(srpskohrvatski / italiano / english)

Divagazioni arancioni

1) Arancione evviva, ma è il colore giusto? / Naranđasto: dobro, ali je li to uprava boja? (E. Remondino)

2) Una scheda su AVAAZ ed il suo creatore Ricken Patel: si allunga il libro paga di Soros...


ALTRI LINK:

Sulla assemblea del movimento "arancione" << Cambiare si può >> si vedano ad esempio i report di Marco Santopadre:


http://www.contropiano.org/it/news-politica/item/13031-“cambiare-si-può”-reazioni-a-sinistra
http://www.contropiano.org/it/news-politica/item/12986-“cambiare-si-può”-cocci-e-buone-intenzioni

ed il commento video di Mario Albanesi:


Sulle attività della lobby di Soros a sostegno del fascismo in Georgia e della distruzione dello Stato laico e sovrano in Siria si veda:

Soros tente de relativiser le jihadisme en Syrie

Billionaires Bond in Tbilisi: Soros Connives with Ivanishvili

Tbilisi: Saakashvili Grants Paymaster Soros Georgian Passport



=== 1 ===

Al di là delle posizioni anti-serbe e anti-Milosevic di Remondino, un articolo che vale la pena di leggere. 
Claudia






di Ennio Remondino -
Quel colore caldo. L’arancione è un bellissimo colore, caldo, vivace come il rosso ma più naturale, meno aggressivo nelle differenze con il resto della tavolozza. Arancione sono diventate alcune “rivoluzioni” recenti, in paesi a noi vicini. Ed ecco che la tentazione di riproporlo in chiave italiana prende campo. Del resto chi non avrebbe votato l’arancione del sindaco di Milano Pisapia rispetto all’azzurro ingrigito con cui la sindaco Moratti aveva vestito palazzo Marino? Arancione dell’ex magistrato De Magistris rispetto al pasticcio di un rosso opaco e litigioso nella bella Napoli. O a Genova tra il disorganico Doria rispetto al doppio rosa di apparato. Arancione è mia simpatia personale, ma il riferimento storico lascia perplessi. Almeno quelli di noi che per mestiere e per età qualcosa di più hanno visto e ricordano. Ed ecco un semplice “Amarcord”, promemoria delle vecchie “rivoluzioni arancione” da cui guardarsi, sottolinearne le differenze, prendere le distanze.
Arancioni a stelle e strisce. Il riferimento stampato è dal Manifesto del 30 Dicembre 2004. In Rai c’è senz’altro un Tv7 d’annata. Dai miei Balcani raccontavo di un «Serbo di Novi Sad», uno degli «istruttori» che ha allenato la piazza di Kiev contro il regime. Per idealità, dice, ma anche per soldi. I committenti? I governi Usa ed europei. E’ il «consigliere speciale» per l’Ucraina dell’American Freedom House. Accrediti professionali, Milosevic in galera all’Aja, Shevardnadze deposto in Georgia, e poi Yanukovic rovesciato. Tante trasferte e tanti «seminari sulla non violenza» tenuti da un ex colonnello della Cia, per lui e gli altri trainer. Chi paga?», chiedevo retoricamente allora, intervistando Stanko Lazendic. «Stanko è un giovane che nella vita ne ha viste molte, a cominciare dalla galera, che ha iniziato a frequentare dall’imporsi del regime di Milosevic. Diciassette arresti non sono male per un semplice leader studentesco, se mai Lazarevic è stato soltanto quello».
Storie lontane e utili memorie. Nulla di assimilabile a quanto di bello, di nuovo, di pulito, sta iniziando a muoversi in Italia. Ma ad evitare confusioni cromatiche, un ripassino di storia non guasta. Stanko Lazendic è stato uno dei fondatori del movimento studentesco serbo «Otpor», che vuol dire Resistenza, ed è da lì che parte tutto. Resistenza popolare e non violenta al regime di Milosevic in quel lontano 1998, quando il despota di Belgrado era ancora equivocamente corteggiato da molte cancellerie occidentali incerte fra l’adottarlo e il fargli guerra. Otpor nasce allora, ed è probabilmente l’unico erede del vasto movimento “antipartitico” di piazza che negli anni precedenti aveva quasi dato la spallata decisiva al potere della famiglia Milosevic. Poi i partiti tradizionali, anche quelli democratici, si erano ingoiati sia la «Rivoluzione dei fischietti» dell’ inverno `96-`97, sia le speranze di cambiamento interno senza interventi armati “umanitari”.
