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www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 29-01-04

Reportage a proposito del viaggio del VdR ( Voce dei Rom) in Kosovo
tenutosi nei mesi scorsi.

Notizie dal campo e dati sulle comunità zingare in Kosovo.

La pulizia etnica “Umanitaria” degli Zingari in Kosovo

Appartengo all’etnia Rom (più comunemente conosciuta come “zingara,
gitana”) sono nato in Kosovo, Jugoslavia, ed ho vissuto a Pristina
(capitale della regione kosovara). Nell’estate del 2000, dieci anni
dopo, mi trovavo in Macedonia, distante cioè soltanto 30 miglia dalla
cittadina dove avevo vissuto gran parte della mia vita, e che ora non
potevo più visitare.

Ciò è accaduto più di tre anni dopo il “bombardamento umanitario”
effettuato dalle forze statunitensi e NATO congiunte e l’escalation del
conflitto etnico iniziato in Kosovo nel 24 marzo del 1999. Ma era
ancora troppo pericoloso per me, un “Majupi” dalla pelle nera (termine
albanese che connota, suggerisce l’idea di “qualcosa più meschino,
triviale dei rifiuti, della spazzatura”), mettere piede in Kosovo.

Arrivò infine il giorno (2 maggio 2002) in cui potei visitare il mio
luogo natale, carico di così tanti ricordi della mia giovinezza. Ma
quello stesso posto – dov’ero cresciuto con i miei quattro fratelli ed
una sorella, cugini, parenti, vicini di casa, amici – non esisteva più.
Ogni cosa era stata spazzata via. Le case nuove e restaurate, le ville,
i posti di rifornimento di benzina, i motels, erano stati tutti
costruiti nei tre anni precedenti dall’etnia albanese vittoriosa, e
rendevano il Kosovo simile ad un paese straniero, che non riconoscevo
più. Non sapevo più che sentimenti provare, cosa sentire in quel
momento di ritorno. Paura, felicità, rabbia, tristezza?

Il paradosso che mi veniva in mente era che tutta quella ricostruzione
era sponsorizzata dalle agenzie di soccorso e sussidio internazionale e
finanziata dalle società di industrializzazione e investimento con a
capo personalità preminenti, tali Dick Cheney e George Soros. Nel
frattempo, gli zingari, i serbi, gli slavi mussulmani, i bosniaci ed i
turchi, con altre minoranze presenti in Kosovo, stanno morendo di fame!
Mentre la maggioranza di questi enti internazionali si stava vantando
di partecipare ad un “Kosovo libero e democratico”, questi popoli erano
obbligati ad abbandonare le loro case, patendo una pulizia etnica
“umanitaria” sostenuta che è stata praticamente del tutto invisibile al
resto del mondo. La conseguenza ironica dell’azione di soccorso
NATO/statunitense degli albanesi oppressi è che questi ultimi si sono
trasformati a loro volta in oppressori.

A maggio di quest’anno, in qualità di Presidente della Voice of Roma
(VOR = Voce degli zingari), ho diretto un viaggio in Kosovo
accompagnato da delegati rappresentanti dei diritti umani, assistenti
ai profughi e gruppi pacifisti arrivati dagli USA, Germania, Italia ed
Olanda. Poiché gran parte delle persona che lavorano in tali
organizzazioni pensano che il Kosovo sia ora libero e che i suoi 
popoli stiano convivendo in pace ed armonia, essi sono sorpresi quando
li informo che in Kosovo le minoranze etniche stanno tuttora fuggendo,
volevo che fossero testimoni oculari di ciò che sta accadendo laggiù.

I delegati hanno ricevuto ospitalità nelle comunità zingare, a sud di
Pristina. Ogni famiglia dava accoglienza a due o più rappresentanti.
Essi sono entrati così in contatto, trascorrendovi tempo e
conoscendole, con persone coinvolte nella violenza del fuoco incrociato
tra serbi ed albanesi, che avevano patito le conseguenze dei pesanti
bombardamenti delle forze NATO guidate dagli USA, sperimentando la
discriminazione da parte delle forze K-FOR, la Polizia U.N., le
organizzazioni internazionali non-governative (NGO), e delle politiche
adottate dai paesi dell’Europa occidentale. I delegati erano atterriti
dai racconti che sentivano, e indignati nel constatare le condizioni
nelle quali gli zingari del Kosovo sopravvivevano.

Dall’arrivo dei “peace-keepers” NATO in Kosovo, più di 300,000
componenti a minoranze etniche sono state “epurate” dalla regione dagli
estremisti albanesi. E’ più di un anno che l’Amministrazione U.N. ad
interim in Kosovo (UNMIK) o l’Organizzazione  per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa (OSCE) hanno rilasciato affermazioni circa gli
abusi dei diritti umani subiti dalle minoranze in Kosovo.
Sorprendentemente, alcune NGO come Medici Senza Frontiere (vincitore
del Premio Nobel per la Pace), la Croce Rossa Internazionale, Oxfam, e
molte altre organizzazioni hanno trascurato le minoranze etniche in
Kosovo, non rivolgendo attenzione alle loro problematiche. Gli unici
enti a divulgare notizie sugli abusi dei diritti umani in Kosovo sono
Amnesty International e Human Rights Watch.

