* RECENSIONE: Novità editoriale sull' U 238

* La realtà delle armi all'uranio impoverito
(di R.J. PARSON; Le Monde Diplomatique, marzo 2002)
* NATO verseuchte Jugoslawien mit Uran
* ALTRE FONTI (Vademecum sull'U238)


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Segnaliamo una preziosa novità editoriale:

Uranio impoverito - Sciagura del nostro tempo

Autore: Furio Vallese Editore: Serarcangeli - L. 20.000

Un?altra voce, finalmente, rompe il silenzio omertoso che avvol
ge la verità circa lo smaltimento di scorie nucleari mediante
applicazioni civili e militari fortemente contaminanti.
La denuncia di questa realtà tragica e paradossale conta in campo
editoriale su pochi altri documenti (*), ora si aggiunge questo
libro che ha il pregio di trattare l?argomento in forma divulgativa
pur senza allontanarsi dal rigore scientifico. Ne risulta un
testo di agile lettura, preciso ed attendibile, che ha il pregio
di collocare il problema degli speciali proiettili all?uranio
impoverito (U238 o Depleted Uranium, abbr. DU) nella giusta
prospettiva, dando al lettore la possibilità di capire quanto
perché siano pericolosi, ma soprattutto, dove stia la
responsabilità della loro esistenza.
Il problema, infatti, non sta solo nelle conseguenze letali per
l?ambiente derivanti dall?uso di tali proiettili, che liberano
particelle radioattive nell?aria, nel suolo e nell?acqua,
e che ingerite provocano l?insorgere di tumori mortali. Questo
è un problema ignorato dalla massa ma conosciuto dagli
esperti da almeno vent?anni, è il susseguirsi di guerre "a
bassa intensità", sempre più frequenti e furiose, a portarlo
alla ribalta in modo via via più massiccio e difficile da occultare.
- Si ricordi l?allarme lanciato dai media nella primavera del
2001 in seguito ai primi decessi dei militari italiani ed
europei coinvolti nelle operazioni belliche nei Balcani,
campagna mediatica che rientrò prontamente, in seguito alle
smentite scaturite dalle inchieste "sedative" aperte sul caso.
Il problema, in tutta la sua complessità, diventa davvero
comprensibile se si considerano le condizioni che hanno posto
in essere tali ordigni, cioè la vera causa dell?uso di scorie
radioattive nella produzione industriale, militare ed anche
civile.
Perché alle esigenze militari è stato concesso di produrre dei
proiettili tanto efficaci ma così controproducenti sul piano
complessivo (la contaminazione è definitiva, dura milioni di
anni e contamina tutti, amici e nemici)? Perché componenti di
canne da pesca, strumenti radiologici, elementi di avionica
contengono uranio impoverito (con tutte le conseguenze, meno
immediate e devastanti di quelle militari, ma altrettanto
prevedibili che possono verificarsi, come nel caso di
incidenti aerei o di incuria nello smaltimento dei rifiuti
di apparecchiature considerate convenzionali)?
La risposta a queste domande è affrontata dall?autore
in modo diretto e pacifico, chiamando coraggiosamente in causa
la politica del DOE (Dipartement Of Energy degli USA),
responsabile della scelta deliberata e pianificata, di
smaltire parte dell?accumulo di scorie radioattive nell?indu
stria civile e militare per trovare contenimento ai
pesantissimi costi di stoccaggio.
Una scelta criminale?
L?autore non fornisce valutazioni morali in merito,
né polemizza, con spirito pragmatico prende in considerazione
il superamento delle armi al DU che ritiene più probabile,
quello che non è dettato da considerazioni umanitarie, ma
tecniche, valutando la miglior efficacia dei nuovi sistemi
d?arma anticarro attualmente in fase di progettazione,
e che in futuro potranno rendere obsoleti i Silver Bullet.
Un libro ideale per un approccio immediato al cuore della
questione, e al di sopra di ogni sospetto di faziosità
ideologica perché l?autore è un ingegnere che, tra l?a
ltro, ha ricoperto incarichi professionali in campo
internazionale per conto della Nato.
In una parola, un libro utile per chiunque sia interessato
alla conoscenza dei veri problemi di fondo del mondo attuale.

