunali. Come abbiamo
potuto
constatare di persona, anche in alcune delle scuole interessate dalle
nostre
iniziative ce ne sarebbe effettivamente bisogno. Alla "Svetozar
Markovic" di
Novi Sad, per esempio, si sono dovuti lasciare a met� i lavori di
riparazione dei danni causati dal bombardamento di due anni or sono.
Alla
"Ivan Goran Kovacic" di Niska Banja molte aule, sistemate in
seminterrati
con le finestre a livello stradale, quando piove di brutto devono essere
evacuate, perch� si riempiono di acqua e fango. In tutte le scuole
serbe,
d'altra parte, gli stipendi del personale docente e non docente sono
molto
bassi (corrispondono a nostre 100 o 150 mila lire). Si sono fatti
scioperi,
interi o parziali (cio� con accorciamento di orari), ma il risultato
ottenuto, un aumento del 15% che ancora non si sa se reale o promesso,
non �
stato molto apprezzato.
A volte, personaggi incaricati del rinnovamento scolastico da parte
dell'attuale governo, cadono in atteggiamenti estremizzati che farebbero
meglio a risparmiarsi. Il 29 maggio si � tenuta a Sombor, per iniziativa
del
DOS, una riunione di 150 direttori e insegnanti di scuole della Backa
occidentale e centrale (la Backa � la fascia pi� settentrionale della
Vojvodina, quindi della Serbia). Proprio a Sombor la spinta al
"Cambiamento"
aveva avuto uno dei suoi punti di maggior forza. Ha presieduto e
concionato - ci narra la direttrice della "Nikola Tesla" di Backa Topola
-
una donna giovane, tanto immatura quanto arrogante, priva di reali
competenze didattiche. Si chiama Marija Vuckovic ed � stata inviata a
Sombor
dal ministro per l'educazione Gaza Knezevic. A suo dire, tutto ci� che
si �
fatto finora nelle scuole rappresentate dai convenuti � un cumulo di
errori
e falsit�, bisogna rovesciare tutto, ricominciare da zero. Non precisa,
per�, in che modo e secondo quali indirizzi didatticamente pi� validi.
Contestata dai docenti, che si sentono ingiustamente accomunati in una
globale e indiscriminata condanna, chiude di colpo la riunione e se ne
va.
Avvenimenti simili si verificano in molte altre parti della Serbia. Si
spera trattarsi di un breve periodo di transizione, con le sue
comprensibili derive d'inesperienza, ignoranza dei problemi, incapacit�
ad
assumere una linea giusta.
Passando a un discorso pi� generale, fenomeni dello stesso tipo -
ci �
stato detto - si hanno un po' in tutti i campi, sotto l'egida del
presente
capo del governo, Zoran Djindjic, che molti ritengono uomo ambiguo,
troppo
legato all'Occidente e in particolare alla Germania, dove ha studiato,
si �
formato e di cui ha conservato il passaporto (avrebbe dunque doppia
nazionalit�, tedesca e serba). Gli stessi lo considerano il miglior
cavallo
di Troia dei nemici della Serbia. Generale � invece l'apprezzamento per
Kostunica, che tutti giudicano uomo equilibrato e realmente rispettoso
delle
regole democratiche. Si sta facendo strada l'aspettativa delle
annunciate
nuove elezioni politiche a breve scadenza, nella speranza che ne
sortisca
per lo stesso Kostunica un pi� diretto ruolo di governo, al di sopra
delle
attuali incertezze e sbandate, e al di fuori delle "lottizzazioni" fra i
partiti della coalizione DOS.
4)Un'accoglienza indimenticabile
Piccola e malandata � la scuola "Rodoljub Colakovic", sita in Donja
Vrezina, un sobborgo di Nis. La stradina per arrivarci � attraversata da
buche piene d'acqua dalla profondit� incerta. L'edificio scolastico � al
centro di un prato senza recinzione, con a fianco un "campo di calcio"
lungo
una diecina di metri, dalla larghezza indefinita; le due "porte" sono
segnate da pietre dove � sperabile che i piccoli giocatori non vadano a
battere la testa. L'edificio scolastico ha spazio soltanto per due aule;
gli
stessi genitori stanno provvedendo alle riparazioni pi� urgenti, dagli
infissi al WC.
La scuola comprende solo le prime quattro classi; � la succursale
di
un'altra pi� grande e un po' lontana, dove gli alunni dovranno recarsi
in
seguito per il secondo ciclo dell'obbligo. Questa volta � venuto anche
il
direttore della scuola principale, che ci accoglie con interesse e
cordialit�, offrendoci alcuni regali: un po' di tutto, da alcune allegre
formicone variopinte, manovrabili come marionette con fili, costruite
dagli
alunni durante le lezioni di lavoro manuale, all'immancabile bottiglia
di
"rakija" (grappa da vari frutti, che i serbi generalmente distillano in
casa
e di cui fanno uso abbondante sia come aperitivo che come digestivo).
