15 APRILE + 23 APRILE

ORGANIZZA:
Most za Beograd - Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
via Abbrescia 97, 70121 BARI - CF:93242490725- tel/fax 0805562663
e-mail: most.za.beograd@...
conto corrente postale n. 13087754

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lunedì 15 aprile ore 20.30
Auditorium della Vallisa (Bari città
vecchia)

Lettere da Kragujevac
e dai profughi jugoslavi
lette e messe in scena dalla
Associazione teatrale "Grammelot"
con interventi del gruppo di improvvisazione
musicale EMAK BAKIA di Monopoli
e la collaborazione di Franco Degrassi

Il testo è composto sulla base di lettere
inviate dai bambini e dalle
famiglie jugoslave - in particolare dei
lavoratori della Zastava di
Kragujevac, pesantemente colpita dai
bombardamenti della NATO nell'aprile
del 1999, nonché di profughi jugoslavi dalla
Bosnia, dalle Krajne e dal
Kosovo - che la nostra associazione, insieme
con altre diffuse sul
territorio nazionale sta sostenendo
attraverso un progetto di "adozione a
distanza"
E', attraverso la voce dei suoi più giovani
figli, una testimonianza della
vita, difficoltà, sentimenti, speranze,
sogni di un popolo bombardato.
Intendiamo con questa iniziativa dar conto
del nostro progetto di
solidarietà, che non consiste solo - come
tante e tante volte gli amici
jugoslavi ci hanno detto - nel mandare un
piccolo aiuto materiale (denaro,
vestititi, medicinali), ma anche e
soprattutto nel costruire ponti di
comprensione reciproca e amicizia.

Video documentari inediti a cura del
Coordinamento nazionale per la Jugoslavia
Papà dove dormiremo?
Kosovo, il luogo del delitto
C'era una volta la fattoria Garic

Sonata per violino e pianoforte n.1 in Sol
Magg op. 78
di Johannes BRAHMS (1833-1897)
1. Vivace ma non troppo
2. Adagio
3. Allegro molto moderato
Pianoforte: Fiorella Sassanelli
Violino: Nicola Cufaro Petroni

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BARI, MARTEDì 23 APRILE
ORE 16.30
AULA "ALDO MORO"
(FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA,
PIAZZA C. BATTISTI)

"Il decennio 1990-2000, che l'ONU aveva proclamato
decennio del diritto internazionale, si è aperto
con una guerra in nome del diritto (la guerra del
Golfo) e si è chiuso con una guerra in nome dei
diritti umani (la guerra del Kosovo), così
preparando la guerra al terrorismo che del diritto
e dei diritti umani fa strame". (Salvatore Senese,
"Guerra e nuovo ordine mondiale", in Quale
Giustizia, n. 2/2002)

Guerra al diritto.
La barbarie del nuovo
(dis)ordine mondiale
Dal Tribunale dell'Aja ai Tribunali speciali
d'eccezione americani per l'operazione Enduring
Freedom, alla negazione dei più elementari diritti
per il popolo palestinese

Relazioni di

Aldo Bernardini
(professore di diritto internazionale, Università
di Teramo, e membro del Comitato Internazionale di
difesa di Milosevic)

Vincenzo Starace
(professore di diritto internazionale, Università
di Bari)

Ugo Villani
(professore di diritto internazionale, Università
"La Sapienza" di Roma)

Fulvio Grimaldi
(giornalista, membro del Comitato Internazionale di
difesa di Milosevic)


L'iniziativa è promossa dall'associazione "Most za
Beograd" in collaborazione con la sezione italiana
del "Tribunale Clark" ed è aperta alle adesioni di
associazioni e social forum



"L'arresto prima, la decisione per l'estradizione
di Milosevic poi, sono intervenuti per una volontà
esterna, su impulso del Tribunale dell'Aja, quel
Tribunale che dovendo giudicare i crimini commessi
nei conflitti jugoslavi, non ha giudicato la
distruzione del diritto compiuta dalla Nato, che ha
violato tutte le norme del diritto internazionale e
del diritto umanitario di guerra, perfino
ammazzando i giornalisti, con il bombardamento
della Televisione jugoslava. Il Tribunale dell'Aja
ha in effetti aperto e subito chiuso l'inchiesta
sulla Nato, non trovando nulla riguardo a cui
procedere. Dunque si tratta della giustizia dei
vincitori.