(*) Il noto "Metallo del disonore" del "International Action
Center" di Ramsey Clark, che per primo denunciava l?uso
dell?uranio impoverito nei proiettili anticarro e
le conseguenze per militari e civili esposti alla contaminazione
durante e dopo la Guerra del Golfo, ed il valido "Imbrogli di
guerra - Scienziati e scienziate contro la guerra" a cura di
Franco Marenco, dedicato alla manipolazione della realtà da
parte dei media in occasione della guerra del Kosovo, e
contenente due specifici capitoli sulla contaminazione da
uranio impoverito.

Flavio Rossi - ( Associazione "SOS Yugoslavia") - Torino

Per avere il libro richiederlo al 338/1755563 oppure all?Email
<posta@...>
1 copia 10 Euro senza spese postali, da 5 copie in su :
6 Euro la copia senza spese postali.


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http://www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/LeMonde-archivio/ultimo/0203lm06.01.html

"Le Monde Diplomatique"
versione italiana, marzo 2002

LA GRANDE MENZOGNA DELLE «GUERRE PULITE»
La realtà delle armi all'uranio impoverito

Golfo, Kosovo, Afghanistan: di guerra in guerra,
l'esercito americano continua a perfezionare le
sue armi all'uranio impoverito. Il pericolo per
gli esseri umani e per la natura diventa sempre più
evidente, malgrado il black-out organizzato dal Pentagono

