http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3492


Vengono definiti “the untouchables”, gli intoccabili. Sono Hashim Thaci
e Agim Ceku. Entrambi rappresentanti del Kosovo separatista, ricercati
dalla polizia internazionale per narcotraffico e crimini contro
l'umanità. Entrambi vengono prima arrestati e poi rilasciati. Ecco
perché


"Serpenti" in seno, all'Onu

Dal nostro inviato di Exju.org. Belgrado - Il 30 giugno del 2003 Hashim
Thaci viene fermato e arrestato a Budapest
[http://www.mfa.gov.yu/Policy/CI/KIM/010703_2_e.html%5d dalla polizia di
frontiera ungherese; il 22 ottobre scorso, come in uno spartito che si
replica con lieve variazione, Agim Ceku viene fermato e arrestato
all’aeroporto di Lubiana
[http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20031022172732731075.html%5d. Entrambi
sono autorevolissime incarnazioni del Kosovo separatista, entrambi – su
chiare pressioni dell’Onu e della Nato - vengono rimessi in libertà in
tempi record: come scrive l’acuto Nebojsa Malic, editorialista di
Antiwar.com, Thaci e Ceku sono considerati “the untouchables”
[http://www.antiwar.com/malic/m103003.html%5d, gli intoccabili.  

Basterebbe dedicare un week-end alla lettura di “Uck, l’armata
dell’ombra” di Sandro Provvisionato (Gamberetti Editore) per scoprire
tutti gli sgradevoli  segreti di un Kosovo che non è affatto quel
gonfalone di pace ‘a venire’ che sventolano con vigore i media
ufficiali.

Il curriculum vitae di Hashim Thaci, detto “il Serpente”, è presto
riassunto: ricercato già dai primi anni ‘90 dall’Interpol per
banditismi assortiti (il solito narcotraffico su cui l’area
grande-albanese è fondata con il beneplacito delle potenze
internazionali - http://www.balkanpeace.org/cib/kam/kosd/kosd05.shtml),
poi incriminato da Belgrado nel 1993 per terrorismo di matrice
antiserba, Thaci (nato 34 anni fa nella valle della Drenica, sacrario
dell’irredentismo albanese) diviene in breve tempo il grande capo
politico dell’Ushtria Clirimtare e Koseves, il famigerato UCK
[http://www.balkanpeace.org/cib/kam/kosd/kosd01.shtml%5d, e dalla
“liberazione atlantica” del Kosmet in poi indossa i comodi panni di
portavoce del un sedicente ‘partito democratico’ DPK, che ha come
diktat del suo ambizioso e cruento programma la secessione della
regione dalla Federazione Serbia e Montenegro.
Thaci, però, è tutt’ora indiziato dalle autorità di Belgrado anche per
i crimini commessi ai danni della popolazione serba del Kosovo nel
corso degli anni ‘90: sono migliaia le pagine che il ministro della
giustizia serbo Vladan Batic ha fornito al Tribunale dell’Aja
[http://balkanpeace.org/hed/archive/mar01/hed2885.shtml%5d per
richiederne l’arresto immediato: immagini, analisi del DNA delle
vittime, filmati, documenti ufficiali che attestano i ripetuti massacri.

Chi sia Agim Ceku
[http://www.balkanpeace.org/wcs/wct/wctc/wctc15.shtml%5d, invece, lo
apprendiamo rovistando negli archivi: il suo nome è di quelli che
ricorrono nell’aristocrazia armigera delle guerre balcaniche. Albanese,
nato nei dintorni di Pec, quarantenne, arruolato nelle file
dell’esercito croato HVO (crogiolo di mercenari e tagliagole addestrati
dal Military Professional Resource Inc. [http://www.mpri.com/%5d, una
società statunitense specializzata nella pianificazione di operazioni
di guerra ‘sporca’ che si appoggia direttamente al Pentagono), Agim
Ceku si è conquistato sul campo di battaglia in Slavonia il grazioso
vezzeggiativo di “Macellaio dei Balcani”.

Questo epiteto poco allettante è il risultato della sua partecipazione
all’operazione Tempesta del ‘95, che causò la morte di centinaia di
civili serbi e lasciò in eredità all’indifferente Europa 300 mila
profughi, come documenta e testimonia da anni il nostro Giacomo Scotti
[http://www.ilcircolino.it/editoria/gamberetti/orienti3.htm%5d: un bel
diploma, non c’è che dire, per essere selezionato dalle autorità
dell’Unmik nel ruolo di generale del Tmk, il corpo di protezione,
futuro esercito del Kosovo albanese secessionista, patrocinato dalla
Nato e destinato a rimpiazzare l’Uck ufficialmente disciolto.
Nella Croazia antiserba, naturalmente, Ceku è considerato un eroe. Come
il suo amico Thaci, è accusato di “genocidio nei confronti del popolo
serbo in Kosovo”, questa volta dal Tribunale di Nis (la condanna è
successiva all’era Milosevic), che ne ha chiesto l’estradizione
emettendo un mandato di cattura internazionale.             
In qualità di capo militare dell’Uck, Ceku è accusato dell’uccisione di
669 serbi, di aver inferto a 518 persone gravi ferite, e del rapimento
di mezzo migliaio di cittadini dichiarati scomparsi.

