(srpskohrvatski / italiano)

1. Articolo di P. Matvejevic

2. P. Matvejevic: »Foibe« su fašistički izum

3. Pismo redakciji O. Daric povodom clanka P. Matvejevica


=== 1 ===

[ Vai alla pagina originale per leggere i talvolta incredibili, ma
comunque significativi commenti:
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3901/1/51/ ]

Predrag Matvejević: le foibe e i crimini che le hanno precedute

15.02.2005 - Il noto scrittore di Mostar, docente all’Università La
Sapienza di Roma, interviene sulla questione delle foibe e del giorno
del ricordo con un articolo pubblicato sul quotidiano fiumano Novi
List. La condanna di tutti i crimini e il rischio delle
strumentalizzazioni. Ringraziamo Matvejević per averci reso disponibile
il suo testo

Di Predrag Matvejević, Novi List [http://www.novilist.hr/ - VEDI SOTTO
per l'originale in serbocroato], 12 febbraio 2005 (titolo originale
"Foibe" su fašistički izum)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Luka Zanoni


Queste righe sono state scritte nel Giorno del ricordo in Italia, 10
febbraio 2005 – quel dispiacere lo condivido con molti cittadini di
questo Paese. I crimini delle fosse e quelli che in esse vi sono
finiti, ciò che le ha precedute e che le ha seguite, l'ho condannato da
tempo - mentre vivevo in Jugoslavia, quando di ciò in Italia si parlava
raramente e non abbastanza. Ho scritto pure sui crimini di Goli Otok,
di cui sono state vittime molti comunisti, Jugoslavi e Italiani che
erano più vicini a Stalin e Togliatti che al "revisionismo" di Tito. Ho
parlato anche della sofferenza degli esiliati italiani dall'Istria e
dalla Dalmazia, dopo la Seconda Guerra mondiale – l'ho fatto in
Jugoslavia, dove probabilmente era più difficile che in Italia. Non so
di preciso quanti scrittori italiani ho presentato, che allora erano
costretti ad andare via e quelli che sono rimasti: Marisa Madieri, Anna
Maria Mori, Nelida Dilani, Diego Zandel, Claudio Ugussi, Giacomo
Scotti, ecc. Non ricordo quanti articoli ho pubblicato sulla stampa
delle minoranza italiana, poco conosciuta in Italia, così da poterla
appoggiare, desiderando che fosse meno sola e meno esposta – e anche
loro mi hanno appoggiato quando decisi di andarmene.

Le fosse, o le foibe come le chiamano gli Italiani, sono un crimine
grave, e coloro che lo hanno commesso si meritano la più dura condanna.
Ma bisogna dire sin da ora che a quel crimine ne sono preceduti degli
altri, forse non minori. Se di ciò si tace, esiste il pericolo che si
strumentalizzino e "il crimine e la condanna" e che vengano manipolati
l'uno o l'altro. Ovviamente, nessun crimine può essere ridotto o
giustificato con un altro. La terribile verità sulle foibe, su cui il
poeta croato Ivan Goran Kovačić ha scritto uno dei poemi più commoventi
del movimento antifascista europeo, ha la sua contestualità storica,
che non dobbiamo trascurare se davvero desideriamo parlare della verità
e se cerchiamo che quella verità confermi e nobiliti i nostri
dispiaceri. Perché le falsificazioni e le omissioni umiliano e
offendono.

