Nota biografica su Josip Broz Tito

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La revisione e la nota sono a cura del CNJ.)

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JOZIP BROZ
TITO (nome di battaglia)

Il suo vero nome era Josip Broz, e fu il capo politico e militare della
Jugoslavia.

Tito nacque il 25 maggio del 1892 (1) a Kumrovec, periferia di
Zagabria, in Croazia.

Si sa che la madre era slovena e che il padre era un fabbro ferraio,
per cui Tito seguì il mestiere paterno.

In giovanissima età partecipò al movimento giovanile socialista e
venne, per questo, più volte arrestato.

Nel 1914 (prima guerra mondiale) venne arruolato nell’esercito
austriaco e venne inviato prima sul fronte italiano e poi su quello
russo.

Fu ferito nei Carpazi, e cadde prigioniero.

La rivoluzione russa lo colse quando era in Siberia e Tito, con
slancio, diede il suo contributo rivoluzionario.

Nel 1924 fece ritorno in Croazia, portando seco la moglie russa ed un
figlio.

Iniziò il suo mestiere di operaio metalmeccanico a Zagabria, dove
esercitava opera di propaganda in difesa dei diritti dei lavoratori.

Per questo, il 10 novembre del 1928 viene arrestato e condannato a 5
anni di ergastolo in parte scontati a Lepoglava.

La moglie e il figlio fuggirono in Russia e Tito, appena liberato, li
raggiunse.

Va considerato che negli anni 1934-1938 sia in patria che all’estero
egli si dedicò totalmente alla propaganda comunista.

Nel 1936 partecipò alla guerra civile di Spagna, come sergente nelle
Brigate Internazionali, formate da volontari, in aiuto alla Repubblica
spagnola minacciata dalla guerra civile scatenata dal fascista
Francisco Franco.

Tito tornò clandestinamente in Jugoslavia e precisamente a Zagabria e
a Belgrado.

Uscì dalla clandestinità nel 1938 col soprannome di Tito, datogli dai
compagni di lotta.

Nel 1940 venne eletto Segretario del Comitato Centrale dei delegati
comunisti jugoslavi.

Nella primavera del 1941, Tito si trovava a Belgrado.
Non ebbe esitazioni a divenire capo del Movimento di Resistenza,
essendo entrata in guerra anche l’URSS.

Opero' dapprima in Serbia, poi nel Montenegro e in Bosnia, finché non
si scontrò col movimento dei cetnici capeggiato da Draza Mihajlovic.
Tra i due movimenti era impossibile una intesa.

Tito, comunque, ebbe la meglio, anche per il riconoscimento
internazionale, e i suoi reparti partigiani, male equipaggiati e poco
armati, seppero svolgere azioni ardite contro gli agguerriti eserciti
tedesco nazista e fascista italiano.

In questa epica occasione Tito dimostrò di possedere, oltre a
straordinarie attitudini organizzative, anche un inestimabile talento
militare.

Il 29 novembre del 1943 la Seconda sessione del Consiglio Antifascista
di Liberazione Nazionale (AVNOJ) conferì a Tito il titolo di
Maresciallo.

La forte pressione tedesca, giunta a ferirlo in battaglia, lo
costrinse a rifugiarsi a Lissa, in Dalmazia.

Da questo luogo di convalescenza, il 16 giugno 1944, egli stabilì un
accordo con J. Subasic che era emissario del governo regio in esilio a
Londra.

Tito venne trasportato a Bari, in Italia, per curare meglio la sua
ferita, e sembra che, su invito di Churchill che si trovava tra il
22 e il 24 agosto del 1944 a Roma, Tito abbia avuto un breve incontro
con lo statista inglese. Operava in difesa del suo paese, qualsiasi
fosse stato l’esito della guerra.

Via via che le truppe sovietiche si avvicinavano al Danubio e alla
Jugoslavia, Tito ritenne di doversi sciogliere dall’intesa con
l’Inghilterra, identificandosi con gli ideali rappresentati dall’URSS.

Una visita di Tito a Mosca, nel novembre del 1944, rinsaldò
l’orientamento della sua politica verso l’URSS, che non venne a
cessare neppure quando, nel 1948 il Kominform lanciò contro di lui
l’accusa di deviazionismo, di nazionalismo.

Le condizioni della Jugoslavia erano assai difficili, anche perché
provata da una grave crisi economica. Tito voleva il bene del suo paese
e seguiva una linea di condotta volta ed aderente agli interessi della
Jugoslavia.

Per le accuse di nazionalismo, Tito era forte del fatto che i suoi
sentimenti internazionalisti li aveva dimostrati anche rischiando la
vita in Spagna e nella rivoluzione d’Ottobre.

Nel 1948 viene eletto Segretario Generale del Partito, nonostante le
ingiunzioni dell’URSS.

Dalla Costituzione della Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia,
Tito fruirà del titolo di Primo Ministro e di Ministro per la difesa
nazionale, poi di Presidente dello Stato.

Fu cosa non facile mantenere la pace in quell'agglomerato di etnie, con
tre religioni diverse ma con l’ateismo materialista dialettico che,
tramite la politica di Tito, si faceva strada, nella parte del popolo
più illuminata e negli studenti.

Non siamo in grado di dire se Tito fu sempre un comunista coerente e
rispettoso dei principi scientifici. Quello che però è possibile
affermare è che egli fu un dirigente comunista che amava il suo paese
e il suo popolo.

