Piazza del Quirinale, Roma
Pregiatissimo Signore,
siamo rimasti molto colpiti nell’apprendere che una fotografia che ci ricorda le dolorosissime esperienze che il nostro popolo ha sofferto sotto l’occupazione dell’esercito italiano per ben ventinove mesi, è ampiamente utilizzata nello Stato di cui Ella è presidente per aizzare all’odio verso il nostro popolo. Abbiamo appreso che l’uso di questa fotografia è partito dalla sua pubblicazione sul sito del Ministero dell’interno della Repubblica italiana e che, nonostante le rimostranze fatte l’anno scorso dalle Autorità slovene all’Ambasciatore Alessandro Pietromarchi, quest’anno la fotografia ha avuto una diffusione molto maggiore fino ad essere impiegata in una popolarissima trasmissione del servizio pubblico televisivo il 13 febbraio u.s.
Ancora nel 2007, quando ha ancora parlato di “furia sanguinaria”, Ella ha ribadito “un solenne impegno di ristabilimento della verità”. E nel 2011, quando ha ricordato di aver detto al nostro presidente che bisogna “non restare ostaggi degli eventi laceranti del passato”, Ella ha ribadito che “ciascun paese ha il dovere di ricordare la propria Storia, di non cancellare le tracce delle sofferenze subite dal proprio popolo”. E poi quest’anno Ella ha affermato che “impegnarsi a coltivare la memoria e a ristabilire la verità storica è stato giusto e importante”. E in tutti questi anni Ella ha parlato della “congiura del silenzio”. Ma lo Stato italiano non si è limitato alla “congiura del silenzio”, bensì ha inventato, sostenuto e diffuso un “negazionismo” per quanto riguarda l’attività criminosa delle Forze armate e dell’Amministrazione civile italiane nei confronti del popolo sloveno, tanto nella provincia di Lubiana quanto nella Venezia Giulia, da condizionare una talmente crassa ignoranza che dirigenti scolastici e studenti universitari esibiscono la fotografia dei nostri concittadini trucidati dalla soldatesca italiana come prova delle violenze subite da civili italiani da parte dei partigiani sloveni. Comportamento ignominioso inimmaginabile in qualsiasi ambiente civile.
Eppure la legge del Giorno del Ricordo parla in generale “della più complessa vicenda del confine orientale” della quale fanno parte, per colpa dello Stato italiano, le nostre inenarrabili tragedie.
Dopo l’aggressione, senza la dichiarazione di guerra, italo-germanica del 6 aprile 1941siamo stati annessi al Regno d’Italia con il regio decreto legge 3 maggio 1941, n. 291, che istituiva la provincia di Lubiana. La nostra area faceva parte del distretto di Logatec (Longatico di 564,78 km2 e con 24.710 abitanti) ed è stata affidata alla Guardia di Frontiera dell’XI° Corpo d’Armata al cui comandante fu affidato l’internamento della popolazione civile. Un documento del 25 maggio 1942 ha previsto la deportazione della popolazione civile “della zona sud Koceviano e del solco di Lož-Stari trg” per un totale di 10-12 mila persone “quasi esclusivamente donne, bambini e vecchi”. Ma il 31 maggio 1942 con i reparti della Guardia alla Frontiera della zona è stato istituito l’XI° raggruppamento tattico agli ordini del colonnello Alberto Seraglia cui è stato in seguito unito l’VIII° battaglione CC.NN. “M”. Già il 29 e 30 giugno furono arrestate per la deportazione 255 persone.
La situazione si è aggravata a partire dal 16 luglio 1942 nel corso dell’offensiva del XI Corpo d’Armata che è durata fino al 4 novembre e dovrebbe essere conosciuta al popolo italiano come parte “della più complessa vicenda del confine orientale”. Quanto è successo nella nostra zona è descritto nelle relazioni di Umberto Rosin, commissario civile del distretto di Logatec (Longatico). Per quanto è successo nella parte orientale della nostra zona, rastrellata dalla divisione “Granatieri di Sardegna” comandata dal generale di divisione Taddeo Orlando, si ha una narrazione struggente nel diario di Pietro Brignoli cappellano militare del 2° reggimento granatieri, comandato allora dal colonnello Umberto Perna, pubblicato nel 1973 con il titolo “Santa messa per i miei fucilati”. Importantissime sono le considerazioni pubblicate alle pagine 124-127.