La storia ingloriosa iniziò molto prima, non lontano dai luoghi in cui
furono commessi i crimini. Prenderò qualcosa dai documenti che abbiamo
a disposizione: il 20 settembre 1920 Mussolini tiene un discorso a Pola
(non scelse a caso quella città). Annuncia: "Per la creazione del
nostro sogno mediterraneo, è necessario che l'Adriatico (si intende
tutto l'Adriatico, ndr.), che è il nostro golfo, sia in mano nostra; di
fronte alla inferiorità della razza barbarica quale è quella slava". Il
razzismo così entra in scena, seguendo la "pulizia etnica" e il
"trasferimento degli abitanti". Le statistiche che abbiamo a
disposizione fanno riferimento alla cifra approssimativa di 80.000
esuli Croati e Sloveni durante gli anni venti e trenta. Non sono
riuscito a confermare quanti poveri siano stati portati dalla Calabria,
e non so da dove altro, per poterli sostituire. Gli Slavi perdono il
diritto, che avevano prima in Austria, di potersi avvalere della
propria lingua sulla stampa e a scuola, il diritto al predicare in
chiesa, e persino l'iscrizione sulla tomba. Le città e i villaggi
cambiano nome. I cittadini e le famiglie pure. Lo Stato italiano
estesosi dopo il 1918 non tenne in considerazione le minoranze e i loro
diritti, cercò o di denazionalizzarli totalmente o di cacciarli.
Proprio in questo contesto per la prima volta si sente la minaccia
delle foibe. Il ministro fascista dei lavori pubblici Giuseppe Caboldi
Gigli, che si attribuì l'appellativo vittorioso di "Giulio Italico",
scrive nel 1927: "La musa istriana ha chiamato con il nome di foibe
quel luogo degno per la sepoltura di quelli che nella provincia
dell'Istria danneggiano le caratteristiche nazionali (italiane)
dell'Istria" ("Gerarchia", IX, 1927). Lo zelante ministro aggiungerà a
ciò anche dei versi di minacciose poesie, in dialetto: "A Pola xe
arena, Foiba xe a Pizin" ("A Pola c'è l'arena, a Pazina le foibe").
Mutuo questo detto da Giacomo Scotti, scrittore italiano di Rijeka.

Le "foibe" sono, quindi, un'invenzione fascista. Dalla teoria si è
passati velocemente alla prassi. Il quotidiano triestino "Il Piccolo"
(5.XI.2001) riporta la testimonianza dell'ebreo Raffaello Camerini che
era ai lavori forzati in Istria, alla vigilia della capitolazione
dell'Italia, nel luglio 1943: la cosa peggiore che gli successe fu
prendere gli antifascisti uccisi e buttarli nelle fosse istriane, per
poi cospargere i loro corpi con la calce viva. La storia avrebbe poi
aggiunto a ciò ulteriori dati. Uno dei peggiori criminali dei Balcani
fu di sicuro il duce ustascia Ante Pavelić. Jasenovac fu un Auschwitz
in piccolo, con la differenza che in esso si facevano lavori perlopiù
"manualmente", ciò che i nazisti fecero "industrialmente". E le fosse,
ovviamente, furono una parte di tale "strategia". Mi chiedo se anche
uno degli scolari italiani in uno dei suoi sussidiari poteva leggere
che quello stesso Pavelić con le squadre dei suoi seguaci più criminali
per anni godette dell'ospitalità di Mussolini a Lipari, dove ricevette
aiuto e istruzioni dai già allenati "squadristi" fascisti. Quelli che
oggi parlano dei programmi scolastici in Italia e sul luogo delle
foibe, non dovrebbero trascurare di includere anche questi dati. E
anche altro vale la pena di ricordare: il governo di Mussolini aveva
annesso la maggior parte della Slovenia insieme con Lubiana, la
Dalmazia, il Montenegro, una parte della Bosnia Erzegovina, l'intera
Bocca di Cattaro. A quel tempo, tra il 1941 e il 1943, di nuovo, furono
cacciati dall'Istria circa 30.000 Slavi – Croati e Sloveni – e fu
occupata la regione. Le "camicie nere" fasciste portarono a termine
fucilazioni individuali e di massa. Fu falciata un'intera gioventù. I
dati che provengono da fonti jugoslave fanno riferimento a circa
200.000 uccisi, particolarmente sulle coste e sulle isole. La cifra mi
sembra che sia però ingrandita – ma anche se solo un quarto
rispecchiasse la realtà, sarebbe già molto. In Dalmazia gli occupanti
italiani catturarono e fucilarono Rade Končar, uno dei capi del
movimento, il più stretto collaboratore di Tito. In determinate
circostanze hanno pure aiutato il capo dei cetnici serbi in Dalmazia,
il pope Ðuijić, che incendiò i villaggi croati e sgozzò gli abitanti,
vendicandosi con gli ustascia per i massacri che avevano commesso
contro i Serbi. Così da fuori prese impulso pure la guerra civile
interna. A ciò occorre aggiungere l'intera catena dei campi di
concentramento italiani, i più piccoli e i più grandi, dall'isoletta di
Mamula nel profondo sud, davanti a Lopud nelle Elafiti, fino a Pago e
Rab nel golfo del Quarnaro. Erano spesso stazioni di transito per la
mortale risiera di San Sabba di Trieste, e in alcuni casi anche per
Auschwitz o Dachau. I partigiani non furono protetti dalla Convenzione
di Ginevra (in nessun luogo al mondo) così che i prigionieri furono
subito fucilati come cani. Molti terminarono la guerra con gravi
ferite, corporali e morali. Tali erano quelli in grado di commettere
crimini come le foibe.

