(italiano / english)

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www.resistenze.org - osservatorio - mondo multipolare - 18-12-07 - n. 207

da Strategic Culture Foundation - http://en.fondsk.ru/article.php?id=1108
 
I Clinton ed i Bush: gemelli politici
 
Pyotr Iskenderov*
10/12/2007

 

Recentemente una tendenza riconoscibile è riemersa dentro una parte dell’establishment politico russo: i Democratici degli Stati Uniti che lastricano la loro strada al potere con i cadaveri dei soldati statunitensi uccisi in Iraq sono visti con lo stesso genere di speranza con la quale B. Clinton, “il nostro amico Bill”, era visto negli anni ’90 da liberali russi con credenziali piuttosto oscure. Gente dei circoli politici e di affari vicini a Washington.

 

Costoro sembrano essere pieni di buone intenzioni mentre tentano di stabilire un contatto con le persone “ragionevoli” che probabilmente saranno nella futura Amministrazione Democratica. Tuttavia il problema è che, se si guardano da vicino le cose, la concentrazione di “ragionevolezza” fra i Dem non è più alta che tra le fila dei Repubblicani. E inoltre se ne possono trovare anche di molto più falchi di Bush, Cheney, e Co.

 

Questo è particolarmente chiaro quando si passa agli affari internazionali: disapprovano la sortita militare di G. Bush in Iraq ma sono ansiosi di fare un danno anche maggiore. Un esempio notevole di ciò è l'idea del carismatico Barack Obama di spostare le priorità della guerra al terrorismo dall'Afghanistan al Pakistan e di bombardare intere regioni del paese (che dal 1998 è una potenza nucleare).

 

Nel frattempo, la Senatrice Hillary Clinton ha improvvisamente preso a preoccuparsi dal problema del Kosovo. Si propone di portare a termine il lavoro cominciato dal suo piuttosto promiscuo marito nel 1999, quando, agendo senza un mandato dell’Onu, la Nato attaccò la Jugoslavia e privò praticamente Belgrado di ogni controllo sul Kosovo. Ora Hilary Clinton propone di perpetuare il risultato dell'aggressione e di riconoscere l'indipendenza del Kosovo: “Nel caso in cui Priština dichiari l'indipendenza, io esorterò fermamente gli Stati Uniti a riconoscere quel paese e inviterò l'UE a fare altrettanto”. Facendo commenti sui negoziati in corso all'interno della troika US-UE-Russia, ha detto: “Tenendo presente che la Russia sta minacciando di usare il suo veto per ogni proposta portata di fronte al Consiglio di Sicurezza, dobbiamo essere pronti a sostenere risolutamente la volontà della grande maggioranza delle persone del Kosovo.”

 

Non è un segreto che anche l'attuale Amministrazione degli Stati Uniti sostenga la dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Tuttavia, né il Segretario di Stato C. Rice né il Presidente degli Stati Uniti G. Bush (anche durante la sua visita in Albania) hanno mai espresso l’opinione che l'indipendenza unilateralmente dichiarata debba essere riconosciuta con tale “prontezza”.

 

Ci sono inoltre informazioni che il Dipartimento di Stato gli Stati Uniti stia attualmente tentando, attraverso canali non ufficiali, di convincere gli albanesi a frenare sull’immediata dichiarazione di indipendenza. Questa deve essere la ragione per cui a Priština l'evento è stato procrastinato diverse volte. Mentre solo un paio di mesi fa il Primo Ministro del Kosovo Agim Çeku aveva indicato che l'indipendenza sarebbe stata dichiarata il 28 novembre (‘giorno della bandiera’ albanese), in seguito il leader del Partito Democratico Hashim Thaçi, che il 17 novembre vinse le elezioni in Kosovo, spostò la data a metà dicembre. Ora Agim Çeku dice che la dichiarazione sarà fatta all’inizio del prossimo anno, non più tardi che in marzo. Secondo i media kosovari albanesi almeno fino alla fine di febbraio o l’inizio di marzo non ci si dovrebbe attendere alcuna dichiarazione di indipendenza. Per certo, la tendenza è spiegata dalla pressione di Washington. Sembra che gli Stati Uniti stiano cominciando ad essere preoccupati di assumersi la responsabilità dei passi di Pristina- che verosimilmente porterebbero ad un'altra guerra balcanica- e che in qualche modo cerchino di spostare il carico sull'UE. Di qui l'impazienza della Sig.ra Clinton, che ha fiutato il cambio di filosofia in corso a Washington.