Pi� di una bottiglia di rakija � stata stappata, e vuotata, durante
l'indimenticabile festa con cui insegnanti, genitori e alunni della
piccola
scuola hanno voluto darci il benvenuto. Una lunga tavolata nell'aula pi�
grande. Appena ci sediamo, da una parte di essa, assieme agli
insegnanti,
dall'altra si mettono gli alunni cui abbiamo appena consegnato le "borse
di
studio". Torte e pasticcini fatti or ora dalle mamme, succhi di frutta e
aranciate per tutti. Ma ecco che i genitori prendono il posto degli
alunni;
le bottiglie di prima vengono sostituite, appunto, da quelle di rakija e
s'intensificano i brindisi: Djveli! - e noi rispondiamo: Alla salute! Ma
dove sono finiti i bambini? Eccoli ricomparire, con abbellimenti sui
vestiti
e fra i capelli, per un grazioso spettacolo di recite, canzoni, balli
tradizionali. Tocca a noi, adesso, ricambiare in qualche modo. Questa
volta,
per fortuna, abbiamo nella nostra delegazione Leonardo, che � un bravo
tenore. Intona vecchie canzoni napoletane, universalmente note, e
qualche
pezzo d'opera, fra scroscianti applausi generali. Genitori e insegnanti
vogliono fare anch'essi la loro parte, con canzoni serbe melodiose e un
po'
malinconiche. Si passa poi tutti quanti a "Bella ciao", "Scarpe rotte" e
simili, comune eredit� del periodo partigiano. Alla fine compaiono una
chitarra e una fisarmonica: tutti a ballare a coppie, in fila, in
circolo,
per un'oretta buona. Dopo un ultimo Djveli! ci congediamo. Siamo stati
l�
quattro ore, molti (e molte) hanno le lacrime agli occhi.
Si parla a volte di "Diplomazia popolare"; noi ci limitiamo a dire
che
piccoli episodi come questo sono importanti, perch� spargono semi di
amicizia, gettano ponti di solidariet� e fratellanza tra popoli,
tendendo ad
allontanare bombe e cannoni dal ricordo e dal pensiero
1) Ricevimento al Municipio di Nis
Il pomeriggio di gioved� 24, al palazzo comunale (dove fervono lavori
di
ricostruzione) ci riceve il vice-sindaco, Mirjana Barbulovic. E' una
donna
giovane, minuta, simpatica, piena di energia. Ci d� il benvenuto nella
citt�, ce ne espone brevemente i gravi problemi, ci ringrazia delle
nostre
iniziative "umanitarie". Ci parla fra l'altro di due giovani giocatori
locali di basket, due talenti da poco "acquistati" da una squadra greca.
La
preghiera di attivarci per analoghi "acquisti" da parte di squadre
sportive
italiane � implicito ma evidente. Gi� altre volte, a Nis, richieste
simili
ci erano state rivolte da persone che sperano di far carriera in Italia:
un
tenore, un pugile, ecc.
A Nis, come in tante altre citt� della Serbia, pullulano i pi�
svariati
organismi assistenziali, interni ed esteri, religiosi e laici. Alla
piccola
riunione dal vice-sindaco sono presenti anche i rappresentanti locali
della
"Yu-Rom Centar", che si occupa appunto dei Rom e di altre minoranze
etniche,
nonch� dell'Associazione per le madri sole con figli da allevare.
Ambedue ci
danno copia dei rispettivi programmi e ci chiedono un aiuto.
Queste sono certamente brave persone, e gestiscono organismi
"umanitari" seri. Bisogna per� stare attenti, ch� il momento � ritenuto
propizio anche per iniziative di tutt'altra e dubbia natura. Quelle
sovvenzionate dal magnate Soros e simili sono note; ma adesso se ne
stanno
infiltrando di nuove, che i Serbi non avevano mai visto. A Backa Topola,
per
esempio, si � installato un santone americano, sedicente "adoratore di
Ges�
sul Golgota". E' andato anzitutto dal sindaco (del partito irredentista
ungherese) e da lui si � fatto introdurre nelle scuole e in altre realt�
cittadine. Sta facendo numerosi proseliti, distribuendo soldi a piene
mani.
Un proselitismo molto facile tra gente ridotta in povert�, e anche molto
sospetto.
2) Prosegue l'iniziativa "Pancevo chiama Italia"
Gli strumenti e materiali per la cromatografia che abbiamo acquistato
dalla
ditta "Camag" sono felicemente arrivati all'Istituto d'igiene e
protezione
ambientale di Pancevo. Loris Campetti, inviato del "manifesto", ne ha
ampiamente parlato in un articolo del 9 gennaio e in un servizio
successivo:
li ha visti gi� in funzione per misurare la presenza di sostanze
tossiche
nel cibo. Ha intervistato la dirigente del laboratorio, dottoressa Mica
Saric Tanaskovic, e ne ha riportato le seguenti testuali parole: "Ci
avete
donato l'attrezzatura pi� moderna per questo tipo di analisi, che tutti
gli
istituti simili al nostro si sognano. Stiamo gi� intervenendo sulle
microtossine che con il calore - i bombardamenti hanno violentato anche
il
nostro clima atmosferico - si sviluppano nei cereali in seguito alla
catastrofe ecologica e potremo effettuare analisi anche per l'insieme
della
Vojvodina, granaio della Serbia"
Attualmente siamo pronti ad inviare all'Istituto uno
spettrofotometro a
raggi ultravioletti ed accessori (costo 15 milioni). Stiamo solo
aspettando
la definizione degli inevitabili adempimenti burocratici
.
3) Nulla di nuovo in Bosnia?
Dopo la consegna delle "borse di studio" alla scuola di Pale, ha voluto
invitarci a cena il direttore Radomir. Anche lui � un nostro vecchio
amico.
Sul suo volto si legge lealt� e fedelt� immutabile alle proprie idee. Ha
combattuto tre anni e mezzo nella "Difesa territoriale" della cittadina,
allora capitale della Republika Srpska, quindi sede del governo di
Radovan
Karadzic. "Noi a Pale - � questo il suo maggiore vanto - i musulmani non
ce
li abbiamo fatti arrivare". Peccato che, finite le ostilit�, sia
incappato
in una mina anti-uomo mentre stava per sedersi a pescar trote, e cos�
adesso
cammina con la protesi. Disgrazie analoghe, e anche pi� gravi, sono
accadute
a tanti altri in Bosnia, specialmente bambini: c'erano, e ci sono, dai
tre
ai cinque milioni di queste mine; nelle scuole una pubblicazione
dell'UNICEF
per mettere in guardia gli alunni � compresa tra i libri di testo.
