(To read the english version of this article: 
What do the killings of Milosevic, Saddam Hussein and Gaddafi have in common?
Hannes Hofbauer - Strategic culture foundation, 27. 10. 2011
http://www.nspm.rs/nspm-in-english/what-do-the-killings-of-milosevic-saddam-hussein-and-gaddafi-have-in-common-q.html
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Um die deutsche Fassung dieses Artikels zu lesen:
Milosevic, Saddam, Gaddafi: Lynchjustiz und Geopolitik
von Hannes Hofbauer - veroeffentlicht in Zeit-Fragen u. COMPACT
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7233 )


MILOSEVIC, SADDAM, GHEDDAFI: GIUSTIZIA DEL LINCIAGGIO E GEOPOLITICA

 

di Hannes Hofbauer

  

A partire dal crollo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia nel 1991 tre capi di Stato e di governo sgraditi all’Occidente sono stati assassinati dalle istituzioni del triumvirato globale Usa – Unione Europea – Nato o sono morti sotto la loro responsabilità. Un tale sviluppo è inquietante. L’11 maggio 2006 l’ex Presidente jugoslavo Slobodan Milosevic venne trovato morto nella sua cella a Scheveningen, dopo che gli era stato negato dal tribunale dell’Aja  il richiesto aiuto medico. Il 30 dicembre 2006 è morto sul patibolo ad al-Kadhimija a nord-est di Baghdad il Presidente iracheno Saddam Hussein in precedenza abbattuto dalla guerra di bombardamento e dall’invasione militare. E il 20 ottobre 2011 ribelli libici colpirono e trascinarono a morte Gheddafi. Che cosa hanno in comune questi tre capi di stato morti? Anzi tutto e visibilmente la forma brutale della loro eliminazione. Nessun tribunale serio ha mai indagato sulle loro colpe, nessuna assise internazionale ha stabilito la loro responsabilità per eventuali crimini di guerra. Le condanne si ebbero senza eccezione ad opera dei media occidentali sulla base di corrispondenti istruzioni dei vertici di circoli politici e militari dell’ambito Nato. Al momento della loro eliminazione figuravano tutti e tre senz’altro come la personificazione del male; e come tali, nel caso di Gheddafi, di Saddam Hussein e dei figli di questo i loro cadaveri sfigurati sono stati esposti al pubblico. I fruitori dei media dovevano essere sicuri: qui giacciono diavoli, non uomini. L’assassinio politico con connessa ostensione del nemico addita a un lontano passato della civiltà.

Milosevic, Saddam Hussein e Gheddafi sono stati eliminati come nemici, non come criminali. E sicuramente hanno compiuto crimini, con responsabilità per una intera serie di misfatti. Ma questi loro misfatti, che andavano dallo schiacciamento di forze di opposizione sino alla repressione di minoranze etniche, hanno rappresentato solo il pretesto per gli interventi militari dell’Occidente. Qualunque altra interpretazione resta esclusa a fronte del fatto che oppressione politica ha luogo anche altrove in forme molteplici mentre nessuna “comunità internazionale” pensa ad intervenire militarmente a tal proposito. Dall’Arabia Saudita alla Spagna-terra dei Baschi, dalla Nigeria all’Indonesia la Nato avrebbe ben da fare per mandare in campo per i diritti dell’uomo la sua Armada.

Solo in casi ben precisi l’Alleanza occidentale entra in campo al fine – viene asserito – di  proteggere i civili. Quando e dove ciò viene fatto? E quali motivi vi si celano?

Gli alleati occidentali hanno dato la caccia fino alla morte a Milosevic, Saddam Hussein e Gheddafi non a causa della cattiva politica di questi, ma in ragione della loro buona politica. Tutti e tre erano simboli di forme diverse di “dittatura dello sviluppo”. Una tale consistente politica sociale per la massa del popolo, cure per un equilibrio regionale e sforzi in direzione di una modernizzazione economica. Ciò li differenziava da coloro che in prima linea si consideravano e si considerano come rappresentanti di investitori stranieri o di interessi geopolitici estranei. In Jugoslavia, Iraq e Libia gli investitori stranieri avevano accesso solo limitato ai mercati nazionali, basi militari estranee erano indesiderate. Questo è stato uno dei motivi principali per cui Milosevic, Saddam Hussein e Gheddafi apparivano sospetti alla troika costituita da Nato, Usa ed Unione Europea.

Ma anche la situazione geopolitica dei loro paesi rendeva questi oggetto di cupidigia occidentale. Tutti e tre giacciono alla periferia della zona di influenza occidentale, sia storicamente che attualmente. Durante la guerra fredda Jugoslavia, Iraq e Libia erano paesi cerniera fra i due blocchi, che in base alla propria forza politica ed economica non vedevano ragione alcuna per consegnare la loro indipendenza agli accaparramenti occidentali o alle ambizioni orientali. Mosca e Washington garantivano ciascuna la metà di quell’indipendenza, ciò che fece anche accrescere il sentimento nazionale. Dopo la fine dell’Unione Sovietica questo restò sospeso nell’aria e in mancanza di copertura da parte di Mosca condusse direttamente alla catastrofe. Sembra che i Paesi collocati fra i blocchi siano quelli che avessero ed abbiano più da soffrire davanti all’avanzata della nuova strategia imperiale. È ciò accaduto perché essi potenzialmente erano nella situazione di effettuare un’integrazione nel mercato globale diversa da quella dettata da Unione Europea, usa e Nato? La troika imperiale si è sentita minacciata da tutto ciò?

