"Cara" guerra...

Commenti e comunicati contro la nuova  guerra di aggressione imperialista e coloniale

1) Sulla guerra alla Libia (Aldo Bernardini)
2) Orwell, la Nato e la guerra contro la Libia (Domenico Losurdo)
3) Processare Napolitano per alto tradimento (Vincenzo Zamboni)
4) DIMISSIONI DA CONSIGLIERE COMUNALE (Marina Tiberto)
5) Italia in guerra: moralmente ed economicamente inaccettabile / 'CARA' GUERRA (USB)
6) 25 Aprile, Costituzione e guerra (Tamara Bellone)
7) ANPI prov. Perugia condanna i bombardamenti sulla Libia


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GUERRA ALLA LIBIA

Nella sconvolgente vicenda libica si parla poco di diritto internazionale, probabilmente perché fa comodo l’opinione che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite abbia esaurito il problema. Non è così.
Le NU non sono federazione mondiale, il C.d.s. non è né governo né legislatore del mondo. Come invece si ritiene generalmente a partire dalla prima guerra irachena: si arriva a ritenere sufficiente che il C.d.s. a discrezione invochi il cap. VII della Carta (minacce e rotture della pace, internazionale di per sé, cioè nei rapporti fra Stati, ma qui si innesta il trucco) per decidere ogni sorta d’azione nei confronti di uno Stato, anche al di fuori delle tipologie disegnate dalla Carta: pure per fatti interni, come un’insurrezione (ai quali venga sempre discrezionalmente affibbiata una rilevanza internazionale: questo è il trucco) e al fine, vedremo illegittimo, di “autorizzare” gli Stati che lo vogliano (i “volenterosi”) a intervenire contro lo Stato preso di mira. Magari perché “non protegge” la propria popolazione contro se stesso, e cioè gli insorti contro lo Stato centrale: una recente trovata fantagiuridica per giustificare gli interventi. Questo non è diritto e non è diritto internazionale. Ben pochi Stati avrebbero accettato la Carta se tale ne fosse stata la portata: così il presidente jugoslavo Milosevic nel colloquio che ebbi con lui nel suo carcere nell’agosto 2001.
Siamo davanti a un copione ormai usurato, ma purtroppo abituale per distruggere uno Stato o governo sgradito perché non subalterno. Il despota o tiranno che viene criminalizzato con sfrenate campagne mediatiche, le atrocità, le stragi, le fosse comuni, i diritti umani violati, i fondi all’estero: solo a posteriori a volte si scoprirà la mala informazione. Qualche protesta o rivolta ovviamente contrastata dal potere costituito, eccessi veri o presunti contro “civili innocenti” (spesso rivoltosi incendiari e armati): di qui gli interventi dei “buoni”, sino alla guerra con effetti catastrofici (con le differenze dei casi, Jugoslavia, Iraq, Somalia, Afghanistan...).
Veniamo al diritto internazionale, in larga misura espresso nella Carta delle NU, non però nelle applicazioni “stravaganti” più recenti. L’art. 2, n. 1, della Carta evoca la “sovrana eguaglianza di tutti i membri” e il n. 4 vieta l’uso della forza “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato”: l’Assemblea generale nel 1981 chiarisce “il diritto sovrano di uno Stato di determinare il suo sistema politico, economico, culturale e sociale… senza intervento, ingerenza sovversione… in qualsiasi forma dall’esterno” e il divieto di “abbattere o cambiare il sistema politico di un altro Stato o il suo governo”. Per il diritto internazionale non esistono forme statali vietate, sistemi autoaffermantisi come democratici o viceversa dittatori da respingere: lecite o no sono solo le specifiche azioni nei rapporti interstatali. Il regime statale rientra nelle scelte e nelle lotte delle forze interne di ogni Stato. Di fronte a rivolta interna è legittimo per il governo costituito di contrastarla. Senza interferenze. Il Protocollo II del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 sul diritto bellico, tuttora vigente, stabilisce per gli Stati parti l’applicazione delle norme umanitarie ai conflitti armati interni (guerre civili, insurrezioni), ma senza che ciò possa invocarsi “per attentare alla sovranità di uno Stato o alla responsabilità del governo di mantenere o ristabilire l’ordine pubblico nello Stato o di difendere l’unità nazionale e l’integrità territoriale dello Stato con tutti i mezzi legittimi”: nulla “potrà essere invocato per giustificare un intervento, quale che ne sia la ragione, in un conflitto armato o negli affari interni o esterni” dello Stato in cui avviene il conflitto. È dunque impensabile quanto si va pretendendo nel senso che il vertice libico debba venire sostituito per volontà esterna, o che si interferisca nella guerra civile, addirittura con il sostegno di ogni genere ai ribelli, con gli attacchi armati contro le forze governative di contrasto all’insurrezione, con i riconoscimenti prematuri degli insorti.
Quanto alle accuse sul piano umanitario, a parte i pulpiti di provenienza e la totale assenza di verifiche fattuali serie, potrebbe al massimo pensarsi a pressioni di carattere politico-economico, in casi assolutamente estremi a corpi armati (ad es. di interposizione) sotto comando NU, perché solo questo è compatibile con il sistema di sicurezza collettiva. Se il C.d.s. potesse a sua discrezione travolgere i principii accennati sarebbe dittatore mondiale e padrone del diritto internazionale: il che non è. Qualora una decisione del C.d.s. consentisse ciò o fosse interpretabile in tal senso sarebbe invalida. Tralasciata la discutibilissima ris. 1970, adottata persino senza verifica dei fatti, la 1973 di fronte all’insurrezione armata si occupa solo della “violenza” esercitata nel (in principio legittimo) contrasto agli insorti e non pure di quella di costoro. Assumendo a base la protezione dei “civili”, dà in realtà copertura agli insorti, che civili non sono, e tende di fatto ad impedire la legittima azione governativa. La clausola per cui gli Stati disposti (i “volenterosi”) vengono autorizzati “a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili” ripete e aggrava l’infelice precedente iracheno. La ris. è dunque illegittima, a parte l’indebita ingerenza in fatti interni, soprattutto per la (raffigurata) delega a Stati, invece eventualmente, ricorrendone i presupposti, dell’affidamento non eludibile dell’azione a corpi militari sotto comando NU; comunque per l’indeterminatezza delle azioni preventivate (che viene nei fatti intesa sino alla distruzione delle capacità militari dello Stato libico e alla tentata uccisione dei leader!), senza elementi di controllo né cura dei danni reali che possono conseguire ai civili (tutti, non solo quelli riconducibili non si sa poi come agli insorti).
La ris. equivale in realtà ad un “permesso”, per gli Stati che lo vogliano (e quindi secondo i loro interessi!), alla guerra e all’aggressione, permesso che le NU non possono dare perché frontalmente contrario al sistema obbligatorio di sicurezza collettiva della Carta. Ma il vero senso giuridico è un altro: non l’impossibile e insensata “autorizzazione” agli Stati, ma la rinuncia (illecita) delle NU a stigmatizzare e sanzionare l’aggressione contro la Libia.
Tutto ciò, per quanto riguarda l’Italia, nulla ha a che fare con l’art. 11 Cost., che naturalmente vieta le azioni in corso e non le considera fra quelle legittimamente disposte da un’organizzazione internazionale con l’obiettivo della pace e giustizia fra le nazioni.

