von Domenico Losurdo
Carta 08 dei “diritti umani”: un tentativo di controrivoluzione in Cina
di Heinz Dieterich*
su www.rebelion.org del 09/12/2010
Traduzione di l'Ernesto online
*Heinz Dieterich, sociologo e analista politico tedesco attualmente residente in Messico, collabora a diversi giornali in Europa e America Latina ed è autore di una trentina di volumi sull'America Latina, la società globale, le controversie ideologiche del XX secolo ed altre questioni di carattere filosofico e sociologico.
Contenere e distruggere la Cina
Quanto più insistono Hillary Clinton e Barack Obama sul fatto che non cercherebbero di contenere la Cina, tanto più vengono contraddetti dall'evidenza della loro stessa politica, ad esempio: la campagna dei “diritti umani” per l'incarcerato premio Nobel della pace Liu Xiaobo; il tentativo di creare un blocco politico-militare anti-cinese intorno ai conflitti del Mar Cinese Meridionale; i tentativi di guerra monetaria e di isolamento di Pechino al vertice del G-20 di Seul e le prove di alleanza strategica con Indonesia e India.
La classe politica statunitense aveva sfruttato nel 1990 la “vittoria di A. F. Kerenski” sul Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Nei suoi documenti confidenziali si afferma che non oltre il 2025,
Chiang Kai shek trionferà sul Partito Comunista Cinese. Non è senza fondamento questo calcolo. Oggi, circa il cinquanta per cento degli intellettuali cinesi appoggerebbe questo progetto.
L'imprigionamento di Liu Xiaobo e Carta 08
Dietro l'imprigionamento del premio Nobel della pace, Liu Xiaobo, intelligentemente promosso nell'apparato mediatico dal peruviano-spagnolo Mario Vargas Llosa e dal Comitato Nobel del Parlamento norvegese, c'è la cosiddetta Carta 08, un manifesto reso noto nel dicembre 2008, da circa 300 intellettuali e attivisti cinesi, che chiedono in diciannove punti riforme politiche, diritti umani e “la democratizzazione” della Repubblica Popolare Cinese. L'autore principale è lo scrittore Liu Xiaobo.
La Carta 08 ricorda la Carta 77 della Cecoslovacchia che rappresentò il modello ideologico per il successo della “Rivoluzione di velluto” e l'installazione alla presidenza dello scrittore Vaclav Havel. Havel, il principale autore di Carta 77, è in questo momento, insieme ad Aznar, uno dei nemici più feroci di stati socialisti, come Cuba e Cina (“regime tirannico”), e di governi popolari come quello venezuelano. La cosa più rilevante non è, certamente, l'eventuale carattere reazionario degli intellettuali che hanno scritto e promosso Carta 08, ma il carattere politico del documento. Il suo contenuto classista è la resurrezione di un regime capitalista neoliberale, con sovrastruttura parlamentare e multipartitismo borghese.
Tutto il potere alla borghesia
Il punto 14 della Carta, “Protezione della proprietà personale”, chiede che si debba “stabilire e proteggere il diritto alla proprietà personale e promuovere un sistema economico di mercato libero e onesto. Dobbiamo abolire i monopoli governativi sul commercio e l'industria, e garantire la libertà di creare nuove imprese. Dobbiamo avviare una riforma agraria che favorisca la proprietà privata della terra, che garantisca il diritto di comprare e vendere la terra, al vero valore della proprietà privata di riflettersi sul mercato”.
La Democrazia deve essere una “democrazia parlamentare”, quindi retta da molti partiti politici. Ciò significa la fine del ruolo dirigente e del monopolio politico del Partito Comunista Cinese (PCC), “attraverso l'abolizione di tutti i Comitati politici e legali che permettono oggi alle alte cariche del Partito Comunista di decidere in merito a tutte le questioni di fondo fuori da un contesto giuridico”. I militari, a loro volta, “devono prestare giuramento alla costituzione” e “rimanere neutrali”.
La risposta della Cina e il pericolo per la Patria Grande
E' evidente che la Carta 08 pretende di abolire l'ordine politico esistente in Cina. E', pertanto, anticostituzionale e sovversiva. Il governo cinese ha risposto a questa minaccia con la forza della legge, con argomenti e con il suo potere economico-politico. Ha proibito a due noti attivisti dei diritti umani cinesi, di partecipare alla cerimonia della consegna del premio Nobel, il 10 dicembre a Oslo; Ha spiegato alla popolazione all'interno della Cina che la consegna del premio Nobel a Liu Xiaobo è una manovra della Nuova Guerra Fredda Asiatica (NGFA) di Obama/Clinton, e che molte delle richieste (ambiente, lotta alla corruzione, uguaglianza città-campagna, ecc.) fanno parte della stessa politica del governo; infine, sul piano internazionale ha ammonito i governi borghesi a non assecondare il circo di Oslo per non “patirne le conseguenze” (Cui Tiankai, sottosegretario agli Affari Esteri).
