Alla Redazione di
"Il Messaggero", Roma
e per conoscenza al
Prof. Predrag Matvejevic

Su "il Messaggero" del 22 agosto appariva l'articolo "Mostar, è rinato
il vecchio ponte" a firma Predrag Matvejevic.

Belle le parole sul Ponte,  "alla luce del sole... così luminoso" (ma
anche "alla luna..."),  riportate dal prof Matvejevic. Quel sasso
bianco e luminoso è stato di ispirazione per tanti poeti e scrittori,
in primis Ivo Andric, jugoslavo, premio Nobel per la letteratura.
Giustamente Valerio Pelizzari ce lo ricorda
nell'articolo sulla stessa pagina: "Il Ponte di Mostar, rinasce un
sogno". 

Siccome però in passato abbiamo dovuto lamentare, in tante occasioni,
la assoluta mancanza di coerenza da parte di Matvejevic, ci siamo ormai
abituati a registrare incongruenze in ognuno dei suoi scritti
riguardanti la tragedia jugoslava. Poco male, per la Bosnia e per la
Jugoslavia, se qualche professore usa promuovere se stesso, fintantoché
trova spazio sulla stampa di ogni orientamento politico... Ma talvolta
Matvejevic distorce deliberatamente la storia ed i concetti, e Camus ha
ben spiegato che "non chiamare le cose con il proprio nome, significa
seminare disgrazia tra la gente".

Scrive il Matvejevic nell'articolo: <<Poi cercarono di danneggiarlo i
"serbi". I "croati" completarono la distruzione... Metto fra
le virgolette i nomi dei due popoli per non confondere i distruttori di
quella straordinaria opera architettonica con quei croati e serbi che
hanno pianto per questo atto vandalico...>> (Sono sempre parole del
Matvejevic)

I serbi,  nel caso di Mostar non c'entrano assolutamente niente, nè
quelli con le virgolette, nè quelli senza.

Lo sforzo del professore di scaricare sui serbi (se "il pesce puzza
dalla testa", allora esimio professore, nel contesto le virgolette le
può anche evitare) la responsabilità "originaria" per la distruzione
del Ponte è in linea con il "pensiero unico" sulla guerra fratricida in
Jugoslavia. Questo "pensiero unico", del quale Matvejevic è uno dei
grandi ideologi insieme a troppi intellettuali e professori "di
servizio", imputa ai serbi il "peccato originale" del nazionalismo.

Ma i serbi si ritirarono da Mostar e dintorni prima ancora che
iniziassero gli scontri tra nazionalisti croati e nazionalisti
musulmani bosniaci, nell'ambito dei quali il Ponte fu abbattuto.

Matvejevic volentieri dimentica di ricordare che la "Erzegbosnia"
(come  lui stesso definì quella regione, agli inizi delle sue "uscite"
davanti al pubblico italiano, secondo la più ignobile "vulgata"
ustascia) ha partorito i nazionalisti croati più efferati. D'altronde,
anche il loro storico duce Pavelic proviene da quelle parti.  Tutti,
tranne gli ignoranti ed i miserabili, sanno DA CHI E DA DOVE   partì
l'ordine di organizzare i croati nati in Bosnia ed Erzegovina in unità
speciali, con a capo "un certo" Tihomir Blaskic, per andare in quella
ex repubblica federata jugoslava a fare la guerra e la pulizia etnica
contro i musulmani (bosgnazzi!?) oltrechè contro i serbi.

La faziosità di Matvejevic non ci stupisce. Uno al quale è stata
attribuita una onorificenza (la "Stella Polare Croata" - sic!) da un
presidente che si vantava "sarò l'ultimo presidente della RFS di
Jugoslavia", e ci scriveva poi pure un libro "Come abbiamo distrutto la
Jugoslavia"; uno che in quella occasione ha tenuto a precisare "questo
distintivo rosso che porto all'occhiello non è un residuo del
comunismo" (mentre era candidato con i cossuttiani!); beh, un
professore così andrebbe "bacchettato" proprio come  facevano una volta
i professori con gli alunni.

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