Le bombe di Monti sull'Afghanistan

la Redazione - Domenica 15 Luglio 2012 13:14

La Jugoslavia l'aveva già dimostrato: i «democratici», americani o italiani che siano, amano i bombardamenti a tappeto

Il Manifesto di oggi, 15 luglio, dedica giustamente un grande spazio alle notizie provenienti dall'Afghanistan. Cosa ci dicono queste notizie? Che gli aerei italiani schierati ad Herat stanno prendendo parte a veri e propri bombardamenti a tappeto del suolo afghano. La notizia può stupire solo i pacifinti alla Flavio Lotti (Tavola della pace), specializzati nel credere alle menzogne di politici e generali. In realtà l'Italia ha sempre partecipato a pieno alla guerra di occupazione dell'Afghanistan. Tuttavia le notizie odierne meritano qualche commento.

Ricordate i cosiddetti «caveat» che avrebbero dovuto limitare l'uso dei militari e delle armi italiane in azioni di guerra? Questi limiti altro non erano che un trucchetto per far accettare la partecipazione del nostro paese al conflitto, cercando (peraltro inutilmente) di salvare la faccia degli allora parlamentari (2006-2008) di Prc, Pdci e Verdi impegnati nei vari voti di rifinanziamento della «missione».

Che quei limiti non vi fossero è stata sempre cosa nota, ed oltretutto confermata dalle tante testimonianze sul campo. Ora, però, siamo all'ufficializzazione. Il perché è presto detto. Il 28 gennaio scorso, il ministro Di Paola - un ammiraglio alla Difesa, come si conviene ad un governo golpista -, così si esprime in parlamento: «Intendo far sì che i nostri militari e tutti i loro mezzi schierati in teatro siano forniti delle dotazioni e capacità necessarie a garantire la massima sicurezza possibile del nostro personale e dei nostri amici afgani e alleati». Ovviamente nessun cenno ai caveat, visto che questo governo non ne ha bisogno.

Questo passaggio viene silenziato dai media e accettato dal Pd. Eppure non si può dire che Di Paola sia stato reticente, vista la seguente precisazione: «Tutti i mezzi che abbiamo verranno utilizzati sulla base di tutte le loro capacità». Dunque, se si schierano dei bombardieri sarà ovviamente per bombardare. Più chiaro di così. Eppure, in questo strano paese la cosa non ha destato alcuna reazione degna di nota. Interessante, in particolare, il silenzio-assenso del Pd.

Questi «democratici», al pari dei loro omonimi a stelle e strisce (ieri Clinton, oggi il nobel Obama), amano i bombardamenti, meglio se a tappeto. Fu così anche per la Jugoslavia, quando l'ex comunista, allora diessino, oggi «democratico» D'Alema invio i caccia italiani a bombardare il paese balcanico, dicendo che i suoi aerei non sganciavano bombe, ma partecipavano semplicemente a non meglio precisate operazioni di «difesa integrata». Una presa in giro pari solo alla faccia tosta dell'allora primo ministro. Alla fine delle operazioni aeree saranno gli stessi alleati a riconoscere che l'Italia era stata solo seconda - dopo gli Usa, ma prima della Francia e della Gran Bretagna - per numero di raid sulla Jugoslavia.

Una situazione analoga si è determinata anche nel 2011 con l'aggressione alla Libia, con una partecipazione italiana alla  guerra voluta in primo luogo da Napolitano, cioè da un altro esponente «democratico», oggi non casualmente insediato dalle oligarchie euro-atlantiche al Quirinale, in barba all'art. 11 della Costituzione e a tutto ciò che dovrebbe conseguirne.

La partecipazione degli Amx italiani ai ripetuti bombardamenti nella provincia di Farah, nell'Afghanistan sud-occidentale, di cui ha già parlato il Sole 24 Ore nei giorni scorsi, non può dunque stupire. Solo gli ipocriti amano le ipocrisie. Ce lo ricorda il generale Mini: «Bombardiamo con gli Amx? Se è per quello, gli elicotteri Mangusta possono fare ancora più male. Hanno fatto almeno 300 missioni. Proprio qualche settimana fa un collega mi ha parlato di un'operazione con 60 insorti uccisi. Non erano Amx ma elicotteri». (il manifesto, 15 luglio 2012)

La realtà della criminale guerra d'occupazione dell'Afghanistan è davanti a noi. Così pure il pieno coinvolgimento in essa dell'Italia. E' una guerra che non domerà la coraggiosa resistenza afghana, alla quale va tutto il nostro sostegno. Ma questa occupazione, che dura da 11 anni, è anche qualcosa di più, specie per un paese come l'Italia: è il segno dell'accettazione della «normalità» della guerra. Un altro segnale di un imbarbarimento crescente. Se così non fosse non potremmo avere i Monti, le Fornero, i Di Paola al governo.


Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" 
Data: 16 luglio 2012 22.14.16 GMT+02.00
Oggetto: [JUGOINFO] Gli italiani bombardano anche in piena estate

 



Escalation militare italiana in Afghanistan: ma chi ne parla?


16 Luglio 2012

di Fausto Sorini, segreteria nazionale, responsabile esteri PdCI

“Dunque la guerra non va in vacanza, nemmeno per gli italiani – scrive Tommaso Di Francesco sul Manifesto di domenica 15 luglio. Ora è ufficiale: i nostri quattro cacciabombardieri Amx del 51esimo stormo dispiegati a Herat stanno bombardando a tappeto il nemico talebano”. 

La conferma ufficiale dell'escalation militare italiana in Afghanistan viene dalle dichiarazioni del generale Luigi Chiapperini, comandante del nostro contingente.

“Chi ha autorizzato l’entrata nella guerra aerea dell’Italia in Afghanistan? È stato il governo «tecnico», sostenuto da Pdl, Udc e Pd. E in particolare il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, il ministro che più tecnico non si può: è ammiraglio ed è stato comandante delle forze Nato. Lo stesso che in questi giorni muove lobby militar-industriali e schieramenti politici connessi per ottenere l’approvazione di ben 90 cacciabombardieri F-35, che ci costeranno 10 miliardi, nella finanziaria rivisitata dalla spending review, che taglia spese sociali, welfare e pensioni. Altro che conflitto d’interessi. È stato lui il 28 gennaio scorso, nel silenzio generale, a informare la Commissione difesa del parlamento della decisione di usare sul campo afghano «ogni possibilità degli assetti presenti in teatro, senza limitazione» armando gli Amx che fino a quel momento volavano senza bombe”.

Così dal 27 giugno i tremila soldati italiani impegnati a terra sono supportati dal cielo anche dagli Amx con armamento micidiale e sistemi sofisticati di precisione.

Ancora una volta è chiaro che l’Italia è in guerra, ma chi ne parla? Il Parlamento tace, non una sola voce critica si è levata. E all'Ammiraglio Di Paola è riuscito oggi, nel silenzio-assenso pressochè generale, quello che ieri non era riuscito al ministro Ignazio La Russa: che nel novembre del 2010 aveva proposto di armare gli aerei italiani in Afganistan, suscitando – all'epoca – una levata di scudi generale. Adesso nulla.

“I pantani di guerra in corso e quelli nuovi che si annunciano – scrive ancora De Francesco - aiutano le leadership occidentali a sostenere il «percorso di guerra» – parola di Monti – dentro la crisi del capitalismo globale, del loro modello di sviluppo. Perché sostengono la spesa militare e le caste collegate, stabiliscono gerarchie e irrobustiscono alleanze militari come la Nato, rendendole l’unico vero strumento attivo, criminale e «democratico», di intervento nella realtà”. 

Ora dal conflitto afghano tutti dichiarano di voler uscire (mentre si prepara la guerra alla Siria..), ma intanto l’obiettivo immediato delle forze NATO, Italia compresa, resta quello di vincere militarmente sul campo. Qualcuno dica che è ora di farla finita, qualcuno prenda la parola per le migliaia di civili straziati dalle bombe dei raid aerei ora anche «nostri».

Il PdCI denuncia l'escalation del coinvolgimento militare italiano nella guerra afghana, chiede il ritiro delle nostre truppe, invita tutte le forze di pace e fedeli al dettato costituzionale, dentro e fuori il Parlamento, a fare la loro parte e a non rendersi complici di questa ennesima barbarie ad utilizzare le risorse risparmiate per fronteggiare i problemi sociali più acuti, provocati dalla crisi capitalistica e da una politica governativa e dell'Unione europea che scarica il peso della crisi sulle spalle dei ceti popolari.