Il testo che segue è un estratto da: "Strani Casi Di Morte A Trieste"
di Claudia Cernigoi, Dossier n.25 a cura de La Nuova Alabarda, 2007
Sui legami tra indipendentismo croato e nazisti esuli in Argentina si veda anche:
IL DOPPIO SUICIDIO DI BARILOCHE
(La ricostruzione che segue è tratta dagli articoli apparsi sul “Piccolo” nel gennaio 1996: “Si suicidano in Argentina” di C. Barbacini; “Troppi i misteri dietro i due suicidi”, sigla c.b.; “Conferma: suicidati con il gas”, C. Barbacini; “Doppio suicidio, indagini locali”, sigla c.b.; e da “I misteri del croato”, di A. Tagliacarne e F. Longo su “Cuore”, 27/1/06)
Nel settembre del 1995 una giornalista triestina, Francesca Longo, intervistò per conto del quotidiano “Liberazione” (organo di Rifondazione comunista), a proposito della situazione della Croazia alla vigilia delle elezioni presidenziali che portarono nuovamente al potere Franjo Tudjman, il ventinovenne Valdi Veselica, croato originario della cittadina istriana di Umago, che viveva da qualche tempo a Trieste.
Così si espresse Veselica: “Mio padre è abituato a tacere (...) si è iscritto all’Hdz (il partito di governo, ndr) per trovare lavoro. Io ho preferito emigrare. Ho fatto le scuole sotto Tito, sono cresciuto con croati, italiani, serbi, bosniaci, sloveni senza alcun problema. Non ci mancava nulla, eravamo tutti fieri di essere cittadini jugoslavi. Ho fatto anche il servizio militare nell’armata (...) sono nato jugoslavo e tale resterò”.
Assieme a Valdi era emigrata a Trieste anche la sua compagna ventiquattrenne Barbara Razman, croata di nazionalità italiana. I due si erano stabiliti nella località di Opicina, frazione di Trieste, dove vivevano in una piccola casetta presa in affitto più o meno all’epoca dell’intervista con la giornalista di “Liberazione”; avevano lavorato, secondo la stampa, lui come cameriere in un ristorante e lei come pulitrice, ma avevano abbandonato queste attività nell’ottobre del 1995 per aprire una società di commercio di tartufi, aragoste, funghi, datteri di mare. Ai primi di dicembre Barbara fu fermata dalla Guardia di Finanza, che le trovò nell’auto 20 chili di tartufi non dichiarati, fatto che le costò una denuncia per contrabbando ed una multa di 20 milioni di lire.
Fin qui nulla di strano. Ma il 14 dicembre 1995 una loro cugina andò dai carabinieri a denunciare che, dopo avere incontrato i due giovani a casa loro il 6 dicembre, non era più riuscita a contattarli: da una settimana non rispondevano al telefono. Un sopralluogo nella casetta verificò che Valdi e Barbara erano spariti nel nulla. “Hanno lasciato i piatti ancora sporchi nel lavello (...) sul tavolo in cucina hanno dimenticato anche il telefono cellulare. Sono saliti sulla loro macchina, una Croma di colore blu targata Treviso e si sono portati via un borsone dove presumibilmente hanno riposto qualche capo di biancheria prima di andarsene per sempre”.
Un vicino di casa disse: “all’inizio di dicembre mi hanno detto che si sarebbero assentati per un paio di giorni ma che sarebbero tornati per sfruttare il momento favorevole alle vendite”.
I corpi senza vita dei due giovani furono invece ritrovati il 30 dicembre in un’auto Fiat 147 presa a noleggio, uccisi dai gas di scarico, nei pressi della cittadina argentina di San Carlos de Bariloche, “nella zona di Colonia Suiza Est, chilometro 25 tra Camino e Bahia Lopez”, praticamente dall’altra parte del mondo rispetto a Trieste. Gli inquirenti argentini ipotizzarono un suicidio “asfissiati a causa del monossido di carbonio con un tubo di gomma collegato con lo scappamento”, ma non fu trovato loro addosso alcun biglietto di spiegazioni, né alcuna lettera, “solo i tagliandi del volo Genova-Buenos Ayres, i passaporti e pochi dollari nelle loro tasche”.
Erano arrivati in Argentina l’11 dicembre ed avevano preso alloggio a Bariloche all’hotel Lagos de la Patagonia.
Un “investigatore” dichiarò alla stampa: “Non abbiamo elementi concreti ma il sospetto è che qualcuno si sia offerto di farli scappare da Trieste in Argentina e che poi li abbia scaricati”.