di ROBERT JAMES PARSON *
«La preoccupazione immediata di medici,
rappresentanti delle organizzazioni umanitarie e di chi
dà lavoro agli esuli sul posto è la minaccia di
una vasta contaminazione da uranio impoverito in
Afghanistan.» Con queste parole si conclude un
rapporto di ben 130 pagine intitolato Mystery
Metal Nightmare in Afghanistan? - «Incubo da metallo
misterioso in Afghanistan?» - (1), di
Dai Williams, ricercatore britannico indipendente
e psicologo specialista in condizioni del lavoro.
Il testo è frutto di oltre un anno di ricerca tenace
sulla questione dell'uranio impoverito (Ui), sugli
effetti e le conseguenze del suo utilizzo sugli esseri umani.
Basandosi su siti web ufficiali (2) e su quelli
dei fabbricanti d'armi, Dai Williams ha potuto
scovare informazioni preziose, analizzarle
minuziosamente e infine metterle a confronto con le
armi la cui utilizzazione è stata comunicata, anzi
vantata, dal Pentagono. Ne emerge una visione
della guerra - sia quella in Afghanistan che quelle
prossime venture - sorprendente e spaventosa al tempo
stesso.
Dal 1997, gli Stati uniti rielaborano e «migliorano»
il loro arsenale di missili e di bombe guidate e
«intelligenti». Già nel 1999 alcuni prototipi di queste
armi sono stati testati sulle montagne del
Kosovo, ma la quantità sperimentata in Afghanistan è
ben più corposa. Il «miglioramento» di cui
si parla riguarda in effetti la sostituzione di una
testata convenzionale con una in «metallo
pesante denso» (3).
Calcolando volume e peso del misterioso metallo,
si arriva a due possibili conclusioni: si tratta o
di tungsteno o di uranio impoverito.
Il tungsteno, tuttavia, pone alcuni problemi. Il
suo alto punto di fusione (3.422°C) lo rende
difficile da lavorare; costa caro; è prodotto
soprattutto in Cina; non brucia.
Da vero piroforo, l'Ui invece brucia con l'impatto
o se gli si dà fuoco. Con un punto di fusione
di 1.132 °C è molto più facile da lavorare.
Trattandosi di uno scarto nucleare, è fornito
gratuitamente ai fabbricanti d'armi. Inoltre, il
fatto che lo si possa utilizzare in una vasta gamma
di armi permette di ridurre sensibilmente il
problema della conservazione dei rifiuti nucleari.
Questo tipo di arma può perforare, in pochi secondi,
decine di metri di cemento armato o di
roccia. Una testata all'Ui, munita di un detonatore
regolato da computer in grado di misurare la
densità del materiale penetrato, diventa una carica
esplosiva che scoppia ad una profondità
prestabilita o quando arriva nel «vuoto». In pochi
secondi, tutto ciò che si trova in questo
«vuoto» viene ridotto allo stato di fine polvere
nera per la combustione dell'Ui. E questo si
trasforma a sua volta in polvere di ossido di
uranio. Mentre per un «penetratore» da 30
millimetri si ossida solo il 30% dell'Ui, nel
caso di un missile l'ossidazione può arrivare al 100%. E
la maggior parte delle polveri così prodotte misura
meno di 1,5 micron: sono quindi respirabili.
La polemica apertasi tra i pochi ricercatori
specializzati in questo settore circa l'uso di armi all'Ui
nel corso della guerra del Kosovo, nel tempo
aveva finito col perdere di vista il suo obiettivo.
Invece di chiedersi quali armi sarebbero state
utilizzate sulla maggior parte dei bersagli
(sotterranei in montagna) ammessi dalla Nato, era
stata privilegiata la questione degli anticarro
da 30 mm accettati dalla Nato, ma privi di effetto
contro le installazioni sotterranee
fortificate/rinforzate.
Finché il dibattito si è limitato agli anticarro,
si stava comunque parlando di ordigni di cui i più
pesanti (da 120 mm) non superano i cinque chili.
Ma le cariche esplosive all'Ui, dei sistemi di
bombe guidate utilizzate in Afghanistan, arrivano
fino ad una tonnellata e mezza di Ui nel caso
del bunker buster (Gbu-28) fabbricato dalla Raytheon (4).
A Ginevra, dove sono concentrate le organizzazioni
umanitarie attive in Afghanistan, il rapporto
di Dai Williams ha suscitato reazioni molto diverse.
Mentre i portavoce dell'Alto commissariato
delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur) e
l'Organizzazione per il coordinamento degli aiuti
umanitari si sono preoccupati di diffonderlo,
i principali dirigenti non sono sembrati preoccupati.
Solo Medici senza frontiere e il Programma delle
Nazioni unite per l'ambiente (Unep) temono, a
lungo termine, una catastrofe sanitaria e ambientale.
L'Unep e l'Organizzazione mondiale della sanità
(Oms) hanno pubblicato, rispettivamente in
marzo e in aprile 2001, importanti rapporti.
A questi fanno continuo riferimento i sostenitori del
carattere inoffensivo dell'Ui, primo fra tutti il
Pentagono, il quale sottolinea l'indipendenza e la
neutralità delle due organizzazioni. Ma lo studio
dell'Unep è quanto meno incompleto, mentre
quello dell'Oms decisamente poco affidabile.
Il sopralluogo in Kosovo a partire dal quale