Non c'è nessun dato in nessun archivio, militare o civile, sulla
direttiva che sarebbe giunta dall'Alto comando partigiano o da Tito: le
unità di cui facevano parte molti di quelli che avevano perso i
familiari, i fratelli, gli amici, commisero dei crimini "di propria
mano". Purtroppo, il fascismo ha lasciato dietro di sé talmente tanto
male che le vendette furono drastiche non solo nei Balcani.
Ricordiamoci del Friuli, nella parte confinante con l'Italia, dove non
c'erano scontri tra nazionalità: i dati parlano di diecimila uccisi
senza tribunale, alla fine della guerra. In Francia ce ne furono oltre
50.000. In Grecia non so quanti.

In Istria e a Kras dalle foibe sono stati esumati fino ad ora 570 corpi
(lo storico triestino Galliano Fogar ne riporta persino un numero
minore, notando che nelle fosse furono gettati anche alcuni soldati
uccisi sui campi di battaglia, non solo Italiani). Oggi possiamo
sentire la propaganda che su svariati media italiani fa riferimento a
"decine di migliaia di infoibati". Secondo lo storico italiano Diego de
Castro nella regione furono uccisi circa 6.000 Italiani. Non serve
aumentare o licitare quel tragico numero, come in questo momento
sembrano fare i giornali italiani, con 30.000 o 50.000 uccisi. Bisogna
rispettare le vittime, non gettare sulle loro ossa altri morti, come
hanno fatto gli "infoibatori".

Per ciò che riguarda invece i luoghi che tutti questi dati occupano
nell'immaginario, non mi sembra che sia benvenuta la propaganda che
come tale è diffusa dal film "Il cuore nel pozzo", che in questi giorni
è stato visto in televisione da circa 10 milioni di Italiani,
pubblicizzato in un modo incredibilmente aggressivo. Nessuna
testimonianza storica parla di una madre che i partigiani portano via
dal figlio e poi la buttano nelle foibe! Questa è un'invenzione
tendenziosa dello sceneggiatore. Il cinema italiano ha una eccellente
tradizione nel neorealismo, una delle più significative di tutta la
moderna cinematografia - non gli servono dei modelli simili al
"realismo sociale", dei film sovietici girati negli anni sessanta del
secolo scorso. E nei preparativi, che in questi giorni sono stati
organizzati, o nelle trasmissioni tv più guardate, sarebbe stato meglio
se ci fosse stato qualche ministro che avesse, rispetto al fascismo, un
diverso passato piuttosto che quelli che abbiamo visto in scena. Ciò
sarebbe servito da modello e autenticità alle testimonianze.

La Jugoslavia non esiste più. Croati, serbi, sloveni e gli altri
nazionalisti si compiacciono quando la destra italiana gli offre nuovi
argomenti per accusare lo Stato che essi stessi hanno lacerato.
(Ricordiamoci che il film è stato girato in Montenegro, nella Bocca di
Cattaro, con un attore serbo che interpreta il ruolo del partigiano
sloveno…) Così di nuovo si feriscono i popoli le cui cicatrici ancora
non sono state medicate. È questo il modo migliore – in particolare se
se allo stesso tempo si nasconde tanto quanto non corrisponde a verità?
Perché, non c'è una qualche via migliore? Il dispiacere che
condividiamo può essere reso in un modo più degno e nobile, la storia
in modo meno mutilato e difettoso? Non è fino a ieri che vicino a
Trieste passava la più aperta frontiera tra l'Oriente e l'Occidente, al
tempo della guerra fredda e della grande prosperità della città di San
Giusto? Gli Italiani e i Croati in Istria, in questi ultimi anni, non
hanno forse trovato un linguaggio comune per opporsi al nazionalismo
tudjmaniano molto più di quanto non sia stato fatto altrove in Croazia?
E alla fine a chi serve questa strumentalizzazione di cui siamo
testimoni?

