Ljubodrag Duci Simonović - јун 10, 2012 · by nedjeljnilistborba
Par Daniel Salvatore Schiffer - 26 Juillet 2012
JUGOINFO 3 settembre 2004
JUGOINFO 28 agosto 2008
(42) Serbia 1 1 2 4
( 14 ) Parigi 1924 2 0 0 2
( 21 ) Amsterdam 1928 1 1 3 5
( 25 ) Berlino 1936 0 1 0 1
( 24 ) Londra 1948 0 2 0 2
( 21 ) Helsinki 1952 1 2 0 3
( 26 ) Melbourne 1956 0 3 0 3
( 18 ) Roma 1960 1 1 0 2
( 19 ) Tokyo 1964 2 1 2 5
( 16 ) Città del Messico 1968 3 3 2 8
( 20 ) Monaco 1972 2 1 2 5
( 16 ) Montreal 1976 2 3 3 8
( 14 ) Mosca 1980 2 3 4 9
( 9 ) Los Angeles 1984 7 4 7 18
( 16 ) Seul 1988 3 4 5 12
Slovenia
( 52 ) Barcellona 1992 0 0 2 2
( 55 ) Atlanta 1996 0 2 0 2
( 35 ) Sydney 2000 2 0 0 2
( 64 ) Atene 2004 0 1 3 4
Croazia
( 44 ) Barcellona 1992 0 1 2 3
( 45 ) Atlanta 1996 1 1 0 2
( 48 ) Sydney 2000 1 0 1 2
( 44 ) Atene 2004 1 2 2 5
( 57 ) Pechino 2008 0 2 3 5
Bosnia-Erzegovina
( - ) Atlanta 1996 0 0 0 0
( - ) Sydney 2000 0 0 0 0
( - ) Atene 2004 0 0 0 0
( - ) Pechino 2008 0 0 0 0
Repubblica ex-jugoslava di Macedonia - FYROM
( 70 ) Sydney 2000 0 0 1 1
( - ) Atene 2004 0 0 0 0
( - ) Pechino 2008 0 0 0 0
Repubblica Federale di Jugoslavia,
dal 2004: Unione di Serbia-Montenegro
( 41 ) Atlanta 1996 1 1 2 4
( 42 ) Sydney 2000 1 1 1 3
( 62 ) Atene 2004 0 2 0 2
Doping politicoFonte: il manifesto, 7.08.2012
Autore: Manlio Dinucci
Tra le squadre alle Olimpiadi di Londra ce n’è una multinazionale, formata da giornalisti che, allenati da coach politici, eccellono in tutte le discipline della falsificazione. La medaglia d’oro va ai britannici, primi nello screditare gli atleti cinesi, descritti come «imbroglioni, scherzi di natura, robot». Un secondo dopo che la nuotatrice Ye Shiwen ha vinto, la Bbc ha insinuato il dubbio del doping. Il Mirror parla di «brutali fabbriche di addestramento», in cui gli atleti cinesi vengono «costruiti come automi» con tecniche «ai limiti della tortura», e di «atleti geneticamente modificati».
La medaglia d’argento va al Sole 24 Ore che, tramite l’inviata Colledani, descrive così gli atleti cinesi: «La stessa faccia squadrata, la stessa concentrazione militaresca, fotocopia l’uno dell’altro, macchine senza sorriso, automi senza eroismo», creati da una catena di montaggio che «sforna ragazzini come bulloni», costringendoli alla scelta «piuttosto che fame e povertà, meglio disciplina e sport». C’è nostalgia a Londra dei bei tempi andati, quando nell’Ottocento i cinesi venivano «scientificamente» descritti come «pazienti, ma pigri e furfanti»; quando gli imperialisti britannici inondavano la Cina col loro oppio, dissanguandola e asservendola; quando, dopo che le autorità cinesi ne proibirono l’uso, la Cina fu costretta con la guerra a cedere alle potenze straniere (tra cui l’Italia) parti del proprio territorio, definite «concessioni»; quando all’entrata del parco Huangpu, nella «concessione» britannica a Shanghai, c’era il cartello «Vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi». Liberatasi nel 1949, la nuova Cina, non essendo riconosciuta dagli Usa e dai loro alleati, venne di fatto esclusa dalle Olimpiadi, alle quali poté partecipare solo nel 1984. Da allora è stato un crescendo di successi sportivi. Non è però questo a preoccupare le potenze occidentali, ma il fatto che la Cina sta emergendo come potenza in grado di sfidare il predominio dell’Occidente su scala globale. Emblematico che perfino le uniformi della squadra Usa alle Olimpiadi siano made in China. Dal 2014 saranno usate solo quelle made in America, ha promesso il Comitato olimpico Usa, organizzazione «non profit» finanziata dalle multinazionali.
