Resoconto riunione gruppo collegamento del Patto permanente contro la guerra

Anticipati i tempi della mobilitazione per il ritiro delle truppe italiane dai fronti di guerra

 

Martedi 5 febbraio si è riunito il gruppo di collegamento del Patto permanente contro la guerra per valutare il calendario delle iniziative messe in cantiere alla luce del nuovo scenario nel nostro paese.
Lo scioglimento delle Camere e la convocazione delle elezioni, ha infatti modificato il calendario del dibattito parlamentare sul decreto di rifinanziamento delle missioni di guerra all’estero.
La discussione sul decreto verrà infatti anticipata rispetto ai tempi originariamente previsti. Una prima discussione in Commissione Difesa è già cominciata oggi stesso (martedì).

 

E’ evidente il tentativo di chiudere subito una decisione “spinosa” che sarebbe stata condizionata politicamente anche dalla mobilitazione del movimento No War già messa in cantiere per sabato 1 marzo. D’altro canto la leadership del Partito Democratico ha già lasciato intendere che non ammetterà defezioni sul voto favorevole al decreto da parte di tutta o parte o singoli parlamentari della sinistra arcobaleno.

 

A questo punto è stato deciso di anticipare e ricalendarizzare la mobilitazione che chiede il ritiro immediato di tutte le truppe italiane impegnate sui fronti di guerra, senza distinzioni. Sul carattere colonialista delle missioni militari italiane all’estero già il resoconto dell’assemblea nazionale del 27 gennaio ha chiarito che non sono accettabili né credibili distinguo sulle missioni.
Il Patto permanente contro la guerra chiede di votare contro il decreto di rifinanziamento in blocco e su questo lancerà un apposito appello nelle prossime ore.

 

La situazione sui fronti di guerra del resto volge al peggio. Le denunce di Peacereporter confermano non solo che le truppe italiane sono impegnate in combattimenti in Afghanistan ma che i soldati italiani si rendono responsabili di vittime anche tra i civili. Nei Balcani la partenza ormai prossima di un nuovo contingente militare italiano nel quadro della Missione Europea (che3 si aggiunge a quelli già presenti da nove anni sul terreno), andrà a tutelare militarmente la secessione del Kosovo così come richiesta dalla ridefinizione della mappa geopolitica della regione auspicata dagli USA e dalle potenze dell’Unione Europee. In Libano la situazione peggiora settimana dopo settimana e i militari della missione Eubam al valico di Rafah vengono pagati mentre “riposano e attendono” sulle spiagge di Askelon (Israele) invece che assicurare l’agibilità del valico alla popolazione palestinese.

 

Il Patto permanente contro la guerra chiama dunque tutte le reti, le associazioni e le organizzazioni protagoniste della mobilitazione di questi mesi (inclusa quella pienamente riuscita dello scorso 26 gennaio) all’iniziativa tempestiva contro il decreto che rifinanzia le missioni militari all’estero.

 

Appena sarà definito con esattezza il calendario del dibattito parlamentare chiamiamo tutti a manifestare sotto, dentro e fuori la Camera e il Senato per stoppare uno dei meccanismi della complicità italiana alla guerra permanente. La mobilitazione sarà probabilmente in mezzo alla settimana e in giorni lavorativi. Alla Camera l'impegno sarà soprattutto delle strutture di Roma, ma per il Senato chiediamo anche alle altre città di prevedere e organizzare per tempo delegazioni più o meno ampie alla manifestazione , soprattutto dalle realtà in cui sono attivi i comitati contro le basi militari (Vicenza, Camp Darby, Sigonella, Ghedi, Novara)
La data del 1 marzo – già in calendario – viene riconfermata come momento di mobilitazione ma riconvertita in un meeting/forum di analisi, confronto, approfondimento sugli “scenari della guerra globale e il ruolo dell’Italia” che fornisca a tutti gli attivisti strumenti di conoscenza, documentazione, dibattito sulle caratteristiche della guerra, della fase storica che stiamo attraversando e sul ruolo che in questa riveste il nostro paese.