Prof. Dott. Aldo Bernardini
Ordinario di Diritto Internazionale nell’Università di Teramo

Roma, 2 maggio 2011


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Orwell, la Nato e la guerra contro la Libia

Nel 1949, mentre infuria una guerra fredda che rischia di trasformarsi da un momento all’altro in olocausto nucleare, George Orwell pubblica il suo ultimo e più celebre romanzo: 1984. Se anche il titolo è avveniristico, il bersaglio è chiaramente costituito dall’Unione Sovietica, raffigurata come il «Grande fratello» totalitario, che vanifica la stessa possibilità di comunicazione, stravolgendo il linguaggio e creando una «neo-lingua» (newspeak), nell’ambito della quale ogni concetto si rovescia nel suo contrario. Pubblicando il suo romanzo l’anno stesso della fondazione della Nato (l’organizzazione militare che pretendeva di difendere anche la causa della morale e della verità), Orwell dava così il suo bravo contributo alla campagna dell’Occidente. Egli non poteva certo immaginare che la sua denuncia sarebbe risultata molto più calzante per descrivere la situazione venutasi a creare, pochi anni dopo il «1984», con la fine della guerra fredda e il trionfo degli Usa. Come la strapotenza militare, così la strapotenza multimediale dell’Occidente non sembra più incontrare nessuno ostacolo: lo stravolgimento della verità viene imposto con un bombardamento multimediale incessante e onnipervasivo, di carattere assolutamento totalitario. E’ quello che emerge con chiarezza dalla guerra in corso contro la Libia.

