(italiano / english)
NATO terrorism in Kosovo and Syria
1) In Kosovo c’è sempre più NATO (Antonio Mazzeo)
2) Syrian opposition activists ask Kosovo for advice (AP 26/5/2012)
3) Syrian opposition studies terror tactics in Kosovo (RT 4/5/2012)
=== 1 ===
mercoledì 25 aprile 2012
In Kosovo c’è sempre più NATO
Dopo tredici anni di amministrazione militare del Kosovo e la spesa di ingenti risorse finanziarie, la NATO riconosce di non essere più in grado, con le forze attuali, di evitare la degenerazione del conflitto tra la maggioranza albanese e la minoranza serba. Così, alla vigilia delle prossime elezioni politiche in Serbia, il comando generale dell’Alleanza atlantica annuncia che dal primo maggio verrà rafforzato il dispositivo di uomini e mezzi che presidiano strade e villaggi del Kosovo (KFOR – Kosovo FORce). Secondo Bruxelles, saranno quasi 700 gli uomini dei corpi di pronto intervento di Germania e Austria che raggiungeranno la mini-repubblica balcanica dichiaratasi indipendente dalla Serbia nel 2008.
“Nel valutare la situazione odierna, la NATO e l’Unione Europea si sono rese conto che le forze KFOR sul campo potrebbero non essere sufficienti per rispondere in modo appropriato a eventuali incidenti e scontri in Kosovo, legati alle elezioni in Serbia”, ha ammesso il portavoce del Comando centrale militare tedesco, Hauke Bunks.
Il dispositivo KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di cui uno a conduzione italiana.Attualmente, la missione vede schierati 31 paesi con 5.500 uomini. La Germania è il paese impegnato con il maggior numero di militari, 1.300, più altri 550 che giungeranno nei Balcani tra meno di una settimana. Seguono poi l’Italia con meno di 1.000 uomini e gli Stati Uniti con 800. Alla forza d’intervento NATO si aggiungono poi i 3.200 uomini della missione EULEX dell’Unione europea (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), con il compito di “monitorare e guidare le nascenti istituzioni del Kosovo nei campi della Polizia, della Giustizia e della Dogana”. La missione europea ha preso il via il 4 febbraio 2008 (tredici giorni prima, cioè, della dichiarazione unilaterale d’indipendenza) ed opera, sostanzialmente, sotto il comando e la direzione della NATO. Inizialmente a capo di EULEX venne chiamato il generale francese Yves de Kermabon, dal 2004 al 2005 Comandante dell’operazione KFOR. L’odierno responsabile EULEX è il connazionale gen. Xavier Bout de Marnhac, capo KFOR nel biennio 2007-2008.
Nel caso di un inasprimento del conflitto tra le comunità albanesi e serbe, l’Alleanza Atlantica potrebbe chiamare all’Italia un maggiore impegno in Kosovo per i prossimi 5-6 mesi. Le forze armate italiane sono di base a Pec-Peja, nella parte occidentale della repubblica. Personale dell’Aeronautica militare della cosiddetta Task Force “Air”opera invece nell’aeroporto AMIKo di Djakovica in supporto e assistenza ai velivoli dei partner NATO. Nello scalo di Djakovica è presente anche il Gruppo elicotteri dell’Aviazione dell’Esercito denominato Task Force “Ercole”.
Gli altri centri operativi delle forze KFOR sorgono a Lipljan, Novo Selo, Prizren e Urosevac. Sotto il comando e la direzione dell’US Army Corps of Engineers, sono stati completati di recente i lavori di costruzione della più grande e moderna installazione militare NATO in tutta l’area balcanica: si tratta di “Camp Bondsteel”, nella regione meridionale del Kosovo, quasi alla frontiera con la Macedonia. La struttura si estende in un’area di 955 acri (poco meno 4.900.000 metri quadri) ed è in grado di ospitare sino a 5.000 uomini tra militari, civili e contractors. Nuova sede del comando generale di KFOR, “Camp Bondsteel” è una vera e propria cittadella autosufficiente: ospita numerosi magazzini e depositi di armi e munizioni, caserme e aree residenziali per i familiari dei militari, scuole, centri sportivi e commerciali e un grande ed attrezzato ospedale militare.