Come dettaglio che illustra i fatti del tempo e della ristrettissima zona in cui fu scattata la fotografia in questione indichiamo i delitti commessi in soli quattro giorni:
a) 29 luglio 1942 a Dane passate per le armi 8 persone: tre donne, cinque maschi;
b) 29 luglio 1942 a Grajševka passato per le armi 1 maschio;
c) 29 luglio 1942 a Jermendol passati per le armi 9 maschi;
d) 29 luglio 1942 a Podcerkev passati per le armi 5 maschi;
e) 30 luglio 1942 a Podgora passati per le armi 2 maschi;
f) 30 luglio 1942 a Babno polje passati per le armi 40 maschi;
g) 30 luglio 1942 a Lož passati per le armi 7 maschi;
h) 31 luglio 1942 a Križna gora passati per le armi 5 maschi;
i) 1° agosto 1942 ad Ulaka passati per le armi 27 maschi;
Tra questi 104 (sui 271 passati per le armi nei mesi di luglio ed agosto dai reparti al comando del colonnello Seraglia) si trovano alla lettera h) i cinque fucilati della fotografia in questione, costretti prima della fucilazione a scavare la propria tomba. Che così i soldati italiani usavano fare soffrire la popolazione civile slovena lo provano cinque fotografie scattate probabilmente il 25 luglio 1942 con l’ intervento di un reparto di camicie nere a Zavrh a nord di Lož.
Lo Stato italiano si è impegnato con l’articolo 29 dell’armistizio lungo del 29 settembre 1943 all’immediato arresto e consegna alle Forze delle Nazioni Unite delle persone indicate come criminali di guerra. Questo impegno è stato confermato con l’articolo 45 del trattato di pace con l’Italia del 10 febbraio 1947, ma non ci risulta che la Repubblica italiana abbia onorato questo impegno. Il comandante della divisione “Granatieri di Sardegna” Taddeo Orlando (nominato il 26 marzo 1943 cavaliere dell’Ordine militare di Savoia per l’attività svolta in Slovenia dal maggio 1941 al settembre 1942) era comandante generale dei Carabinieri quando Mario Roatta, generale già comandante della 2a Armata (Comando superiore FF. AA. Slovenia-Dalmazia) dal 18 marzo 1942 al 4 febbraio 1943, era in arresto per altre imputazioni. Il 4 marzo 1945 Roatta poté fuggire grazie alla connivenza di Orlando. Della sorte del colonnello Umberto Perna e del colonnello Alberto Seraglia non si sa nulla, del comandante dell’VIII° battaglione CC.NN. “M” non conosciamo nemmeno il nome. Il mancato rispetto degli impegni presi per la punizione dei criminali di guerra certamente non fa onore all’Italia, come non fa onore il mancato rispetto degli articoli 185--189 del Codice penale militare di guerra. E dopo questo disonore si è arrivati anche all’indecente appropriazione dei nostri caduti.
Noi siamo convinti che Ella come galantuomo provvederà a far cessare l’abuso della fotografia in questione che disonora la Repubblica italiana sia dal punto di vista di falso storico sia dal punto di vista di uno scriteriato vittimismo nazionalista. Inoltre noi ci aspettiamo di vederLa impegnata a far conoscere al popolo italiano quella parte “della più complessa vicenda del confine orientale” che riguarda la popolazione slovena della Provincia di Lubiana e della Venezia Giulia. Ci permettiamo pure di consigliarLe di impegnarsi affinché il Giorno del Ricordo venga spostato al 10 giugno in ricordo della nefasta aggressione alla Francia, data del vero inizio delle disgrazie del popolo italiano. Siamo infatti certi che con tale cambiamento crescerà la credibilità dello Stato italiano. Inoltre auspichiamo che ci vengano forniti i dati completi sull’attività dei reparti operanti nella nostra zona insieme con i dati sugli ufficiali di tali reparti. Non per intentare dei tardivi procedimenti penali, ma semplicemente per poter procedere ad una descrizione completa “della più complessa vicenda del confine orientale” in cui fummo, nostro malgrado, tragicamente coinvolti.
