(english / italiano)

Mercenari / 1

Manovalanza pan-albanese per la guerra di mafia a Napoli e per la
guerra civile ad Haiti

1. Centinaia di «mercenari stranieri» sono i nuclei di fuoco dei clan
camorristi (R. Saviano, Il Manifesto)

2. Kosovo Liberation Army helps establish "protectorate" in Haiti
(Anthony Fenton, www.haitiaction.net)


=== 1 ===

Il Manifesto, 21/11/2004

L'armata albanese nella nuova guerra di Napoli

Centinaia di «mercenari stranieri» sono i nuclei di fuoco dei clan
camorristi

Un'alleanza organica consolidata ormai da anni tra clan campani e
famiglie mafiose albanesi sta recando vantaggi a entrambi, sia per
l'accesso alle «materie prime» della filiera della droga sia per il
controllo del territorio. E la guerra di camorra forse è solo all'inizio
ROBERTO SAVIANO
NAPOLI

La guerra di camorra scoppiata a Napoli nelle ultime settimane svela le
potenti alleanze internazionali dei clan napoletani. Per la prima volta
nella storia criminale italiana infatti i clan hanno fatto appello ad
un vero e proprio esercito mercenario straniero per combattere le
rivalità interne e rilanciare il controllo militare ed economico del
territorio. Paolo Di Lauro, il boss di via Cupa dell'Arco, uno dei più
potenti narcotrafficanti d'Europa, nei mesi scorsi ha chiesto alle
famiglie albanesi con cui da sempre è in contatto per l'importazione di
cocaina e hashish un aiuto militare per svolgere la sua personale
battaglia nel territorio di Secondigliano e di Scampia. Le famiglie
albanesi hanno risposto positivamente alla richiesta affidando i propri
soldati al comando del boss di Secondigliano. Circa trecento sino ad
ora sono gli uomini dei clan albanesi sbarcati in Campania, pronti a
combattere a fianco del clan Di Lauro contro gli scissionisti. Agiscono
velocemente e scompaiono, non hanno legami con il territorio, non si
nascondono nelle zone maggiormente presidiate, ricevono aiuti logistici
dai clan in questo momento meno ostili a Di Lauro come i Nuvoletta di
Marano, dormendo e muovendosi quindi lontano dall'epicentro della
guerra. Dispongono ovviamente di documenti falsi: nessuno di loro è
entrato in Italia clandestinamente; sono partiti mesi fa dall'aeroporto
di Rinas, controllato direttamente dai cartelli mafiosi di Durazzo, e
risultano regolarmente assunti in aziende del nord Italia e del
casertano.

Una forza micidiale

Questo esercito stipendiato da Di Lauro è una forza militare micidiale:
ma mostra anche la fragilità degli equilibri e delle alleanze della
camorra napoletana. Ciò che più d'ogni cosa teme oggi il clan Di Lauro
è il tradimento da parte dei propri alleati: un esercito «esterno»
direttamente pagato e controllato dal boss è la miglior garanzia di
fedeltà, ancor più perché dopo l'assolvimento dei compiti militari
questi uomini ritorneranno in Albania e non avanzeranno richieste sul
territorio per il sostegno concesso. La serie di agguati
«inspiegabili», come i colpi sparati il 6 novembre a Scampia contro
un'auto di sottufficiali di carabinieri fuori servizio, o gli spari
contro un finanziere il 14 novembre, potrebbero ascriversi ai killer
albanesi, che non essendo della zona non hanno riconosciuto i loro
obiettivi - o al contrario stanno irrigidendo il presidio del
territorio al punto da intervenire violentemente contro ogni presenza
delle forze dell'ordine, anche fuori servizio.

La camorra campana è legata da anni a doppio filo con i clan albanesi.
Le famiglie mafiose albanesi a più stretto contatto con i clan
napoletani e casertani sono quelle di Valona, Durazzo, Fier ed Elbasan.
L'alleanza ha avuto origine alla fine degli anni `90 quando i clan
albanesi hanno iniziato a radicarsi in Campania rendendosi disponibili
ad svolgere i ruoli più rischiosi e meno redditizi come il trasporto
della droga, il controllo della prostituzione, lo spaccio. I clan
albanesi hanno avviato il rapporto con i clan campani non innescando
mai situazioni di crisi, pagando sempre le percentuali sui profitti e
cercando un rapporto economico d'alleanza e mai di semplice connivenza.
Del resto la confederazione casalese nel casertano permise al defunto
boss albanese Kastrati Agim di sedere nella propria cupola. Attualmente
nella provincia di Caserta, a Mondragone, il boss Augusto La Torre (ex
pentito) sposando una donna albanese in seconde nozze sembra aver
ufficialmente permesso ai clan di Elbasan e Tirana di accedere con
poteri di dirigenza nel territorio del litorale casertano.