Jugoslavia, Iraq e Libia potevano rimandare a una lunga storia di partnership con il Consiglio di Cooperazione economica, il corrispondente sovietico dell’Unione europea. Fino ai tardi anni ’80 è fiorito il commercio di beni di investimento, di consumo e armi. Tale commercio veniva sviluppato tanto attraverso valute forti quanto anche nella forma del baratto, e cioè attraverso scambio diretto di beni: ciò che era proibito nel mondo dell’egemonia del dollaro. Triangolazioni con Stati africani o con l’India erano all’ordine del giorno. All’inizio degli anni ’90, gli Usa e l’Unione Europea hanno profittato della debolezza della dirigenza post-sovietica per imporre contro questi tre Stati di relativa potenza e operanti in spirito di indipendenza gli embarghi economici. Uno di questi colpì nell’agosto 1990 l’Iraq, le cui truppe avevano invaso in precedenza in Kuwait. Due anni dopo, nel 1992, il Consiglio di sicurezza delle NU irrogò sanzioni contro la Jugoslavia (30 maggio) e la Libia (31 maggio). Nel caso di Belgrado queste vennero motivate con la presa di posizione “sbagliata” nella guerra civile jugoslava, nel caso di Tripoli con l’asserita responsabilità per l’esplosione di un aereo Pan-Am nei cieli di Lockerbie, che era avvenuta anni prima. L’Iraq, la Jugoslavia e la Libia sono stati gli unici Paesi paralizzati da blocchi economici annosi. Ciò che non colpì solo loro, ma anche i loro partner commerciali tradizionali dell’Est: Russia, Bulgaria, Romania… Questo proprio in un momento in cui le economie post-comunista in sfacelo dovevano assumere nuovi orientamenti. Esse avrebbero avuto urgentemente bisogno di partner forti che potessero scambiare con loro prodotti su base diversa dal dollaro. Gli embarghi contro l’Iraq, la Jugoslavia e la Libia lo hanno impedito. All’inizio si irritarono quadri non epurati dell’epoca sovietica di fronte alle perdite imposte: “nei primi sei mesi dall’inizio dell’embargo commerciale contro l’Iraq l’Unione Sovietica ha perduto quattro miliardi di dollari Usa”, dichiarò Igor Mordvinov, portavoce del Ministero per il Commercio estero. Oggi sappiamo che la successiva Federazione russa ha perduto molto di più: la possibilità di un’integrazione economica alternativa rispetto al mercato mondiale dominato dagli Usa.

Milosevic e Saddam Hussein erano stati già abbattuti quando la Libia di Gheddafi scorse una piccola occasione di sopravvivere alla grossa svolta epocale senza doversi arrendere ai diktat di Washington e di Bruxelles. Dopo che Tripoli nel 2004 ebbe pagato somme di risarcimento agli eredi delle vittime di Lockerbie senza con ciò riconoscere una propria colpa, il Consiglio di sicurezza delle NU abrogò l’embargo. Sino ad allora Gheddafi è stato l’unico fra i tre paria ad esser sopravvissuto fisicamente alle sanzioni economiche. Vennero sottoscritti accordi internazionali con la Gran Bretagna, la Francia e l’Italia. Ma Gheddafi si ricordò anche delle buone relazioni tradizionali con Mosca e cominciò a riattivarle. All’ombra dei contatti con l’Occidente, Mosca e Tripoli cercarono di annodare stretti legami economici. Nel 2007 il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha visitato la Libia, poco dopo è arrivato personalmente Vladimir Putin per perfezionare il trattato relativo alla costruzione di una linea ferroviaria di 550 chilometri fra Bengasi e Sirte. Ancor più interessanti sono stati i colloqui sulla costruzione di un metanodotto che avrebbe dovuto arrivare in europa attraverso il Mediterraneo e ciò sotto la direzione tecnica di Gazprom. Allorché anche il più potente uomo di Russia, il capo di Gazprom Alexej Miller arrivò nell’aprile 2008 da Gheddafi, in Occidente suonò l’allarme. La sua offerta a Tripoli fu equivalente ad una bomba geopolitica. Gazprom avrebbe in futuro acquistato dalla Libia “l’intero gas naturale estratto come pure quello liquefatto ai prezzi del mercato mondiale”, come annunciato dall’agenzia Interfax il 9 luglio 2008. L’Occidente si sentì minacciato. Se si fosse arrivati al trattato, Gazprom avrebbe portato ampiamente sotto il proprio controllo il mercato del gas dell’Europa occidentale attraverso la pipeline “North Strem” del Mar Baltico inaugurata nel novembre 2011 e quella da costruirsi nel Mediterraneo. Oggi sappiamo che le cose sono andate diversamente. Da settimane le direzioni dei monopoli occidentali del petrolio, del gas e dell’acqua fanno la caccia alla Libia per concludere accordi di sfruttamento e di estrazione con un cosiddetto “governo di transizione” nelle condizioni di uno Stato inesistente, ciò che rende la questione estremamente appetibile. Dopo una guerra di otto mesi la coalizione dei volenterosi, in prima linea monopoli francesi, britannici e degli Usa, possono servirsi a buon prezzo. Il presidente in servizio del Consiglio di transizione, Abdel Rahim el-Kib, adempirà i suoi doveri amministrativi nei confronti degli investitori occidentali assolutamente senza contrasto proprio come i suoi colleghi Boris Tadic e Nuri al-Maliki fanno ciò a Belgrado e Baghdad.


Zeit-Fragen, 3.1.2012

Fonte: COMPACT 12/2011.

(trad. di AB, che ringraziamo)


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