Guerra 

E’ vero, è all’opera il più potente apparato militare mai visto nella storia; certamente non mancano le vittime civili dei bombardamenti della Nato; vengono utilizzate armi (all’uranio impoverito) il cui impatto è destinato a prolungarsi nel tempo; oltre agli Usa, nello scatenamento delle ostilità e nella conduzione delle operazioni militari si distinguono due paesi (Francia e Inghilterra), che hanno alle spalle una lunga storia di espansione e dominio coloniale in Medio Oriente e in Africa; siamo in un’area ricca di petrolio e i più autorevoli esperti e mezzi di informazione sono già impegnati ad analizzare il nuovo assetto geopolitco e geoeconomico. E, tuttavia – ci assicurano Obama, i suoi collaboratori e i suoi alleati e subalterni – non di guerra si tratta, ma di un’operazione umanitaria che mira a proteggere la popolazione civile e che per di più è autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. 
In realtà, come nei confronti delle sue vittime, anche nei confronti della verità la Nato procede in modo assolutamente sovrano. In primo luogo è da notare che le operazioni militari dell’Occidente sono iniziate prima e senza l’autorizzazione dell’Onu. Sul «Sunday Mirror» del 20 marzo Mike Hamilton rivelava che già da «tre settimane» erano all’opera in Libia «centinaia» di soldati britannici, inquadrati in uno dei corpi militari più sofisticati e più temuti del mondo (SAS); fra di loro figuravano «due unità speciali, chiamate “Smash” a causa della loro capacità distruttiva». Dunque, l’aggressione era già iniziata, tanto più che a collaborare con le centinaia di soldati britannici erano «piccoli gruppi della Cia», nell’ambito di «un’ampia forza occidentale in azione nell’ombra» e dall’«ammnistrazione Obama» incaricata, sempre «prima dello scoppio delle ostilità il 19 marzo», di «rifornire i ribelli e dissanguare l’esercito di Gheddafi» (Mark Mazzettti, Eric Schmitt e Ravi Somaiya in «International Herald Tribune» del 31 marzo). Si tratta di operazioni tanto più rilevanti, in quanto condotte in un paese già di per sé fragile a causa della sua struttura tribale e del dualismo di lunga data tra Tripolitania e Cirenaica.
In secondo luogo, anche quando si rivolgono all’Onu, gli Usa e l’Occidente continuano a riservarsi il diritto di scatenare guerre anche senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza: è quello che è avvenuto, ad esempio, nel 1999 in occasione della guerra contro la Jugoslavia e nel 2003 in occasione della seconda guerra contro l’Irak. Ora nessuna persona sensata definirebbe democratico un governo che si rivolgesse al Parlamento con questo discorso: vi invito a votarmi la fiducia, ma anche senza la vostra fiducia io continuerei a governare come meglio ritengo… E’ in questi termini che gli Usa e l’Occidente si rivolgono all’Onu! E cioè, le votazioni che si svolgono nel Consiglio di sicurezza sono regolarmente viziate dal ricatto a cui costantemente fanno ricorso gli Usa e l’Occidente.
In terzo luogo: appena strappata al Consiglio di sicurezza (grazie al ricatto appena visto) la risoluzione desiderata, gli Usa e l’Occidente si affrettano a interpretarla in modo sovrano: l’autorizzazione per imporre la «no fly zone» in Libia diviene di fatto l’autorizzazione a imporre una sorta di protettorato. 
Per potente che sia, l’apparato multimediale degli aggressori non riesce ad occultare la realtà della guerra. E, tuttavia, la neo-lingua si ostina a negare l’evidenza: preferisce parlare di operazione di polizia internazionale. Ma è interessante notare la storia alle spalle di questa categoria. Riallacciandosi alla dottrina Monroe, da lui reinterpretata e radicalizzata, nel 1904 Theodore Roosevelt (presidente degli Usa) teorizza un «potere di polizia internazionale» che la «società civilizzata» deve esercitare sui popoli coloniali e che, per quanto riguarda l'America Latina, spetta agli Usa. Siamo così ricondotti alla realtà del colonialismo e delle guerre colonialismo, alla realtà che invano la neo-lingua cerca di rimuovere. 
In prima fila nel promuovere la neolingua e lo stravolgimento della verità è disgraziatanente il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napoletano, più eloquentemente di ogni altro impegnato a dimostrare che quella in corso contro la Libia…non è una guerra! Se appena rievocasse i ricordi della militanza comunista che è alle sue spalle, egli capirebbe che la tentata rimozione della guerra è in realtà una confessione. Come a suo tempo ha spiegato Lenin, le grandi potenze non considerano guerre le loro spedizioni coloniali, e ciò non soltanto a causa dell’enorme sproporzione di forze tra le due parti in campo, ma anche perché le vittime «non meritano nemmeno l'appellativo di popoli (sono forse popoli gli asiatici e gli africani?)» (Opere complete, vol. 24, pp. 416-7).

Civili. 