Per comprendere la forza delle alleanze tra mafia albanese e camorra
basterà ricordare che il famigerato «comandante Arkan» (il serbo
accusato di crimini contro l'umanità per i massacri in Bosnia) durante
gli anni della guerra nell'ex Jugoslavia chiese aiuto al boss Francesco
Schiavone detto Sandokan (così dice un'informativa del Sismi del `98)
per mediare con i clan albanesi che gli bloccavano in Kosovo le armi
acquistate in Macedonia e Turchia.

Il clan Di Lauro ha iniziato ad avere rapporti con i clan albanesi
attraverso l'importazione di droga, Paolo Di Lauro - prima come parte
dell'alleanza di Secondigliano, poi come boss autonomo - ha coltivato
rapporti con i clan di Fier e con i kosovari. In queste zone, secondo
indiscrezioni, ha iniziato da anni ad investire in raffinerie e
depositi, riuscendo a coinvolgere centinaia di persone nell'economia
della droga. Proprio nella zona di Fier sono stati bruciati i campi di
patate esistenti per riconvertirli a canapa indiana.

Napoli nei rapporti tra camorra e mafia albanese rappresenta uno snodo
centrale. Proprio grazie alla mediazione dei clan secondiglianesi e
soprattutto di Paolo Di Lauro i clan albanesi sono riusciti ad attivare
contatti diretti con i narcos colombiani, con cui Di Lauro ha da sempre
ottimi rapporti. Questi contatti hanno permesso agli albanesi di
importare dalla Colombia la pasta di coca, elemento fondamentale per la
raffinazione della cocaina. Prima della mediazione della camorra i clan
albanesi per produrre autonomamente droga erano costretti ad accedere
al mercato afghano, egemonizzato dai clan russi e dalla `ndrangheta che
ovviamente imponevano prezzi altissimi sui propri «prodotti primi»,
costringendo gli albanesi ad un mero ruolo di distribuzione. Grazie a
questa mediazione tra Colombia e Albania, Napoli è divenuta il centro
di un florido mercato capace di distribuire i propri prodotti in mezza
Europa.

Di Lauro ha saputo gestire al meglio questa sua capacità di grossista
capace di accedere sia ai cartelli produttori colombiani sia a quelli
albanesi, ed ha sfruttato questo suo doppio accesso per fondare un
patto internazionale da cui ha ricevuto come profitto diplomatico
prezzi convenienti e prodotti di prima qualità. In tal senso Cosa
nostra accede ad una parte dei traffici albanesi proprio grazie al boss
secondiglianese che per via dei suoi ottimi rapporti con i Nuvoletta
(clan di Cosa nostra in Campania) riesce a commerciare anche con la
mafia siciliana. Cosa nostra solo recentemente ha rivolto interesse al
mercato albanese e kosovaro, in passato preferì non investire in
Albania propri capitali conservando esclusivamente i canali
sudamericani e imbastendo alleanze con i clan russi.

Svista imprenditoriale

Questa sorta di svista imprenditoriale da parte di Cosa nostra,
generata forse dall'impossibilità di avere referenti sicuri sul
territorio essendo il tessuto della mafia albanese profondamente
frammentato, ha permesso alla camorra casertana e napoletana di godere
d'un mercato quasi del tutto assente da concorrenti, dove le
possibilità d'accesso erano già formate e strutturate dai precedenti
canali del contrabbando di sigarette.