 

Probabilmente nemmeno le critiche dirette dai Democratici alla campagna degli Stati Uniti in Iraq dovrebbero essere prese troppo seriamente. In questi giorni, un buon numero di Dem ha definito ciò un errore ma sono le stesse persone, inclusa la Senatrice H. Clinton, che votarono per autorizzare G. Bush a lanciare il suo attacco discrezionale. Quello che i Democratici addebitano ai Repubblicani non è l'aggressione contro un paese arabo sovrano ma solamente la loro inottemperanza a fornire informazioni adeguate sui termini e i costi dell'operazione e sul livello del potenziale appoggio internazionale a questa.

 

Forse che il radicalismo e l'irresponsabilità dei Democratici sono selettivi e ad ogni modo non concernono la Russia, che sarà trattata come un partner? Forse H. Clinton e B. Obama daranno alla Russia il benvenuto nel WTO; o il Congresso degli Stati Uniti a maggioranza Democratica abolirà finalmente l'emendamento Jackson-Vanik? Forse la Nato accantonerà il suo progetto di espansione e gli Stati Uniti cesseranno l'attività anti-russa nei paesi confinanti con la Russia?

 

Ho fatto queste domande a N. Zlobin, direttore del Progetto Russia ed Eurasia presso l'Istituto della Sicurezza Mondiale con sede a Washington e persona insolitamente bene informata sul lavorio interno alla politica degli Stati Uniti. Lui ha reagito ironicamente all'idea che i Democratici sarebbero partner più facili per la Russia: “Dovremmo essere realisti. Criticando G.Bush per la sua politica estera, praticamente tutti i Democratici citano la Russia come un esempio del suo fallimento. Fanno cadere la responsabilità su Bush se nel corso della sua presidenza il paese con il più vasto territorio del mondo ha smesso di essere democratico ed è regredito all'autoritarismo, al cui ritorno hanno fatto scudo la stretta relazione dei due Presidenti e le loro dichiarazioni con l’effetto della fiducia reciproca e della reciproca ammirazione fra le parti. Quindi la politica di un nuovo Presidente degli Stati Uniti e del Congresso a maggioranza Democratica sarà più aspra con la Russia. L’attuale ed ancor più il prossimo Congresso saranno i centri di tendenze anti-russe per quanto concerne un’intera serie di questioni, come l’ammissione della Russia al WTO, la situazione nello spazio post-sovietico, l’espansione della Nato e specialmente la politica dell’energia del Cremlino”.

 

Questo è déjà vu. I tentativi fatti da alcuni politici russi di trovare “perfetti partner politici” sulle rive del fiume Potomac non sono in alcun modo congeniali agli interessi nazionali della Russia. Non basta ricordare che otto anni fa gli analisti politici di scuola nostrana dicevano che per Mosca sarebbe stato più facile trattare con il Repubblicano G. Bush che con il Democratico Al Gore. L’attuale riorientamento non è una novità nelle avventurose carriere dei voltagabbana. Una grande potenza come la Russia semplicemente non dovrebbe cercare appoggio strategico presso gli statisti sull'altro lato dell'Oceano Atlantico il cui comportamento è totalmente egoista e i cui obiettivi sono dettati da interessi politici o finanziari nazionali.

 

*Petr Akhmedovich Iskenderov, storico e Ricercatore Senior all’Istituto Studi Slavi dell'Accademia delle Scienze Russa.

 

Traduzione dall’inglese Bf per www.resistenze.org


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Strategic Culture Foundation
December 11, 2007

The Clintons and the Bushs – Political Twins

Pyotr Iskenderov


Recently, a recognizable tendency re-emerged within a
part of the Russian political establishment: the US
Democrats paving their way to power with the corpses
of the US soldiers killed in Iraq are viewed with the
same kind of hope as Bill Clinton - "our friend Bill"
- was viewed by Russian liberals with rather murky
credentials in the 1990s. 

Seeking exposure, folks from the political and
business circles frequent Washington. 

They seem to be full of good intentions as they try to
make contact with the "reasonable" people likely to be
in the future Democratic Administration. 

However, the problem is that, if you look at things
closely, the concentration of the "reasonable" among
the Dems is not higher than in the ranks of the
Republicans. And even those who can be found are a lot
more hawkish than Bush, Cheney, and Co. 

This is particularly clear when it comes to world
affairs. 

While disapproving of G. Bush's military escapade in
Iraq, they are eager to make even more trouble. A
notable example of the kind is the charismatic Barack
Obama’s idea of shifting the priorities of the war on
terrorism from Afghanistan to Pakistan and bombing
entire regions of the country (which has been a
nuclear power since 1998). 