Non siamo ingenui. Si tratta di una mobilitazione eccezionalmente
riuscita del berlusconismo nello scontro con l'opposizione, con la
sinistra e le sue relazioni col comunismo che, secondo le parole di
Berlusconi, ha sempre e solo portato "miseria, morte e terrore", e
persino anche quando sacrificò 18 milioni di vittime di Russi nella
lotta per la liberazione dell'Europa dal fascismo. Questa campagna
meditata è iniziata 5-6 anni fa, al tempo in cui fu pubblicato "Il
libro nero sul comunismo", distribuito pubblicamente dal premier ai
suoi accoliti. Essa è condotta, pubblicamente e dietro le quinte,
abilmente e sistematicamente. Il suo vero scopo non è nemmeno quello di
accusare e umiliare gli Slavi, ma danneggiare i propri rivali e
diminuire le loro possibilità elettorali. Ma gli Slavi – in questo caso
perlopiù Croati e Sloveni – ne stanno pagando il conto.

Esiste una sorta di "anticomunismo viscerale" che secondo le parole di
un mio amico, il geniale dissidente polacco Adam Michnik, è peggio del
peggiore comunismo. Il sottoscritto forse ne sa qualcosa di più: ha
perso quasi l'intera famiglia paterna nel gulag di Stalin. Ma per
questo non disprezza di meno i fascisti.


=== 2 ===

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Novi List
Izdanje za: Subotu, 12.2.2005

STRAŠNA ISTINA O JAMAMA KOJA KORIJENJE VUČE IZ 1918. GODINE, IMA
POVIJESNU KONTEKSTUALNOST KOJU SE NE SMIJE ZANEMARITI

»Foibe« su fašistički izum

Talijanska država koja se proširila početkom 20. stoljeća nije vodila
računa o manjinama i njihovim pravima, nastojala ih je ili potpuno
denacionalizirati ili istjerati. Upravo u takvu kontekstu čuje se prvi
put prijetnja foibama

Piše književnik Predrag Matvejević za »Corriere della Sera« i »Novi
list«


Ovi su redovi pisani na Dan žalosti u Italiji, 10. veljače 2005. godine
– tu žalost dijelim s mnogim građanima ove zemlje. Zločine jama i one
koji su ih izvršili, ono što im je prethodilo i slijedilo, osuđivao sam
odavno – dok sam još živio u Jugoslaviji, kad se o tome rijetko i
nedovoljno govorilo u Italiji. Pisao sam također o zločinima na Golom
otoku, na kojem je stradalo mnogo komunista, Jugoslavena i Talijana
kojima su bili bliži Staljin i Togliati negoli Titov »revizionizam«.
Govorio sam također o stradanju talijanskih izgnanika iz Istre i
Dalmacije, nakon Drugoga svjetskog rata – činio sam to u Jugoslaviji,
gdje je vjerojatno bilo teže nego u Italiji. Ne znam točno koliko sam
predstavio talijanskih pisaca koji su tada morali otići i onih koji su
ostali: Marisu Madieri, Anna-Mariju Mori, Nelidu Milani, Diega Zandela,
Claudija Ugussija, Giacoma Scottija itd. Ne sjećam se koliko sam
članaka objavio u štampi talijanske manjine, slabo poznate u Italiji,
kako bih je podržao, želeći da bude manje sama i izložena – i oni su
mene podržali kad sam odlučio otići.
    Jame, ili foibe kako ih Talijani zovu, težak su zločin, a oni koji
su ga počinili zaslužuju najtežu osudu. Ali valja odmah reći da su i
tome zločinu prethodili drugi, možda ne manji. Ako se to prešuti,
postoji opasnost da se instrumentaliziraju i »zločin i kazna« te
manipulira jednim ili drugim. Naravno, ni jedan se zločin ne može
umanjiti ili opravdati drugim. Strašna istina o foibama, o kojoj je
hrvatski pjesnik Ivan Goran Kovačić napisao jednu od najpotresnijih
poema evropskoga antifašističkog otpora, ima svoju povijesnu
kontekstualnost, koju ne smijemo zanemariti ako doista želimo govoriti
istinu i ako tražimo da ta istina potvrdi i oplemeni naše žaljenje. Jer
krivotvorenje i izostavljanje ponižavaju i vrijeđaju.
   
