(nei prossimi giorni saranno da noi diffusi  ulteriori report e videosintesi delle iniziative tenute a Vicenza e Belgrado nel decennale della barbara aggressione della NATO contro la RF di Jugoslavia)


---

Report sul meeting internazionale “TARGET" svoltosi Sabato 21 e Domenica 22 marzo ‘09 

www.disarmiamoli.org

Sabato 21 e Domenica 22 marzo si è svolto a Vicenza il meeting internazionale “TARGET”, promosso e organizzato da CNJ-onlus (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia), e Rete Disarmiamoli, sindacato di base RdB-CUB, Forum di Belgrado, Retesemprecontrolaguerra, in occasione del 10° anniversario dei bombardamenti NATO sulla Repubblica Federale della Jugoslavia.

La grande e qualificata partecipazione, nonché il livello delle relazioni e dei contributi al dibattito hanno ripagato ampiamente le fatiche di chi si è dedicato per mesi a costruire questa iniziativa, unica in Europa oltre a quella che si è svolta a Belgrado.

L’incontro di Vicenza infatti non si è limitato a ricostruire la corretta interpretazione storica delle cause, delle responsabilità, delle modalità e delle conseguenze di quella che fu chiamata, con un tragico ossimoro “guerra umanitaria”, dove i massacri delle stesse popolazioni “da liberare” furono tali che perfino i media asserviti alla NATO ebbero difficoltà a farli passare come “effetti collaterali”.
Il meeting ha affrontato tutte le tematiche connesse con la “guerra globale” per la spartizione del dominio imperialista nel mondo dopo il crollo del cosiddetto “blocco sovietico”, di cui lo smembramento della Jugoslavia plurinazionale e socialista fu il primo, ed il più drammatico, episodio nel cuore stesso dell’Europa.

La Propaganda di guerra (titolo della Ia sessione, con interventi di A. Martocchia, G. Chiesa, J. Elsaesser) è appunto quella con cui i manipolatori della cosiddetta “opinione pubblica” per conto delle potenze occidentali “legittimano” le nuove campagne di conquista neocoloniale: Le Nuove Crociate, la cui analisi è stata affrontata nella IIa sessione (A.Catone, D.Johnstone), chiarendo i rapporti fra crisi economica e politiche militari, che spiegano il passaggio dal wellfare (stato sociale) al warfare (stato di guerra), nel sistema capitalistico maturo, in cui la classe dirigente italiana è inserita integralmente, nonostante le residue illusioni di qualche ingenuo. (Sul tema L. Vasapollo ha inviato un contributo scritto, mentre in video M. Dinucci ha illustrato i nuovi compiti strategici della NATO, i cui crimini sul piano del – presunto - diritto internazionale e di guerra sono stati poi commentati dal giurista D. Gallo).
Gli effetti specifici della guerra in Jugoslavia sono stati presentati nella IIIa sessione, dal titolo Ecocidio (coordinata da C. Della Porta, con A. Tarozzi e V. Gennaro), e corredati da una impressionante documentazione filmata.

Dopo un cena bio-equo-solidale (ringraziamo la Fileo onlus, gruppo di volontariato sociale, che ha in parte contribuito alle spese) la serata è stata riempita dall’esibizione di 3 gruppi musicali e da una breve recita da “Target-Belgrado1999” (di e con Mario Mantilli), che hanno intrattenuto i presenti vicentini/e (in gran parte giovani) di origine jugoslava.
Sono molte migliaia infatti le famiglie immigrate da quelle regioni che risiedono nella nostra città e provincia, come ha esposto dettagliatamente N.Turati (Cub migranti) il giorno dopo.
Il programma di domenica mattina (Rovesciare il Target – è possibile?) si è concentrato, da un lato, sulle questioni sociali e sindacali connesse alla situazione attuale dei lavoratori nei Balcani, in Italia ed in Europa (G. Raniero, Z. Mihajlovic); dall’altro su casi esemplari di resistenza e di solidarietà, come la ricostruzione autogestita della Zastava a Kragujevac e lo sviluppo del movimento delle adozioni a distanza (G. Vlaic, A. Di Meo, R. Pilato, R. Veljovic, S. Ciric + documentazione video).
Infine un intenso dibattito ha concluso il meeting.

Un elogio particolare va dedicato a tutti coloro che hanno risposto con generosità alle richieste di collaborazione tecnica e logistica, dedicando gratuitamente tempo, mezzi e passione alla riuscita dell’evento.
E’ prevista la produzione degli atti in forma scritta e/o video. Intanto chi lo desidera può sentire le registrazioni audio della prima giornata sul blog di “la voce dei comitati-radio cooperativa”: http;//lpp.opencontent.it/?p=1374

(report a cura di Paolo C. rete Disarmiamoli Vicenza).