Il p.m. Giorgio Nicoli incaricò delle indagini i carabinieri, ma “dal rapporto della polizia argentina risulta che non sia stata effettuata l’autopsia sui due cadaveri e che il magistrato argentino si sia accontentato di un esame esterno delle salme”. Le giornaliste Longo e Tagliacarne riportarono su “Cuore” le dichiarazioni dell’ex dirigente della Squadra mobile di Trieste, Carlo Lorito e quelle del p.m. Nicoli. Il primo avrebbe detto: “dal plutonio ai serpenti, dalle armi di qualsiasi genere all’eroina e all’hashish, dai datteri di mare alla cocaina, sono poche le mercanzie illegali che non passano per questo confine”. Il dottor Nicoli invece avrebbe dichiarato: “per ora il fascicolo è esile e siamo in attesa del rientro delle salme (...) ci può essere di tutto: possono avere avuto una proposta di lavoro non mantenuta e finita tragicamente. O magari si proverà che (...) c’è stata istigazione al suicidio. Oppure, viste le modalità, scopriremo una traccia che porta ai servizi segreti croati. Ma questo non lo scriva”. Come si vede, le giornaliste scrissero anche quello che il magistrato non voleva fosse reso pubblico, pur precisando che non voleva fosse scritto.
All’epoca di questi articoli (fine gennaio) si era dunque in attesa del rimpatrio dei corpi, ma dopo pochi giorni la notizia sparì dalle pagine dei giornali e non sappiamo se le autopsie siano state fatte, se la magistratura croata fece delle indagini né a quali conclusioni sia giunta quella italiana.
Una storia tragica ed anche piena di misteri.
Cosa portò i due giovani, che sicuramente non navigavano nell’oro, a mollare tutto, da un giorno all’altro per prendere un aereo e partire per l’Argentina? Perché avrebbero dovuto accettare la proposta di qualcuno di “farli scappare” (scappare da cosa o da chi?), e perché proprio in Argentina, perché proprio in un posto come Bariloche, una cittadina della quale la maggior parte della gente non conosce neppure l’esistenza?
Di Bariloche, località turistica nota in Sudamerica per la splendida foresta pietrificata che la circonda, parla la scrittrice Isabel Allende nel suo struggente “D’amore e d’ombra”: posta al confine tra Cile e Argentina, i laghi che costeggiano il confine erano attraversati dagli esuli cileni che fuggivano dalla dittatura prima che i militari prendessero il potere anche in Argentina. Bariloche è una cittadina graziosissima, che sembra trapiantata dalle Alpi germaniche agli antipodi del mondo, una cittadina la cui esistenza è divenuta nota al grande pubblico solo negli ultimi anni perché vi fu arrestato Erich Priebke (e per coincidenza proprio il 25/11/95, poco prima della repentina partenza di Valdi e Barbara). A Bariloche si insediarono nel dopoguerra moltissimi nazisti in fuga dall’Europa e giunti in Argentina con le cosiddette ratlines, che videro la collaborazione di strutture vaticane, neonaziste e dei servizi segreti “occidentali”, con la protezione dell’allora presidente Peròn. Ma non furono solo tedeschi a trovare rifugio in Argentina, c’erano anche fascisti italiani ed ustascia fuggiti dalla Croazia: e, tanto per parlare di coincidenze, ricordiamo che anche attraverso Trieste passava una delle linee di fuga dei nazisti (nel terzo capitolo del libro “Ratlines” (M. Arons e J. Loftus, “Ratlines”, Newton Compton, 1993), dove viene narrata la fuga da Roma del nazista ungherese Ferenc Vajta, leggiamo che all’epoca si ritenne che il rilascio fosse stato “congegnato” dal triestino Fausto Pecorari, segretario generale della Democrazia cristiana ed anche vicepresidente democristiano dell’Assemblea costituente).
Continuiamo con le coincidenze. Dall’8 gennaio 1996 a qualche giorno dopo, un immane incendio ha distrutto quattromila ettari di foresta nel parco nazionale vicino a Bariloche: lo abbiamo letto in due brevissimi trafiletti pubblicati all’epoca su “Liberazione”.
Vi sono poi altre cose che collegano l’Argentina con la Croazia. Ad esempio la notizia (luglio 1997) della messa sotto inchiesta del ministro della difesa argentina Oscar Camillòn per presunta vendita illegale di armi alla Croazia e all’Ecuador (“Ministro della difesa argentina sotto accusa”, su “Liberazione” 17/7/96).
In un testo di Michele Gambino e Luigi Grimaldi leggiamo: “il porto del cementificio di Umago, in Istria: nessuno lo ammette apertamente, ma da quando è iniziata la guerra, embargo o no (...) molte navi sbarcano carichi misteriosi (...) si tratta di mercantili battenti bandiera argentina (...) secondo gli esperti internazionali del commercio delle armi l’Argentina, assieme al Brasile, è uno dei principali esportatori mondiali di armi e attrezzature militari, a questo proposito, a partire dal 1992, alcuni osservatori hanno segnalato la comparsa, tra gli armamenti in dotazione alle milizie croate, del fucile mitragliatore Fal di produzione belga o, su licenza, argentina” (M. Gambino e L. Grimaldi, “Traffico d’armi”, Editori Riuniti 1995, p. 92, 93).
Il porto del cementificio di Umago: cioè la cittadina dalla quale provenivano Valdi e Barbara. Coincidenze?