La nuova base kosovara avrà il compito di proiettare le forze terrestri e aeree USA e NATO in un’area compresa tra l’Adriatico e il Caucaso. Come evidenziato da alcuni analisti, la sua localizzazione consente di porre sotto controllo due corridoi terrestri ed energetici di importanza strategica per l’Occidente: quello progettato dalle imprese tedesche (e lautamente finanziato dall’Agenzia europea per la ricostruzione) che congiunge, via Belgrado, il porto rumeno di Costanza ad Amburgo, e quello “statunitense” (con fondi USAID) sulla rotta Bulgaria-Macedonia-Albania.
Le azioni di guerra alleate in Kosovo si svilupparono nel corso della primavera 1999. Secondo il Comando supremo dell’Alleanza, in 78 giorni furono lanciate più di 38.000 sortite aeree; 900 i velivoli NATO impegnati, 600 dei quali di pertinenza delle forze armate USA. Buona parte degli strikespartirono da basi aeree italiane (Aviano, Gioia del Colle e Sigonella in primis) e da unità navali dislocate nell’Adriatico. A dirigere le operazioni, il Combined Allied Operations Center installato ad hoc all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, oggi al centro dei lavori di trasformazione nella base-comando della 173^ brigata aviotrasportata dell’esercito USA e delle forze terrestri di USAFRICOM destinate al continente africano.
Alla guerra parteciparono per la prima volta i cacciabombardieri stealth B-2, fatti decollare dalla base aerea di Whiteman (Missouri) e riforniti in volo da aerei cisterna USA e NATO provenienti da basi italiane. Battesimo di fuoco anche per i giganteschi aerei cargo C-17Globemasters , che trasportarono in Albania e Macedonia gli oltre 5.000 militari e gli elicotteri d’assalto poi utilizzati per l’invasione e l’occupazione del Kosovo. Ad oggi è ancora ignoto il numero dei civili che furono uccisi durante le operazioni aeree alleate in Serbia e Kosovo. Secondo l’organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch le vittime dei caccia NATO sarebbero state tra 489 e 528. Anonimi “effetti collaterali” di un conflitto-pantano insensato, la cui risoluzione manu militari appare sempre più lontana.
Dopo tredici anni di amministrazione militare del Kosovo e la spesa di ingenti risorse finanziarie, la NATO riconosce di non essere più in grado, con le forze attuali, di evitare la degenerazione del conflitto tra la maggioranza albanese e la minoranza serba. Così, alla vigilia delle prossime elezioni politiche in Serbia, il comando generale dell’Alleanza atlantica annuncia che dal primo maggio verrà rafforzato il dispositivo di uomini e mezzi che presidiano strade e villaggi del Kosovo (KFOR – Kosovo FORce). Secondo Bruxelles, saranno quasi 700 gli uomini dei corpi di pronto intervento di Germania e Austria che raggiungeranno la mini-repubblica balcanica dichiaratasi indipendente dalla Serbia nel 2008.
“Nel valutare la situazione odierna, la NATO e l’Unione Europea si sono rese conto che le forze KFOR sul campo potrebbero non essere sufficienti per rispondere in modo appropriato a eventuali incidenti e scontri in Kosovo, legati alle elezioni in Serbia”, ha ammesso il portavoce del Comando centrale militare tedesco, Hauke Bunks.