La guerra, anzi l’operazione di «polizia internazionale», scatenata contro la Libia mira a proteggere i «civili» dal massacro progettato da Gheddafi. Sennonché, la neo-lingua è immediatamente smentita dagli stessi organi di stampa che sono impegnati a diffonderla. Il «Corriere della Sera» del 20 marzo riporta con evidenza la foto di un aereo che precipita in fiamme dal cielo di Bengasi. Sia la didascalia della foto sia l’articolo relativo (di Lorenzo Cremonesi) spiegano che si tratta di un «caccia» pilotato da uno dei «piloti più esperti» a disposizione dei ribelli e abbattuto dai «missili terra-aria di Gheddafi». Ben lungi dall’essere disarmati, i rivoltosi dispongono di armi sofisticate e di attacco e per di più risultano assistiti sin dall’inizio dalla Cia e da altri servizi segreti, da «un’ampia forza occidentale che agisce nell’ombra» e da corpi speciali britannici famosi o famigerati a causa della loro «capacità distruttiva». Sarebbero questi i «civili»? Ora poi, con l’intervento di una poderosa forza internazionale a fianco dei rivoltosi, è semmai il fronte contrapposto a risultare sostanzialmente disarmato.
Ma può essere opportuna un’ulteriore riflessione sulla categoria qui in discussione. Come osserva un docente (Avishai Margalit) dell’Università ebraica di Gerusalemme, nel conteggio ufficiale degli «attacchi terroristi ostili» il governo israeliano include anche il «lancio di pietre». E – si sa – contro i «terroristi» non ci può fermare a mezza strada. Sulla più autorevole stampa statunitense («International Herald Tribune») possiamo leggere di «scene orripilanti di morte», che si verificano «allorché un carro armato e un elicottero israeliani aprono il fuoco su un gruppo di dimostranti palestinesi, compresi bambini, nel campo di rifugiati di Rafah». Sì, anche un bambino che lancia pietre contro l’esercito di occupazione può essere considerato e trattato quale «terrorista». Un’avvocatessa israeliana (Leah Tsemel) impegnata a difendere i palestinesi riferisce di un «bambino di dieci anni ucciso vicino a un check point all’uscita di Gerusalemme da un soldato a cui aveva semplicemente lanciato una pietra» (su tutto ciò cfr. D. Losurdo, Il linguaggio dell’Impero, Laterza, Roma-Bari, 2007, cap. I, § 13). Qui la neo-lingua celebra i suoi trionfi: un pilota esperto che combatte alla guida di un aereo militare è un «civile», ma un bambino che lancia pietre contro l’esercito di occupazione è chiaramente un «terrorista»!

Giustizia internazionale

Se i campioni della lotta contro i bambini «terroristi» e palestinesi possono dormire sonni tranquilli, coloro che si schierano contro i «civili» all’opera in Libia saranno deferiti alla Corte penale internazionale. A rischiare di essere deferiti (e condannati) non saranno soltanto i militari e i politici che comandano l’apparato militare. No, ad essere preso di mira è uno schieramento molto più ampio. Spiegavano Patrick Wintour e Julian Borger su «The Guardian» già del 26 febbraio: «Ufficiali britannici stanno contattando personale libico di grado elevato per metterlo alle strette: abbandonare Muammar Gheddafi o essere processati assieme a lui per crimini contro l’umanità». In effetti, su questo punto non si stancano di insistere i governanti di Londra e occidentali in genere. Essi considerano la Corte penale internazionale alla stregua di Cosa nostra, ovvero alla stregua di un «tribunale» mafioso. Ma il punto più importante e più rivoltante è un altro: ad essere minacciati di essere rinchiusi in carcere per il resto della loro vita sono funzionari libici, ai quali non viene rimproverato alcun reato. E ciè, dopo essere intervenuti in una guerra civile e averla probabilmente attizzata e comunque alimentata, dopo aver dato inizio all’intervento militare ben prima della risoluzione dell’Onu, Obama, Cameron, Sarkozy ecc. continuano a violare le norme del diritto internazionale, minacciando di colpire con la loro vendetta e la loro violenza, anche dopo la fine delle ostilità, coloro che non si arrendono immediatamente alla volontà di potenza, di dominio e di saccheggio espressa dal più forte. Sennonché, la neo-lingua oggi in vigore trasforma le vittime in responsabili di «crimini contro l’umanità» e i responsabili di crimini contro l’umanità in artefici della «giustizia internazionale».
Non c’è dubbio: assieme a un apparato di distruzione e di morte senza precedenti nella storia oggi infuria la neo-lingua, ovvero il linguaggio dell’Impero.