 

Infine rammentiamo a tutti la manifestazione del 29 marzo (in occasione della Giornata della Terra) in solidarietà con il popolo palestinese che si terrà a Torino dove è in corso una mobilitazione che durerà fino a maggio (e che prevede nuovi appuntamenti nazionali come il 10 maggio)  in occasione della Fiera del Libro che avrà come ospite d’onore Israele.

 

Infine il Patto permanente contro la guerra afferma con forza la propria solidarietà con gli attivisti No Dal Molin raggiunti dagli avvisi di garanzia per la protesta effettuata alla Prefettura di Vicenza e con gli attivisti No War di Firenze condannati a pene pesantissime per la manifestazione del maggio '99 contro la guerra in Jugoslavia.

 

5 febbraio 2008



On Feb 4, 2008, at 11:24 PM, Coord. Naz. per la Jugoslavia wrote:


4 febbraio 2008 ore 15:53 

Chiti: "Per alleanze Pd decisivo atteggiamento su missioni estere"

Gli alleati del Pd? La prova del nove verrà dal voto sulle missioni militari. Chi non approva il rifinanziamento potrà dirsi escluso da future alleanze. Vannino Chiti, parlando a Sky Tg 24, mette in chiaro il modo in cui i democratici tesseranno i rapporti di alleanza in vista del prossimo turno elettorale. "Il Partito democratico - dice Chiti - ha l'ambizione maggioritaria ma non all'isolamento. Noi definiremo alcune priorità programmatiche come proposta del nostro partito e poi ci confronteremo: con quelli con cui ci troveremo effettivamente d'accordo costruiremo le ragioni di una nuova alleanza", spiega.

Fonte: http://www.repubblica.it/2008/02/dirette/sezioni/politica/crisi-governo-prodi/marini-scelta/index.html


PER UNA RISPOSTA DI MASSA ALLE POLITICHE MILITARISTE DELLA CLASSE DIRIGENTE ITALIANA:



Ritiro immediato dei contingenti militari italiani da tutti i fronti di guerra. 
L'Italia cessi di essere complice della guerra permanente

Appello per una manifestazione nazionale il 1°marzo a Roma

Lanciamo un appello affinché sabato 1 marzo una nuova e grande manifestazione popolare porti in piazza la richiesta del ritiro immediato delle truppe italiane da tutte le aree di guerra e affinché le crescenti spese destinate al settore militare vengano utilizzate per le assai più urgenti esigenze sociali.

Il Consiglio dei Ministri del decaduto governo Prodi, ha reiterato – tra i suoi ultimi atti istituzionali – il decreto che rifinanzia e mantiene le missioni militari italiane in Afghanistan, Balcani, Libano, Africa. Questo decreto dovrà essere approvato in Parlamento. La sua bocciatura metterebbe in seria crisi la partecipazione e la complicità del nostro paese con la guerra permanente in corso dal 2001 in diverse regioni del mondo e che rischia una nuova escalation in aree come i Balcani e l'Iran.

Chiamiamo a scendere in piazze tutte le reti, le associazioni, i soggetti che hanno animato in questi anni il movimento contro la guerra . 
In questi anni abbiamo portato in piazza con coerenza il nostro No alla guerra, senza fare sconti a nessuno, né al governo Berlusconi né al governo Prodi, anche quando quest'ultimo ha potuto godere del sostegno dei gruppi parlamentari dei partiti della sinistra e delle associazioni aderenti alla Tavola della Pace.