La capacità imprenditoriale del gruppo Di Lauro di fatturare un
profitto pari al 500% dell'investimento iniziale guadagnando solo
attraverso il mercato della droga oltre 400 milioni di euro l'anno,
nasce proprio dalla possibilità di importare attraverso canali sicuri e
privilegiati grosse partite di droga a prezzi particolarmente bassi
rispetto a quanto riescono a fare altri sodalizi criminali. Convenienza
e qualità del prodotto hanno permesso a Paolo Di Lauro di diventare un
leader assoluto del narcotraffico napoletano, surclassando i suoi ex
alleati di Secondigliano, boss ben più carismatici e con un'esperienza
militare e politica più collaudata. La guerra di camorra scoppiata a
Napoli quindi non trova origine esclusivamente in cause interne legate
al territorio, alla spartizione delle zone, ma anche in una
macroeconomia fondata su affari legali ed illegali che ha indotto una
parte degli affiliati di Di Lauro a scindersi - così come il loro ex
capo aveva a sua volta fatto con l'Alleanza di Secondigliano.

Produzioni in Cina

Le 879 pagine d'inchiesta prodotte dalla Dda di Napoli nel luglio 2004
avevano descritto in modo accurato l'economia legale della camorra
mostrandone la portata internazionale. In breve le famiglie del
cartello secondiglianese erano riuscite a installare aziende in Usa
capaci di produrre elettrodomestici, trapani e prodotti ad alta
tecnologia per circa 300 milioni di dollari. Di Lauro stesso, assieme
al boss Eduardo Contini, è riuscito ad egemonizzare il mercato delle
macchine fotografiche contraffatte che lui stesso fa produrre
attraverso investimenti in Cina nelle medesime fabbriche che le
producono per le grandi marche. Gran parte invece degli investimenti
nel settore del vestiario sono avvenuti in Francia ed in Germania.

Inoltre recenti indagini della Procura Antimafia di Napoli mostrano che
il clan Di Lauro può godere di capitali direttamente presenti nel
tessuto finanziario di alcune banche napoletane, capitali che riesce a
versare frazionandoli in diversi conti correnti attraverso funzionari e
impiegati di banca complici. La possibilità di accedere ad una grande
liquidità direttamente a Napoli ha permesso a Di Lauro di aumentare
vertiginosamente il numero di nuovi affiliati rispetto agli altri clan,
sempre in crisi con gli stipendi. Gli scissionisti, capeggiati pare da
Raffaele Amato, ex uomo di fiducia di Di Lauro, hanno tentato in questi
mesi di generare una fronda all'interno del clan. A causa della
latitanza il boss Di Lauro si è visto costretto a delegare spesso i
propri affari ai suoi uomini, che hanno una piena autonomia operativa
dovendo rendere conto esclusivamente dell'aspetto economico. Da qui la
possibilità per molti capizona di avere contatti diretti con i
produttori e quindi di accedere al mercato della droga senza la
mediazione di Di Lauro. Una sorta di passaggio dal ruolo di dipendenti
a quello di imprenditori, senza per questo entrare in contrasto con la
dirigenza dei Di Lauro.

Appare però singolare la scelta degli «scissionisti» di volersi rendere
autonomi non considerando ingenuamente la risposta militare del boss
che ovviamente non vuole vedere comparire sul proprio campo concorrenti
economici. In questo senso emergono le possibili ambiguità degli altri
soggetti camorristici napoletani. Sembrerebbe che le famiglie
napoletane abbiano portato avanti una strategia ambigua, stipulando
prima una sorta di patto volto a difendere gli scissionisti del clan Di
Lauro poi invece tradendoli e lasciandoli soli ed esposti al massacro.
Una strategia per indebolire dall'interno il clan Di Lauro, divenuto
troppo potente. Con grande probabilità i boss del centro storico,
Giuseppe Misso e Vincenzo Mazzarella, avevano promesso copertura ai
frondisti senza però poi concederla realmente.

Un aperitivo della guerra

Che le decisioni di Misso in questa fase siano particolarmente delicate
lo si comprende dalla velocità con cui la Dda partenopea in questi
giorni si è affrettata, dopo cinque anni di normale detenzione, a porre
in regime di 41 bis il boss, che dal carcere continuava tranquillamente
a comandare il suo clan. Ambigui ancor più dei boss del centro storico
risultano anche gli ex appartenenti al cartello secondiglianese.
Contini, da sempre in buoni rapporti con Di Lauro, non ha fatto muovere
un solo suo uomo al fianco del boss e Pietro Licciardi, un boss
potentissimo a piede libero nemico da sempre di Paolo Di Lauro, non ha
fatto scendere in campo il suo esercito, che ammonterebbe ad oltre
mille uomini. La guerra vista sinora, che ha causato oltre cento
vittime, rischia di divenire soltanto un aperitivo di quello che
potrebbe essere il conflitto tra clan se tutti i boss decidessero di
coalizzarsi contro Di Lauro e se il piano militare diverrà l'ambito in
cui porre i nuovi equilibri imprenditoriali dell'economia-camorra.