Sappiamo che tutti i cittadini, di tutte le repubbliche, godevano di un
alloggio sicuro, della sanità gratuita, del diritto allo studio
gratuito.

Sappiamo che sotto la direzione di Tito non vi erano disoccupati e che
la donna godeva del rispetto e degli stessi diritti dell’uomo.

Tito si batteva affinché nel paese vigesse una maggior democrazia.

Tentò di applicare l’autogestione che a suo parere doveva dare respiro
e migliori condizioni di vita al popolo.

Ma fu un esperimento errato che, al contrario di quanto egli volesse,
finì col rafforzare la burocrazia.

Nel 1977, Tito tornò a porre la questione della democrazia nel
paese, credendo nella necessità di applicare un diffuso pluralismo
d’interessi e la sua espressione in una nuova politica.

Anche se questi tentativi innovativi possono lasciare perplessi,
considerando anche che venivano da un uomo malato, che poi morì a
Lubiana il 4 maggio del 1980, noi lo vogliamo ricordare come una
figura politica molto amata dal suo popolo, un uomo che ha dedicato la
vita agli interessi del suo paese, un uomo che vorremmo riavere nella
tormentata e distrutta terra jugoslava, di oggi.


Ecco quello che lo scrittore Zvonko Straunbringer scrisse nella stesura
del suo libro: “LA BATTAGLIA PIU’ SOFFERTA DI JOZIP BROZ TITO":

<<Nel corso dei 35 anni di sviluppo postbellico della Jugoslavia, Tito
ha lasciato una forte impronta. Ha tentato di trovare le giuste
risposte ai dilemmi e alle richieste, ed ha ritenuto che solo il
socialismo avrebbe potuto dare le giuste risposte.

Era profondamente convinto dell’idea della Jugoslavia e per tutto il
tempo, da quando entrò a far parte del movimento rivoluzionario,
durante l'ultima guerra e alla fine di essa, ha combattuto decisamente
per la sua affermazione.

La Jugoslavia sotto la guida di Tito ha combattuto grandi battaglie
perché si realizzasse la grande idea della Pace mondiale, del
Non-allineamento, del superamento del bipolarismo e per la costruzione
di un assetto internazionale più giusto, nel quale i paesi grandi e
piccoli, ricchi e poveri, fossero politicamente alla pari.

A questo scopo Tito ha visitato 69 paesi incontrando più di 500 capi di
stato, sovrani e premier. Ha costruito ponti di amicizia e
collaborazione, tanto che per decenni la Jugoslavia ha goduto di grande
prestigio nel mondo.>>

Questo libro su Tito, afferma Ivan Pavicevac, è un grande contributo
nella delucidazione della verità non soltanto su Tito ma su noi stessi,
che abbiamo vissuto in quel periodo, che abbiamo combattuto e lavorato
sul suolo jugoslavo.

Non ci sono uomini infallibili, tanto meno statisti... Ma le sue idee
socio-politiche sono state progressiste. Quanto più ha potuto, egli ha
saputo realizzarle, queste sue idee.

Tanto per le guerre come per le rivoluzioni e così pure per le figure
storiche non può esserci un giudizio finale. E qui, la storia va
esposta, e vanno verificati i fatti.

Nessuno di noi idolatra Tito, in quanto egli non è una reliquia, né un
santo, né un mago.

Egli è stato presidente della Jugoslavia e come tale appartiene ad una
critica storica.

Quando era vivo, Tito si opponeva alle canzoni celebrative, alla parole
di elogio, ai giuramenti rivolti alla sua persona, specie dagli
anniversari, perché si sentiva in imbarazzo.

Un giorno un regista chiese a Tito: "Come uomo semplice, cos’è che la
turba, e perché a volte non riesce a dormire?”
Tito rispose:
“E’ la nostra unità, la Jugoslavia” – Questi piccoli dissidi, a volte,
tra le Repubbliche – Vorrei che rimanessero nell’unità.
L’unità e la fratellanza sono le nostre conquiste, la nostra realtà.
In questo noi abbiamo ottenuto molto. Vorrei che fosse così anche
quando non ci saremo più”

Cubrilovic, un politico che uscì dal governo nel 1951, dopo la morte di
Tito disse:

“E’ stato uno dei più grandi atei, il comunista Jozip Broz Tito, ma
praticamente è stato sepolto con tutti gli onori perfino delle
chiese. Le gerarchie di tutte le comunità religiose non potevano
sorvolare sul fatto che milioni di credenti hanno veramente amato e
stimato Tito, e che sono stati addolorati alla notizia della sua morte”.

Noi del G.A.MA.DI., compagni di lotta di tutti i popoli, auguriamo ai
popoli della Jugoslavia un nuovo Tito!


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1. 25 maggio per gli jugoslavi e' la "Giornata della Gioventu'",
tradizionalmente assunta come anniversario della nascita di Josip Broz
"Tito" (1892). Per la precisione, Tito è nato a Kumrovec, al confine
tra Croazia e Slovenia, il 7 maggio e non il 25. Quest'ultima è la data
di quando è "rinato": è la data del fallito attacco dei paracadutisti
tedeschi a Drvar, e da allora si festeggia come suo simbolico
compleanno.
(a cura del CNJ)