2 aprile 2011


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processare napolitano per alto tradimento

nella attuale sciagurata guerra privata fra-gb-usa-ita versus libia compaiono numerose gravissime violazioni.
1) è violato l'articolo 11 della costituzione democratica antifascista italiana.
ciò comporta la destituzione dell'occupante del quirinale per alto tradimento e la sua messa formale in stato di accusa.
2) è violata la risoluzione cs onu 1973, che istituisce una zona di non volo quale cordone di controllo per evitare il rifornimento di armi alle parti belligeranti, onde ostacolare le guerra, conformemente alle finalità costitutive dell'onu.
l'intervento privato della banda dei quattro, invece,  ostacola l'opera internazionale dell'onu, e costruisce ulteriore guerra invece che pace.
governi e parlamenti dei quattro paesi si confermano, pertanto, illegittimi poichè dediti a gravi illegalità.
vi sono state, all'onu, numerose proteste, non ancora esaurite, contro l'operato della banda dei quattro eurostatunitense, in particolar modo le proteste dell'argentina e dell'unione stati nordafricani.
3) è violato il regolamento onu, basato sul diritto internazionale, in base al quale un paese sovrano ha diritto alla legittima difesa quando sia sotto attacco, fintantochè perduri l'attacco, allo scopo di respingere l'attacco. il governo libico, sotto attacco militare interno ed esterno, esercita tale legittima difesa, conformemente al regolamento onu ed al diritto internazionale.
governi e parlamenti della banda dei quattro sono in stato, invece, di grave violazione.
4) sono violate le leggi sul terrorismo stabilite dal diritto internazionale, che definisce "terrorismo" ogni "azione armata contro popolazione civile". tali sono stati i feroci bombardamenti da parte della banda dei quattro su tripoli fin dai primi giorni: il nunzio apostolico francescano a tripoli, don giovanni martinelli, e l'agenzia reuters hanno comunicato ben 40 morti civili assassinati in un giorno solo dalle bombe esplosive degli attentatori terroristici aviazione nato.
5) è violato il regolamento nato, che dispone i termini di una allenaza difensiva, impegnando alla mutua difesa i paesi membri nel caso che uno di essi sia militarmente attaccato dall'esercito di uno stato esterno. cosa che non è avvenuta: nessun paese esterno all'alleanza ha attaccato militarmente alcun paese nato, mentre al contrario la criminale banditesca banda dei quattro ha attaccato unilateralmente la libia e il suo governo.
6) la signora marina sereni, indegna rappresentante eletta in parlamento con il pd, ha mentito in forma grave al parlamento, o in malafede, o in ignorante colpevole buonafede, dichiarando sia obbligo accogliere la criminale decisione annunciata dal primo ministro di bombardare la libia, poichè vincolati dai termini dell'alleanza nato.
la motivazione è falsa, come visto al punto (5), e il regolamento nato non obbliga alcuno ad aderire alla iniziativa delinquenziale dei governi francese, inglese e statunitense, trattandosi di alleanza difensiva, ed essendo stato il proditorio attacco usa-gb-fra-ita criminalmente messo in atto senza alcun precedente attacco libico a nessun paese nato.
dimostrazione, ad uso dei dubbiosi, della ignobile falsità di quanto enunciato da marina sereni: se davvero i membri nato fossero obbligatoriamente vincolati all'intervento (vincolo inspiegabile, trattandosi di una alleanza difensiva, mentre la sventurata guerra è aggressione da parte usa-fra-gb-ita) non si darebbe il caso che solo quattro paesi abbiano aderito: vi sarebbe obbligo di inviare contingenti da parte di tutti i membri.
ma così non è: la germania è assente. la spagna è assente. il portogallo è assente. sono assenti, infatti, tutti gli altri alleati, estranei ad ogni obbligo riguardo l'avventurismo stragista infame fra-usa-gb-ita.
sono i fatti evidenti a smentire la menzogna parlamentare pd.
7) è violato il trattato di amicizia italia-libia, stipulato da tempo dai due governi, e mai annullato.
la gravissima situazione di palese e feroce illegalità in cui versano i quattro paesi governati da bande criminali deviate glpiste infiltrate nelle istituzioni impone ai popoli francese, inglese, statunitense e italiano il completo e assoluto rifiuto e ripudio senza intermedio di tutti i politici traditori della verità e del bene, disponendo fin d'ora la non obbedienza totale ed assoluta, e parimenti la non collaborazione, di tutti i cittadini fedeli alla costituzione, all'onu, al diritto internazionale ed alla verità contro gli infami assassini terroristi che strumentalizzando le armi degli eserciti nazionali stanno distruggendo democrazia, legalità, diritto, nonchè pace e coesistenza tra i popoli.

vincenzo zamboni


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Marina di Campo, 01 maggio 2011. 