l'Unep ha elaborato la sua analisi è stato organizzato
sulla base di carte fornite dalla Nato, le cui
truppe accompagnavano i ricercatori per proteggerli
dalle munizioni inesplose, incluse le parti
residue delle bombe a frammentazione. Con ogni
probabilità, erano queste - ha scoperto Dai
Williams - a contenere cariche vuote all'Ui. Le
truppe Nato, impedendo ogni contatto dell'équipe
con questi residui, non le avrebbero dunque
permesso di scoprirne l'esistenza.
Tanto più che - come si è saputo - nel corso dei
sedici mesi precedenti la visita dell'Unep, il
Pentagono aveva inviato nella zona almeno dieci
équipe di controllo, che avevano lavorato
duramente per fare pulizia (5). Sugli 8.122
«perforanti» anticarro tirati sui siti visitati, l'Unep ne
ha recuperati solo undici, malgrado un tasso
piuttosto elevato di esplosioni mancate. E la
quantità di polveri prelevate direttamente nei
punti che si riteneva fossero stati colpiti da queste
armi, a diciotto, venti mesi di distanza dalla
loro utilizzazione, è risultata molto scarsa.
«Zone di sacrificio nazionale» Quanto all'Oms, non
ha condotto alcuno studio epidemiologico
degno di questo nome, ma una semplice ricerca
accademica. Cedendo alle pressioni dell'Agenzia
internazionale per l'energia atomica, si è
limitata a studiare l'Ui come metallo pesante
chimicamente contaminante.
Informata, nel gennaio 2001, dell'imminente
pubblicazione di un articolo di fondo che metteva in
discussione il suo silenzio (6), l'Oms ha organizzato
una conferenza stampa per annunciare la
creazione di un fondo, dotato inizialmente di
due milioni di dollari - e a breve termine di venti
milioni - , per la ricerca sull'Ui. Secondo il
dottor Michael Repacholi, il rapporto sull'argomento,
in cantiere dall'agosto 1999 e affidato al geologo
britannico Barry Smith, si sarebbe esteso al
problema della contaminazione radioattiva. Gli studi
preliminari, a suo dire, avrebbero
comportato analisi delle urine di persone esposte
all'Ui, condotte in modo da stabilire il livello di
esposizione.
Ma la «monografia» in questione, resa pubblica
una decina di settimane più tardi, non era altro
che una panoramica di una selezione della letteratura
esistente. Delle centinaia di migliaia di
monografie, pubblicate dalla fine della seconda
guerra mondiale, che avrebbero dovuto essere
studiate, il rapporto prendeva in considerazione -
con poche eccezioni - solo quelle riguardanti
la contaminazione chimica.
Sulla contaminazione radioattiva erano stati
consultati pochissimi articoli e tutti provenienti dal
Pentagono o dalla Rand Corporation, fonte
ispiratrice del Pentagono. In queste condizioni, non
stupisce che il testo non abbia suscitato alcuna preoccupazione.
Le raccomandazioni dei due rapporti, poi, si
limitavano a richiamarsi al buon senso, senza
discostarsi dai consigli già formulati dall'Oms
dopo la fine della guerra - e ripetuti costantemente
dalle organizzazioni umanitarie attive sul campo. Si
raccomanda, per esempio, di marcare i siti
conosciuti, di raccogliere nella misura del
possibile i perforanti anticarro, di stare particolarmente
attenti ai bambini per evitare che si avvicinino ai
siti contaminati, di sorvegliare, eventualmente,
l'acqua di alcuni pozzi, ecc.
L'essenza del problema si riassume in due punti
chiave: ¥ la radiazione emessa dall'Ui costituisce
una minaccia per l'organismo in quanto, una volta
inalate le polveri, diventa una fonte interna.
Ma le norme di protezione internazionale contro
le radiazioni - a cui fanno riferimento gli
«esperti» per affermare che l'Ui è inoffensivo -
trattano solo di radiazioni di provenienza
esterna; ¥ la questione dell'«uranio sporco»,
che il rapporto dell'Unep ha il merito di avere
sollevato. In effetti, l'uranio delle centrali
nucleari, ritrattato per essere utilizzato come
munizione, contiene molti elementi altamente
tossici come, per esempio, il plutonio.
Con 1,6 kg di questa sostanza si potrebbero
uccidere otto miliardi di persone. Più che di uranio
impoverito, sarebbe quindi più giusto parlare di
«uranio plus».
In un documentario presentato da Canal + nel
gennaio 2001 (7), un'équipe di ricercatori
francesi ha presentato i risultati di un'inchiesta
condotta nella fabbrica di ritrattamento di
Paducah, nel Kentucky.
Secondo l'avvocato dei circa 100.000 querelanti,
operai in servizio e in pensione, tutti
contaminati per flagrante inosservanza delle più
elementari norme di sicurezza, l'intera fabbrica e
tutta la sua produzione è irreparabilmente contaminata.
Secondo gli investigatori, proprio da
questa installazione proverrebbe l'Ui dei missili
lanciati su Jugoslavia, Afghanistan e Iraq (8).
Queste armi rappresentano molto più che un nuovo
strumento per guerre moderne. Il
programma di riarmo americano, lanciato dal presidente
Ronald Reagan, si basa sulla