La cena si svolge in un ristorante sul monte Jahorina, dove si
tennero,
nell'ormai lontano 1984, le olimpiadi di sci femminile. Nel locale ci
siamo
soltanto noi, davanti a un grande braciere dove sta cuocendo carne alla
griglia. All'intorno i grandi alberghi di un tempo sono vuoti, tranne
uno
dove abitano profughi.
"Che situazione c'� adesso in Bosnia?" - ci azzardiamo a chiedere.
"Sempre la stessa", � la lapidaria risposta di Radomir. Essa vuol
significare varie cose. In primo luogo che dopo la "pace" di Dayton,
firmata
nel dicembre �95, le truppe internazionali della SFOR ("Stabilization
Force"), comprendenti anche un forte contingente italiano, continuano a
tenere sotto controllo l'intero territorio della Bosnia-Erzegovina. E in
realt�, se cos� non facessero, la pace sarebbe di nuovo in pericolo,
come
dimostra il semplice fato che stanno l� da sei anni, mentre avrebbero
dovuto
andarsene dopo uno.
La risposta di Radomir sta a significare inoltre che uno degli
obiettivi
fondamentali sanciti a Dayton, e cio� la reintegrazione inter-etnica e
il
ritorno alle proprie case delle masse di profughi delle tre parti -
serbi,
croati e musulmani - si dimostra irraggiungibile. Ne abbiamo avuto uno
degli
innumerevoli esempi proprio in questo viaggio, quando una nostra amica
serba
di Rogatica, che una volta abitava a Sarajevo, ci ha ricevuto in una
casa
che fino a pochi giorni prima era di propriet� di una famiglia
musulmana.
L'ha scambiata con la sua casa di Sarajevo, e le � andata bene - ha
commentato - anche se la sua casa di prima era molto pi� bella e anche
se
Rogatica non � Sarajevo.
In terzo luogo, Radomir ha voluto far capire che si pensa ormai,
anche
da parte serba, che � tempo di uscire dagli equivoci di Dayton. Le
rispettive pulizie etniche sono ormai acquisite e definitive; se i
croati
dell'Erzegovina stanno agitandosi per riunirsi alla Croazia, perch� loro
non
dovrebbero riunirsi alla Serbia? Resta il problema dei musulmani. Si
adatteranno a un piccolo Stato cuscinetto o cercheranno, utilizzando le
contrastanti mire geopolitiche straniere, di realizzare quella "Linea
verde"
da Istanbul a Pristina, dal Sangiaccato a Sarajevo, che � una delle
tante
versioni dei sogni balcanici di "grandezza", accanto ai progetti di
"Grande
Serbia", "Grande Croazia", "Grande Albania" e via dicendo?
Quanto a Drago, il "pedagogo" della stessa scuola di Pale (cio�
assistente sociale, psicologo, incaricato dei rapporti con le famiglie),
egli ha frequentato - ci racconta - un seminario tenuto a Helsinki per
il
rinnovamento di programi e metodi didattici. Evidentemente, il povero
"Alto
Commissario" per l'attuazione dei trattarti di Dayton nei loro aspetti
civili ce la sta mettendo tutta, anche se i riultati non risultano molto
brillanti. C'� per� da dire che lo stesso Drago insiste nell'invitare
gruppi
di alunni italiani - appartenenti a scuole che aderiscono alle nostre
iniziative - a venir a sciare sul monte Jahorina. Che qualche spiraglio
alla
riconciliazione inter-bosniaca possa aprirsi attraverso "triangolazioni"
internazionali a livello di giovani? Le vie del Signore sono infinite...
.
---
Questa lista e' provvisoriamente curata da componenti della
ASSEMBLEA ANTIMPERIALISTA (ex Coord. Naz. "La Jugoslavia Vivra'"):
> http://www.tuttinlotta.org
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono questa struttura, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
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Date: Wed, 13 Jun 2001 08:16:57 +0200
From: "abcsolidarieta" <abcsolidarieta@...>
To: A, B, C, Solidariet� e pace
<abcsolidarieta@...>
Gentili amiche/amici,
di seguito riportiamo la relazione integrale del viaggio fatto, dal 15
al 30
maggio, per consegnare le quote agli affidati. La maggior parte di
questa
relazione trover� posto sul semestrale "A, B, C" che riceverete entro il
mese di giugno o ai primi di luglio. Una sintesi, invece, verr� inviata
a
tutti insieme al bilancio contabile del viaggio e alle ricevute.
Cordiali saluti.
APPUNTI IN SERBIA E BOSNIA - 15-30 MAGGIO 2001
1) Parlando con i dirigenti sindacali
Senza nemmeno attendere nostre domande, i dirigenti sindacali della
"Zastava" (Kragujevac), della "Mascinska Industria" e della "Elektronska
Industria" (Nis) - le fabbriche dove, oltre alle scuole, si svolgono le
nostre iniziative di adozione a distanza in Serbia - ci hanno esposto a
lungo, spesso accalorandosi, le loro idee, le loro aspettative e le loro
critiche sulle situazioni locali e su quella generale del Paese. Come �
comprensibile, i giudizi divergono sensibilmente.
Quello che era il sindacato di regime, e che resta il sindacato
maggioritario alla "Zastava", ha ora mutato il nome da "Organizzazione
sindacale unitaria" in "Sindacato autonomo"; ha anche sostituito molti
componenti del Comitato direttivo e lo stesso presidente, che adesso �
Dragan Cobic; ma � ben lontano dall'accettare i nuovi processi in corso
dopo
il "Cambiamento" (termine comunemente usato in Serbia quando si vuol
alludere in modo un po' anodino, e senza troppo compromettersi, alla
"rivoluzione di Belgrado" che sanc�, il 5 ottobre 2000, la vittoria
dell'Opposizione democratica serba, sigla DOS). Il Sindacato autonomo �
apertamente contrario alla politica economica dell'attuale governo serbo
diretto da Zoran Djindjic. La "Zastava" - ci dicono - verr� scissa in
una
diecina di fabbriche a s� stanti, per agevolarne le privatizzazioni.
Qualcuna cambier� tipo di produzione (si parla perfino di sigarette, e
gi�
la cosa sta sollevando proteste a Nis e a Vranje, che da molto tempo
hanno
fabbriche di questo tipo, sebbene da ricostruire perch� bombardate). Non
che
prima le produzioni del complesso "Zastava" - quando, beniteso, si
produceva
con effettivi sbocchi di mercato - fossero omogenee, dato che qua si
facevano automobili, l� furgoni, altrove utensili di vario genere e armi
leggere. C'era per� una direzione generale che coordinava il tutto e lo
gestiva per gli aspetti di maggiore importanza. Adesso invece ci saranno
tante fabbriche autocefale, ciascuna delle quali tratter� separatamente
l'ingresso di capitale privato, per lo pi� estero (leggi
multinazionale). A
quali condizioni? Qui sta il punto.
Secondo i dirigenti del Sindacato autonomo, si tratter� di una
svendita
a grave danno degli operai, della citt�, del Paese. La maggior parte
delle
nostre maestranze - � la loro non difficile previsione - sar� licenziata
in
tronco, perch� dovremo limitarci ad "assemblare" pezzi provenienti
chiss� da
dove. Secondo il maggiore dei sindacati gi� di opposizione, dal
battagliero
nome di "Nezavisnost!" e secondo la sezione locale dell�Associazione dei
sindacati liberi e indipendenti, le privatizzazioni sono comunque un
passaggio necessario e urgente per una reale ripresa produttiva; sar�
compito dei sindacati far s� che questo passaggio avvenga nel modo il
pi�
possibile indolore dal punto di vista sociale.
Dal "socialismo" di Milosevic, dunque, al "neo-liberismo" di
Djindjic:
sar� davvero possibile condizionarlo sindacalmente, in un Paese che sta
per
entrare nella "globalizzazione" dopo dieci anni di isolamento e di
"embargo", in un quadro generale di diffusa povert�, pieno zeppo di
profughi
da quasi tutto il resto della Jugoslavia di Tito, con infrastrutture
inadeguate, impianti obsoleti e un'inflazione di difficile contenimento?
Noi
serbi - tengono a sottolineare tutti gli amici sindacalisti con cui
parliamo, a prescindere dalle loro diversit� e contrapposizioni - siamo
un
popolo di civilt� e cultura europea, nessuno potr� ridurci a una
colonia.
Siamo gi� passati attraverso tante catastrofi, ci risolleveremo anche
questa
volta. Noi di ABC, cosa potevamo rispondere? Fino a qualche anno fa, il
nome
del grande complesso di Kragujevac era "Crvena Zastava", che vuol dire
"Bandiera rossa". Adesso � rimasta la Bandiera, e siamo certi che i
nostri
amici, quale che sia il loro "colore", non intendono ammainarla.
Non molto dissimile � la situazione che abbiamo trovato a Nis. Alla
Elektronska prevale il Sindacato unitario, alla Mascinska
"Nezavisnost!", e
in sostanza i discorsi che ci fanno sono, rispettivamente, analoghi. La
differenza � che ambedue i complessi gi� da tempo sono raggruppamenti di
singole fabbriche, ciascuna con produzioni specifiche. "Produzione",
per�, �
anche qui un temine improprio, poich� in realt� non si produce, e quindi
non
si vende, quasi nulla. Ci hanno condotto a visitare qualche "settore":
ovunque macchinari fermi, oggetti lavorati a met� e lasciati l� ad
arrugginirsi, pochi operai che timbrano i cartellini pi� che altro
affinch�
la loro appartenenza alla fabbrica resti almeno scritta sui registri.
Delle
maestranze comprese in organico - ci dicono i sindacalisti - solo un 20%
lavora tutti i giorni, ma ad orario ridotto, per un salario rapportabile
a
60, 80, al massimo 100 marchi mensili; un 40% viene chiamato
saltuariamente,
il resto � a "salario minimo garantito" (pari a nostre 15-20 mila
lire!).
Garantito, per�, fino a quando sar� possibile, ed � probabile che fra
poco
non lo sia pi�.
In generale, sulla complessiva politica economica del governo
Djindjic
il malcontento � diffuso. Aumentano i prezzi - riferiscono tutti -,
aumentano le tariffe dell'elettricit�, del telefono, aumentano le tasse,
perfino quelle universitarie, aumentano i prezzi di tutti i generi,
anche di
prima necessit�. All'adagio per cui "si stava meglio quando si stava
peggio"
(che i pi� vecchi tra noi italiani ricordano come tipico dei nostri
primi
anni dalla caduta del fascismo), molti contrappongono per� la
convinzione
che � necessario stringere la cinghia, e non per poco tempo, affinch�
l'inflazione non precipiti e la Serbia non si riduca a elemosinare
troppi e
onerosi prestiti. E' questa una tesi sostenuta con forza sui
"mass-media"
da esponenti governativi.