Prijeteća pjesmica fašističkog ministra

Neslavna priča započela je mnogo prije, nedaleko od mjesta na kojima su
zločini počinjeni. Posegnut ću stoga za dokumentima kojima raspolažemo:
20 rujna 1920. godine Mussolini drži govor u Puli (nije slučajno
izabrao taj grad). Izjavljuje: »Za ostvarenje našega mediteranskog sna,
potrebno je da Jadran (podrazumijeva se cijeli Jadran, op. P.M.), koji
je naš zaljev, bude u našim rukama; naspram niže, barbarske rase kakva
je slavenska.« Rasizam tako stupa na scenu, praćen »etničkim čišćenjem«
i »preseljenjem stanovništva«. Statistike koje nam stoje na
raspolaganju spominju približnu brojku od 80.000 izgnanih Hrvata i
Slovenaca u toku dvadesetih i tridesetih godina. Nisam uspio utvrditi
koliko je dovedeno sirotinje iz Kalabrije, i ne znam sve otkuda, da ih
zamijene. Slaveni gube pravo, koje su prije toga imali u Austriji, da
se služe svojim jezikom u školi i štampi, pravo na propovijed u crkvi,
pa čak i natpis na groblju. Gradovi i sela mijenjaju imena. Građani i
obitelji također. Talijanska država koja se proširila nakon 1918. nije
vodila računa o manjinama i njihovim pravima, nastojala ih je ili
potpuno denacionalizirati ili istjerati. Upravo u takvu kontekstu čuje
se prvi put prijetnja foibama. Fašistički ministar javnih radova
Giuseppe Caboldi Gigli, koji je sebi namijenio pobjednički naziv
»Giulio Italico«, piše 1927. godine: »Istarska muza nazvala je foibom
mjesto koje je dostojno za pokop onoga tko u pokrajini Istri ugrozi
nacionalne (sc. talijanske) karakteristike Istre« (»Gerarchia, IX,
1927). Revnosni ministar će tome dodati i stihove prijeteće pjesmice, u
dijalektu: »A Pola xe arena, Foiba xe a Pizin« (»U Puli je arena, u
Pazinu foiba«). Preuzimam te navode od Giacoma Scottija, talijanskog
pisca iz Rijeke.
   
Jasenovac – umanjeni Auschwitz

»Foibe« su, dakle, fašistički izum. S teorije prešlo se brzo na praksu.
Tršćanski dnevnik »Il Piccolo« (5. XI. 2001) navodi svjedočenje Židova
Raffaella Camerinija koji je bio na prisilnom radu u Istri, uoči
kapitulacije Italije, u srpnju 1943. godine: najgora stvar koja ga je
zapala bila je dovoziti ubijene antifašiste i bacati ih u istarske jame
te preko njihovih leševa nalijevati živo vapno. Povijest bi tome dodala
još neke podatke. Jedan od najgorih zločinaca na Balkanu bio je sigurno
ustaški duce Ante Pavelić. Jasenovac je bio umanjeni Auschwitz, s tom
razlikom što se u njemu obavljalo posao uglavnom »ručno« ono što su
nacisti činili »industrijski«. I jame su, naravno, bile dio takve
»strategije«. Pitam se je li i jedan talijanski učenik u nekoj svojoj
čitanci mogao pročitati da je taj isti Pavelić s odredima svojih
najkriminalnijih sljedbenika godinama uživao Mussolinijevo
gostoprimstvo na Liparima, gdje su dobivali pomoć i instrukcije već
istreniranih fašističkih »skvadrista«. Oni koji danas govore o školskim
programima u Italiji i o mjestu za foibe u njima, ne bi trebali
propustiti uvrstiti i te podatke. I još nešto valja spomenuti:
Mussolinijeva je vlast anektirala veći dio Slovenije zajedno s
Ljubljanom, Dalmaciju, Crnu Goru, dio Bosne i Hercegovine, cijelu Boku
kotorsku. Tada je ponovo, između 1941. i 1943., oko 30.000 Slavena –
Hrvata i Slovenaca – protjerano iz Istre i okupiranih krajeva.
Fašističke »crne košulje« obavljale su masovna i individualna
strijeljanja. Cijela je jedna mladost pokošena. Podaci koje daju
jugoslavenski izvori spominju oko 200.000 ubijenih, napose na obalnom
prostoru i otocima. Brojka je, čini mi se, ipak uvećana – ali ako samo
njezina četvrtina odgovara stvarnosti, to je već mnogo. U Dalmaciji su
talijanski okupatori uhvatili i strijeljali Radu Končara, jednog od
predvodnika otpora, najbližeg Titova suradnika. U određenim prilikama
oni su pomagali i srpskom četničkom vojvodi u Dalmaciji, popu Đujiću,
koji je palio hrvatska sela i klao njihove stanovnike, osvećujući se
ustašama za pokolje koje su oni radili nad Srbima. Tako je i izvana
potican unutarnji građanski rat. Tome valja dodati cijeli lanac
talijanskih koncentracijskih logora, manjih i većih, od otočića Mamule
na krajnjem jugu, preko Lopuda u Elafitima, do Paga i Raba uz
Kvarnerski zaljev. Oni su često bili prolazne stanice za smrtonosnu
Rižarnu svetoga Sabe u Trstu, a u nekim slučajevima i za Auschwiz ili
Dachau. Partizani nisu bili zaštićeni Ženevskom konvencijom (nigdje u
svijetu) tako da su zarobljenici odmah strijeljani kao psi. Mnogi su
rat završili s teškim ranama, tjelesnim i duševnim. Takvi su bili kadri
počiniti zločine poput foibi.
   