Il dispositivo KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di cui uno a conduzione italiana.Attualmente, la missione vede schierati 31 paesi con 5.500 uomini. La Germania è il paese impegnato con il maggior numero di militari, 1.300, più altri 550 che giungeranno nei Balcani tra meno di una settimana. Seguono poi l’Italia con meno di 1.000 uomini e gli Stati Uniti con 800. Alla forza d’intervento NATO si aggiungono poi i 3.200 uomini della missione EULEX dell’Unione europea (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), con il compito di “monitorare e guidare le nascenti istituzioni del Kosovo nei campi della Polizia, della Giustizia e della Dogana”. La missione europea ha preso il via il 4 febbraio 2008 (tredici giorni prima, cioè, della dichiarazione unilaterale d’indipendenza) ed opera, sostanzialmente, sotto il comando e la direzione della NATO. Inizialmente a capo di EULEX venne chiamato il generale francese Yves de Kermabon, dal 2004 al 2005 Comandante dell’operazione KFOR. L’odierno responsabile EULEX è il connazionale gen. Xavier Bout de Marnhac, capo KFOR nel biennio 2007-2008.
Nel caso di un inasprimento del conflitto tra le comunità albanesi e serbe, l’Alleanza Atlantica potrebbe chiamare all’Italia un maggiore impegno in Kosovo per i prossimi 5-6 mesi. Le forze armate italiane sono di base a Pec-Peja, nella parte occidentale della repubblica. Personale dell’Aeronautica militare della cosiddetta Task Force “Air”opera invece nell’aeroporto AMIKo di Djakovica in supporto e assistenza ai velivoli dei partner NATO. Nello scalo di Djakovica è presente anche il Gruppo elicotteri dell’Aviazione dell’Esercito denominato Task Force “Ercole”.
Gli altri centri operativi delle forze KFOR sorgono a Lipljan, Novo Selo, Prizren e Urosevac. Sotto il comando e la direzione dell’US Army Corps of Engineers, sono stati completati di recente i lavori di costruzione della più grande e moderna installazione militare NATO in tutta l’area balcanica: si tratta di “Camp Bondsteel”, nella regione meridionale del Kosovo, quasi alla frontiera con la Macedonia. La struttura si estende in un’area di 955 acri (poco meno 4.900.000 metri quadri) ed è in grado di ospitare sino a 5.000 uomini tra militari, civili e contractors. Nuova sede del comando generale di KFOR, “Camp Bondsteel” è una vera e propria cittadella autosufficiente: ospita numerosi magazzini e depositi di armi e munizioni, caserme e aree residenziali per i familiari dei militari, scuole, centri sportivi e commerciali e un grande ed attrezzato ospedale militare.
La nuova base kosovara avrà il compito di proiettare le forze terrestri e aeree USA e NATO in un’area compresa tra l’Adriatico e il Caucaso. Come evidenziato da alcuni analisti, la sua localizzazione consente di porre sotto controllo due corridoi terrestri ed energetici di importanza strategica per l’Occidente: quello progettato dalle imprese tedesche (e lautamente finanziato dall’Agenzia europea per la ricostruzione) che congiunge, via Belgrado, il porto rumeno di Costanza ad Amburgo, e quello “statunitense” (con fondi USAID) sulla rotta Bulgaria-Macedonia-Albania.
Le azioni di guerra alleate in Kosovo si svilupparono nel corso della primavera 1999. Secondo il Comando supremo dell’Alleanza, in 78 giorni furono lanciate più di 38.000 sortite aeree; 900 i velivoli NATO impegnati, 600 dei quali di pertinenza delle forze armate USA. Buona parte degli strikespartirono da basi aeree italiane (Aviano, Gioia del Colle e Sigonella in primis) e da unità navali dislocate nell’Adriatico. A dirigere le operazioni, il Combined Allied Operations Center installato ad hoc all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, oggi al centro dei lavori di trasformazione nella base-comando della 173^ brigata aviotrasportata dell’esercito USA e delle forze terrestri di USAFRICOM destinate al continente africano.