Il governo cinese ha affrontato l'imperialismo di Washington anche di fronte al vertice del G-20, abbassando la qualità del credito (credit rating) di Washington, a causa della “decrescente capacità degli Stati Uniti a ripagare i suoi debiti” e i “seri difetti nel suo modello di sviluppo economico e nel management”. Sono risposte dignitose e necessarie a tenere in riga il pericoloso complesso militare-industriale statunitense. Purtroppo, Cuba e Venezuela non possono difendersi allo stesso modo dalla Nuova Guerra Fredda, che con la vittoria del fondamentalismo repubblicano presto si farà sentire nell'emisfero occidentale. Il nuovo potere della mafia cubana (Dip. Ileana Ross-Lethinen), e l'accresciuto peso della reazionaria imperiale Hillary Clinton, preannunciano tempi estremamente difficili per i governi popolari dell'America Latina. Occorrerà vedere fino a dove la Cina è disposta ad appoggiarli, davanti alla crescente pressione di Washington.
Just a joke
It is just a joke, ha definito recentemente Noam Chomsky il premio Nobel della pace: “non è che uno scherzo di cattivo gusto”. E ha tutte le ragioni. Speriamo che la Sinistra mondiale capisca questo dirty joke e che non si unisca ai pagliacci scandinavi della Nuova Guerra Fredda di Obama/Clinton: peones del Complesso Militare-Industriale statunitense. Il governo cinese, nel frattempo, dovrà sviluppare la democrazia partecipativa e l'economia di equivalenze del post-capitalismo, come unica blindatura duratura contro questo tipo di sovversione dell'Occidente.
Dovrà creare, in una parola, l'indistruttibile Muraglia Cinese del Socialismo del XXI Secolo.
http://german.cri.cn/1565/2010/12/09/1s148815.htm
China: Friedensnobelpreis läuft ursprünglichem Ziel zuwider
2010-12-09 17:16:15 cri
Bald wird der Friedensnobelpreis 2010 verliehen. In diesem Jahr wird dies weltweit mit großer Aufmerksamkeit verfolgt, weil der Preis dem Chinesen Liu Xiaobo erteilt wird, der von chinesischen Justizbehörden verurteilt wurde.
In den letzten Jahren hat Liu Xiaobo in mehreren Artikeln und Äußerungen Chinas Zentralregierung und das sozialistische System attackiert. Im Internet hat er andere Menschen dazu aufgehetzt, das politische System des Staates zu verändern und Chinas Regierung zu stürzen. Wegen seiner verfassungs- und gesetzeswidrigen Taten wurde Liu Xiaobo zu einer 11-jährigen Freiheitsstrafe verurteilt. Gerade dies ist zugleich die Ursache für das Erlangen des Preises. Das Nobelpreis-Komitee begründete die Auszeichnung folgendermaßen: "Liu Xiaobo hat konstant auf gewaltlose Weise für die grundlegenden Menschenrechte in China gekämpft und sich für die Demokratisierung der Volksrepublik eingesetzt."
Der chinesische Außenministeriumssprecher, Ma Zhaoxu, erläuterte dazu klar Chinas Standpunkt:
"Das Nobel-Preiskomitee hat den Friedenspreis einem Verbrecher verliehen, der mittlerweile verbüßt, was eine große Mißachtung des chinesischen Justizsystems ist. Wer versucht, auf diese Weise Chinas politisches System zu verändern, wird zweifellos scheitern."
Der Friedensnobelpreis wurde 1901 ins Leben gerufen. Mit diesem Preis sollen Personen ausgezeichnet werden, die sich für nationale Harmonie, Freundschaft aller Staaten, Abrüstung sowie Friedenskonferenzen einsetzen. Tian Dewen, ein Europa-Experte der chinesischen Akademie der Sozialwissenschaften, meinte:
"Der Friedensnobelpreis ist eine nichtoffizielle Auszeichnung. Er hat einen politischen Charakter, aber ist kein Benehmen der Regierung. Frieden soll über ideologische Wertvorstellungen gehen. Allerdings von der Verleihung des Friedensnobelpreises her betrachtet, ist der Preis mit Ideologien der westlichen Welt eng verbunden. Während des Kalten Kriegs wurde versucht, westliche Anschauungen zu popularisieren. Nach Ende des Kalten Krieges ist in der westlichen Welt eine ideologische Hegemonie aufgetreten, und diese Tendenz ist immer stärker geworden."