convinzione che il vincitore dei nuovi conflitti
sia quello che distrugge più efficacemente i centri
di comando e di comunicazione del nemico. Ma
questi si trovano quasi sempre sotto terra, in
bunker rinforzati.
Certo, un bombardamento nucleare potrebbe avere
ragione del cemento armato, ma
produrrebbe radiazioni che lo stesso Pentagono
definisce spaventose e avrebbe poi pesanti
ricadute sulle relazioni pubbliche, in un mondo
sempre più sensibile ai pericoli di una guerra
nucleare.
Appare allora più consono il ricorso ad una
testata all'Ui, dal momento che scatena solo un
incendio, incomparabile con le conseguenze di
un'esplosione nucleare, ma con una potenza
distruttrice altrettanto forte.
Le informazioni raccolte da Dai Williams dimostrano
che gli Stati uniti, dopo aver compiuto test
su computer nel 1987 (9), hanno sperimentato per
la prima volta questi ordigni nel 1991,
contro Baghdad. La guerra nel Kosovo ha poi
dato loro la possibilità di provare le armi all'Ui,
prototipi o già in produzione, su bersagli di
estrema durezza. L'Afghanistan permetterà di
estendere e prolungare questi studi.
Ma anche all'interno del Pentagono non tutto
è chiaro. Dai Willliams cita molti articoli usciti sulla
stampa all'inizio di dicembre (10) che parlano
di équipe Nbc (nucleare-biologico-chimico)
mandate sul campo per verificare eventuali
contaminazioni. Queste, secondo gli Stati uniti,
sarebbero imputabili ai taliban, ma, sin dall'ottobre
2001, i medici afghani, di fronte ad alcune
morti rapide, apparentemente dovute a disturbi
interni, accusano la coalizione di utilizzare armi
chimiche. I sintomi evidenziati (emorragie,
difficoltà respiratorie, vomito) fanno pensare ad una
contaminazione radioattiva.
Il 5 dicembre 2001, quando una bomba colpisce
malauguratamente alcuni soldati della coalizione,
tutti gli inviati dei media sono immediatamente
prelevati e rinchiusi in un hangar. Secondo il
Pentagono, si trattava di una Gbu-31 armata con
una testata Blu-109. Nel documentario di
Canal +, viene intervistato il rappresentante di
un fabbricante d'armi presente alla fiera
internazionale delle armi tenutasi a Dubai il 14
novembre 1999, dopo la guerra del Kosovo.
Costui presenta la testata Blu-109 e descrive
le sue capacità di penetrazione contro bersagli
sotterranei fortificati e rinforzati, precisando
che l'arma era stata appena testata in una guerra...
Il 16 gennaio scorso, il segretario americano alla
difesa, Donald Rumsfeld, ha ammesso che gli
Stati uniti hanno trovato tracce di radioattività
in Afghanistan (11). Ma ha garantito che si
trattava solo di testate all'Ui, senza dubbio
appartenenti ad al Qaeda, senza tuttavia spiegare
come questa organizzazione, sprovvista d'aerei,
abbia potuto lanciarle. Su questo punto Dai
Williams conferma che, anche se la coalizione non
si fosse assolutamente servita di armi
all'uranio impoverito, quelle utilizzate dal gruppo
di Osama bin Laden rappresenterebbero da sole
una notevole fonte di contaminazione, soprattutto
se provenienti dalla Russia: in questo caso,
l'Ui potrebbe essere addirittura più «sporco»
di quello di Paducah.
A seguito delle sue inchieste nei Balcani, l'Unep
ha creato una unità di valutazione dopo -
conflitto, il cui direttore Henrik Slotte si
dichiara pronto ad intervenire sul campo in Afghanistan
appena possibile, a condizione che la sicurezza
sia sufficientemente garantita, l'accesso alle zone
interessate assicurato e l'operazione convenientemente
finanziata. L'Oms, al contrario, si è
chiusa in mutismo totale. Alle domande rivolte a
Jon Lidon, portavoce della direttrice generale
Gro Harlem Brundtland, sullo stato del fondo per
la ricerca sull'Ui, l'organizzazione non si è
degnata di rispondere.
Secondo Dai Williams, però, gli studi epidemiologici
dovrebbero cominciare immediatamente, per
evitare che chi ha subito esposizioni massicce
muoia e il suo decesso sia attribuito al rigore
dell'inverno in un paese appena uscito da due
decenni di guerre.
Nella contea di Jefferson (Indiana), il Pentagono
ha chiuso un poligono di tiro di circa 80 ettari
dove un tempo testava obici all'Ui. Il preventivo
più basso per bonificare la zona ammonta a 7,8
miliardi di dollari - senza contare lo stoccaggio
perenne di uno spessore di sei metri di terra e la
vegetazione da eliminare. Ritenendo il prezzo
troppo alto, l'esercito ha cercato altre soluzioni e
ha infine deciso di offrire il terreno al servizio
dei parchi nazionali per crearvi una riserva
naturale, offerta che è stata rifiutata. Ora si
dice che l'ex poligono di tiro sarà riconosciuto
«zona di sacrificio nazionale» con conseguente
divieto di accesso in eterno! Ecco una notizia
che chiarisce quale sarà il futuro delle diverse
zone del pianeta in cui gli Stati uniti hanno
utilizzato e utilizzeranno armi all'uranio impoverito.