---


http://www.liberazi one.it/a_ giornale_ index.php? DataPubb= 22/03/2009

A 10 anni dalle bombe su Belgrado un meeting prepara la protesta anti 
Nato

A Vicenza per fermare le "guerre umanitarie"

Checchino Antonini
Vicenza - nostro inviato

Che a Vicenza ci sia Camp Ederle lo sanno tutti da cinquant'anni. Meno 
noto che da lì, è il comando Usa per il Sud Europa, partivano gli 
ordini per far decollare gli F16 da Aviano verso la Jugoslavia. E poi 
da Ederle si sarebbe mossa la 173ma brigata aviotrasportata Usa, 
quella del fosforo su Falluja. La prima e la seconda guerra umanitaria 
sono state ordinate da questa città che tenta di evitare l'ennesima 
base Usa sul suo territorio. Intanto, da pochi giorni, la targa sulla 
caserma Usa avverte che tra qui e Napoli si divide Africom, il comando 
Usa per le operazioni in Africa. La guerra umanitaria al Sudan pare 
ancora più vicina. E poi Vicenza è anche il posto con la più numerosa 
comunità di lavoratori serbi. Lavorano nel tessile e nelle fabbriche 
metalmeccaniche dell'Alto vicentino. Ecco perché la loro presenza si 
notava, ieri, tra i partecipanti a "Target", il meeting internazionale 
nel decimo anniversario dei bombardamenti Nato promosso dalle reti 
Disarmiamoli, Sempre contro la guerra, Rdb e Coordinamento nazionale 
per la Jugoslavia, una onlus che raccoglie quell'opinione contraria 
allo smembramento della repubblica federale di Jugoslavia. Una due 
giorni, con attivisti serbi e croati, che serve anche a lanciare la 
partecipazione italiana alla mobilitazione europea indetta dal Fse 
contro i festeggiamenti per il sessantesimo della Nato proclamati per 
il 4 aprile a Strasburgo.
«C'è una rimozione generale sulle responsabilità italiane nel sistema 
guerra», avverte Nella Ginatempo (Sempre contro la guerra). Dieci anni 
dopo, era il 24 marzo del '99, la Jugoslavia è devastata, la Nato si 
appresta a rilanciare il suo ruolo: lo scudo spaziale, l'Afghanistan, 
l'allargamento a Est, l'accerchiamento della Russia, la cooperazione 
con Israele. «Il contesto politico è difficilissimo» , segnala Roberto 
Luchetti, (Disarmiamoli) . Sarà perché c'è una strisciante 
riabilitazione di D'Alema,il primo premier ex Pci che lanciò la nostra 
aviazione, seconda solo a quella Usa, nei 78 giorni di guerra aerea 
che seminarono 23mila bombe e missili all'uranio impoverito su città e 
campagne con lo scopo di lanciare l'Italia nella nobile cerchia dei 
Grandi. Il 10 giugno del '99 lo stesso D'Alema si complimentò coi 
piloti per la loro esperienza «professionale e umana». Avvenne, quella 
esperienza, dopo una campagna di bugie che preparò la guerra, evitò 
accordi di pace, fece fallire l'Onu e lanciò le parole d'ordine di una 
guerra umanitaria e pulita, come ha spiegato il giornalista tedesco 
Juergen Elsaesser autore di una sorta di enciclopedia delle menzogne 
su quell'aggressione. In contemporanea con eventi analoghi, a 
Salonicco e Montreal, gli interventi (tra gli altri di Domenico Gallo, 
Andrea Catone, Manlio Dinucci, Giulietto Chiesa, la statunitense Diana 
Johnstone) hanno osservato sotto ogni punto di vista la prima guerra 
dopo la fine del Patto di Varsavia, la prima "out of area" della Nato, 
contro un paese che non aveva aggredito nessuno, e tantomeno un membro 
dell'Alleanza militare che traina i tre quarti della spesa militare 
mondiale. Gilberto Vlaic e Riccardo Pilato, quel 24 marzo, scesero in 
piazza, uno a Trieste, l'altro a Brescia. Subito dopo iniziò la loro 
opera di solidarietà con le popolazioni colpite. Ricordano a 
Liberazione l'impulso decisivo delle camere del lavoro e delle Rsu per 
attivare forme di aiuto tra lavoratori che continuano da dieci anni. 
La più significativa, probabilmente, è l'affido a distanza per 1800 
figli degli operai della Zastava, la più grande fabbrica dei Balcani, 
a Kragujevac, 150 km a sud di Belgrado. «Città multietnica dove i 
lavoratori non si sono mai sparati tra loro», ricorda con orgoglio 
Rajka Veljovic, di Samostalni, il maggior sindacato serbo. Dell'uranio 
impoverito non si sa ancora nulla di ufficiale, spiega la 
sindacalista, tutto è coperto. Ma già sono evidenti i danni del 
disastro ambientale dei bombardamenti su fabbriche e depositi chimici. 
«Bombardare Pancevo è stato come bombardare Porto Marghera», 
esemplifica Vlaic. L'embargo, le privatizzazioni, le bombe, e lo 
"spezzatino" hanno ridotto la Zastava da 36mila dipendenti (nel 99 
erano in cassa integrazione) ai 3mila attuali della fabbrica più 
grande del gruppo, altri 700 lavorano nella Zastava camion e 2000 
nella fabbrica di armi leggere. In dieci anni la cooperazione tra 
lavoratori ha seminato studi dentistici, ambulatori, palestre, mense, 
un centro per ragazzi down, un altro per invalidi civili, tentando di 
intervenire sui bisogni reali. Ma il paese è in svendita. E la Fiat 
s'è appena comprata la Zastava, con un accordo firmato strategicamente 
alla vigilia delle elezioni di un anno fa. Dicono a Kragujevac che sia 
la multinazionale torinese ad avere vinto le elezioni. Poi la crisi ha 
gelato tutto, la Fiat non ha ancora cacciato un euro. E i nostri 
salari somigliano sempre più a quelli dell'Est, avverte Germano 
Raniero, della Cub vicentina: «Se l'arretratezza ci accomuna, sarà 
possibile che i lavoratori si mobilitino tutti insieme?».

22/03/2009