Ferner kritisierte Tian, der Preis laufe dem ursprünglichen Ziel zuwider und sei zu einem politischen Werkzeug der westlichen Länder zur Einmischung in innere Angelegenheiten anderer Staaten geworden.
Mittlerweile haben weltweit bereits mehr als 100 Länder und internationale Organisationen klar Chinas Standpunkt unterstützt, Liu Xiaobos Preiserlangen abzulehnen. China, Russland, Kuba, Kasachstan, Marokko und der Irak haben bereits angekündigt, dass sie die Verleihungszeremonie des Friedensnobelpreises absagen werden.
The Nobel Peace Prize and Liu Xiaobo
Who is Liu Xiaobo and why was he given this year’s Nobel Peace Prize? To understand this, it’s necessary to know the history of the prize and how it came about.
Alfred Nobel was a Swedish chemist, engineer and the inventor of dynamite, who made a fortune in the 19th century, becoming known as “The Merchant of Death.” He willed that his huge fortune be used to set up a number of prizes, one of them for peace.
Nobel decreed that a five-person committee set up by the Norwegian Parliament should pick the recipients of the annual Peace Prize. Norway, a founding member of NATO, today houses several U.S. air bases and has troops in Afghanistan.
The first Nobel Peace Prize was awarded in 1901. Since that time, the people of the world have suffered from devastating wars that together have killed more than 100 million civilians and combatants and laid waste entire countries. The underlying cause of these wars and the rise of the military-industrial complex has been the ravenous appetite of the vying imperialist powers to conquer new markets and territories for superexploitation and profits.
So naturally the people of the world want peace. They come out in demonstrations again and again protesting current wars and new terror weapons. What do the imperialists do about that? They talk peace and democracy while they mobilize the cannon fodder and money needed for new wars.
Nothing better illustrates this corruption of the popular yearning for peace than the annual Nobel Peace Prize. The prize has been given many times to the very individuals responsible for the horror of imperialist wars.
In 1906 the prize was given to U.S. President Theodore Roosevelt. His slogan, “Speak softly and carry a big stick,” fit his own career as leader of the Rough Riders, who stormed into Cuba in 1898 during the Spanish-American War. The war was supposedly to free Cuba, Puerto Rico and the Philippines from Spain, but its real purpose was to bring them under U.S. imperialist domination — as exposed by Mark Twain, a member of the Anti-Imperialist League at the time.
In 1912 the prize went to Elihu Root, who had been secretary of war under Presidents William McKinley and Theodore Roosevelt. Root established neocolonial governments in the three countries mentioned above. He then became president of the Carnegie Endowment for International Peace, set up with money from one of the richest robber baron capitalists and strike breakers of that time, Andrew Carnegie.
In 1919 the Peace Prize went to U.S. President Woodrow Wilson, who had led the U.S. into World War I in 1917 in spite of broad opposition. That same year, a U.S. socialist and leader of the working class, Eugene V. Debs, was sentenced to 10 years under the Sedition Act for having opposed the war. Debs ran for president from his jail cell in 1920 and got nearly a million votes, but the Nobel committee wouldn’t think of giving him the Peace Prize.
In the years that followed, the prize went to such luminaries of U.S. imperialist diplomacy as Cordell Hull (secretary of state during World War II), Gen. George Marshall (Army chief of staff, World War II; secretary of defense, Korean War), Henry Kissinger (secretary of state, Vietnam War), President Jimmy Carter and, last year, President Barack Obama, whose election promise to get U.S. troops out of Afghanistan has been abandoned.
When, facing criticism for ignoring the mass movements against war and ruling-class violence, the Nobel committee did recognize popular figures, it almost always coupled them with enemies of the people. Thus, the prize went jointly to Kissinger and Vietnamese leader Le Duc Tho in 1973 (Tho refused it!); to African National Congress leader Nelson Mandela and apartheid South African President Frederik Willem de Klerk in 1993; and to Palestinian leader Yasser Arafat but also Israelis Shimon Peres and Yitzhak Rabin in 1994.
Once the Cold War began, the Peace Prize was given to figures in the Soviet Union and Eastern Europe who facilitated the return of capitalism and imperialism: Andrei Sakharov (1975), Lech Walesa (1983) and Mikhail Gorbachev (1990).
It is in this tradition that the Nobel Peace Prize for 2010 was given to Liu Xiaobo. It is not because Liu is in any way a man of peace. In fact, he has been an ardent supporter of U.S. wars.