La mia domanda è: se i cosiddetti “bombardamenti umanitari” avevano
come finalità l’arresto della “epurazione etnica”, perché le medesime
potenze occidentali sono così restie, avverse a d intervenire a favore
della popolazione zingara e delle altre minoranze kossovare che stanno
soffrendo un’effettiva epurazione etnica?
Tale epurazione etnica, per ciò che concerne gli zingari e a partire
dall’arrivo del 12 giugno 1999 dei peace-keepers dell’ONU ha avuto come
conseguenza il dileguarsi dal Kosovo dell’oltre il 75% di questa
popolazione (oltre 100,000 zingari). Eppure i media e la comunità
“umanitaria” internazionale restano in silenzio. Gli USA e i media
occidentali non hanno catturato sui loro schermi radar nessuno di
questi eventi, o hanno più precisamente e di buon grado ignorato tali
orrori. (vedere il nostro rapporto The Current Plight of the Roma in
Kosovo [L’Attuale Condizione degli Zingari in Kosovo], disponibile
dalla Voice of Roma, P.O. Box 514, Sebastopol, CA 95473.)

La maggioranza degli zingari rimasti in Kosovo (25,000 su una
popolazione che prima della guerra era di 150,000) sono profughi
interni, pur non possedendone lo status officiale. Questi zingari sono
invece etichettati come “profughi interni, apolidi” (IDPs), che,
rispetto ai profughi ufficiali, vedono ulteriormente ridotti i loro
diritti, segregati, limitati in campi con servizi ed attrezzature
scarsissime. Alcuni zingari vivono in enclaves controllate dai serbi.
Nessun altro gruppo etnico si trova nei campi IDPs, soltanto gli
zingari. Perché è così? Soltanto gli zingari non hanno una patria, una
nazione sicura come porto di salvezza. I serbi sono fuggiti in Serbia,
i bosniaci in Bosnia, i Turchi in Turchia e i gli slavi mussulmani in
Macedonia o in Europa occidentale.

I più poveri fra i poveri, stanziati nei campi IDP, gli zingari
affrontano un considerevole livello di discriminazione e oppressione,
che minaccia le loro stesse vite mutilando e paralizzandone la cultura.
Per darvi appena un’idea, l’ONU fornisce a ciascuno zingaro nei campi
IDP una razione mensile di otto chili (17 libbre) di farina, due
cipolle, due pomodori, mezzo chilo (una libbra) di formaggio, ed un po’
di frutta (solitamente marcia). Oltre a questo, vi sono soltanto tre
litri di olio da cucina per famiglia, indifferentemente dal numero di
elementi che la compongono; e non è possibile disporre di altre
forniture (interviste a profughi in campi IDP del Kosovo e Macedonia).
Se queste popolazioni stanno combattendo per sopravvivere fisicamente,
cosa accadrà alla loro cultura?

Un altro esempio che potrei fornire riguarda la richiesta da parte di
un delegato VOR che domandava di poter accedere all’acqua potabile e
per cucinare in un campo di zingari. Il rappresentante ONU replicò.
“Oh, gli zingari sanno come avere cura di se stessi. Sono nomadi; hanno
vissuto le loro vite così.” Se gli zingari devono fronteggiare un tale
abbandono, rigetto da coloro i quali la loro sopravvivenza fisica
dipende, come riusciranno a sopravvivere sia fisicamente che
culturalmente?

Questo stereotipo radicato, che gli zingari siano vagabondi, girovaghi
barbari e selvaggi, e che conseguentemente non abbiano le stesse
necessità dei membri delle società “civilizzate” è contraddetta dai
dati di fatto. In Kosovo, gli zingari hanno vissuto in case per oltre
settecento anni, e la maggioranza di loro non ha mai visto una carovana
di girovaghi. L’effetto di tali stereotipi è quello di disumanizzare
gli zingari e distruggere la loro infrastruttura culturale.

Nel Kosovo “libero” di oggi, nessuno zingaro può spostarsi
liberamente; i suoi figli non possono andare a scuola e non hanno il
permesso di parlare la loro lingua madre. A causa dell’abbandono
forzato delle loro case e del confino coatto nei campi, gran parte
degli zingari ancora in Kosovo non hanno potuto vedere i componenti
delle famiglie vicine da più di tre anni. Ciò implica, fra le altre
cose, che i matrimoni non possono contrarsi secondo le regole sociali
degli zingari. Cosa accade ad una società nella quale è impossibile
formare nuove famiglie?

Come possiamo cambiare la situazione degli zingari, ovunque possa
accadere loro di trovarsi? Qual è la nostra responsabilità verso un
popolo che è stato così ingiuriato ed ignorato per secoli?


Traduzione a cura di Enrico Vigna (SOS Yugoslavia)