Drastične osvete

Nema nikakvih podataka ni u kakvoj arhivi, vojnoj ili civilnoj, o
direktivi koja bi došla od partizanskog Vrhovnog štaba ili Tita:
jedinice u čijim je sastavima bilo mnogo onih koji su izgubili
obitelji, braću, drugove, činili su zločine »na svoju ruku«. Na žalost,
fašizam je ostavio za sobom toliko zla da su osvete bile drastične ne
samo na Balkanu. Sjetimo se Friullija, u susjednom dijelu Italije, gdje
nije bilo međunacionalnih obračuna: podaci govore o desetak tisuća
ubijenih bez suda, na kraju rata. U Francuskoj ih je bilo više od
50.000. U Grčkoj ne znam koliko.
    U Istri i na Krasu izvađeno je dosad iz fojbi 570 leševa (tršćanski
historičar Galleano Fogar navodi čak nešto manju brojku, s napomenom da
su u jame bacani i neki vojnici ubijeni u okolnim bitkama, ne samo
Talijani). Danas možemo čuti propagandu koja u raznim talijanskim
medijima spominje »desetine tisuća ujamljenih « (infoibati). Prema
talijanskom historičaru Diegu de Castru u regiji je ubijeno oko 6.000
Talijana. Ne treba tu tragičnu brojku uvećavati i licitirati, kao što
to u ovom času čine talijanska glasila, s 30.000 ili 50.000 ubijenih.
Valja poštovati žrtve, ne bacati na njihove kosture druge mrtvace, kao
što su to činili »jamari« (infoibatori).
    Što se pak tiče mjesta koje svi ovi podaci zauzimaju u imaginariju,
ne čini mi se da je dobrodošla propaganda kakvu širi film »Srce u
bunaru« (Il Cuore nel pozzo), koji je ovih dana vidjelo na televiziji
oko 10 milijuna Talijana, reklamiran na neviđeno agresivan način. Ni
jedno povijesno svjedočenje ne govori o majkama koje partizani odvajaju
od djece i zatim bacaju u jame! To je tendenciozna izmišljotina
scenarista. Talijanski film ima izuzetnu tradiciju neorealizma, jednu
od najznačajnijih u modernoj kinematografiji uopće – ne trebaju mu
modeli slični »socrealističkim«, iz sovjetskih filmovima snimanih
šezdesetih godina prošloga stoljeća. A i na priredbama, koje su ovih
dana upriličene, ili pak u najgledanijim TV emisijama, bilo bi bolje da
se našao neki ministar koji ima u odnosu prema fašizmu drukčiju
prošlost nego oni koje smo vidjeli na sceni. To bi pridonijelo ugledu i
vjerodostojnosti svjedočenja.
    »Utrobni anti-komunizam«
    Jugoslavije više nema. Hrvatski, srpski, slovenski i drugi
ultranacionalisti raduju se kad im talijanska desnica pruži nove
argumente da optuže državu koju su sami rastrgali. (Spomenuti je film
snimljen u Crnoj Gori, u Boki, s glumcem Srbinom koji igra slovenskoga
partizana ...) Tako se ponovo ranjavaju narodi čiji ožiljci još nisu
zacijeljeli. Je li to najbolji način – pogotovo ako se istodobno skriva
toliko toga što ne odgovara istini? Zar nema nekog boljeg puta? Može li
se žalost koju dijelimo učiniti dostojanstvenijom i plemenitijom,
historiju manje krnjom i osakaćenom? Nije li do jučer pokraj Trsta
prolazila najotvorenija granica između Istoka i Zapada, u vrijeme
hladnoga rata i velikoga prosperiteta grada svetoga Giusta Pravednika?
Nisu li Talijani i Hrvati u Istri našli ovih posljednjih godina
zajednički jezik da se odupru tuđmanovskom nacionalizmu više nego igdje
drugdje u Hrvatskoj? I kome na kraju krajeva služi instrumentalizacija
kojoj smo svjedoci?
    Nismo naivni. Posrijedi je izuzetno uspjela mobilizacija
berlusconizma u obračunu s opozicijom, s ljevicom i njenim vezama s
komunizmom koji je, prema Berlusconijevim riječima, uvijek vodio samo u
»bijedu, smrt i teror«, pa čak i kad je prinio kao žrtvu 18 milijuna
Rusa u borbi za oslobođenje Evrope od fašizma. Ova je smišljena
kampanja započela prije 5-6 godina, u vrijeme kad je objavljena »Crna
knjiga o komunizmu« koju je premijer javno dijelio svojim
privrženicima. Ona se provodi, javno i iza kulisa, vješto i
sistematično. Njezin pravi cilj i nije, zapravo, optužiti ili poniziti
Slavene, nego nauditi vlastitim oponentima i umanjiti njihove izborne
šanse. Ali Slaveni – u ovom slučaju ponajprije Hrvati i Slovenci –
plaćaju račun.
    Postoji jedna vrsta »utrobnog antikomunizma« koja je, prema
riječima moga prijatelja, genijalnog poljskog disidenta Adama Michnika,
gora od najgoreg komunizma. Potpisani možda zna nešto o tome: izgubio
je gotovo cijelu očevu obitelj u staljinskom gulagu. Ali zbog toga
ništa manje ne prezire fašiste.


=== 3 ===

pismo redakciji O. Daric povodom clanka P. Matvejevica
*Novi List *broj 12/02/2005