Illustrissimo Sig. Sindaco del Comune di Campo nell'Elba Dott. Vanno Segnini, 
E p.c. On. Giorgio Napolitano; 
Sen. Renato Schifani;
On. Gianf ranco Fini; 
On. Silvio Berlusconi;
Segretario Comune Campo nell'Elba, Dott. Maria Rosa Chiecchi;
Membri del Consiglio Comunale di Campo nell'Elba;

OGGETTO: DIMISSIONI DA CONSIGLIERE COMUNALE

Illustrissimo Signor Sindaco,
pur nella mia modesta qualità di semplice Consigliere di un piccolo Comune, mi sento a tutti gli effetti un rappresentante dello Stato e delle sue Istituzioni. Ho appena appreso la notizia che un raid Nato, e che per quanto ne sappiamo potrebbe benissimo essere stato effettuato anche da un NOSTRO aereo, finalizzato sembra all'eliminazione fisica di un Capo di Stato, indubbiamente dittatoriale e autoritario, ma che fino a poco tempo fa veniva tranquillamente ricevuto ed omaggiato dalla Comunità internazionale in generale e dai nostri massimi rappresentanti in particolare, nel contesto di una guerra non dichiarata e comunque del tutto interna ad un Paese terzo, ha avuto come bersaglio una CIVILE ABITAZIONE, e come vittime un giovane ventinovenne, reo solo di rapporti di stretta parentela con l'obiettivo principale, nonché TRE BAMBINI. La notizia, passata come da prassi in sordina dagli organi di stampa, è, a mio parere, di una gravità inaudita e inaccettabile. Come Lei ben sa, conosco purtroppo da vicino il dolore immenso e insanabile per la perdita di un figlio. E di un bambino in particolare. Ritenendo violato in maniera palese l'articolo 11 della Costituzione con il pieno consenso di chi avrebbe avuto il dovere istituzionale di impedirlo, e ritenendo il nostro Stato, a tutti gli effetti, COMPLICE CONSAPEVOLE DI STRAGE E INFANTICIDIO VOLONTARIO, non posso e non voglio continuare a rappresentarlo in alcun modo. Le preannuncio pertanto le mie Dimissioni da Consigliere Comunale, che verranno debitamente comunicate e confermate nei modi e nei tempi di legge... Tanto era, ritengo, dovuto. 

In fede, 
Marina Tiberto


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Italia in guerra: moralmente ed economicamente inaccettabile.

Roma – lunedì, 02 maggio 2011

I costi fissi della portaerei da 130 mila euro al giorno e i caccia Eurofighter da 61 mila euro l’ora sono un costo morale ed economico che non possiamo e dobbiamo sopportare. 

Il peso maggiore è quello morale che i politici liquidano come “dovere umanitario”. 

I lavoratori italiani non hanno nulla da guadagnare dalla guerra, che sicuramente consentirà al Governo, dentro una crisi economica che i lavoratori stanno pagando duramente, di dirottare ulteriori risorse sul fronte degli armamenti giustificando così ulteriori tagli al welfare. 

Il decreto per lo sviluppo si fa attendere, ma entro questa settimana dovrebbe essere portato all’esame del Consiglio dei Ministri. Il rafforzato impegno dell’Italia in Libia non è da sottovalutare in chiave di sviluppo poiché parte degli investimenti previsti dal ministro dell’Economia, infatti, dovranno giocoforza essere trasferiti nel budget militare. 

E se i bombardamenti dovessero andare avanti per tutto il 2011, il Governo dovrà mettere in conto un miliardo di euro. Senza considerare gli altri fronti in cui l’Italia è già impegnata (Afghanistan, Libano, Balcani, Iraq, Pakistan, Myanmar oltre ad altre operazioni Ue e Nato) che, solo nei primi sei mesi di quest’anno, sono costati 706 milioni di euro.
Per parlare di costi della guerra contro la Libia, in tre mesi di missione militare in Nord Africa e per i rimpatri sono stati spesi 700 milioni di euro. 

I bombardamenti hanno dei costi variabili che dipendono dal numero delle missioni, dalle armi e dai mezzi impiegati dalle Forze Armate.
L’agenzia Ansa riporta, però, delle tabelle di conversione, non ufficiali, che servono per quantificare i costi fissi di navi e aerei per la missione Nato, che vanno dal carburante al personale, dalla manutenzione alle infrastrutture. Ad esempio, la Marina militare italiana ha impegnato quattro navi e quattro aeroplani imbarcati sulla portaerei Garibaldi. 

Il costo della portaeromobili è di a circa 130 mila euro al giorno, mentre gli 8 caccia Av-8B Plus imbarcati costano 9 mila euro per ogni ora di missione (ognuna ne può durare anche 5). 

A disposizione della Nato anche la un fregata classe Maestrale (la nave Libeccio) che costa giornalmente 60 mila euro; la rifornitrice Etna - 40 mila euro al giorno - e un pattugliatore classe Comandanti, il Comandante Bettica, che costa 15 mila euro al giorno. 

Per quanto riguarda l'Aeronautica militare - che attualmente fornisce all'Alleanza atlantica 4 caccia Eurofighter e 4 caccia anti-radar Tornado ECR - gli assetti che potrebbero essere impiegati per i 'bombardamenti mirati’ sono i Tornado IDS e, forse, gli AMX, le cui missioni dovrebbero essere svolte sotto la protezione dei caccia Eurofighter e dei Tornado ECR.