In the meantime, Senator Hillary Clinton suddenly got
preoccupied with the Kosovo problem. 

She suggests finalizing the job started by her rather
promiscuous husband in 1999, when, acting without a UN
mandate, NATO attacked Yugoslavia and practically
deprived Belgrade of any control over Kosovo. 

Now, H. Clinton proposes to perpetuate the result of
the aggression and to recognize the independence of
Kosovo: “In the event of Priština declaring
independence, I will firmly urge the U.S. to recognize
that country and I call on the EU to do likewise“. 

Commenting on the negotiations on the issue within the
US-EU-Russia Troika, she said: “Bearing in mind that
Russia is threatening to use its veto for any proposal
brought before the Security Council, we must be ready
to resolutely support the will of the vast majority of
Kosovo people“. 

It is no secret that the current US administration
also supports Kosovo's bid for independence. 

Nevertheless, neither Secretary of State C. Rice nor
US President G. Bush (even during his visit to
Albania) ever expressed the view that the unilaterally
declared independence must be recognized with such
"readiness." 

Moreover, there is information that it is the US
Department of State that is currently trying, via
unofficial channels, to convince Albanians to refrain
from declaring independence immediately. 

This must be the reason why the event has been
postponed in Priština a number of times. 

Whereas just a couple of months ago Kosovo PM Agim
Çeku indicated that independence would be declared on
November 28 (the Albanian Flag Day), later Hashim
Thaçi, the leader of the Democratic Party which won
the November 17 elections in Kosovo, shifted the date
to mid-December. 

Now Agim Çeku says that the declaration is due early
next year, no later than by March. 

According to the Kosovo Albanian media, no
independence declaration should be expected at least
till the end of February or early March. 

For sure, the tendency is explained by Washington's
pressure. It seems that the US is beginning to worry
about taking the responsibility for Priština's steps
that are likely to trigger another Balkan war, and
intends to somehow shift the burden to the EU. Hence
the impatience of Mrs. Clinton who has sensed the
ongoing change of philosophy in Washington. 

Perhaps the criticisms directed by Democrats at the US
campaign in Iraq should not be taken too seriously
either. 

These days, quite a few of the Dems call it a mistake,
but they are the same people, including Senator H.
Clinton, who voted for authorizing G. Bush to launch
the attack at his discretion. 

What the Democrats charge the Republicans with is not
the aggression against a sovereign Arab country, but
only their failure to provide the adequate information
on the operation's terms and costs, and on the
potential level of the international support for it. 

Maybe, the radicalism and the irresponsibility of the
Democrats are selective and somehow do not concern
Russia, which is going to be treated as a partner? 

Maybe, H. Clinton and B. Obama will welcome Russia to
the WTO, or the US congress with a Democratic majority
will finally abolish the Jackson-Vanik amendment?
Maybe NATO will drop its expansion plans, and the US
will cease anti-Russian activity in the countries
neighboring Russia? 

I asked the questions to N. Zlobin, director of the
Russia and Eurasia Project at the Washington-based
World Security Institute and a person exceptionally
knowledgeable about the internal workings of US
politics. 

He reacted ironically to the idea that Democrats would
be easier partners for Russia: 

"We should be realists. Criticizing G. Bush for his
foreign politics, practically all of the Democrats
cite Russia as an example of its failure. 

"They blame it on Bush that during his presidency the
country with the world's largest territory stopped
being democratic and reverted to authoritarianism, the
return being shielded by the close relationship of the
two Presidents, their statements to the effects that
the sides trust each other, and mutual admirations. 

"Therefore, the politics of any new US President and
the Congress with a Democratic majority is going to be
harsher on Russia. The current, and even more so, the
next Congress are going to be the centers of
anti-Russian tendencies in what concerns a whole range
of issues such as admitting Russia to the WTO, the
situation in the post-Soviet space, NATO expansion,
and especially the Kremlin's energy policy." 

That is déjà vu. 

The attempts made by some Russian politicians to find
"perfect political partners" on the banks of the
Potomac River are in no way congenial to Russia's
national interests. 

One can't help recalling how our home-grown political
analysts used to say 8 years ago that it would be
easier for Moscow to deal with the Republican G. Bush
than with the Democrat Al Gore. 

The current reorientation is not the first one in the
eventful careers of the turncoats. 

A great power such as Russia simply should not seek
strategic support from the politicians on the other
side of the Atlantic Ocean whose behavior is entirely
selfish and whose goals are dictated by domestic
political or financial interests. 
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Dr. Petr Akhmedovich Iskenderov is a historian and a
Senior Research Fellow at the Slavonic Studies
Institute of the Russian Academy of Science.