La fantasia al potere, ma non solo. Otpor rivoluziona la liturgia della politica, con i colori delle bandiere, nelle parole d’ordine, nella leadership collettiva, nella musica sparata in piazza a tutto volume, e nel costante sberleffo al potere. L’anima slava, sepolta sino allora nell’auto commiserazione, ne approfitta per tirare fuori la prorompente carica d’ironia e auto ironia della sua amara irriverenza. Ce l’avrebbero fatta da soli e prima e meglio, quelli di Otpor, con tutto il popolo serbo, se qualche stratega di Washington non avesse già deciso, in quella metà del 1998, che Milosevic serviva per collaudare la forza militare della Nato come guardiano del fronte Est dell’Impero. Quando, il 24 marzo del 1999 sulla Jugoslavia iniziano a piovere le bombe, Otpor si arruola, assieme a tutta la Serbia, non accanto a Milosevic, ma contro la Nato. Per loro quelle bombe sono insensate. Puntano al despota e colpiscono il popolo serbo e quello kosovaro. Memoria.
Quell’aiutino in più. La fantasia al potere della protesta, ma anche qualche soldino in più per manifesti, striscioni, apparato legale di difesa, bandiere, radio libere e Internet pirata. Molti di quegli studenti ormai abbondantemente fuori corso sembrava avessero studiato molto durante il duro inverno della guerra, lezioni sul come scardinare un rozzo apparato di potere per seppellirlo sotto il ridicolo della sua sostanziale impotenza. Anche Stanko Lazendic aveva studiato. In trasferta a Budapest, nella vicina Ungheria che ancora non chiedeva il visto per i serbi; altri suoi amici nel protettorato Nato della Bosnia o in quello statunitense del Montenegro. «Seminari» li chiamavano gli organizzatori, sulla «Resistenza non violenta». Due le cose interessanti che riesco ad ottenere dalla memoria di Stanko: il nome di almeno un «docente» e le molte sigle di chi pagava i conti di quelle trasferte di «studio». Che centra tutto questo con i nostri “arancioni”? Nulla, solo conoscere.
Rivoluzione col guanto di velluto. Nel marzo del 2000, uno dei docenti di Stanko all’Hilton di Budapest, fu un certo Robert Helvi, già colonnello della Cia, operativo a Rangoon e Burma. Lezioni per ogni movimento anticomunista che si rispetti, tecnica del Colpo di Stato col Guanto di Velluto. Quanti siano «pochi» i soldi che pagano le loro originali prestazioni professionali, Stanko Lazerdic non lo dice. In compenso ci racconta dei suoi committenti. «A volte le organizzazioni studentesche, a volte direttamente i loro finanziatori». La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, ci dice Stanko Lazendic, esce dai conti correnti di Us Aid, l’organizzazione governativa statunitense, o dall’Iri, l’Istituto Internazionale Repubblicano (il partito allora di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi), o dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche «Friedrich Ebert» e «Konrad Adenauer», o dalla britannica «Westminster». La pecunia che puzza.
Ovviamente è solo storia. Storia che pochi avranno l’opportunità di leggere su libri ufficiali che trattano di quelle ormai lontane (ma non lontanissime) vicende. Rispetto alle iniziative italiane in itinere con l’Arancione come colore simbolo di aggregazione pulita e innovativa, tutto questo valga soltanto come lontano ammonimento o non fidarsi di eventuali amici troppo organizzati. O troppo generosi. Sempre Stanko mi raccontava -documenti alla mano- che contro Shevarndnadze in Georgia, pagava Soros. La serba Otpor in formato esportazione partorì successivamente «Kmara» (Basta) a Tbilisi, e «Pora» (E’ ora) a Kiev. Non soltanto bei colori, ma anche slogan efficaci. Ma è poi così lontano, estraneo alla recente esperienza politica italiana tutto questo astruso e lontano racconto? Da quanto tempo il marketing pubblicitario è entrato in politica e di fatto la condiziona? Quando pesa oggi il web della rabbia e gli slogan dell’indignazione senza una proposta autentica?