Che, con le briciole di quanto ricavano dallo sfruttamento delle risorse umane e materiali di Asia, Africa e America latina, finanziano il reclutamento di atleti da queste regioni per farli gareggiare sotto la bandiera a stelle e strisce. La Cina invece considera «lo sport come una guerra senza uso di armi», accusa il Mirror. Ignorando che la bandiera olimpica è stata issata da militari britannici, che hanno usato le armi nelle guerre di aggressione. La Cina è l’ultima ad avere «atleti di stato», accusa Il Sole 24 Ore. Ignorando che, dei 290 olimpionici italiani, ben 183 sono dipendenti statali in veste di membri delle forze armate, poiché solo queste (per una precisa scelta politica) gli permettono di dedicarsi a tempo pieno allo sport. Una militarizzazione dello sport, che il ministro Di Paola chiama «binomio sport-vita militare, fondato su un’etica condivisa, caratteristica dell’appartenenza ad un corpo militare così come ad un gruppo sportivo». Allora quella contro la Libia non è stata una guerra, ma l’allenamento per le Olimpiadi.
Da: Fabio MuzzolonData: 13 agosto 2012 20.05.45 GMT+02.00in margine alle Olimpiadi (e alle vacanze), un fatto sfuggito sul croato bilingue che ha battuto la nostra medaglia d'argento Massimo Fabbrizi nel tiro a volo...
SULLA MINORANZA ITALIANA IN CROAZIA.
Mi trovavo da quelle parti quando il tiratore croato, medaglia d'oro olimpica, Giovanni Cernogoraz, professione cameriere di famiglia, veniva festeggiato nella sua Città Nova, in slavo Novi Grad, sulla costa istriana. Il cronista della RAI era un po' imbarazzato davanti a questo nome un po' ibrido ed esotico. Un cognome forse strano per un atleta della minoranza italiana che in casa parla dialetto veneto-istriano, cognome scritto in grafia italiana ma che in serbo-croato significa "montenegrino" o di qualche altro Monte Nero nei paraggi, a conferma che le identità non sono mai del tutto separate e definitive.
Qualcuno avrà pensato: ma come può esserci un italiano in Croazia, ex Tito-slavia, non erano stati tutti cacciati o "infoibati"? Eppure da fonti croate si sa che gli italiani dichiarati (senza timori o pigrizie di dichiararsi!) sono almeno 20.000 nella sola Croazia, ma il rappresentante della Comunità Italiana (Talijanska Zajednica) di Dignano-Vodnjan dice che potrebbero aggirarsi sui 35.000, ma la presenza di moltissimi "misti" -tipica eredità jugoslava- rende il conto molto difficile. Tanto più arduo contare gli Istriani e Dalmati che usano l'italiano o il croato in modo bilingue nonostante il crescente centralismo croato. Intanto sempre di più da noi si sente dire "Vado a Porec in Croazia" quando in italiano sarebbe preferibile "Vado in Istria, a Parenzo".
Olimpiadi: il sogno infranto degli atleti kosovari
Il veto di Divac
Non solo le olimpiadi
Arrivederci a Rio
http://nedjeljnilistborba.wordpress.com/2012/07/09/olimpijske-igre-mit-i-stvarnost/
LJUBODRAG SIMONOVIĆ: OLIMPIJSKI PLAMEN
LONDONSKE OLIMPIJSKE IGRE. IGRE SMRTI.
Olimpijske igre.
Najznačajnija svetkovina kapitalističkog sveta.
„Plava loža“ je puna.
Dželati čovečanstva su na okupu.
Tu je i kraljica.
Britanska kraljevska kuća…
Najkrvavija zločinačka organizacija za koju istorija zna.
London slavi!
Bojni brodovi, avioni, rakete, policajci, komandosi…
Pravi olimpijski ambijent.
Fanfare, olimpijska koračnica…
Roboti marširaju.
Ave cæsar! Morituri te salutant!
Kraljica maše.
Kraljica se smeje.
Kraljica zeva.
„Golubi mira“ nestaju u tami otrovanog neba.
To su Olimpijske igre, budalo!
Smej se!
Svi moraju biti srećni!
„Sport je najjeftinija duhovna hrana za radne mase -
koja ih drži pod kontrolom.“
Stari, dobri Kuberten.
Znao je kako treba vladati.
Olimpijske igre.
Bile su „festival mladosti“.
Sada su festival smrti.
Kraljica je zadremala.
Neka je.
Neka utone u večni san.
Kao i Bler, Buš, Klinton, Sarkozi, Obama…
Kao i svi kapitalistički zlikovci.
Spavajte! – olimpijski anđeli.
Spavajte! – olimpijski gadovi.
I nikada se nemojte probuditi.
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