=== 2 ===

http://www.haitiaction.net/News/AF/11-22-4.html

Kosovo Liberation Army
helps establish "protectorate" in Haiti

by Anthony Fenton

"No decision has yet been taken, but in French diplomatic
circles...they say that there has been talk of a sort of guardianship!=
as in Kosovo... Even if the United Nations doesn't want this kind of
intervention leading to military occupation, this might be inevitable
until elections are organized."

- Michel Vastel quoted in Haiti-Progres
[http://www.haiti-progres.com/2003/sm030305/eng03-05.html], March 5,
2003.


In the almost nine months since Aristide was overthrown, this piece of
'foreshadowing' by Quebec reporter Michel Vastel has resurfaced many
times. Like the desire for genuine democracy in Haiti, it just won't
seem to go away.

Recent findings indicate that the United States Agency for
International Development (USAID) is employing suspected war criminals
from the Kosovo Liberation Army (KLA) in Haiti. The KLA is best known
as a terrorist organization with ties to the CIA, US State Department,
and narco-trafficking. This news was recently reported on by
Flashpoints Radio's Kevin Pina:

"All you have to do is look at their (USAID's) September document,
which is published on their website, for the "Office of Transition
Initiatives," (OTI) and what you will see in that document is that
USAID is paying three consultants to help consult for the integration
of the former brutal military into the current Haitian police force.
And who are those three consultants? Those three consultants are
members of the Kosovo Liberation Army."(Flashpoints interview, November
19, 2004, www.flashpoints.net)

In a separate interview, Pina states that a "source close to the U.S.
embassy confirmed that there are three members of the KLA on the ground
in Haiti."(1)

That they are employing KLA "training and management specialists" is
stated explicitly in the USAID-OTI report
[http://www.usaid.gov/our_work/cross-cutting_programs/
transition_initiatives/country/haiti/rpt0904.html] cited by Pina:

"OTI continues to work closely with the U.S. Embassy and IOM to develop
options for a reintegration program for former combatants. Training and
management specialists of the Kosovo Protection Corps, a civilian
response unit consisting primarily of former Kosovo Liberation Army
members, have been brought to Haiti to assess how the Kosovo model
might be applied there. OTI and IOM have also closely followed the
negotiations between the former military and the IgoH (Interim
Government of Haiti)."

Several news reports have indicated that members of the former army
have already begun integration
[http://haitiaction.org/News/BT/11_17_4.html] into the Haitian National
Police. Other reports have described how former military have been seen
collaborating with the United Nations
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=55&ItemID=6456]
in ex-military controlled areas in Northern Haiti and elsewhere.

The connection between the KLA, the United States - in particular U.S.
Ambassador to Haiti James Foley and Haiti's paramilitaries/former
military - is not new. In an article published the day Aristide was
ousted by the U.S., Canada, and France-backed coup, Ottawa Professor
Michel Chossudovsky effectively predicted the scenario
[http://www.globalresearch.ca/articles/CHO402D.html] that we are now
seeing played out today. Chossudovsky first describes the KLA in Kosovo:

"The KLA had been involved in similar targeted political assassinations
and killings of civilians, in the months leading up to the 1999 NATO
invasion as well as in its aftermath. Following the NATO led invasion
and occupation of Kosovo, the KLA was transformed into the Kosovo
Protection Force (KPF) under UN auspices. Rather than being disarmed to
prevent the massacres of civilians, a terrorist organization with links
to organized crime and the Balkans drug trade, was granted a legitimate
political status."

Chossudovsky also points out the connection between James Foley
(appointed ambassador to Haiti in September, 2003) and the KLA:

"At the time of the Kosovo war, the current ambassador to Haiti James
Foley was in charge of State Department briefings, working closely with
his NATO counterpart in Brussels, Jamie Shea. Barely two months before
the onslaught of the NATO led war on 24 March 1999, James Foley had
called for the "transformation" of the KLA into a respectable political
organization:

"We want to develop a good relationship with them (the KLA) as they
transform themselves into a politically-oriented organization,' ..`(W)e
believe that we have a lot of advice and a lot of help that we can
provide to them if they become precisely the kind of political actor we
would like to see them become... "If we can help them and they want us
to help them in that effort of transformation, I think it's nothing
that anybody can argue with..' (quoted in the New York Times, 2
February 1999) "

As we consider the connection between this context and that of the
paramilitaries-cum-"liberators" in Haiti, led by Guy Philippe and Jodel
Chamblain, some further KLA context is essential. Writes Chossudovsky:

"The US State Department's position as conveyed in Foley's statement
was that the KLA would "not be allowed to continue as a military force
but would have the chance to move forward in their quest for self
government under a 'different context'" meaning the inauguration of a
de facto "narco-democracy" under NATO protection."

It's also important to note how Ambassador Foley is perceived by
Haitians. A Haitian lawyer who "asked not to be named" told the
Ecumenical Program in Central America and the Caribbean's
[http://www.epica.org] delegation "What I see now is we're going right
into a dictatorship. U.S. Ambassador Foley is the real President of
Haiti! Each day I get more and more scared. It's the rewriting of
1915."(2)

The closest visible emulation of the "Kosovo Model' in Haiti, then, has
been through formation of Guy Philippe's political party, National
Reconstruction Front (FRN). Philippe has stated that his main priority
if elected president would be to officially reconstitute the Haitian
army: "This would be a professional army
[http://www.cooperativeresearch.org/
searchResults.jsp?searchtext=guy+philippe&events=on&entities=on&articles
=on&topics=on&timelines=on&projects=on&titles=on&descriptions=on&dosearc
h=on], not the one we had," he says, reasoning that "(y)ou can't have
foreigners invest without security." USAID, in their most recent
October report
[http://www.usaid.gov/our_work/cross-cutting_programs/
transition_initiatives/country/haiti/rpt1004.html], provide some early
campaigning for Philippe when they state "Many Haitians feel U.N.
peacekeepers are doing little to halt the violence and want the interim
government to formally reinstate the army Aristide disbanded ten years
ago." Never mind that this statement contradicts the internationally
recognized consensus in Haiti that Aristide's disbanding of the
military was universally supported.(3)

Philippe, it has been thoroughly established, has strong ties to the
"political opposition" Democratic Convergence, who "boycotted" the 2000
presidential elections that elected Aristide in a landslide and
proceeded - with the assistance of the National Endowment for Democracy
financed International Republican Institute - to destabilize Aristide
and his Lavalas government. One of the strongest established links has
been that between Philippe and self-styled "intellectual author" of the
February coup, Paul Arcelin, former Montreal Professor and
brother-in-law of former Canadian Member of Parliament Nicole
Roy-Arcelin. Arcelin also has ties to Canadian Foreign Affairs Minister
Pierre Pettigrew.

Arcelin admitted (Montreal Gazette, March 9th, 2004) days after the
coup that he and Philippe had spent at least two years trying to
overthrow Aristide. Arcelin was the Democratic Convergence's Dominican
Republic liaison. The Dominican Republic provided the staging ground
for the eventual CIA-led coup d'etat by housing, training, and clothing
the paramilitaries. Between October 2000 and February 2004, Philippe
and fellow paramilitaries staged several armed incursions into the
Haitian countryside and areas along the Haiti-DR border, killing
several, but always managing to escape authorities. Chossudovsky
succinctly draws the KLA-Philippe connection, "For the CIA and the
State Department the FLRN and Guy Philippe are to Haiti what the KLA
and Hashim Thaci are to Kosovo."

The way to apply the USAID/Ottawa Initiative on Haiti idea of the
"Kosovo Model" was described by Chossudovsky:

"In other words, Washington's design is "regime change": topple the
Lavalas administration and install a compliant US puppet regime...What
is at stake is an eventual power sharing arrangement between the
various Opposition groups and the CIA supported Rebels...A bogus
(symbolic) disarmament of the Rebels may be contemplated under
international supervision, as occurred with the KLA in Kosovo in 2000.
The "former terrorists" could then be integrated into the civilian
police as well as into the task of "rebuilding" the Haitian Armed
forces under US (or UN/RCMP) supervision. What this scenario suggests,
is that the Duvalier-era terrorist structures have been restored. A
program of civilian killings and political assassinations directed
against Lavalas supporter is in fact already underway."