Il nostro movimento di liberazione ha considerato i soldati italiani e il popolo italiano delle vittime del fascismo. I soldati presi prigionieri furono rispediti ai loro reparti dopo un tentativo di convincerli di passare dalla parte giusta. Il problema dei “militari prigionieri restituiti dai ribelli” preoccupava i comandi italiani quantomeno dal 29 gennaio 1942. Nel marzo del 1942 il Partito comunista della Slovenia ha diffuso un volantino in cui si diceva “che all’Italia associata con la Germania toccherà una terribile sconfitta sul mare, sulla terra ed in cielo dalle forze unite di Russia, Inghilterra e d’America e di tutti i popoli del mondo che amano la libertà”. Il 28 maggio 1942 un commissario politico ha scritto al comandante di un presidio italiano: “Noi, che ci spetta la responsabilità di questa guerra, siamo coscienti che lo scopo della nostra lotta non è lo sterminio del popolo italiano, bensì la liberazione del popolo sloveno dal tallone dello straniero, ma anche la liberazione dell’Italia e di tutto il mondo dal giogo fascista di mancanza di diritti, di terrore, di miseria e di guerra, per la fratellanza e la pace tra i popoli”. Pochissimi militari italiani hanno fatto la scelta giusta e soltanto nell’aprile del 1943 fu possibile costituire il primo modestissimo reparto partigiano italiano. Dopo l’8 settembre 1943 fu chiesto a tutti i reparti italiani di unirsi all’esercito sloveno per combattere contro le forze armate germaniche. Anche allora i militari italiani non hanno aderito, ma ciò non ostante sono stati aiutati dal nostro esercito a rimpatriare. Il 73° reggimento fanteria, partito con altri reparti da Metlika, ha attraversato la nostra zona il 13 settembre 1943 ed è arrivato illeso alle porte di Trieste.
Complessivamente il popolo sloveno, trattenendo (tra Provincia di Lubiana e Venezia Giulia) quasi 90.000 soldati italiani, ha contribuito in misura ragguardevole alla caduta del fascismo, permettendo all’Italia di diventare cobelligerante, e, successivamente, ostruendo le vie per il rifornimento dell’esercito germanico, alla liberazione dell’Italia.
Infine ci permettiamo di svolgere alcune considerazioni che riteniamo veramente indispensabili per capire il passato.
Fin dai tempi biblici si sa che “Chi semina vento, raccoglie tempesta”. Come laureato in legge Ella senz’altro conosce l’antica massima giuridica “Quod est causa causae est causa causati”. Ma fondamentale è la quarta parte delle considerazioni di don Pietro Brignoli: “Di tanti e così gravi mali (e son ben lungi dall’averli enumerati tutti) è madre la guerra. Spunti quindi il giorno in cui tutti gli eletti combattano da eroi contro di essa.
Ora, lasciare il popolo italiano ad ignorare la causa della causa ed incolpare del causato il popolo sloveno, equivale all’aizzare contro un popolo che ha combattuto per i valori fondanti della futura Unione europea, ed allo stesso tempo costituisce un esecrabile sostegno alle elucubrazioni ed alle macchinazioni degli eredi spirituali del fascismo.
Con ossequio
Cerknica, 29 febbraio 2012
Miro Mlinar
presidente dell’associazione dei combattenti per i valori della lotta di liberazione nazionale di Cerknica
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ZDRUŽENJE BORCEV ZA VREDNOTE NOB - CERKNICA
ASSOCIAZIONE DEI COMBATTENTI PER I VALORI DELLA LLN - CERKNICA
Lettera al pregiatissimo signore Giorgio Napolitano
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INDICE DEGLI ALLEGATI
1. Fotografia della fucilazione di cinque abitanti di Dane su Križna gore il 31 luglio 1943 (dal libro »Zbornik fotografij iz narodnoosvobodilnega boja slovenskega naroda 1941-1945«, II, 1., p. 365, Ljubljana 1959, già pubblicata nel libro »Mučeniška pot k svobodi«, p. 31, Ljubljana 1946).
2. Due fotografie dello scavo delle tombe da parte dei fucilandi il 25 luglio 1942 presso Zavrh (dal libro »Zbornik fotografij...« citato, p. 371; la prima fotografia è stata già pubblicata nel libro »Mučeniške pot ...«, p. 30).
3. Tre fotografie dello scavo delle tombe da parte dei fucilandi il 25 luglio 1942 presso Zavrh (dal libro »Zbornik fotografij...« citato, p. 372).
4. Relazione del commissario civile di Logatec Umberto Rosin del 20 luglio 1942 e relazione dello stesso del 30 luglio 1942 (dal libro di Tone Ferenc »Si ammazza troppo poco«, p. 153, documenti n. 21 e n. 22, Ljubljana 1999).