note:

* Giornalista, Ginevra.

(1) www.eoslifework.co.uk/du2012.htm
(2) I siti web di Janes Defense Information
(www.janes.com), della Federation of American Scientists
(www.fas.org), del Centre for Defense Information (ww.cdi.org).
(3) Vedere www.fas.org/man/dod-101/sys/ smart/hdbtdc.htm
(4) Vedere www.fas.org/man/dod-101/sys/ smart/ e
www.usatoday.com/graphics/news/gra/ gbuster/frame.htm
(5) Chronology of environmental sampling in the Balkans,
www.deploymentlink.osd.mil/ du_balkans
(6) «Silenzi e menzogne sull'uranio impoverito»,
Le monde diplomatique/il manifesto, febbraio 2001.
(7) La Guerre radioactive secrète di Martin
Meissonnier, Roger Trilling, Guillaume d'Alessandro e Luc
Hermann, l'inchiesta presentata nel febbraio 2000,
è stata attualizzata e trasmessa nuovamente nel gennaio
2001 con il titolo L'Uranium appauvri, nous avons
retrouvé l'usine contaminée, di Roger Trilling e Luc
Hermann.
(8) Si legga Naïma Lefkir Lafitte e Roland Lafitte,
«Armi radioattive contro il "nemico iracheno"», Le
Monde diplomatique/il manifesto, aprile 1995.
(9) The Use of Modeling and Simulation in the Planning
of Attacks on Iraqi Chemical and Biological
Warfare Targets: www.gulflink.osd.mil/aircampaign
(10) Si legga in particolare «New Evidence is Adding
to US Fears of Al-Qaida Dirty Bomb», International
Herald Tribune, 5 dicembre 2001; «Uranium Reportedly
Found in Tunnel Complex», USA Today, 24 dicembre 2001.
(11) U.S. Says More Weapons Sites Found in Afghanistan,
Reuters, 16 gennaio 2002.
(Traduzione di G. P.)