There has not been, aside from extensive lip service paid to the idea,
any disarmament.(4) 'Sweeps' of poor neighborhoods known to be the
heart of Aristide support in Port au Prince (such as Bel Air, La
Saline, Martissant), have yielded hundreds of arbitrary arrests but few
arms, as the pro-Aristide resistance has strengthened. Members of the
resistance movement have stated that "we will no longer just stand like
zombies and let them kill us. We will continue to demand the return of
our elected president and we will defend ourselves against them when
they come to kill us. We are not animals, we are not bandits and we did
not start this killing
[http://blackcommentator.com/109/109_haiti.html]. They did."

The killing began the moment Aristide was carted away on the American
airplane. The National Lawyers Guild [http://nlg.org/] reported that an
estimated 1,000 bodies, as according to the director of the State
Morgue, had been buried in mass graves
[http://www.dissidentvoice.org/July2004/Fenton0727.htm] within one
month of the coup. Several other human rights organizations have
detailed and documented the targeting of Lavalas supporters, and
several of the Lavalas leadership remain imprisoned on groundless (if
any) charges. The resistance fighter cited above may be referring
specifically to the new wave of violence that began on September 30th,
when Haitian police fired into unarmed crowds of demonstrators, killing
at least two according to admissions made later by puppet PM Gerard
Latortue.

Only two weeks later, Pina reported that "The General Hospital had to
call the Ministry of Health today in order to demand emergency vehicles
to remove the more than 600 corpses
[http://haitiaction.org/News/HIP/10_15_4a.html] that have been
stockpiled there, that have been coming in from the killing over the
last two weeks alone. That's how much killing that has been going on
here in the streets of Haiti that has not been/being reported and has
not talked about." Meanwhile, mainstream outlets cannot seem to get
their numbers straight, frequently omitting officially acknowledged
numbers such as those reported on by Pina, and even those reported on
by USAID-funded "human rights groups" such as the NCHR. Some mainstream
outlets have reported the following
[http://www.alertnet.org/thenews/newsdesk/NAJLA2915.htm]:

"At least 170 people have been killed by gunfire in recent violence in
Haiti, most of them from slum strongholds of supporters of ousted
president Jean-Bertrand Aristide, a human rights group said on
Friday....Another 241 people have been wounded by gunshots in violence
from Sept. 1 to Oct. 26..."

These numbers alone demonstrate that Aristide supporters are being
targeted, with over 400 acknowledged gunshot victims in eight weeks.

As is made clear in the epigraph, talk of reconstituting Haiti's army
along the lines of Kosovo was first leaked out of official circles
after the January 2003 Ottawa Initiative on Haiti meeting, hosted by
Canada's secretary of state for Latin America, Denis Paradis.

Where Denis Paradis would later deny
[http://dominionpaper.ca/weblog/2004/09/
interview_with_denis_paradis_on_haiti_regime_change.html] having
planned "regime change" in Haiti, this is really only a matter of
semantics, as he frequently employed the term 'responsibility to
protect' in the context of what needed to be done in Haiti. This
doctrine, established by Jean Chretien at the request of UN Secretary
General Kofi Annan (5), is tantamount to an official reformalization of
imperialism, and is merely a new way to state what in 1902 John
Atkinson Hobson described as "trusteeship" as a means of managing the
problem of the "lower races." According to Hobson, "The real issue is
whether, and under what circumstances, it is justifiable for Western
nations to use compulsory government for the control and education in
the arts of industrial and political civilization of the inhabitants of
tropical countries and other so-called lower races."

Hobson, like Paradis, was thinking of Haiti when pontificating towards
the most efficient and justifiable means of subjugating peoples deemed
inferior to the white race:

"If we look to the native social systems of the tropical East, the
primitive savagery of Central Africa...or the black republic of Hayti
in the present...the lesson seems everywhere the same; it is that there
will be no development of the resources of the tropics under native
government." (6) Equally, both Hobson and Paradis would argue that the
"care and education of a "lower race" as a trust" is based on the
"friendly motives" of imperial countries.

