La questione rom, dopo essere stata argomento spesso strumentale di polemica politica, esplode in questi giorni di agosto grazie all'eco della stroncatura europea nei riguardi dell'Italia. L'Italia è infatti accusata dall'Europa di non applicare la "direttiva contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche". E' prima di tutto necessario chiarire alcuni aspetti, intimamente legati a quella che assume le proporzioni di una vera emergenza umanitaria.
I cittadini rom di nazionalità rumena sono a tutti gli effetti cittadini europei, ogni discriminazione nei loro riguardi è doppiamente illecita, oltre che ingiusta. Per quanto riguarda la popolazione di origine jugoslava ed in particolare kosovara essa è vittima delle guerre che si sono succedute in quella martoriata regione.I rom della Jugoslavia e del Kosovo sono sfuggiti alle vendette e alle epurazioni etniche che negli ultimi anni hanno assunto le proporzioni di un moderno progrom.
Oltre al rispetto delle direttive europee, si impone una considerazione seria, oggettiva e non ipocrita sugli esiti della guerra che insaguinò la Jugoslavia nel 1999 e del periodo di destabilizzazione che la precedette anche con la partecipazione di formazioni di tipo terroristico sotto la copertura occidentale. Sul destino di tutte quelle minoranze etniche, come i rom originari del Kosovo, che fino a pochi anni fa e prima dell'avvio delle dinamiche belliche vivevano nei quartieri e nelle città della regione, poco ci si interroga; l'esasperazione e la canea esplodono solo col clamore dell'emergenza portata dal degrado e dall'emarginazione dei cosiddetti campi nomadi delle nostre periferie.
Per alcuni la soluzione sarebbe semplicemente quella di spingerli ancora più fuori, di concentrarli ai margini della città, chi si è spinto addirittura a proporre di sottrarre i figli a chi letteralmente è rimasto senza null'altro. I luoghi comuni del peggiore razzismo sono diventati la bandiera di molte amministrazioni nominalmente di centro sinistra, è il caso di Roma (stigmatizzato in Europa e nel parlamento tedesco come esempio da non seguire) e Pavia, dove ai cittadini rom viene rifiutata l'assistenza sanitaria, sociale e la frequenza scolastica. Di questo popolo si dipinge un ritratto che non è il suo. Chiedetelo, informatevi, i rom della Jugoslavia avevano le loro case prima che gli venissero sottratte con la forza, e nei paesi dell'Est viveno una condizione di integrazione che noi neppure immaginiamo. Bisogna dirlo chiaro: i campi come li conosciamo in Italia non si trovano in altri paesi europei, dove i rom vivono in comuni abitazioni attraverso un sistema di sostegno e nel rispetto delle regole di convivenza. In Italia, ed è un fatto triste per un paese da un passato come il nostro, gli sfollati di quella guerra, che così bene abbiamo dimenticato ma di cui l'Italia è stata partecipe, vivono condizioni di emarginazione e discriminazione messe all'indice non a caso a livello europeo. Questo in un Paese che assieme alla Germania nazista si rese responsabile della concentrazione, deportazione e sterminio di ebrei e rom, questi ultimi non si sono mai interamente ripresi da quella tragedia e dalle interminabili discriminazioni che durano ancor oggi. La persecuzione dei rom prese avvio proprio in Italia nei primi anni della dittatura fascista, seguì poi lo sterminio dei lager nazisti. Le prime leggi razziali in Italia riguardarono proprio i rom e i sinti, solo in seguito vennero allargate ai cittadini di origine ebraica. Nel Kosovo di oggi, protettorato militare e insieme luogo di loschi e incontrastati traffici, queste minoranze, come i rom appunto, non hanno possibilità di sopravvivenza e sono state costrette ad una fuga in massa, un esodo che ha riversato centinaia di migliaia di persone nel resto d'Europa ed in particolare in Italia. Dal Kosovo occupato è stata espulsa anche la piccola componente ebraica, riparata in Serbia ed in Israele.
Quale risarcimento sarebbe dovuto a queste popolazioni, considerato che il nostro Paese fa parte di coloro che presero parte alla guerra del 1999? In questi anni l'Italia, pur controllando militarmente parte del territorio kosovaro con un notevole dispendio di energie e risorse, non è stata in grado e peggio non è intervenuta per tutelare la presenza di queste popolazioni in quei territori. E' mancata totalmente una politica di integrazione e di pace della quale si avverte la necessità, oltre alla violazione di accordi, convenzioni e risoluzioni; non ultima la mancanza totale di previsione per le conseguenze sociali, anche interne al nostro Paese, di quanto avveniva. E questo riguarda in modo bipartizan tanto le forze di destra che la grande maggioranza del centro sinistra. In contrasto con la Costituzione italiana e senza nessun nesso con il nostro interesse nazionale venne autorizzata in modo quasi unanime una brutale aggressione di stampo imperialista alla sovranità di un Paese vicino, di cui ora vediamo le drammatiche conseguenze riversarsi dentro ai nostri confini. Ciò arrecò danno pure a una parte importante dell'economia del Nord Est italiano, storicamente legata all'economia jugoslava. Dopo aver bombardato case, ospedali e infrastrutture civili, dopo aver consegnato il territorio alla furia della malavita organizzata kosovara, quali programmi sociali, che tutela dei tesori storici e artistici, quale difesa delle minoranze, della vita e della cultura di ognuno? La loro tutela era anche parte degli accordi di Kumanovo tra le forze attaccanti e le forze federali jugoslave, ratificato da una risoluzione ONU largamente disattesa. Un fallimento riconosciuto anche da appartenenti ai vertici delle Forze Armate italiane, ma semplicemene ignorato dalla nostrana classe politica. Le forze di occupazione in Kosovo, perché di questo ormai si tratta, hanno preferito assecondare i poteri incoffessabili che stanno dietro all'irredentismo skipettaro e soprattutto agli appetiti militari degli USA, che in Kosovo hanno nel frattempo costruito la più grande base militare presente in Europa e proiettata decisamente verso Est: dalla Serbia si vede bene la Russia di Putin. Oggi la pressione del governo degli Stati Uniti pare imporre, con il sostanziale favore italiano, un'indipendenza formale al Kosovo albanesizzato che toglierebbe definitivamente ogni possibilità di ritorno ad una convivenza democratica paritaria tra tutte le popolazioni della regione, una forzatura secessionista nel territorio europeo molto pericolosa oltre che in contrasto col diritto internazionale.
La questione rom in questa vicenda non è una questione secondaria perché in essa vi sono le ricadute interne della vicenda balkanica e della condotta del nostro Paese rispetto a quella tragedia. Quale iniziativa saprà prendere il governo italiano di fronte a questa vicenda e alla bocciatura europea? La vicenda rom si ricollega dunque alla politica estera e militare del nostro Paese, se il Kosovo albanese sarà "indipendente" non ci sarà possibilità di ritorno per queste popolazioni: il problema è sul tavolo, e deve essere affrontato.
Adriano Ascoli