===*===


+++ NATO verseuchte Jugoslawien mit Uran +++

BELGRAD, 6. April 2002. In der NATO-Aggression gegen Jugoslawien
1999 wurden fünf Regionen außerhalb der Provinz Kosovo und
Metochien radioaktiv verseucht, die von dem Einsatz der
Uran-Geschosse durch die NATO am stärksten betroffen ist. Das ist
das Ergebnis einer gemeinsamen Studie der UNO- und der
jugoslawischen Experten. Auch in den Körpern der Menschen, die in
radioaktiv Verseuchten Landstrichen leben, wurden Partikel vom
gefährlichen angereichterten Uran aus US-Geschössen entdeckt,
sagte der Leiter der Abteilung für Strahlungsschutz der Belgrader
Militärmedizinischen Akademie (VMA) Dr. Milan Misovic.

Generalleutnant Milan Zaric, Leiter der ABC-Schutztruppe der
Jugoslawischen Armee, daß die NATO, neben dem Einsatz der
Urangeschosse auch gezielt jugoslawische Chemiewerke zerstörte,
um Folgen hervorzurufen, die mit einem Angriff mit Chemie-Waffen
vergleichbar sind.

TIKER / AMSELFED.COM


===*===


VADEMECUM: LE PRINCIPALI FONTI DI INFORMAZIONE
AFFIDABILI SULL'U238, IN LINGUA ITALIANA


* Al sito internet:
> http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/index.shtml
si trova praticamente TUTTA la documentazione utile in materia


* Segnaliamo i libri:

1. IMBROGLI DI GUERRA
Scienziate e scienziati contro la guerra
Contributi al Seminario sulla guerra nei Balcani
Istituto per le Applicazioni del Calcolo - CNR
Roma, 21 giugno 1999
A cura di Franco Marenco
© 1999 Odradek Edizioni SRL
Via delle Canapiglie 112 - 00169 Roma
Tel. (06) 68.33.451
http://www.eco-cooperazione.it/odradek/
odradek@...
ISBN 88-86973-21-7
interamente leggibile su: http://www.scienzaepace.it/libro/

2. AA.VV. "CONTRO LE NUOVE GUERRE"
Scienziate e scienziati contro la guerra
Atti del convegno
"Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre"
Politecnico di Torino
22-23 giugno 2000
a cura di Massimo Zucchetti
Odradek edizioni, pagine 282, lire 24000
ISBN 88-86973-25-X

3. Il metallo del disonore:l'uranio impoverito
versione italiana del testo dell'IAC
(lire 15.000 più spese di spedizione)
Centro di documentazione
sul movimento operaio Wilhelm Wolff di Marghera
P.le Radaelli , 3 (VE)
e-mail wilhelm_wolff@...
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/dishonor.shtml


* LINK a documenti su COSA E' E COME AGISCE l'uranio impoverito,
in ordine crescente di complessita':

1. DOMANDE E RISPOSTE BREVI E SEMPLICI:
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/u238/scheda_pck.shtml

2. OTTIMO BREVE ARTICOLO - PDF
Dal libro "Imbrogli di Guerra" (Odradek 1999)
Nicola Pacilio e Carlo Pona: Uranio impoverito (formato pdf - 208 kb)
http://www.scienzaepace.it/libro/pdf/07-paci.pdf

3. OTTIMO RAPPORTO, PIU' LUNGO ED AGGIORNATO - IN HTML !!!
Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra - Gennaio 2001
Alcune tesi e fatti sull'uranio impoverito (DU), sul suo uso
nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari e popolazione.
M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi, M. Zucchetti
(anche in formato RTF 115 kb e PDF 64 kb - English PDF 74 kb)
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/uranio_impoverito.html