Defending George W. Bush and the war in Iraq, Liu wrote on Oct. 31, 2004, in “The Iraqi War and the U.S. Election,” that the U.S. “led the fight against communist totalitarianism in the Vietnam and Korean wars, ... helped Egypt to achieve independence, and has consistently protected Israel, surrounded as it is by Arab nations.”
Saying that John Kerry, who ran against Bush in that year’s election, condoned “evil governments,” Liu added: “In response to existential threats to civilization such as terrorism, the U.S. should not hesitate to use force. Only resolute determination will prevent another 9/11, reduce international terrorism, and reduce the threat of WMDs.” (chinastudygroup.net)
How could the Nobel committee even think of giving Liu the Peace Prize, after everything that is known about the Bush administration deliberately deceiving the world about “weapons of mass destruction” in order to invade Iraq?
For the same reasons they chose Sakharov, Walesa and Gorbachev. Liu is a leading advocate for overthrowing the Communist Party of China, privatizing the entire economy, including all the land, and returning China to the arms of the Western imperialists, whom he sees as the great liberators of humanity.
Liu is the main author of Charter 08, which openly declares its counterrevolutionary goals, even as it embellishes them in the language of “democracy” and “human rights” used so deceptively by capitalist bloodsuckers in the West.
Liu is not popular in China. Even those on the left who criticize the government’s reliance on the market want nothing to do with him, recognizing him as an enemy of the workers and of China’s hard-won sovereignty. He is strictly a creature of imperialism — and of an overblown, completely undemocratic organization that owes its prestige and power to blood money.
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Un manifesto di guerra
di Domenico Losurdo
su Junge Welt del 10/12/2010
Sul Premio Nobel a Liu Xiaobo
Trasmesso in diretta da tutte le più importanti reti televisive del mondo, il discorso pronunciato dal presidente del Comitato Nobel in occasione del conferimento del premio per la pace a Liu Xiaobo si presenta come un vero e proprio manifesto di guerra. Il concetto fondamentale è chiaro quanto sgangherato e manicheo: le democrazie non si sono mai fatte guerra e non si fanno guerra tra di loro; e dunque per far trionfare una volta per sempre la causa della pace occorre diffondere la democrazia su scala planetaria. Colui che così parla ignora la storia, ignora ad esempio la guerra che tra il 1812 e il 1815 si sviluppa tra Gran Bretagna e Usa. Sono due paesi «democratici» e per di più fanno entrambi parte del «pragmatico» e «pacifico» ceppo anglosassone. Eppure tale è il furore della guerra che Thomas Jefferson paragona a «Satana» il governo di Londra e giunge persino a dichiarare che Gran Bretagna e Usa sono impegnati in una «guerra eterna» (eternal war), la quale è destinata a concludersi con lo «sterminio (extermination) di una o dell’altra parte».
Identificando causa della pace e causa della democrazia, il presidente del Comitato Nobel abbellisce la storia del colonialismo, che ha visto spesso paesi «democratici» promuovere l’espansionismo, facendo ricorso alla guerra, alla violenza più brutale e persino a pratiche genocide. Ma non si tratta solo del passato. Col suo discorso il presidente del Comitato Nobel ha legittimato a posteriori la prima guerra del Golfo, la guerra contro la Jugoslavia, la seconda guerra del Golfo, tutte condotte da grandi «democrazie» e in nome della «democrazia».
Ora, il più grande ostacolo alla diffusione universale della democrazia è rappresentato dalla Cina, che dunque costituisce al tempo stesso il focolaio più pericoloso di guerra; lottare con ogni mezzo per un «regime change» a Pechino è una nobile impresa al servizio della pace: questo è il messaggio che da Oslo è stato trasmesso e bombardato in tutto il mondo, ed è stato trasmesso e bombardato mentre la flotta militare Usa non cessa di «esercitarsi» a poca distanza dalle coste cinesi.
A suo tempo, un illustre filosofo «democratico» e occidentale, John Stuart Mill, ha difeso le guerre dell’oppio contro la Cina come un contributo alla causa della libertà, della «libertà «dell'acquirente» prima ancora che «del produttore o del venditore». E’ sulla scia di questa infausta tradizione colonialista che si sono collocati i signori della guerra di Oslo. Il manifesto lanciato dal presidente del Comitato Nobel deve suonare come un campanello d’allarme per tutti coloro che hanno realmente a cuore la causa della pace.
Il Premio Nobel per la guerra e Chi è Liu Xiaobo, "Junge Welt", 10 dicembre 2010:
http://www.jungewelt.de/2010/12-10/034.php