Alla guerra parteciparono per la prima volta i cacciabombardieri stealth B-2, fatti decollare dalla base aerea di Whiteman (Missouri) e riforniti in volo da aerei cisterna USA e NATO provenienti da basi italiane. Battesimo di fuoco anche per i giganteschi aerei cargo C-17Globemasters , che trasportarono in Albania e Macedonia gli oltre 5.000 militari e gli elicotteri d’assalto poi utilizzati per l’invasione e l’occupazione del Kosovo. Ad oggi è ancora ignoto il numero dei civili che furono uccisi durante le operazioni aeree alleate in Serbia e Kosovo. Secondo l’organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch le vittime dei caccia NATO sarebbero state tra 489 e 528. Anonimi “effetti collaterali” di un conflitto-pantano insensato, la cui risoluzione manu militari appare sempre più lontana.
=== 2 ===
Syrian opposition activists ask Kosovo for advice
Published April 26, 2012
Associated Press
Associated Press
PRISTINA, Kosovo – A Syrian dissident said Thursday his country's opposition is turning to Kosovo's former rebels-turned-politicians for advice on how to topple Bashar Assad's regime in Damascus.
Ammar Abdulhamid, an exiled anti-Assad activist, said that seeing a new country "emerging out of the nightmare and emerging as a state" could be inspiring for Syrian dissidents.
Assad's government has cracked down on a 13-month-old popular uprising in Syria, leading to an estimated 9,000-plus deaths.
"We are here to learn," Abdulhamid said during an interview with The Associated Press in Pristina. "Kosovo has gone through an experience that I think will be very useful to us in terms of how the different armed groups that formed the KLA (Kosovo Liberation Army) organized themselves."
Abdulhamid is one of three Syrian opposition activists visiting Kosovo, where they met former Kosovo rebels who fought a separatist war against Serbia in 1998-99. Serbia still rejects Kosovo's 2008 declaration of independence.
No details were given about the meetings with former rebels whose identities were not disclosed.
Syria's opposition has been criticized for failing to put up a more united front.
"We really need to get our act together as opposition coalitions," Abdulhamid said.
The dissident, who has been living in exile in the United States since 2005, compared the apparent lack of unity among Syria's opposition to Kosovo's own political divisions in the late 1990s between pacifist leader Ibrahim Rugova and armed rebels.
"Somehow they've managed to make it work so that gives us a hope that we can also rise above the differences and make transition to democracy in Syria something viable," Abdulhamid said.
The ethnic Albanian Kosovo Liberation Army launched an uprising against the regime of President Slobodan Milosevic in 1997. Serbia's response provoked international condemnation and led to NATO's 78-day bombing in 1999 that ended the crackdown on separatist ethnic Albanians and brought Kosovo under U.N. administration. About 10,000 people died in the Kosovo conflict.
Russia supports Serbia in rejecting Kosovo's declaration of independence, which many countries, including the U.S. and most EU countries, support.
Ammar Abdulhamid, an exiled anti-Assad activist, said that seeing a new country "emerging out of the nightmare and emerging as a state" could be inspiring for Syrian dissidents.
Assad's government has cracked down on a 13-month-old popular uprising in Syria, leading to an estimated 9,000-plus deaths.
"We are here to learn," Abdulhamid said during an interview with The Associated Press in Pristina. "Kosovo has gone through an experience that I think will be very useful to us in terms of how the different armed groups that formed the KLA (Kosovo Liberation Army) organized themselves."
Abdulhamid is one of three Syrian opposition activists visiting Kosovo, where they met former Kosovo rebels who fought a separatist war against Serbia in 1998-99. Serbia still rejects Kosovo's 2008 declaration of independence.
No details were given about the meetings with former rebels whose identities were not disclosed.
Syria's opposition has been criticized for failing to put up a more united front.
"We really need to get our act together as opposition coalitions," Abdulhamid said.