La realtà dei fatti ha rivelato che le missioni militari approvate dai governi negli anni scorsi, vedono le truppe italiane impegnate nei combattimenti in Afghanistan ("Operazione Sarissa"), nell'occupazione del territorio libanese a puntello di un governo ostile a metà di quel paese, nella copertura militare alla secessione pilotata del Kosovo che prelude ad una nuova guerra "umanitaria" gestita militarmente anche dall'Unione Europea, nell'opera di gendarmeria contro gli immigrati in Africa (vedi l'accordo Italia-Libia).
Queste missioni operano nel quadro della NATO, dell'ONU o sulla base di accordi multilaterali, ma rivelano sistematicamente il loro carattere bellicista e neocoloniale. Il fatto che le truppe sui fronti di guerra vengano affiancate talvolta da organizzazioni civili finanziate dai governi occupanti e appoggiate ai governi-fantoccio locali, non ne modifica affatto la natura e gli obiettivi strategici. ma contribuisce alla manipolazione mediatica sulle guerre umanitarie coperte da "missioni di pace."

In questi due anni abbiamo visto le spese militari crescere del 24% e l'ampliamento della presenza di basi militari USA e NATO nel nostro paese. E' il caso di Vicenza, dove ben tre manifestazioni nazionali e l'opposizione popolare hanno fatto capire molto chiaramente che la nuova base al Dal Molin non si deve costruire, ma parliamo anche di Camp Darby, Sigonella, Taranto. Abbiamo visto progettare nuovi luoghi di guerra come l'impianto per l'assemblaggio degli F 35 a Novara e l'adesione – quasi segreta – dell'Italia allo Scudo missilistico statunitense o alla cooperazione militare con Israele. Abbiamo verificato che il governo ha mantenuto l'embargo contro la già stremata popolazione palestinese di Gaza o che circa 90 bombe nucleari USA sono ancora stoccate nelle basi di Ghedi ed Aviano.

Noi vogliamo mettere in crisi questa politica militarista che espone il paese a tutte le devastanti conseguenze della guerra e vogliamo renderne difficile l'attuazione in ogni luogo.

L'opposizione alla guerra resta una questione decisiva e dirimente nei movimenti sociali a livello internazionale. Lo ha dimostrato la giornata mondiale del 26 gennaio scorso che ha visto centinaia di manifestazioni No War in tutto il mondo e manifestazioni in dodici città italiane.

Ci sentiamo parte di un vasto movimento internazionale che ripudia la guerra nei paesi che conducono aggressioni e interventi militari contro altri paesi e siamo solidali con le popolazioni che resistono alle occupazioni militari e coloniali.
Ci sentiamo solidali con gli attivisti no war condannati assurdamente e pesantemente dal tribunale di Firenze per una manifestazione del maggio '99 contro la guerra alla Jugoslavia. A nessuno può sfuggire la minaccia alle libertà democratiche e le derive razziste che vengono prodotte da un apparato statale impegnato nella guerra.
 
Noi chiediamo l'immediato ritiro dei contingenti militari italiani dai paesi in cui sono stati inviati, la destinazione a uso sociale dei fondi previsti per le spese militari e la riconversione a uso civile dei luoghi di guerra (basi, caserme, impianti) disseminati nel nostro paese, a cominciare dalle numerose caserme in dismissione che altrimenti diventerebbero preda della speculazione immobiliare.

Vogliamo agire per una radicale inversione di tendenza rispetto alle politiche militariste di tutti i governi degli ultimi anni di centrodestra e centrosinistra e da qualsiasi eventuale futuro governo che voglia proseguire su questa strada.

Chiamiamo alla mobilitazione per sabato 1 marzo con una manifestazione nazionale a Roma che incida sia sulle decisioni del Parlamento che nella società, impedendo la conferma del decreto che rinnova e finanzia le missioni militari italiane all'estero.

Il Patto permanente contro la guerra

(Action, Confederazione Cobas, Disarmiamoli, Global Meeting Network, Mondo senza guerra, Partito Comunista dei Lavoratori, Rappresentanze Sindacali di Base, Red Link, Rete dei comunisti, Semprecontrolaguerra, Sinistra Critica)