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www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 16-02-07

da: www.newworker.org

Lo stesso vecchio capestro per il Kosovo

Nuovo Partito Comunista della Gran Bretagna

New Worker Online, 9/2/2007

La scorsa settimana, sul Kosovo è tornato l’interesse internazionale
in seguito alla pubblicazione della prima stesura di un piano per la
regione, da parte di Martti Ahtisaari, plenipotenziario per le
Nazioni Unite nel Kosovo; per una regione che, anche se dal 1999 è
occupata da contingenti NATO, tecnicamente appartiene ancora alla
Serbia. Non ci sono novità nel piano Ahtisaari, il quale prevede
un’amministrazione autonoma, rappresentanza presso gli organismi
internazionali con proprio inno e bandiera, uno statuto speciale, ma
non la completa indipendenza.

Questo appare come un contentino dato alla Serbia e alla sua residua
minoranza, mentre, favorisce la politica imperialista franco-tedesca,
giacché gli accordi attuali fanno del Kosovo e della Bosnia un
protettorato dell’Unione Europea.

L’annientamento della federazione iugoslava, pianificato dall’asse
imperialista franco-tedesco, è stato realizzato con il supporto di
quello anglo-americano, il tutto nel nome di una fittizia
autodeterminazione, che ha tutelato i diritti di tutte le comunità
presenti, con l’eccezione di quella serba.

I partiti nazionalisti di Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia,
furono incoraggiati a lasciare la federazione, mentre alle
consistenti minoranze serbe fu negato il diritto separarsi o unirsi
alla Serbia. Questo inevitabilmente ha condotto al tragico conflitto
in Bosnia e Kosovo, e la guerra imperialista del 1999, combattuta
contro un moncone dello stato iugoslavo, non ha risolto il problema
delle nazionalità, né portato pace, prosperità, stabilità nei balcani.

Il piano Ahtisaari fornisce alla comunità serba, ormai circa il 10%
della popolazione della regione, tutte le garanzie internazionali e
dell’ONU, ma queste sono soltanto parole prive di sostanza. Basta
pensare quando agli arabo-palestinesi, nel 1948, furono fatte le
stesse promesse, mentre le Nazioni Unite dividevano la Palestina.

L’imperialismo franco-tedesco non si preoccupa dei diritti delle
piccole nazioni, eccetto quando gli conviene. Richiedevano che fosse
concessa la libertà ai kosovari albanesi, ma i soli ad averne
beneficiato, dopo la fine del controllo diretto di Belgrado, sono
stati quelli fortunati abbastanza da chiedere asilo in Gran Bretagna
e nel resto dell’Unione Europea, quando la guerra incominciò.

La regione del Kosovo è una tra le più povere d’Europa e la metà con
oltre un milione di disoccupati. L’economia è mantenuta a galla
attraverso “aiuti” internazionali e le rimesse dall’estero dei
lavoratori kosovari, le quali incidono per il 13 % del reddito
prodotto dalla provincia. L’euro è la moneta ufficiale. Un ruolo c’è
per il Kosovo nell’UE, ma solo come fornitore di mano d’opera a basso
costo. L’imperialismo franco-tedesco in ogni caso ha gli occhi
puntati sul boccone più ghiotto, che è la Serbia stessa.

Il piano Ahtisaari può facilmente arenarsi, poiché la Russia ha
minacciato di porre il veto al Consiglio di Sicurezza nel caso non
fosse avallato dai serbi kosovari e da Belgrado, e tutti i dirigenti
serbi hanno manifestato la loro opposizione ad un progetto che non dà
loro nulla in più di ciò che già avevano.

L’unica soluzione praticabile per l’ex Jugoslavia rimane un equo e
definitivo accordo che coinvolga tutte le repubbliche, incluse Serbia
e Montenegro. Tutte le truppe straniere devono essere ritirate dai
balcani, permettendo così a tutti gli stati della regione di
risolvere i loro problemi senza interferenze. A tutti i profughi deve
essere concesso il diritto di tornare alle loro case, incluse le
decine di migliaia di serbi cacciati da Croazia, Bosnia e Kosovo.

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare