Kosovo: la posizione del teorico nonviolento Galtung

1) Il crimine contro i serbi: l’indipendenza del Kosova (febbraio 2008)

2) LA PROPOSTA DI AHTISAARI PER IL KOSOVO: INGIUSTA E DI OSTACOLO ALLA PACE (maggio 2007)


Rammentiamo che i documenti distribuiti attraverso JUGOINFO non rispecchiano necessariamente le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al solo scopo di segnalazione e commento.


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Il crimine contro i serbi: l’indipendenza del Kosova

Johan Galtung

originale: "The Crime against the Serbs: Kosova Independence", 20 febbraio 2008
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis 


Che gli USA fossero i primi a riconoscere questo stato SEPARATISTA c’era da aspettarselo. Da un paese privo di comprensione storica ma pieno di solido egocentrismo da oleodotti, con una base militare enorme, Camp Bondsteel, a Urosevac presso Pristina, come parte dell’accerchiamento di Russia e Cina, così militarista da non poter sostenere la nonviolenza di Rugova ma da dover armare il corpo paramilitare UCK (ELK, Esercito di Liberazione del Kosova) e muovere una guerra illegale alla Serbia nel 1999 usando a questo scopo la loro NATO per far valere la violenza come argomento ultimativo. – tutto questo, di nuovo, era da aspettarselo. E un impero in declino diventa anche più violento e stupido. Il suo presidente attuale fa la sua parte, resta da vedere cosa succederà ancora.
Ma che gran parte dell’UE e qualcun altro stravolgessero il diritto internazionale, aggirando le Nazioni Unite con trucchi escogitati da un ex-presidente finlandese e un primo ministro svedese era inaspettato, non necessario e privo di intelligenza. Ci toccherà convivere per generazioni, per secoli, con il problema così creato. Perché?
Perché lo hanno già fatto. Uno stato diventa membro della comunità internazionale non con il riconoscimento USA – sebbene qualcuno lo preferirebbe – né dell’Assemblea Generale ONU, bensì del Consiglio di Sicurezza ONU. L’Assemblea Generale adottò il piano di divisione della Palestina in una parte araba e una ebraica; Israele dichiarò l’indipendenza, scacciò 710.000 palestinesi – la Nakba, l’orrore – vinse la guerra contro gli stati arabi, ottenendo così un riconoscimento di fatto, grossolanamente sostenuto dalla cattiva coscienza europea e dal desiderio anti-semita di esportare “il problema ebraico” dall’Europa al Medio Oriente.
Allora, che altro hanno in comune Kosova e Israele? Parecchio. L’Europa ospita una cristianità divisa da una pesante dialettica fra le tre confessioni cristiane, con ebraismo e islamismo lasciati al margine. Lo scisma fra cattolici e ortodossi avvenne nel 1054 (con papa Leone IX), come riflesso della divisione dell’Impero Romano nel 395; l’opposizione cattolicesimo- islamismo si verificò nel 1095 con la dichiarazione delle Crociate (papa Urbano II) contro i musulmani, e uccidendo altresì ortodossi (serbi) ed ebrei strada facendo; la divisione fra cattolicesimo e cinque protestantesimi culminò nel 1517 (Martin Lutero); il fronte permanente contro gli ebrei culminò durante la seconda guerra mondiale, a partire da un centro nella Germania nazista al quale si unì gran parte dell’Europa. Un brutto continente.
Le crociate “liberarono” Gerusalemme nel 1099, non per condividerla con gli ebrei fuggiti dopo la distruzione del Tempio nel 70, ma come meta per uno dei due loro più sacri pellegrinaggi (insieme a Santiago de Compostela). Gli israeliani “liberarono” Gerusalemme nel 1967, non per condividerla con i musulmani delle sue parti occidentale e orientale dove si trova la terza moschea più importante (dopo Mecca e Medina), ma per se stessi. E gli albanesi “liberarono” il Kosova non per condividerlo con i serbi ma per se stessi.
Così gli ebrei persero Gerusalemme, i musulmani persero Gerusalemme, e i serbi persero la loro Gerusalemme, i luoghi sacri culla della propria nazione, in Kosovo. E gli ebrei dissero “l’anno prossimo a Gerusalemme”, e i musulmani – non solo i palestinesi – continuano a combattere per la loro Gerusalemme, e i serbi continueranno per la propria, in Kosovo – con la o, non la a all’albanese. Per quanto? Finché vi ritorneranno, per generazioni, per secoli.
Impossessatevi di un territorio qualsiasi e forse ve la caverete. Impossessatevi di un’area sacra e seminerete una ribellione profonda che vi può travolgere. 
Continuiamo a vedere la replica dello scisma del 1054, perfino entro l’ UE. Si risveglia l’Arco Ortodosso, da Mosca-Minsk attraverso mezza Ucraina via Romania-Bulgaria e Serbia, girando a sud attraverso parti di Montenegro-Macedonia, sin giù a Grecia-Cipro, tutti quanti in crescente protesta (con la Spagna che si unisce loro per sue ragioni specifiche). E c’è ben di più in arrivo: se Israele e il Kosova, pur strappando il cuore di altre nazioni, se la cavano sfidando il diritto internazionale, allora altri, pur senza osare calpestare la terra sacra altrui ma con la prospettiva di uno o due veti, si stanno già facendo avanti.
Non che il diritto internazionale sia perfetto. Il veto, sia esso esercitato da Russia e Cina per proteggere la Serbia o dagli USA (34 volte) per proteggere Israele, o da qualunque degli altri “grandi” ivi comprese le piuttosto modeste Gran Bretagna e Francia, è una vergogna. Ma non è per questo che sovvertono il diritto. Il veto è, al momento, legge internazionale, ma nel caso del Kosovo quello non è il loro veto.
L’illegittima paralizzazione dell’ONU da parte USA-UE non rende illegittima l’indipendenza del Kosova, in quanto espressione di auto-determinazione. Ma ci può essere una via d’uscita, per quanto problematica: indipendenza di un Kosova federale, con amplissima autonomia per, grosso modo, tre cantoni serbi, una parziale autonomia per altre nazionalità, prevalentemente per gli albanesi; il tutto inserito in una confederazione ampliabile di Serbia e Kosova; con libero flusso di persone, idee e prodotti ovunque.
Oggi la Serbia respinge l’indipendenza e gli albanesi la federazione. Dopodomani, dopo varie sessioni negoziali, essi potrebbero considerare qualcosa del genere come un male di gran lunga minore.
Ma questa non era la strada percorribile da paesi con grossi interessi, che pensano che il potere sia diritto. Vergogna per loro!


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LA PROPOSTA DI AHTISAARI PER IL KOSOVO:

INGIUSTA E DI OSTACOLO ALLA PACE

Di Johan Galtung – Hakan Wiberg – Jan Oberg


Sin dal mese di febbraio (2007) questo articolo è stato diffuso a parecchi quotidiani ma è stato stampato solo dallo svedese Aftonbladet e dal danese Jyllands Posten

E’ stato proposto a ciascuno dei seguenti giornali che o non hanno risposto – per la maggior parte – o hanno declinato la proposta: The Guardian (Interventi liberi e servizi speciali), the Wall Street Journal (quale risposta a una lettera a favore dell’indipendenza del Kosovo), The Sunday Teleghaph, The Washington Post, New York Times, International Herald Tribune, Politiken e Berlingske Tidende (Danimarca), Dagens Nyheter (Svezia).

Quale pensate possa essere la ragione per la quale nessuno di questi giornali, che si sono distinti per la loro indipendenza, ha mostrato il minimo interesse per esso?

a)     E’ scritto male.

b)    Gli autori non sanno quello di cui parlano.

c)     Gli autori pensano ci siano altre soluzioni oltre a quella suggerita da potenti governi occidentali, inclusi quelli che hanno bombardato la Serbia e il Kosovo nel 1999.

d)    Gli editori dei giornali non pensano che il problema del Kosovo sia o possa diventare rilevante.

e)     L’articolo critica la copertura data dai media a questo conflitto.

f)     Gli editori sono sovraccaricati di proposte e leggono solo alcuni degli articoli che vengono loro proposti, spesso quelli di persone in vista, potenti e conosciute.

g)     Se questo punto di vista iniziasse a diffondersi, le persone potrebbero iniziare a chiedere se il bombardamento della Nato sia stata la cosa giusta da fare.

h)    Tutti sanno che il caso del Kosovo è unico nella politica mondiale. Non ci sono alternative alla sua indipendenza e, così, non c’è nulla che meriti realmente di essere discusso.

i)      Non viene detto nulla che non sia già stato detto in migliaia di articoli sul Kosovo.

j)      Altre ragioni?

Noi accogliamo volentieri il vostro punto di vista, non solo a proposito dell’articolo ma anche su come pensate che i media si occupino di conflitto, guerra e pace.

 

11 maggio 2007

Il mondo occidentale ha una stampa libera, e una stampa libera può presentare diversi punti di vista. Perché allora la storia del Kosovo è stata è stata rappresentata così uniformemente negli ultimi  15 anni? E perché la proposta di mediazione di Martti Ahtisaari per lo status futuro del Kosovo – e la copertura mediatica data ad essa – è così parziale e non obiettiva?

Un resoconto imparziale dovrebbe includere la prospettiva dei Serbi, dei Rom e delle altre minoranze presenti in Kososvo, non soltanto quella della maggioranza albanese.

E’ certamente vero che la Serbia, sotto Milosevic, represse duramene gli Albanesi del Kosovo. L’altro lato della medaglia è che questi (gli Albanesi del Kosovo – ndt) furono estremamente propensi a una visione nazionalista e secessionista sin dalla loro collaborazione con Mussolini. Quando, nel 1974, Tito diede loro probabilmente la maggiore autonomia di cui qualsiasi minoranza abbia goduto, essa fu vista da molti Serbi come una politica anti – serba, poiché ricompensava la ribellione (degli Albanesi - ndt) avvenuta lo stesso anno. Inoltre, è certamente nobile prendersi cura dei diritti delle minoranze ma la comunità internazionale non si è mai interessata allo stesso modo di analoghe repressioni sui civili serbi in Croazia, Bosnia e Kosovo.

E’ indubbiamente vero che la Serbia ha avuto un potere militarizzato e poliziesco. Ma i resoconti costantemente omettono che la piuttosto riuscita lotta nonviolenta degli Albanesi del Kosovo fu annientata da USA e Germania quando, dal 1993, essi hanno clandestinamente cominciato ad armare gli estremisti albanesi del Kosovo e creato l’UCK (Ushtria Clirimtare E Kosoves o anche KLA – Kosovo Liberation Army), alle spalle del leader del movimento nonviolento Ibrahim Rugova.

E’ sicuramente ragionevole che i governanti serbi debbano essere processati come possibili criminali di guerra. Ma i resoconti costantemente omettono che l’attuale Primo Ministro del Kosovo, Agim Ceku, fu il comandante dell’esercito Croato durante l’operazione della Sacca di Medak nel 1993, dove ogni essere umano vivente e ogni animale fu ucciso; che come tale egli partecipò  alle operazioni con le quali 200.000 cittadini Serbi della Croazia furono scacciati nel 1995.

Ceku fu un leader dell’UCK e la Nato non ha disarmato l’UCK. Il mondo ha voltato i già ciechi occhi da un’altra parte quando 200.000 serbi del Kosovo sono stati espulsi; poi l’UCK provocò una situazione di violenza nel Sud della Serbia e la guerra in Macedonia.

E’ indubbiamente vero che qualcosa come 800.000 Albanesi fuggirono dal Kosovo nel 1999. Essi lo fecero perché a) imperversava la guerra tra le truppe serbe e quelle dell’UCK con i suoi 20.000 ben armati combattenti; b) le armate serbe li mandarono via;  C) le bombe della Nato caddero per 78 giorni. La prova che supportava le argomentazioni di Bill Clinton a giustificazione dei bombardamenti – che Milosevic avesse un piano, simile a quelli di Hitler, per espellere 1,5 milioni di Albanesi, non è mai stata prodotta. La maggior parte dei media amplificarono questa manipolazione psicologica in favore della guerra.