2) Un milione di profughi, tra "vecchi" e "nuovi"
Zobnatica � una localit� nel nord della Vojvodina, a met� strada
fra
Subotica e Backa Topola. Ci sono alcune attrazioni turistiche: un noto
allevamento di cavalli da corsa, un mausoleo di rimembranze storiche e
sportive, un pescoso laghetto, un esteso e ben curato parco pubblico. Un
albergo con pretese di lusso ospita comitive di scolari o pensionati,
cacciatori, squadre di calcio o di basket in temporaneo "ritiro". Ma a
una
cinquantina di metri dall'albergo, in un vecchio caseggiato agricolo,
c'� un
"centro collettivo" per profughi. E' proprio l� che andiamo noi in un
afoso
pomeriggio, su indicazione della nostra amica direttrice della scuola
"Nikola Tesla" di Backa Topola, dove, la mattina, avevamo consegnato le
"borse di studio". Sono una trentina di persone, assiepate in poche
anguste stanzette. Uno stretto ingresso dalle pareti annerite, con una
stufa
a carbone e due panche, dove siedono alcuni anziani dall'aria assente.
Ci
sediamo accanto a loro e cerchiamo di attaccare discorso con tutta la
naturalezza che ci riesce. A poco a poco comincia a rompersi il
ghiaccio e
qualcuno prende a raccontarci la sua storia. Al silenzio succede un
profluvio di parole: dove stavano prima, dove lavoravano, come era la
loro
casa, come viveva la loro famiglia, quando e come sono dovuti andar via.
Zeljka abitava a Knin. Ne � dovuta fuggire a precipizio ai primi
dell'agosto 1995, con tutti gli altri serbi della zona, quando il nuovo
esercito croato, modernamente armato, istruito e diretto da esperti
americani, spazz� via in pochi giorni, con un blitz denominato
"Operazione
Tempesta", l'autoproclamatasi Repubblica serba di Krajina, in territorio
croato, nata dalla rivolta del 1991, con epicentro appunto nella
cittadina
di Knin. Perch� vi ribellaste? Perch� non volevamo fare la fine di
quelle
centinaia di migliaia di nostri padri o nonni che furono sterminati
durante
la seconda guerra mondiale a Jasenovac, la Dachau croata di cui nessuno,
da
voi, sa niente. Quando cominciammo di nuovo a vedercela brutta, mentre
il
presidente Tudjiman lanciava da Zagabria lo slogan "la Croazia ai
croati"
escludendoci cos� da ogni diritto nel nuovo Stato di cui si preparava la
secessione, i nostri uomini si armarono e resistettero per quattro anni.
Ma
ormai, di fronte agli attacchi dei carri armati, non potevano pi�
farcela.
Dovemmo lasciare in tutta fretta le nostre case, incamminandoci verso
Banja
Luka [principale centro della Republika Srpska e ora sua capitale-
n.d.r.].
Di l� fummo smistati nelle pi� diverse localit� della Serbia vera e
propria,
e a noi � capitato di venire qui. Come vedete, ci stiamo ancora dopo sei
anni.
Da una cucina minuscola appare una giovane donna, Zorica, con i
suoi
due figlioletti. Erano fuggiti a Doboi, citt� della Republika Srpska a
oriente di Banja Luka, incalzati dall'offensiva "Maestral", sferrata da
croati e musulmani nel settembre del '95, quando i serbi di Bosnia erano
ridotti allo stremo sotto i bombardamenti della NATO. Come tutti gli
altri -
ci narra Zorica - siamo poi venuti in Serbia. Tra i due figli
riconosciamo
una bambina che in mattinata aveva partecipato allo spettacolo
organizzato
dalla scuola per darci il benvenuto. Donna coraggiosa, Zorica, vivace e
sorridente: dichiara di aver fiducia che presto verranno giorni
migliori.
Al racconto di Zorica segue quello di Milica, un'anziana signora
che
fissa lo sguardo davanti a s�: non sta guardando noi, ma la sua casa nel
Kosovo, a Pristina. Suo marito era ingegnere in una fabbrica della zona.
Serbi, albanesi e altre popolazioni vivevano e lavoravano insieme. Poi
sono
riprese le tensioni inter-etniche ed � cominciata quella maledetta
guerra...
. Fortuna - dice Milica - che noi avevamo imparato bene la lingua dei
kosovari albanesi: questo ci ha aiutato a fuggire in tempo e per la
strada
giusta. Ci mostra alcune foto: la famiglia, la casa, i parenti, gli
amici.
Queste foto sono tutto ci� che le rimane; le guardiamo per qualche
minuto,
rendendoci conto che non � il caso di chiederle altro.
Di "centri collettivi" come questo a Zobnatica, e di solito pi�
grandi,
la Serbia � piena, sparsi da Nord a Sud. Su un popolo di dieci milioni,
un
milione di profughi dalla Bosnia, dall'Erzegovina, dalla Krajina, dalla
Slavonia orientale, dal Kosovo. Alla scuola "Nikola Tesla" di
Belgrado-Rakovica, per esempio, quella cinquantina di alunni che
aiutiamo
con le "borse di studio" sono quasi tutti profughi: basta guardare le
loro
schede con il luogo di nascita: Zadar (Zara), Knin, Gospic, Vukovar,
Pristina, Prizren... .Un caso davvero al limite � quello della famiglia
Stojsavljevic, sistemata nel vicino "centro collettivo" sulla Rakovica
put
(strada). La ragazza affidata - si legge nella scheda - "� stata profuga
due
volte: la prima volta, nel maggio del '95, � dovuta fuggire da Bihac
[Bosnia] a un villaggio nel comune di Graciac [Krajina]. Poco dopo, il 5
agosto dello stesso anno (si ricordi la citata "Operazione Tempesta"-
n.d.r.), � dovuta scappare ancora, fino a raggiungere Belgrado. Abita
ora in
una stanzetta di tre metri per quattro con la madre, il padre e un
fratello.
In queste condizioni, studiare � quasi impossibile".