Cenjena Redakcijo,

molila bih za rec u povodu teksta G.dina Matvejevica,
koji kaze da su jame "tezak zlocin za najtezu osudu" i "Mnogi su rat
završili s teškim ranama, tjelesnim i duševnim. Takvi su bili kadri
počiniti zločine poput foibi". . Prezvakavanjem fasisticke i
post-fasisticke propagande kojom se brisu granice izmedju zlocina i
kazne, izmedju agresora i zrtve, lako se moze dovesti u zabludu
neobavestena citalacka publika. Matvejevic kaze i da je "Jama" Ivana
Gorana Kovacica "jedna od najpotresnijih poema evropskoga
antifašističkog otpora", ali o tome, na kraju. Matvejevic poducava
citaoca da su Jugoslaviju rastrgli nacionalisti, sto je jos jedna
para-laza notornog mesetara Matvejevica, koji Tudjmana eufemisticki
naziva "nacionalistom". Istina je, medjutim, da je vrhunac u procesu
uspostave ustaskog rezima bila politika genocida koja se temeljila na
teoriji o NDH kao cistom etnickom podrucju Hrvata, gde je trebalo
fizicki iskoreniti sve druge narode, sto se u praksi i sprovodilo
masovnim pokoljem Srba, Jevreja, Cigana .. Verovatno Matvejevic izbegava
da to jasno predoci citaocu zato sto je svojevremeno bio pocasni gost na
ceremoniji beatifikacije ustaskog kasapina, Stepinca. Izbegava takodje
pomenuti 1) da su Hitler i Musolini iz emigracije doveli na vlast ustase
sa A. Pavelicem na celu, 2) da je ustaska propaganda o Hrvatskoj sa
granicom na Drini, toboznjem ostvarenju vekovnih teznji Hrvata i
njihovom oslobadjanju od velikosrpske hegemonije, bila bez oslonca u
sirokim drustvenim slojevima, pa je ustaski rezim morao pribegavati i
"unutrasnjem ciscenju" likvidirajuci hrvatske rodoljube i komuniste.
Precutkuje Matvejevic jos jedan vazan istorijski podatak bez koga
citalac ne moze jasno izostriti sliku i celovito sagledati zlocin. Cini
to, opet, zarad prostora za manipulacije i oportunisticka potkusurivanja
kojima je vican. Evo jos i tog bitnog elementa : Ustaski rezim je
iskljucivo zavisio od okupatorskih sila, zbog cega je sporazumom
jadranska obala ustupljena Italiji a Nemci su ostalo vec sami uzeli pod
svoje. Umesto toga, Matvejevic citaoca zamajava digresijama na racun
soc-realizma u sovjetskoj kinematografiji i "staljinovskih gulaga", a
sve sa ociglednom namerom da ubelezi koji unosan poen kod evropskog
establismenta, sto nece promaci francuskom citaocu koji je do u tancine