Anche qui, i costi giornalieri dipenderanno essenzialmente dal numero di sortite e dal tipo di armamento (si pensi che il missile Storm Shadow che potrebbe essere utilizzato dai Tornado Ids arriva a costare quasi 300 mila euro). 

Il più caro, da questo punto di vista, è l'Eurofighter, che costa circa 61 mila euro l'ora, mentre i Tornado e gli AMX costano all'incirca 28 mila euro per ora di volo. 

Relativamente meno costosi gli elicotteri - dai circa 3.500 euro l'ora degli AB 212 agli oltre 8.000 degli EH 101 - ma finora non si parla dell'impiego di questi velivoli, anche se entrambi i tipi di velivoli sono già a bordo delle quattro navi della Marina. 

Bene che vada, il ministero dell’Economia dovrà recuperare oltre un miliardo di euro entro la fine di giugno per rifinanziare le missioni. 

E proprio per questo al Tesoro si sta pensando a un nuovo aumento dell’accisa sulla benzina, già deliberato per finanziare il Fondo unico per lo spettacolo. 

USB PUBBLICO IMPIEGO COMPARTO DIFESA 

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'CARA' GUERRA

questa guerra costa molto, sia in termini di annientamento di vite umane, sia in termini di cancellazione di valori politici e etici, sia in termini di costi sociali.


Crediamo che nessuna persona dotata di un minimo di buon senso abbia creduto all’ipocrita bufala dell’intervento militare in Libia per la difesa dei civili: Francia e Gran Bretagna sono partite all’attacco da una parte per rientrare con ruoli egemonici nell’area mediterranea, dopo che le rivolte in Tunisia e in Egitto avevano deposto governi e presidenti loro alleati e protetti, dall’altra per mettere le mani sul petrolio, di cui la Libia possiede le seconde maggiori riserve al mondo, e sugli affari del post Gheddafi. Ma il petrolio non è stato il solo obiettivo.


Tra le nobili motivazioni della guerra non è stato secondario il fatto di impossessarsi di un’ingente quantità di denaro rappresentato dai fondi statali libici, i cosiddetti fondi sovrani.

Il 28 febbraio gli USA hanno congelato 32 miliardi di dollari, proventi del petrolio libico, che erano stati depositati presso le loro banche, un’immensa boccata d’ossigeno per un’economia sempre più indebitata. Poco dopo anche l’Unione Europea ha congelato 45 miliardi di euro di fondi libici! Serviranno a ripagare le spese di guerra?



Per guardare solo al nostro paese, mentre si prospettano anni di ulteriori pesanti sacrifici, con manovre finanziare che faranno impallidire quelle dei primi anni 90, non si esita neppure un attimo a distruggere con la guerra risorse che potrebbero essere usate per ben più nobili e utili scopi:

  • un’ora di volo dei Tornado costa 32.000 euro, che passano a 60.000 per gli aerei da ricognizione

  • un missile va dai 136.000 ai 170.000

  • una bomba costa dai 30.000 ai 50.000 euro

  • un raid aereo costa dai 200.000 ai 300 mila euro

  • lo stazionamento di 5 mezzi militari navali davanti alla libia costa oltre 10 milioni di euro al mese.


Il totale, finora, fa circa 100 milioni di euro al mese, tanto quanto costano alle finanze pubbliche gli stipendi di 4.000 insegnanti. Ma con il via libera ai bombardamenti i costi lievitano e in poche settimane si brucerà tutto il bilancio di un anno intero della Difesa!! E dopo? Aumenterà la benzina o introdurranno qualche altra tassa, chiuderanno altri ospedali, licenzieranno altre migliaia di precari pubblici?


Non si risparmia sulle spese di guerra, mentre si tagliano tutti i servizi pubblici, dalla scuola alla sanità alla previdenza all’assistenza.

Non ci sono soldi per il reddito ai disoccupati né per le case popolari, non ci sono soldi per gli aumenti di salario, non ci sono soldi per assumere i precari, non ci sono soldi per le spese sociali.


Tagliare la spesa pubblica è l’unico mantra che ci viene ripetuto in continuazione; dalla UE che impone il pareggio di bilancio entro il 2014, da Draghi, governatore di Bankitalia e candidato a governare la Banca Comune Europea, che invita ad un drastico taglio del 7% in termini reali necessario per raggiungere quell’obiettivo, accompagnato da ulteriori liberalizzazioni e privatizzazioni, da Tremonti che ci prepara finanziarie da 40 miliardi di euro.

Ma necessario per chi? necessario per i mercati finanziari, che stanno ridando fiato alla speculazione più sfrenata, non per i settari più deboli e tartassati della società, non per i lavoratori. E allora se così stanno le cose non ci potremmo risparmiare almeno questa guerra!

