Democratici xenofobi eccezionali

di Maurizio Donato*

su Contropiano del 16/11/2007

* docente dell'università di Teramo da www.contropiano.org


Il decreto presidenziale del 1 novembre 2007 sull’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza è l’ennesimo provvedimento di emergenza firmato in questi anni da un presidente della repubblica e dal capo del governo con i suoi ministri. La genericità del contenuto del decreto, e quindi il pericoloso arbitrio che ne deriva, è evidente da una semplice lettura del testo: “i motivi di pubblica sicurezza [che giustificherebbero l’allontanamento] sono imperativi quando il cittadino dell’Unione o un suo familiare [sottolineatura mia] abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l’incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l’ordinaria convivenza”. La violazione del divieto di reingresso viene trasformata da contravvenzione in delitto e punita con la reclusione fino a tre anni. La ragione della trasformazione di un disegno di legge in decreto sta nella “straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni volte a consentire l’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza”

I rumeni. I rom.

Ancora una volta, stiamo assistendo alla costruzione di un capro espiatorio utile a placare l’ossessione securitaria alimentata da campagne politiche e di stampa irresponsabili e xenofobe. Da quando la Romania è entrata ufficialmente nell’UE migliaia di romeni sono entrati in Italia. Da quando la Romania è entrata in Europa migliaia di lavoratori rumeni sono minacciati di licenziamento da imprenditori italiani perché il salario rumeno è arrivato a duecento cinquanta euro al mese. Delocalizzano la produzione in Moldavia, adesso, dove si lavora per settantacinque euro al mese, ma anche quaranta. 

E’ la libertà di movimento ad essere messa in discussione, uno dei pilastri del pensiero liberale, una libertà sempre garantita per i capitali, un po’ meno per le merci, solo a condizioni illegali o comunque restrittive per le persone. E qui non si tratta “nemmeno” di “extracomunitari” ma proprio di cittadini europei, evidentemente di serie B. L’Europa non solo fortezza ma pure attraversata al suo interno da nuovi e vecchi confini.

L’Europa ci campa sugli immigrati. Gli industriali e i banchieri in primo luogo, come è ovvio, ma non solo loro. Sul loro lavoro, a partire dai cantieri edili fino ai lavori di cura, sul loro salario inferiore a quello già basso dei lavoratori italiani.

Non fanno paura gli immigrati quando lavorano a bassi salari, fanno comodo.

La paura è un virus che qualcuno sta spargendo a piene mani tra i soggetti e i suoi sintomi si chiamano separazione, atomizzazione, individualismo. La paura del futuro si trasforma facilmente in paura dei propri compagni di classe vissuti come potenziali concorrenti. Diventa mito l’illusione di una mobilità sociale che si riduce a identificazione, ad ammirazione del comportamento e degli stili di vita di ricchi sempre più costretti a loro volta a rinchiudersi in ghetti per sfuggire all’imitazione e all’onda dei barbari che preme ai confini e dentro le cittadelle blindate del benessere per pochi.

Se è vero che il rapporto di un soggetto con il suo Altro e il desiderio di quest’ultimo è determinante per l’ identità del soggetto, si capisce l’insistenza e la pervasività della battaglia ideologica continua per scardinare l’identità di classe di chi vive del proprio lavoro e dislocare altrove il senso di malessere dei soggetti che pur di non reprimere l’odio lo delocalizzano, come accade al loro lavoro. Così la paura diventa odio e violenza, in primo luogo, come sempre nei periodi bui, contro le donne. 

Il salario è sempre meno in grado di assicurare un livello di vita dignitosa alle persone che vivono di lavoro. E’ questo l’elemento materiale di base della paura, ma se questo è vero in Italia, lo è ancor più nei paesi meno ricchi dell’Italia. E sono la maggioranza questi ultimi. Per la prima volta l’attuale generazione dei giovani sta peggio di quella dei propri genitori. Soprattutto, una quota via via maggiore di forza-lavoro è esuberante, inutile, in eccesso rispetto alle esigenze e alle possibilità di valorizzazione del capitale in circolazione. Ergo, questa forza-lavoro in eccesso deve essere svalorizzata e distrutta. Questa la posta in gioco.

E’ colpa dei lavoratori? O è colpa dei romeni? E’ colpa delle pensioni dei nonni? O è diventata una colpa sopravvivere?

È’ dalla profondità della crisi, dall’impossibilità non solo di assicurare ma nemmeno più di promettere (credibilmente) miglioramenti significativi nelle condizioni di vita delle persone, che ha origine lo slittamento dell’informazione e della politica ufficiali verso una deriva al tempo stesso realmente reazionaria e virtuale in cui temi come il lavoro, la guerra, la salute o scompaiono o vengono giocati per attivare processi di identificazione totalmente scollegati dalle dimensioni reali da cui hanno origine e che attivano pulsioni che hanno a che fare piuttosto con l’immaginario, in cui l’elemento culturale e simbolico diventa decisivo. 

Il ciclo drogato terrorismo – panico – falsa rassicurazione è la modalità normale di funzionamento della comunicazione ufficiale che produce la pubblica opinione. Prima ti terrorizzo, ti spavento a morte con i militanti islamici che si fanno esplodere, con l’orrore dei bambini massacrati, con l’aviaria, con i serial killer, con i rumeni. Quando ne hai abbastanza, ho raggiunto l’effetto di farti desiderare una qualsiasi soluzione purché sia d’emergenza, che dovrebbe significare più efficace di quelle normali. Ovviamente la falsa soluzione non sortisce alcun effetto reale proprio perché l’emergenza non esisteva e tu sei portato a chiedere soluzioni ancora più radicali e così via all’infinito in un circuito emergenziale senza fine e soprattutto senza un senso che non sia la sua stessa alimentazione. Droga pesante.

Lo stato di emergenza, l’eccezione, come preferisce Giorgio Agamben[1], tende a presentarsi come il paradigma di governo dominante nella politica contemporanea, finendo per costituire la regola attorno a cui si costruisce il discorso giuridico e si definisce lo stesso orizzonte della comunicazione. 

Uno stato di emergenza permanente rende col tempo evanescente ogni differenza sostanziale tra democrazia e dittatura. Questa nuova versione della democrazia da esportare con le armi non si sa bene dove ha bisogno, per legittimarsi agli occhi dei sudditi, di pretesti continui da invocare a giustificazione dell’ecce­zione e di capri espiatori utili a scaricare le tensioni accumulate nei periodi di alta instabilità sociale. Fino a ieri il pretesto era il terrorismo che minaccia i diritti uma­ni, i capri espiatori erano i militanti islamici, oggi si scatena una irresponsabile e xenofoba campagna contro i rom. Poi sarà la volta, chissà, dei cinesi. O dei marziani.

Ha detto Walter che a un politico che rilascia dichiarazioni contro i romeni bisognerebbe arrestarlo. Ha detto bene Walter. Zenga.