izbistrio nacrt ustava Evropske Zajednice uoci skorog referendumskog
izjasnjavanja o istom. Pa kada smo naveli bitno, sto Matvejevic krije
kao zmija noge, i izbacili izlisno, cime nas Matvejevic zamajava,
dolazimo do ciste slike koja ne dopusta zamenu teza i presipanje
zlocina.
Zapravo, u II svetskom ratu u Istri se razvija NOP pod vodjstvom
Komunisticke Partije Hrvatske. Godine 1942. osnivaju se prvi partizanski
odredi, a nakon kapitulacije fasisticke Italije 1943. buknuo je opsti
narodni ustanak kojemu su delom pristupili i italijanski antifasisti.
Ukinuti su svi fasisticki zakoni, nastavljena je borba protiv nemackog
okupatora, na Ucki je osnovana Prva istarska brigada "Vladimir Gortan" a
u Gorskom kotaru jos dve istarske brigade, tako da je ubrzo osnovana 43.
istarska divizija, koja je sudelovala u zavrsnim borbama za oslobodjenje
Istre i Slovenskog primorja. Tu negde Matvejevic
uspeva da udene "tezak zlocin" povodeci se za propagandom revizionista,
negacionista i, opcenito, povampirenog fasizma, kojim je Evropa vesto
rukovala u brisanju Jugoslavije, i ne samo Jugoslavije, nego globalno
posmatrano, sveukupnih tekovina proleterske revolucije.
Matvejevic sevrda: Cas je blizak pobornicima sv. Stepinca i samozvanim
rusiteljima Jugoslavije, a cas Ivanu Goranu Kovacicu i partizanima!
Upleo se kao pile u kucine u zamesateljstvu laza i para-laza. Evo samo
jedne ilustracije, od sjaset mogucih: "Spomenuti je film snimljen u
Crnoj Gori, u Boki, s glumcem Srbinom koji igra slovenskoga partizana"
Svaka cast na krunskom argumentu! Srbin je Sloven a neuki Matvejevic ima
cudan detektor za utvrdjivanje glumcke podobnosti !
Pa da zakljucimo, sa na pocetku citiranim velikodusnim prinosenjem
Evropi na oltar bisera jugoslovenske narodnooslobodilacke epopeje,
"Jame", Ivana Gorana Kovacica, i stihom iz Internacionale koja nije
silazila sa usana, nijednom borcu nigde u Evropi, pa ni u Jugoslaviji.
Navescu tek jedan stih, kao kontrapunkt mesetarenju evropejca Matvejeva.
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Nas varkom lagali su silni,
nek mir je nama, njima boj !
A vojska, saveznik obilni,
Bit ce s nama uz svoga svoj,
Osvajacki tko u rat poziva
Da narod bude drugom rob,
Nek znade : nasa puska ziva
i njemu sprema crni grob !


Olga Daric,
Pariz