Il Nuovo Ordine Mediterraneo : Kosovo ed oltre, 1941--2004

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Il nuovo ordine mediterraneo
Le politiche di occupazione dell'Italia fascista (1940-1943)

di Davide Rodogno

Bollati Boringhieri
Collana «Nuova Cultura»

Anno 2003 - Prezzo €35,00


http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=14321

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il contenuto

Il "progetto imperiale" fascista di conquista e di dominazionedel
Mediterraneo in un'analisi fortemente innovativa che colma una lacuna
nella storiografia relativa al regime e al ruolo dell'Italia nella
seconda guerra mondiale.
La prima parte, più generale, dopo aver illustrato il rapporto
italo-tedesco – essenziale per comprendere quanto accadde nei territori
occupati – mette in luce l’ideale fascista dell’«ordine nuovo» in un
dopoguerra vittorioso. Viene delineato il profilo degli italiani
«conquistatori» e si esplorano l’influenza dell’ideologia fascista, la
percezione delle popolazioni civili, i processi d’interiorizzazione e
di pratica della violenza. La seconda parte approfondisce sia l’aspetto
delle relazioni tra autorità occupanti e governi dei territori
occupati, sia lo sfruttamento economico, tema sul quale la storiografia
italiana è in notevole ritardo rispetto a studi analoghi riguardo al
nazismo. Analizza l’italianizzazione forzata delle province annesse e –
fatto generalmente ignorato – l’albanizzazione del Kosovo e della
Macedonia occidentale.
Affronta poi lo studio della collaborazione e della repressione,
operando una inedita ricognizione sui campi di concentramento per
civili nei territori occupati. Infine offre nuovi elementi e
considerazioni sul controverso tema della politica nei confronti degli
ebrei e dei rifugiati: gli italiani spesso non furono «brava gente».

l'autore

Davide Rodogno (Catania 1972) ha compiuto gli studi universitari a
Ginevra, conseguendo il dottorato in Relazioni internazionali nel 2001.
"Chercheur avancé" del Fonds National Suisse de la Recherche
Scientifique (FNSRS) svolge attualmente una ricerca sugli interventi
umanitari nei Balcani e in Medio Oriente nel XIX secolo e, come
consulente della World Bank, partecipa a un progetto di ricerca
americano sull’antisemitismo in Italia nel XX secolo. Ha collaborato al
"Dizionario critico del fascismo" (Einaudi, 2002).

Recensioni

Un’importante ricerca di Davide Rodogno, giovane studioso del Fonds
national de la recherche scientifique suisse, fa luce sul sogno
imperiale del duce e, grazie a una vasta documentazione inedita
raccolta negli archivi storici dello Stato maggiore dell’esercito, del
Ministreo degli esteri, del Comité international de la Croix - Rouge e
della Banca d’Italia aiuta a rovesciare, aiuta a rovesciare la leggenda
del buon italiano, raccontando nelle sue reali dimensioni la durezza
della repressione fascista. (Simonetta Fiori, «La Repubblica», 16
febbraio 2003)

Tema di grande attualità, immersi come siamo in rigurgiti colonialisti
e imperialisti, contrabbandati come guerre “giuste”. (Silvia Ballestra,
«Urban», 28 aprile 2003)

Uno splendido libro dello storico Davide Rodogno ripercorre in modo
estremamente documentato l’esperienza dell’occupazione fascista.
(Siegmund Ginzberg, «L’Unità», 4 maggio 2003)

Rodogno, con una vasta e nuova ricerca d’archivio, documenta come
l’Italia si sarebbe trovata al centro dei tre cerchi concentrici che
descrivevano i confini geopolitici della nuova «comunità imperiale»
basata su una articolata gerarchia razziale. (Pasquale Chessa,
«Panorama», 8 maggio 2003)

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http://www.cdecdbase.it/rassegnastampa2.asp?idarticolo=16

Michele Sarfatti

La mia scelta: ricordare i più ignoti

Di cosa si ha memoria nel “giorno della memoria”?

Di cosa si ha memoria nel “giorno della memoria”? Di un tragico evento
storico, delle vittime di quell’evento, dei colpevoli, degli
‘astenuti’, degli oppositori. Per quanto mi concerne, in questo giorno
preferisco dirigere la memoria verso le vittime. Lascio quindi perdere
quei combattenti di Salò che oggi chiedono al nostro Stato un vitalizio
per aver combattuto a favore della deportazione degli ebrei, lascio
perdere le tante strade e piazze dedicate ai fascisti antisemiti, e
lascio perdere anche quei dirigenti televisivi che preferiscono
dedicare programmi a ‘giusti’ inventati e non sono invece capaci di
far rappresentare quel vuoto assoluto che fu l’individuo umano dopo la
gassazione, l’incenerimento e la definitiva dispersione subiti ad
Auschwitz. La mia memoria oggi va alle vittime. Ma non a tutte. E’
difficile ricordare sei milioni di persone contemporaneamente (in
effetti, non si poté nemmeno ucciderle contemporaneamente). Quest’anno
ho deciso di dirigere la memoria verso un gruppo di persone
particolarmente ignote. Di esse infatti non conosco nemmeno il nome, e
la stessa loro uccisione è attestata da alcuni studiosi senza
particolari aggiuntivi. Per questo ho pensato di commemorarli: per
renderli per quanto possibile persone, individui. E perché la nostra
Italia (non questa repubblica postbellica, ma il regno fascista di
allora) sembra avere avuto un ruolo nella loro vicenda. Un ruolo ancora
mal definito. Un ruolo che dovrà essere chiarito. Avere memoria di
loro vuol dire quindi radunare quel poco che sappiamo, metterlo in
ordine, identificare i buchi di conoscenza, stimolare una ricerca
approfondita.

Partiamo dall’inizio. Siamo a Prishtina, in Kosovo, territorio
ex-jugoslavo conquistato nel 1941 dall’infame alleanza italo-tedesca e
ben presto accorpato all’Albania, conquistata con infamia dall’Italia
nel 1939. A Prishtina c’è un’antica comunità ebraica locale, ci sono
ebrei originari di altre zone della non più esistente Jugoslavia, e ci
sono ebrei profughi dall’Europa centrale. Dalla primavera 1941 e fino
al settembre 1943, tutti questi ebrei si trovano sotto le autorità
italiane e, in subordine, albanesi. Il trattamento riservato dalle une
e dalle altre agli ebrei locali e a quelli delle altre regioni
jugoslave sembra sostanzialmente simile a quello praticato in quei
mesi nella penisola e nel territorio storico dell’Albania. Ossia:
persecuzione rigida, ma niente sterminio. Il punto è che una parte (o
la totalità; non sappiamo) degli ebrei centroeuropei di Prishtina
ricevette invece un trattamento diverso. Le informazioni che abbiamo
al riguardo assegnano una responsabilità ad autorità italiane. Ma
vediamo cosa dicono. Si tratta di documenti citati nel recente libro
di Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo (Bollati Boringhieri,
2003), che a pagine 459-460 menziona la decisione del 15 marzo 1942 di
un ufficiale superiore italiano di consegnare alle autorità tedesche di
occupazione della Serbia cinquantuno ebrei “tenuti a disposizione nel
campo di concentramento di Prishtina”. L’atto (non l’autore) è
confermato da fonti ebraiche dell’epoca: nella corrispondenza
dell’ente assistenziale ebraico italiano Delasem è menzionata la
consegna ai tedeschi della Serbia di “un gruppo di 50 circa, uomini,
donne e bambini” di Prishtina. Un altro documento dell’epoca aggiunge
un inquietante elemento sulle conseguenze della consegna: il 24
gennaio 1943 il delegato apostolico a Scutari comunica alla Santa Sede
che gli ebrei profughi in Albania temono “di venire mandati in
Germania, come già toccò ad alcuni, perché questo significherebbe la
morte”. La possibilità che quest’ultima notizia concerna proprio il
gruppo di ebrei di Prishtina sembra essere confermata da quanto
riferiscono due volumi pubblicati a Belgrado (da Zdenko Lewenthal nel
1957 e da Jasa Romano nel 1980), entrambi contenenti la notizia di
cinquantuno ebrei di Prishtina consegnati nel marzo 1942 alla Gestapo
e da questa uccisi.

Questo è tutto ciò che io ho potuto reperire. L’indicazione netta
della responsabilità italiana  nella consegna è comparsa solo pochi
mesi fa, nel libro di Rodogno. Sull’uccisione dei consegnati vi è al
momento una “quasi certezza”, non una “certezza netta”. Sui motivi
della consegna, nulla sappiamo. Sul fatto che le autorità italiane
fossero o no a conoscenza del destino che attendeva i consegnati,
nulla sappiamo (ripeto: in questo momento, nulla sappiamo). Le
identità delle vittime non sono ancora note. In questi temi, occorre
sempre procedere con calma e metodo storico. Le conclusioni potranno
venire solo al termine di una ricerca accurata. Ma le fonti ci dicono
che qualcosa a Prishtina deve essere accaduto. E allora, in questa
giornata della memoria, occorrerebbe proprio decidere di attivare un
gruppo di ricerca per chiarire cosa avvenne, per definire il nostro
ricordo di quei cinquantuno ebrei, piccola goccia di un ebraismo
devastato.

L'unità  27/01/2004

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Altre recensioni:

L'Italietta che volle farsi impero
David Bidussa, Il Manifesto, 13/04/2003

http://www.sissco.it/rassegne/rassegna1614.html

La faccia cattiva dell'Italia
Simonetta Fiori, La Repubblica, 24 febbraio 2003

http://www.eccidi1943-44.toscana.it/stampa/repubblica_030224.htm

Vedi anche:

Sintesi schematica di alcuni progetti relativi
all'organizzazione politica della comunità imperiale fascista
(i "tre cerchi"). Fonte: Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo.

http://www.criminidiguerra.it/TabImperFasc.htm