Anche alla scuola "Ivan Goran Kovacic" di Niska Banja (Terme di
Nis),
molti degli alunni che prendono le nostre "borse di studio" vivono in un
vicino "centro collettivo". E' l'"Hotel Serbia", che ospitava una volta
la
gente ricca venuta per curarsi alle acque termali e ai grandi,
attrezzati
impianti che le utilizzano. Adesso l'albergo � zeppo di profughi, una
famiglia per ogni stanza. Ci andiamo a trovare alcune vecchie
conoscenze,
tra cui Jovanka, donna ancora giovane ma affetta da sclerosi, con le
gambe
paralizzate e due figli da portare avanti. Qualche anno fa mostrava un'
eccezionale forza d'animo, pareva che la malattia non la interessasse.
Adesso � scoraggiata e depressa, sdraiata su un lettino senza potersi
pi�
muovere. Piange e si lamenta a lungo, cantilenando, perch� tra poco i
suoi
bambini rimarranno soli.
3)Situazione d'incertezza in campo scolastico
Il "Cambiamento" ha prodotto o tende a produrre, di riflesso,
situazioni ambigue in molte scuole serbe. Per adesso timori o, al
contrario,
speranze riguardano in primo luogo la loro dirigenza: in parole povere,
si �
in attesa di sapere se questo o quel direttore, vice-direttore o altri,
di
nomina o notoriet� politica "socialista" (cio� miloseviana), sar�
lasciato
al suo posto. Per il momento, ci � parso di notare in alcune segreterie
scolastiche persone nuove, messe l� con compiti di sorveglianza. "La
politica non dovrebbe entrarci - dicono in molti, specialmente quelli
che
"temono" -, dovrebbero contare soltanto la competenza professionale e i
risultati didattici conseguiti". Altri per� - quelli che "sperano" -
fanno
notare che prima del "Cambiamento" le scuole hanno funzionato secondo
criteri, programmi e metodi omogenei al vecchio regime, e che � ormai
tempo
di farvi entrare "aria nuova", aprendo al vasto mondo l'orizzonte
mentale e
culturale degli alunni.
Per intanto, ci si attende che vengano aperti i cordoni della borsa
da
parte del Ministero e delle amministrazioni comunali. Come abbiamo
potuto
constatare di persona, anche in alcune delle scuole interessate dalle
nostre
iniziative ce ne sarebbe effettivamente bisogno. Alla "Svetozar
Markovic" di
Novi Sad, per esempio, si sono dovuti lasciare a met� i lavori di
riparazione dei danni causati dal bombardamento di due anni or sono.
Alla
"Ivan Goran Kovacic" di Niska Banja molte aule, sistemate in
seminterrati
con le finestre a livello stradale, quando piove di brutto devono essere
evacuate, perch� si riempiono di acqua e fango. In tutte le scuole
serbe,
d'altra parte, gli stipendi del personale docente e non docente sono
molto
bassi (corrispondono a nostre 100 o 150 mila lire). Si sono fatti
scioperi,
interi o parziali (cio� con accorciamento di orari), ma il risultato
ottenuto, un aumento del 15% che ancora non si sa se reale o promesso,
non �
stato molto apprezzato.
A volte, personaggi incaricati del rinnovamento scolastico da parte
dell'attuale governo, cadono in atteggiamenti estremizzati che farebbero
meglio a risparmiarsi. Il 29 maggio si � tenuta a Sombor, per iniziativa
del
DOS, una riunione di 150 direttori e insegnanti di scuole della Backa
occidentale e centrale (la Backa � la fascia pi� settentrionale della
Vojvodina, quindi della Serbia). Proprio a Sombor la spinta al
"Cambiamento"
aveva avuto uno dei suoi punti di maggior forza. Ha presieduto e
concionato - ci narra la direttrice della "Nikola Tesla" di Backa Topola
-
una donna giovane, tanto immatura quanto arrogante, priva di reali
competenze didattiche. Si chiama Marija Vuckovic ed � stata inviata a
Sombor
dal ministro per l'educazione Gaza Knezevic. A suo dire, tutto ci� che
si �
fatto finora nelle scuole rappresentate dai convenuti � un cumulo di
errori
e falsit�, bisogna rovesciare tutto, ricominciare da zero. Non precisa,
per�, in che modo e secondo quali indirizzi didatticamente pi� validi.
Contestata dai docenti, che si sentono ingiustamente accomunati in una
globale e indiscriminata condanna, chiude di colpo la riunione e se ne
va.
Avvenimenti simili si verificano in molte altre parti della Serbia. Si
spera trattarsi di un breve periodo di transizione, con le sue
comprensibili derive d'inesperienza, ignoranza dei problemi, incapacit�
ad
assumere una linea giusta.
Passando a un discorso pi� generale, fenomeni dello stesso tipo -
ci �
stato detto - si hanno un po' in tutti i campi, sotto l'egida del
presente
capo del governo, Zoran Djindjic, che molti ritengono uomo ambiguo,
troppo
legato all'Occidente e in particolare alla Germania, dove ha studiato,
si �
formato e di cui ha conservato il passaporto (avrebbe dunque doppia
nazionalit�, tedesca e serba). Gli stessi lo considerano il miglior
cavallo
di Troia dei nemici della Serbia. Generale � invece l'apprezzamento per
Kostunica, che tutti giudicano uomo equilibrato e realmente rispettoso
delle
regole democratiche. Si sta facendo strada l'aspettativa delle
annunciate
nuove elezioni politiche a breve scadenza, nella speranza che ne
sortisca
per lo stesso Kostunica un pi� diretto ruolo di governo, al di sopra
delle
attuali incertezze e sbandate, e al di fuori delle "lottizzazioni" fra i
partiti della coalizione DOS.
