Al Direttore Furio Colombo
"L'UNITA'", ROMA

Egregio Direttore,
"Non chiamare le cose con il proprio nome, significa seminare
disgrazie tra la gente" (A. Camus).
L'articolo "Irak... Kosovo" di Veltri, pubblicato su "l'Unità", oggi
15 aprile, è una continuazione delle "Menzogne di guerra" -
parafrasando il titolo del libro di Jurgen Elsasser (edizioni "La
Città del Sole", 2002).
E' difficile riuscire ad aspettare senza stancarsi di aspettare, e non
rispondere alle calunnie... perchè quelle riportate nel succitato
articolo sono delle calunnie, delle falsità storiche. Falsita'
smascherate, come lo sono state quelle di Adriano Sofri (di sinistra
-sic!- come voi?!) che scriveva su questo stesso giornale dalla Bosnia
musulmana, coi mujahedin tagliagole e il loro capo Bin Laden,
all'epoca evidentemente "terrorista buono".
Signor direttore, Lei può esser quanto le pare filoamericano, ma
bisogna dire anche le verità. E' inutile per noi appellarci all'Ordine
dei giornalisti, perchè esso ha dimostrato "di non esistere", come non
esiste l'ONU... Noi compagni e cittadini di buona volontà non
smetteremo mai di accusarvi e gridarvi: "Smettetela di demonizzare il
popolo serbo!"
Che l'articolo sia fazioso e menzognero dall'inizio alla fine, mi
servirebbe un po' più di spazio per argomentarlo. Lo faccio soltanto
per quello che riguarda, come voi lo definite, l'"Accordo di
Rambouillet". Siete forse smemorati o avete preso "capre per cavoli"?!
Accordo non significa innanzitutto dialogo?!
Sappiamo bene chi impose, agli albanesi moderati, di non dialogare!
Quello di Rambouillet era un vero e proprio ultimatum, che all'inizio
non voleva firmare nemmeno "quel ragazzaccio" di Taqi, perché non
prevedeva l'autonomia del Kosovo (e Metohija). Ma la "zia Lili"
Madeleine Albraight gli impose di firmarlo, "altrimenti non potremmo
bombardare la Jugoslavia". Sapeva bene la Albraight che nessun capo di
stato (a meno che non fosse un quisling) avrebbe firmato
quell'ultimatum, che prevedeva lo scorazzare indisturbato della
soldatesca americana su tutto il territorio della Jugoslavia. Per poi
fare i comodacci e affaracci loro, come fanno sul territorio italiano
(chi si ricorda più del Cermis?!).
Ma a voi non importa se sono jugoslavi, o serbi. L'importante e' che
siano servi. Solo con i servi vi sapere rapportare.
Non posso che citare, anche questa volta, le parole di Mescia
Selimovic, serbo di famiglia, di fede musulmana: "Gli uomini sono come
dei bambini malvagi. Malvagi per i loro atti, bambini secondo la
mente. E mai saranno diversi!"
Davvero con poca stima,
Ivan Pavicevac