5. Relazione del 30 luglio 1942 (dal libro »Si ammazza...«, p. 154, documento n. 22).
6. Relazione del 30 luglio 1942 (dal libro »Si ammazza...«, p. 155, documento n. 22).
7. Relazione del 30 luglio 1942 (dal libro »Si ammazza...«, p. 156, documento n. 22).
8. Relazione del 30 luglio 1942 (dal libro »Si ammazza...«, p. 157, documento n. 22).
9. Relazione del commissario civile di Logatec Umberto Rosin del 30 luglio 1942 e Relazione dello stesso del 31 agosto 1942 (dal libro si Tone Ferenc »Si ammazza...« , p. 159, documento n. 23 e p. 160, documento n. 26, Ljubljana 1999).
10. Relazione del 31 agosto 1942 (dal libro »Si ammazza...«, p. 161 e 162, documento n. 26, Ljubljana 1999).
11. Considerazioni del cappellano militare del 2° reggimento »Granatieri di Sardegna« Pietro Brignoli (dal libro »Santa messa per i miei fucilati«, pp. 124-127, Milano 1973).
12. Trascrizione del documento del comandante dell'XI° Corpo d'Armata generale Mario Robotti del 25 maggio 1942 sullo »Sgombero delle popolazioni« (dal sito »http://www.criminidiguerra.it/ARBISS1.shtml«). 13. Nomi originali e nomi italianizzati dei comuni della Provincia di Lubiana (da Provincia di Lubiana in Wikipedia); si vede che si è trattatato di una proposta di »pulizia etnica« nel campo della toponomastica perchè per alcuni comuni non è stata ancora operata la scelta tra le due forme proposte.
14. Quadro di battaglia della Guardia alla Frontiera del V° e dell'XI° Corpo d'Armata al 30 novembre 1942 (dal libro di Massimo Ascoli »La guardia alla frontiera«, p. 355 e 356, Roma 2003) con parziale applicazione della »pulizia etnica« toponomastica.
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ZDRUŽENJE BORCEV ZA VREDNOTE NOB - CERKNICA
ASSOCIAZIONE DEI COMBATTENTI PER I VALORI DELLA LLN - CERKNICA
Lettera al pregiatissimo signore Giorgio Napolitano PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA ITALIANA
AGGIUNTA
Annessionismo
Si ha notizia di un promemoria (da verificare) con cui l'ambasciatore del Regno di Sardegna conte Cotti di Brusasco nel 1817 avrebbe segnalato all' imperatore russo Aleksandr I il desiderio del suo sovrano Vittorio Emanuele I di estendere i propri dominii fino alle »Alpi della Carniola«.
Nel 1845 è stato pubblicato a Torino il libro »Le Alpi che cingono l' Italia considerate militarmente« che con l'allegata carta geografica costituisce la base »scientifica« per la teoria del »confine naturale« lungo la linea di displuvio. Ma tale linea è stata tracciata senza tener conto della natura carsica del territorio e dei corsi sotterranei delle acque.
Intorno al 1880 la casa editrice Francesco Vallardi di Milano ha pubblicato la carta geografica »Le Alpi Giulie colle loro Dipendenze italiane del Friuli Orientale ed Istria« con il »Diversorio dell'acqua e confine naturale« che passa per Ljubljanski vrh (819 m) a soli 22 km da Lubiana. Qualche edizione di questa carta riporta due linee arretrate, probabilmente in relazione alla constatazione che in questa zona i corsi d'acqua si inabbissano.
Nel 1918 la brigata Avellino ha marciato verso il presunto »confine naturale« ma quando il presidente del Consiglio nazionale di Logatec ha fatto presente al comandante che si trova ben oltre la linea spartiacque il comandante ha risposto che vede che l'acqua si inabissa, ma non vede dove corre sotto terra. Così l'esercito italiano ha occupato per la prima volta la zona di Logatec, rimanendovi fino all'attuazione del Trattato di Rapallo.
Poi sono arrivati il 6 aprile e il 3 maggio 1941 con tutte le conseguenze prevedibili e previste.
Allegati:
a) Le Alpi Giulie colle loro dipendenze italiane del Friuli orientale ed Istria (il »confine naturale« nella zona Logatec (Loitsch inf.) - Lož (Laas)), b) Carta corografica (1:200.000) della zona in questione (a colori).