La popolazione albanese, che nel Kosovo e nella Metohija detiene il
potere – politico, mediatico e narcoaffaristico - riducendo le
minoranze al silenzio, oscilla fra l’esaltazione che decanta questi
loschi figuri come eroi di una patria inventata, e le rabbiose
indignazioni per quei casi in cui uno di questi boss della lurida
guerra e delle mafie indigene viene protocollato a vario titolo nei
registri di indagine: per le strade di Pristina si alternano da anni
celebrazioni solenni e cortei furibondi, e quasi sempre gli uni e gli
altri si traducono in violenze – dalle sassaiole alle bombe contro le
abitazioni civili - ai danni della minoranza serba, costretta ad
un’esistenza d’assedio.
La popolazione albanese, in realtà, strepita e rumoreggia, ma ha ben
poco da temere: la protezione dell’Onu e della Nato per Thaci e Ceku
sembrerebbe assicurata in perpetuo. Gli eroi del Kosovo monoetnico
sembrano al sicuro.

Per il rilascio immediato di Thaci il 30 giugno scese in campo l’allora
rappresentante Unmik Michael Steiner (che in un gioco di combinazioni
inquietanti la scorsa settimana ha sposato a Pristina Bukurije Balaj,
si dice sia la ex-fidanzata del “Serpente”, che parecchie giornaliste
occidentali carenti di buon gusto e buon senso coccolano pubblicamente,
soprannominandolo “il bel tenebroso”) accompagnato dall’immancabile
Javier Solana: due parole al ministro degli Esteri ungherese, et voilà:
il “Serpente” caro a Madeleine Albright (che lo scelse come
interlocutore privilegiato dei colloqui-farsa a Rambouillet) poté
volarsene, libero e felice, verso Pristina.
Per togliere Ceku dagli impicci lo scorso ottobre, invece,
l’intercessione è stata di Harri Holkeri, succeduto a Steiner, ma la
sceneggiatura si è ripetuta precisa. Un’Ansa
[http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20031022181432731213.html%5d del tardo
pomeriggio del 22 ottobre specifica che, in seguito al fermo di Ceku,
La missione dell’Onu in Kosovo è fortemente impegnata per ottenere la
liberazione del comandante del Tmk il più presto possibile, e lo sforzo
diplomatico per giungere ad una rapida scarcerazione del generale è
massimo. Anche Ceku viene rilasciato, quindi accolto da una folla
eccitata all’aeroporto di Pristina.

La Del Ponte, interpellata dalle autorità serbe che chiedono da tempo e
a gran voce l’arresto di Thaci, di Ceku e di un altro centinaio di
criminali di guerra, ovviamente tergiversa con classe: «Non ci sono
sufficienti prove per procedere a loro carico». Le migliaia di pagine
di inchiesta del ministro Batic non sono tenute in considerazione, e il
libro bianco realizzato dal governo di Belgrado la scorsa settimana
[http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3452], in un ennesimo
tentativo di denuncia dei criminali ben noti che hanno fatto e stanno
facendo del Kosmet una macelleria a cielo aperto, è destinato allo
stesso disinteresse giudiziario.
Il materiale fornito all’Aja dal nostro governo è talmente dettagliato
che qualsiasi tribunale del mondo aprirebbe almeno un’indagine,
dichiara Batic, evidentemente all’Aja non bastano mille morti serbi e
mille civili rapiti nel Kosovo per un’inchiesta, continua il ministro.

E’ così che la credibilità di un tribunale, già considerato di impronta
strettamente politica, dà ancor più l’impressione di operare a senso
unico anche nei processi in merito ai fatti di Croazia e di Bosnia (con
Milosevic a fare da capro espiatorio universale e Tudjman ed
Izetbegovic scagionati da qualsivoglia responsabilità bellica), davanti
ai casi scandalosi di Ceku e Thaci precipita rovinosamente, lasciando
all’Europa un’eredità oscena: la stortura delle guerre diviene il
piedritto di una pace ‘di nicchia’, di una pace (e di una giustizia)
assicurate soltanto ai soliti, arroganti, potenti.  

(mercoledì 19 novembre 2003)