Where the Kosovo style trusteeship for Haiti was only theoretical in
January 2003, it is reaching real fruition by virtue of the most
horrific crimes perpetrated against Haiti's poor majority. Even the
mainstream has reported on the more than 30 execution-style killings of
Haitian youths, including women caught in the crossfire of UN-supported
PNH incursions into poor neighborhoods in recent weeks. With seasoned
putschists and terrorists such as USAID and KLA helping the
increasingly militarised and UN/RCMP backed Haitian police pacify
supporters of democratic principles in Haiti, the world is getting a
look at the future of "humanitarian intervention."

It's fitting that the Miami Herald has recently opined
[https://registration.miami.com/reg/
login.do?url=http%3A%2F%2Fwww.miami.com%2Fmld%2Fmiamiherald%2Fnews%2Fopi
nion%2F10242634.htm] that "As Haiti descends deeper each day into
anarchy, the time has come to consider some form of international
protectorate to take temporary control of that beleaguered Caribbean
country." Don Bohning further posits that "As unpalatable as it may be
for the vast majority of Haitians, who spent 1915 to 1934 under a U.S.
Marine occupation, ceding temporary sovereignty to an international
body is one option slowly gathering momentum." This article as much as
any indicates the level of fascistic pontification that will
increasingly be allowable, buttressed no doubt by George Bush's
re-election. Haiti's "protectorate status" would be overseen by "a
Brazilian-led regional coalition."

Obviously Bohning is in denial over the fact that the "anarchy" to
which he refers was brought about largely by an internationally imposed
economic embargo combined with other tried and true destabilization
efforts (eg. The EU's funding the opposition, NED and IRI's funding,
training the paramilitaries, the ownership of private media by the
opposition, etc.) Haiti's "failure" has always had ready-made
justification in the eyes of "white supremacist terrorists"
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=36&ItemID=6000]
as against the "necessity" of colonial occupation.

These recent discoveries make it clear that when James Foley came to
Haiti last September, the CIA's wheels were in serious motion, and
Aristide and democracy's days were numbered in Haiti. It should
surprise no one that Foley should enlist the efforts of his war
criminal KLA friends, who proved themselves so valuable to the NATO-led
"coalition of the killing"
[http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=55&ItemID=6546]
in 1999.(7)

With all of the "trustees" that it can handle, now as much as ever
Haiti needs a massive outpouring of international solidarity.


Notes:

(1) With the author, November 20, 2004.

(2) From the cover of "A People's Fact Finding Investigationto Haiti."

(3) "An internationally sponsored public opinion poll taken in March
1995 found that 72 percent of the sample approved the government's
purges of the army," in Robert Maguire's "Demilitarising Public Order
in a Predatory State: The Case of Haiti," North-South Agenda Papers,
1995, p. 12.

(4) In the section "Strengthening the operational capacity of the PNH,"
the World Bank/European Commission convened Haiti Interim Cooperation
Framework calls for the expansion of the PNH from the current strength
of 3000 "to 6000 in 2006...and to 20,000 in 2015." (p. 14, "republic of
Haiti: Interim Cooperation Framework, 2004-2006, Summary Report) In the
meantime, some 25,000 former military, termed "beneficiaries" will have
been "provided assistance" with ICF funding. See:
http://haiticci.undg.org/
index.cfm?Module=ActiveWeb&Page=WebPage&s=introduction&NewLanguageID=en.

(5) This report is about the so-called "right of humanitarian
intervention": the question of when, if ever, it is appropriate for
states for take coercive - and in particular military - action, against
another state for the purpose of protecting people at risk in that
other state. See:
http://www.dfait-maeci.gc.ca/iciss-ciise/report-en.asp.

(6) Cited in Philip D. Curtin's "Imperialism," p. 319-337. (7) On the
KLA, see Chossudovsky's Kosovo "Freedom Fighters" Financed by Organized
Crime" [http://www.heise.de/tp/r4/artikel/2/2743/1.html]. See also
Znet's extensive Kosovo archives [http://www.zmag.org/ZMag/kosovo.htm].

The author can be reached at afenton @....