The dissident, who has been living in exile in the United States since 2005, compared the apparent lack of unity among Syria's opposition to Kosovo's own political divisions in the late 1990s between pacifist leader Ibrahim Rugova and armed rebels.
"Somehow they've managed to make it work so that gives us a hope that we can also rise above the differences and make transition to democracy in Syria something viable," Abdulhamid said.
The ethnic Albanian Kosovo Liberation Army launched an uprising against the regime of President Slobodan Milosevic in 1997. Serbia's response provoked international condemnation and led to NATO's 78-day bombing in 1999 that ended the crackdown on separatist ethnic Albanians and brought Kosovo under U.N. administration. About 10,000 people died in the Kosovo conflict.
Russia supports Serbia in rejecting Kosovo's declaration of independence, which many countries, including the U.S. and most EU countries, support.
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http://rt.com/news/syrian-opposition-studies-terror-tactics-in-kosovo-585/
RT - May 4, 2012
Syrian opposition studies terror tactics in Kosovo
A delegation of Syrian rebels has made a deal with Pristina authorities to exchange experience on partisan warfare. The Syrian opposition is sending militants to Kosovo for adopting tactics and being trained to oust President Bashar Assad’s regime.
On April 26, a delegation of Syrian opposition members made a stop in Pristina on their way from the US to hold talks on how to make use of the experience of the Kosovo Liberation Army (KLA) in Syria, reports the Associated Press.
So far, a poorly-organized Syrian opposition has proven unable to self-organize and form a steady front against the forces of President Assad.
Terror tactics used by militants allow them to kill military and governmental officials, but do not help to hold positions against a regular army.
“We come here to learn. Kosovo has walked this path and has an experience that would be very useful for us,” says the head of the Syrian delegation Ammar Abdulhamid, a Syrian-born human rights activist and dissident. “In particular, we’d like to know how scattered armed groups were finally organized into the KLA.”
Syrian opposition leaders have promised to immediately recognize Kosovo once they seize power in the country.
“We’re in vital need of joint actions as a coalition opposition,” stressed Ammar Abdulhamid, a long-time opponent of the Syria’s President Bashar Assad. In 2005, he left Syria to settle in the US.
The training camp on the Albanian-Kosovo border that has welcomed Syrian attendees was originally organized by the US to help the KLA train its fighters.
The Kosovo Liberation Army (KLA) was considered a terrorist organization by the US, the UK and France for years until, in 1998, it was taken off the list of terrorists with no explanation given. The KLA used to have up to 10 per cent of underage fighters in its ranks.
There were numerous reports of the KLA having contacts with Al-Qaeda, getting arms from that terrorist organization, getting its militants trained in Al-Qaeda camps in Pakistan and even having members of Al-Qaeda in its ranks fighting against Serbs.
In 1998-1999 Kosovo separatists started an armed conflict with Belgrade to split the Kosovo region from Serbia. The war in the region was marked with mass atrocities and executions of the civilian population. Most of the Serbs that used to live in Kosovo became refugees.
In 2008, 10 years after the beginning of armed conflict with Serbia, Kosovo unilaterally proclaimed independence from Belgrade. Kosovo’s independence has been recognized by leading Western countries, most members of NATO and countries associated with the bloc.
The same horrors that were witnessed during the war in Kosovo are now apparently being prepared for the multi-confessional Syrian population by Islamist Syrian Liberation Army trained in Muslim Kosovo in the middle of Europe.
The Syrian Liberation Army group that actually formed the delegation to Kosovo has been fighting with the Syrian government for over a year now. This stand-off has claimed well over 9,000 lives, about half of them Syrian servicemen, law enforcers and officials.
Lately, the militants have been squeezed out of the Syrian cities and their positions along the Syrian-Turkish border. Being unable to turn the tide independently, the Syrian Liberation Army has been addressing to its foreign sponsors to start a military intervention into Syria to topple President Bashar Assad.
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