4)Un'accoglienza indimenticabile
Piccola e malandata � la scuola "Rodoljub Colakovic", sita in Donja
Vrezina, un sobborgo di Nis. La stradina per arrivarci � attraversata da
buche piene d'acqua dalla profondit� incerta. L'edificio scolastico � al
centro di un prato senza recinzione, con a fianco un "campo di calcio"
lungo
una diecina di metri, dalla larghezza indefinita; le due "porte" sono
segnate da pietre dove � sperabile che i piccoli giocatori non vadano a
battere la testa. L'edificio scolastico ha spazio soltanto per due aule;
gli
stessi genitori stanno provvedendo alle riparazioni pi� urgenti, dagli
infissi al WC.
La scuola comprende solo le prime quattro classi; � la succursale
di
un'altra pi� grande e un po' lontana, dove gli alunni dovranno recarsi
in
seguito per il secondo ciclo dell'obbligo. Questa volta � venuto anche
il
direttore della scuola principale, che ci accoglie con interesse e
cordialit�, offrendoci alcuni regali: un po' di tutto, da alcune allegre
formicone variopinte, manovrabili come marionette con fili, costruite
dagli
alunni durante le lezioni di lavoro manuale, all'immancabile bottiglia
di
"rakija" (grappa da vari frutti, che i serbi generalmente distillano in
casa
e di cui fanno uso abbondante sia come aperitivo che come digestivo).
Pi� di una bottiglia di rakija � stata stappata, e vuotata, durante
l'indimenticabile festa con cui insegnanti, genitori e alunni della
piccola
scuola hanno voluto darci il benvenuto. Una lunga tavolata nell'aula pi�
grande. Appena ci sediamo, da una parte di essa, assieme agli
insegnanti,
dall'altra si mettono gli alunni cui abbiamo appena consegnato le "borse
di
studio". Torte e pasticcini fatti or ora dalle mamme, succhi di frutta e
aranciate per tutti. Ma ecco che i genitori prendono il posto degli
alunni;
le bottiglie di prima vengono sostituite, appunto, da quelle di rakija e
s'intensificano i brindisi: Djveli! - e noi rispondiamo: Alla salute! Ma
dove sono finiti i bambini? Eccoli ricomparire, con abbellimenti sui
vestiti
e fra i capelli, per un grazioso spettacolo di recite, canzoni, balli
tradizionali. Tocca a noi, adesso, ricambiare in qualche modo. Questa
volta,
per fortuna, abbiamo nella nostra delegazione Leonardo, che � un bravo
tenore. Intona vecchie canzoni napoletane, universalmente note, e
qualche
pezzo d'opera, fra scroscianti applausi generali. Genitori e insegnanti
vogliono fare anch'essi la loro parte, con canzoni serbe melodiose e un
po'
malinconiche. Si passa poi tutti quanti a "Bella ciao", "Scarpe rotte" e
simili, comune eredit� del periodo partigiano. Alla fine compaiono una
chitarra e una fisarmonica: tutti a ballare a coppie, in fila, in
circolo,
per un'oretta buona. Dopo un ultimo Djveli! ci congediamo. Siamo stati
l�
quattro ore, molti (e molte) hanno le lacrime agli occhi.
Si parla a volte di "Diplomazia popolare"; noi ci limitiamo a dire
che
piccoli episodi come questo sono importanti, perch� spargono semi di
amicizia, gettano ponti di solidariet� e fratellanza tra popoli,
tendendo ad
allontanare bombe e cannoni dal ricordo e dal pensiero
1) Ricevimento al Municipio di Nis
Il pomeriggio di gioved� 24, al palazzo comunale (dove fervono lavori
di
ricostruzione) ci riceve il vice-sindaco, Mirjana Barbulovic. E' una
donna
giovane, minuta, simpatica, piena di energia. Ci d� il benvenuto nella
citt�, ce ne espone brevemente i gravi problemi, ci ringrazia delle
nostre
iniziative "umanitarie". Ci parla fra l'altro di due giovani giocatori
locali di basket, due talenti da poco "acquistati" da una squadra greca.
La
preghiera di attivarci per analoghi "acquisti" da parte di squadre
sportive
italiane � implicito ma evidente. Gi� altre volte, a Nis, richieste
simili
ci erano state rivolte da persone che sperano di far carriera in Italia:
un
tenore, un pugile, ecc.
A Nis, come in tante altre citt� della Serbia, pullulano i pi�
svariati
organismi assistenziali, interni ed esteri, religiosi e laici. Alla
piccola
riunione dal vice-sindaco sono presenti anche i rappresentanti locali
della
"Yu-Rom Centar", che si occupa appunto dei Rom e di altre minoranze
etniche,
nonch� dell'Associazione per le madri sole con figli da allevare.
Ambedue ci
danno copia dei rispettivi programmi e ci chiedono un aiuto.
Queste sono certamente brave persone, e gestiscono organismi
"umanitari" seri. Bisogna per� stare attenti, ch� il momento � ritenuto
propizio anche per iniziative di tutt'altra e dubbia natura. Quelle
sovvenzionate dal magnate Soros e simili sono note; ma adesso se ne
stanno
infiltrando di nuove, che i Serbi non avevano mai visto. A Backa Topola,
per
esempio, si � installato un santone americano, sedicente "adoratore di
Ges�
sul Golgota". E' andato anzitutto dal sindaco (del partito irredentista
ungherese) e da lui si � fatto introdurre nelle scuole e in altre realt�
cittadine. Sta facendo numerosi proseliti, distribuendo soldi a piene
mani.
Un proselitismo molto facile tra gente ridotta in povert�, e anche molto
sospetto.