Finora la reazione dei lavoratori e dei cittadini italiani, che i sondaggi dicono essere ampiamente contrari all’intervento in Libia, non ha trovato strumenti adeguati di opposizione.


Diventa quindi estremamente urgente mettere in campo mobilitazioni che, in nome del no alla guerra, siano in grado di impedire che i tagli ai servizi e ai salari vadano a finanziare operazioni belliche.


Roma 03/05/2011




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http://www.lsmetropolis.org/2011/04/25-aprile-costituzione-e-guerra/

25 Aprile, Costituzione e guerra

Il Presidente della Repubblica ha oggi dato la sua approvazione all’aggressione allo stato libico.
La senatrice Finocchiaro (PD) ha dichiarato che il suo partito sosterrà il governo in questa azione contro l’esercito libico, naturalmente nel quadro del mandato dell’ONU(!?).
In precedenza, il PD aveva pienamente sostenuto il governo per quanto riguarda le missioni in Afganistan.
Nel 1999 il governo guidato da D’Alema partecipò molto attivamente all’aggressione alla Jugoslavia, bombardando anche obiettivi civili.
Nelle celebrazioni del 25 aprile, l’opposizione ha espressi alcuni concetti, che riporto brevemente:
• La Resistenza si ricollega al Risorgimento, i patrioti hanno costruito lo stato nazionale: attualmente bisogna difendere l’unità nazionale minacciata;
• I partigiani hanno combattuto per liberare l’Italia dall’occupazione straniera contro Tedeschi e collaborazionisti fascisti: bisogna stare attenti di fronte al pericolo del revisionismo, che stravolge i fatti storici;
• Frutto della Resistenza è la Costituzione: bisogna difendere la Costituzione che è in pericolo a causa di Berlusconi e di questo governo che tenta di manometterla.
Si può osservare che:
• In questi ultimi anni la cosiddetta sinistra ha contribuito a distruggere alcuni stati, sia dal punto di vista dell’unità nazionale, sia delle strutture civili, dalla Jugoslavia, all’Afganistan, ora alla Libia;
• Una colossale operazione di revisionismo storico, la farsa delle foibe, è stata organizzata con il massiccio apporto del PD e l’approvazione di Napolitano;
• Che senso ha difendere la Costituzione, dopo essersi fatti beffe dell’articolo che recita “L’Italia ripudia la guerra…”?
L’articolo 11 della Costituzione è uno di quelli che maggiormente rappresenta gli ideali della Resistenza: i partigiani, a differenza dei fascisti con la mistica della morte, desideravano una vita di pace e progresso.
Napolitano in un suo discorso del 1941, quando era ancora fascista, inneggiava alla invasione tedesca dell’Unione Sovietica, perché avrebbe civilizzato i Russi, D’Alema nel 1999 disse che si sarebbe portata un po’ di civiltà al di là dell’Adriatico… ma quando ci libereremo di queste follie?

26 Aprile 2011
Tamara Bellone


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Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Ente Morale D.L. 5 aprile 1945 n. 224
Via Giovanni Grioli, 40 – 06132 San Sisto Perugia 0755280053
Via Cave, 7 – 06034 Foligno cell. 3391312122
COMITATO PROVINCIALE di PERUGIA

COMUNICATO STAMPA


L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), nel mese di marzo scorso, ha celebrato a Torino, in onore del 150° anniversario dell’unità del Paese, il XV congresso. Nei lavori inerenti all’evento, svoltisi nel nostro territorio il 12 marzo, l’assemblea dei delegati delle 11 sezioni perugine, in rappresentanza di 516 iscritti, ha eletto il nuovo Comitato Provinciale in numero di 60 membri.

Il nuovo Comitato ha successivamente nominato quale presidente provinciale l’avvocato Francesco Innamorati, partigiano del GAP di Perugia e poi Volontario della Libertà, arruolato nel Gruppo di Combattimento Cremona e decorato V.M. e come vicepresidente Simoncelli Giovanni, antifascista.

Il dibattito è stato partecipato: ora ha approfondito le finalità della nostra Associazione, che sono la difesa della Costituzione e la condanna storica e culturale dell’ideologia fascista, ora si è concentrato sulla politica di destra del Governo e sull’aumento dei focolai di guerra fra le nazioni. Al termie, il Comitato Provinciale ha invocato, con un ordine del giorno, il rispetto assoluto dell’articolo 11 della Costituzione e la fine delle missioni di pace effettuate con le armi. Inoltre, nella recente seduta avvenuta il 3 maggio, ha continuato a tenere la linea in difesa della pace e della non violenza, ed ha espresso all’unanimità ferma condanna per i bombardamenti aerei in Libia, auspicando una soluzione immediata e pacifica del conflitto.


Perugia 5 maggio 2011

il presidente

Avv. Francesco Innamorati


Ora e sempre Resistenza!