Ma prima ancora che dalla responsabile della
Procura internazionale dell'Aja, l'arresto era
stato reclamato dall'America di Bush, e con un
ultimatum che scadeva il 31 marzo, giorno in cui è
stato eseguito, in cambio di una elargizione di 50
milioni di dollari, pari a 100 miliardi di lire.
Cento miliardi sono una cifra irrisoria, pari alla
somma che si dice sia stata spesa da Berlusconi per
la sua campagna elettorale per acquistare il potere
in Italia. Cento miliardi per comprarsi la
Jugoslavia, e per venderla, è una cifra irrisoria;
al cambio sono meno di 30 danari. Ed ora
l'estradizione è stata concessa dal governo e dal
Parlamento serbi sotto il ricatto dei Paesi
"donatori", che dovrebbero con un miliardo di
dollari aiutare la Jugoslavia a ricostruire ciò che
essi stessi con la guerra hanno distrutto.

Insomma una taglia su un colpevole. Ma più ancora
una vendetta, per l'unico vero delitto che
l'Occidente non può perdonare, che è il delitto di
aver resistito all'America, e che Milosevic non ha
compiuto da solo. Si uò dire che anche noi, che ci
siamo opposti alla guerra, ne siamo stati complici.
Un delitto che fin troppo a lungo non è stato
perdonato al Vietnam, che non è stato perdonato in
Salvador a mons. Romero e a quanti si sono opposti
al regime voluto dagli Stati Uniti, che non è stato
perdonato a Saddam Hussein e all'intero popolo
iracheno, che continua a pagarne il prezzo in una
guerra che per i vincitori non è mai finita, e in
uno strangolamento che ammazza i bambini e si
perpetua da una generazione all'altra di iracheni,
anche nati dopo i fatti imputati come reato. Dunque
si tratta di una giustizia tribale, che pretende la
vendetta del sangue senza discernimento dei
colpevoli e senza distinzione tra i padri ed i
figli. Una giustizia che, così concepita, è una
vergogna.

Quando dopo una lunga storia di diritti negati e di
popoli calpestati la comunità internazionale ha
riconosciuto e affermato i diritti umani, quando
col patto di Roma si è tentato di istituire un
Tribunale penale internazionale permanente che gli
Stati Uniti si rifiutano di accettare e impediscono
che nasca perché non vogliono sottoporsi ad alcuna
giurisdizione, rivendicando l'impunità dei loro
poteri imperiali, si pensava a una ben diversa
istituzione e sovranità del diritto, si sperava in
una ben diversa giustizia, si intendeva
un'oggettività e un'imparzialità dei giudizi, senza
vendette, senza imputati precostituiti e senza
sentenze manipolate dal potere. Nulla di tutto ciò
si riscontra nel modo in cui Milosevic, come si
dice, viene ora "assicurato" alla giustizia, grazie
a un salario di un pugno di dollari e con il mondo
intorno a fare il tifo come in uno stadio. E' una
brutta pagina per la civiltà del diritto, è
un'ulteriore umiliazione per l'Europa; ed è questo
che vogliamo esprimere con la nostra protesta.

Raniero La Valle, Giovanni Galloni, Antonia Sani,
Vittorio Tranquilli, Teresa Lanzetta, Salvatore
Lumia, Ettore Zerbino, Paola Mutui, Claudio Tosi,
Bemardetta Forcella, Mariarosa Tinaburri (luglio
2001)



"Milosevic, nonostante le sue violente proteste,
verrà condannato a una pena molto severa e passerà
il resto della sua vita in carcere perché così
vogliono "i vincitori": gli Stati Uniti e le altre
potenze occidentali. Il ruolo che gli è stato
assegnato è quello del capro espiatorio. Il
sacrificio collettivo di una vittima, ci ha
insegnato Réné Girard, ha sempre un effetto
redentivo, diffonde sentimenti di sicurezza e
circonda i vincitori di una aureola di trascendente
innocenza. Tutto questo, naturalmente, dovrebbe
avere poco a che fare con le funzioni di un
ordinamento giuridico moderno, nazionale o
internazionale. E non ha nulla in comune con una
politica di pacificazione e di riscatto dei paesi
balcanici.

Ma ciò che conta assai più, dal punto di vista dei
committenti del sacrificio, sono gli esiti
strategici dell'intera vicenda. La cattura, la
degradazione morale e la condanna di Milosevic
contribuiranno a rafforzare anche in questo caso la
strategia imperiale che le potenze occidentali
hanno sempre perseguito con i loro interventi
politici e militari nei Balcani, dal Congresso di
Berlino, nel 1878, a Rambuillet, nel 1999. Il loro
obiettivo è sempre stata la frammentazione
territoriale della regione balcanica e la sua
subordinazione politica ed economica" (Danilo
Zolo, Processo a Milosevic: un giudizio universale
made in Usa , Il Manifesto 08/9/2001)