2) Prosegue l'iniziativa "Pancevo chiama Italia"
Gli strumenti e materiali per la cromatografia che abbiamo acquistato
dalla
ditta "Camag" sono felicemente arrivati all'Istituto d'igiene e
protezione
ambientale di Pancevo. Loris Campetti, inviato del "manifesto", ne ha
ampiamente parlato in un articolo del 9 gennaio e in un servizio
successivo:
li ha visti gi� in funzione per misurare la presenza di sostanze
tossiche
nel cibo. Ha intervistato la dirigente del laboratorio, dottoressa Mica
Saric Tanaskovic, e ne ha riportato le seguenti testuali parole: "Ci
avete
donato l'attrezzatura pi� moderna per questo tipo di analisi, che tutti
gli
istituti simili al nostro si sognano. Stiamo gi� intervenendo sulle
microtossine che con il calore - i bombardamenti hanno violentato anche
il
nostro clima atmosferico - si sviluppano nei cereali in seguito alla
catastrofe ecologica e potremo effettuare analisi anche per l'insieme
della
Vojvodina, granaio della Serbia"
Attualmente siamo pronti ad inviare all'Istituto uno
spettrofotometro a
raggi ultravioletti ed accessori (costo 15 milioni). Stiamo solo
aspettando
la definizione degli inevitabili adempimenti burocratici
.
3) Nulla di nuovo in Bosnia?
Dopo la consegna delle "borse di studio" alla scuola di Pale, ha voluto
invitarci a cena il direttore Radomir. Anche lui � un nostro vecchio
amico.
Sul suo volto si legge lealt� e fedelt� immutabile alle proprie idee. Ha
combattuto tre anni e mezzo nella "Difesa territoriale" della cittadina,
allora capitale della Republika Srpska, quindi sede del governo di
Radovan
Karadzic. "Noi a Pale - � questo il suo maggiore vanto - i musulmani non
ce
li abbiamo fatti arrivare". Peccato che, finite le ostilit�, sia
incappato
in una mina anti-uomo mentre stava per sedersi a pescar trote, e cos�
adesso
cammina con la protesi. Disgrazie analoghe, e anche pi� gravi, sono
accadute
a tanti altri in Bosnia, specialmente bambini: c'erano, e ci sono, dai
tre
ai cinque milioni di queste mine; nelle scuole una pubblicazione
dell'UNICEF
per mettere in guardia gli alunni � compresa tra i libri di testo.
La cena si svolge in un ristorante sul monte Jahorina, dove si
tennero,
nell'ormai lontano 1984, le olimpiadi di sci femminile. Nel locale ci
siamo
soltanto noi, davanti a un grande braciere dove sta cuocendo carne alla
griglia. All'intorno i grandi alberghi di un tempo sono vuoti, tranne
uno
dove abitano profughi.
"Che situazione c'� adesso in Bosnia?" - ci azzardiamo a chiedere.
"Sempre la stessa", � la lapidaria risposta di Radomir. Essa vuol
significare varie cose. In primo luogo che dopo la "pace" di Dayton,
firmata
nel dicembre �95, le truppe internazionali della SFOR ("Stabilization
Force"), comprendenti anche un forte contingente italiano, continuano a
tenere sotto controllo l'intero territorio della Bosnia-Erzegovina. E in
realt�, se cos� non facessero, la pace sarebbe di nuovo in pericolo,
come
dimostra il semplice fato che stanno l� da sei anni, mentre avrebbero
dovuto
andarsene dopo uno.
La risposta di Radomir sta a significare inoltre che uno degli
obiettivi
fondamentali sanciti a Dayton, e cio� la reintegrazione inter-etnica e
il
ritorno alle proprie case delle masse di profughi delle tre parti -
serbi,
croati e musulmani - si dimostra irraggiungibile. Ne abbiamo avuto uno
degli
innumerevoli esempi proprio in questo viaggio, quando una nostra amica
serba
di Rogatica, che una volta abitava a Sarajevo, ci ha ricevuto in una
casa
che fino a pochi giorni prima era di propriet� di una famiglia
musulmana.
L'ha scambiata con la sua casa di Sarajevo, e le � andata bene - ha
commentato - anche se la sua casa di prima era molto pi� bella e anche
se
Rogatica non � Sarajevo.
In terzo luogo, Radomir ha voluto far capire che si pensa ormai,
anche
da parte serba, che � tempo di uscire dagli equivoci di Dayton. Le
rispettive pulizie etniche sono ormai acquisite e definitive; se i
croati
dell'Erzegovina stanno agitandosi per riunirsi alla Croazia, perch� loro
non
dovrebbero riunirsi alla Serbia? Resta il problema dei musulmani. Si
adatteranno a un piccolo Stato cuscinetto o cercheranno, utilizzando le
contrastanti mire geopolitiche straniere, di realizzare quella "Linea
verde"
da Istanbul a Pristina, dal Sangiaccato a Sarajevo, che � una delle
tante
versioni dei sogni balcanici di "grandezza", accanto ai progetti di
"Grande
Serbia", "Grande Croazia", "Grande Albania" e via dicendo?
Quanto a Drago, il "pedagogo" della stessa scuola di Pale (cio�
assistente sociale, psicologo, incaricato dei rapporti con le famiglie),
egli ha frequentato - ci racconta - un seminario tenuto a Helsinki per
il
rinnovamento di programi e metodi didattici. Evidentemente, il povero
"Alto
Commissario" per l'attuazione dei trattarti di Dayton nei loro aspetti
civili ce la sta mettendo tutta, anche se i riultati non risultano molto
brillanti. C'� per� da dire che lo stesso Drago insiste nell'invitare
gruppi
di alunni italiani - appartenenti a scuole che aderiscono alle nostre
iniziative - a venir a sciare sul monte Jahorina. Che qualche spiraglio
alla
riconciliazione inter-bosniaca possa aprirsi attraverso "triangolazioni"
internazionali a livello di giovani? Le vie del Signore sono infinite...
.
---
Questa lista e' provvisoriamente curata da componenti della
ASSEMBLEA ANTIMPERIALISTA (ex Coord. Naz. "La Jugoslavia Vivra'"):
> http://www.tuttinlotta.org
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono questa struttura, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only").
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