Gli albanesi del Kosovo sono tornati indietro. I serbi no. Così per l’Europa il problema maggiore rispetto ai rifugiati è con la Serbia. E’ un fiasco di proporzioni himalaiane e una sconfitta morale per le Nazioni unite, l’Unione Europea, la Nato e l’Osce – gli attuali governatori del Kosovo – che essi abbiano fallito nel creare le condizioni  per consentire il giusto ritorno dei Serbi, dei Rom  e delle altre minoranze.

E’ sicuramente vero che gli albanesi del Kosovo hanno sofferto. Ma sostenere che questa sofferenza significa a) che la Serbia ha perso la sua sovranità sulla provincia per sempre (una sovranità sottolineata nella Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) e b) che il Kosovo deve quindi divenire il secondo stato Albanese indipendente in Europa è di una eccezionalità pericolosa. Che cosa si deve dire allora  a proposito della sofferenza in Tibet, Cecenia, Kurdistan, Palestina, Abkhazia, Ossezia del Sud, Tamil Eelam, nella provincia basca, nell’Irlanda del Nord, nella parte Nord di Cipro, o in Serbia?

Sono tutti destinati a divenire indipendenti passando attraverso i bombardamenti della Nato e la successiva “magica” mediazione di Ahtisaari?

E’ particolarmente bizzarro il caso della Serbia. Nel 2000 i cittadini della Serbia multietnica deposero in modo nonviolento Milosevic, il loro leader durante la guerra. Croati, Musulmani e Albanesi ancora celebrano i loro. Gli attuali leader del Kosovo erano i leader durante la guerra, e noi dobbiamo essere assolutamente sicuri che essi non siano né criminali di guerra  né mafiosi prima di premiarli con uno stato indipendente.

La proposta di Athisaari è stata commissionata da poteri politici privi di capacità professionali di mediazione e di risoluzione dei conflitti. E’ il risultato di lungo periodo di alcuni fatti: che la comunità internazionale non ha mai compreso la complessità della Yugoslavia, che non ha facilitato una soluzione negoziata nei primi anni ’90, quando una soluzione era possibile, che non ha mai utilizzato gli stessi principi per risolvere gli stessi problemi e che ha creduto che la pace potesse emergere ignorando una delle parti in conflitto, bombardando un territorio conteso in modo inaudito ed occupandolo.

Gli avvocati dell’indipendenza del Kosovo avrebbero dovuto usare creatività ed empatia.

Immaginare che Athisaari potesse offrire alla Serbia cose come una compensazione economica per i bombardamenti e le sanzioni patite, un pagamento per poter accettare un Kosovo al di fuori del patrimonio della Serbia, affittato per dare spazio alla gigantesca base americana Bondsteel e con pattuglie di confine serbo – albanesi.

Immaginare che egli potesse suggerire delle negoziazioni circa l’autonomia interna del Kosovo rispetto alle altre regioni della Serbia più a nord, e aperto una via veloce di adesione della Serbia e del Kosovo alla UE.

Immaginare che egli negasse ai leader di guerra oggi presenti in Kosovo l’enorme nuovo esercito che essi vogliono; che destabilizzerà la regione e minaccerà la Serbia e gli altri paesi confinanti.

Prima di incolpare i Serbi e la Serbia per le proteste per il piano di Anthisaari e della politica occidentale, trovate uno stato sovrano i cui leader del tempo di pace non protesterebbero per tale arroganza. Il piano di Anthisaari è ingiusto, non intellettualmente accettabile e non praticabile. In quanto strumento al servizio degli interessi di una miope politica occidentale, esso creerà instabilità, miseria e, molto facilmente, violenza.

 

Gli autori sono soci Transnational  Foundation for Peace and Future Research, TFF, in Svezia.  www.transnational.org.  Ognuno di essi ha seguito gli sviluppi, e periodicamente operato nei conflitti nella ex Yugoslavia per più di 30 anni.