Naranđasto: dobro, ali je li to uprava boja?

Ennio Remondino


Ta topla boja. Naranđasto je jako lijepa boja, živahna kao i crvena, ali prirodnija, manje agresivna u odnosu na razlike čitave palete. Naranđaste su nazvane izvjesne «revolucije» u nekim nama susjednim zemljama. I evo javlja se tendencija da ta boja prevlada i na talijanskom tlu.

Uostalom , tko ne bi glasao naranđastu boju milanskog gradonačelnika Pisapia u odnosu na plavu, što se pretvara i izblijedjelo sivu bivše gradonačelnice Moratti, kakva je u njeno vrijeme bila milanska gradska uprava, sa sjedištem u palači Marino? Naranđasto bivšeg suca De Magistrisa u odnosu na crvenu brlju, bez imalo sjaja, u posvađanom Napulju? Ili u Genovi, između Dorie, koji je bio nametnut izvana, u odnosu na dvostruko ružičastu upravnog aparata? Naranđasto je meni lično simpatična boja, ali historijske reference takvog su tipa, da moraju izazvati zapanjenost. Bar kod onih među nama, koji su s razloga profesije ili zbog godina vidjeli malo više i malo više pamte. Evo mog sjećanja, moje verzije fellinijevskog «Amaracorda», potsjetnika na «naranđaste revolucije», koje su se prilično davno dogodile i kojih se i te kako treba čuvati, podvlačiti njihove međusobne razlike i držati se što dalje od njih.

Bile su to naranđaste revolucije sa zvijezdama i sa prugama. Tako je pisao «il Manifesto» 30 decembra 2004. Sigurno u RAI-ju postoju o tome snimljeni zapis iz te godine u rubrici «Tv 7»(dana) . Tada sam s «mog» Balkana pričao o «Srbinu iz Novoga Sada», o jednom od «instruktora», koji je uvježavao istupe protiv režima na ulicama i trgovima Kijeva. Zbog ideje, veli, ali i za novce. A ko su bili naručioci? Vlade SAD-a i Evrope. Tako je postao «spcijalni savjetnik» za Ukrajinu American Freedom House. Imao je profesionalne akreditacije, jer je Milošević bio u zatvoru u Haagu, Shavernadze je bio prisiljen dati ostavku u Gruziji, a zatim je srušen i Yanukovič.

Koliko samo putovanja i koliko seminara «o nenasilju», koje je držao bivši pukovnik CIA-e, za njega i za ostale njegove drugare. «Tko plaća? » -postavio sam tada retoričko pitanje, inervjuirajući Stanka Lazendića. «Ovo je mladić, koji je mnogo toga vidio u životu, počevši od zatvora, u koji je počeo odlaziti vrlo često, otkad je Milošević došao na vlast. Sedamnaest puta bio je hapšen, što uopće nije malo za studentskog vođu, ukoliko je Lazendić ikada jedino to i bio.»

Davne priče i korisna sjećanja.Ne mogu se uopće usporediti s nečim lijepim, novim, čistim, što se počinje dešavati u Italiji. Kako bi se izbjegle kromatske konfuzije, ne škodi malo osvježiti pampćenje. Stanko Lazendić bio je jedan od osnivača srpskog studentskog pokreta «Otpor», što znači Rezistencija, i odastle je sve počelo. Otpor naroda, nenasilni, Miloševićevom režimu te davne 1998 godine, kad su se tom beogradskom despotu licemjerno udvarale mnoge zapadne vladine kancelarije, koje nisu bile baš načisto s tim, da li treba da ga posvoje ili da s njim zarate. Otpor nastaje u tom času i vjerojatno je jedini nasljednik širokog «antistrančkog» pokreta, koji se prijašnjih godina razvio na gradskim ulicama i gotovo da je uspio sam zadati odlučan udarac vlasti porodice Milošević. Zatim su tradicionalne partije, pa čak i one demokratske, progutale i pojele «Revoluciju pištaljki» u zimu 1996-1997, kao i nade na unutrašnji prevrat bez oružanih «humanitarnih» intervencija.

Fantaziju na vlast, ali ne samo nju. Otpor je revolucionirao političku liturgiju, sa bojama svojih zastava, sa svojim parolama i lozinkama, sa kolektivnim vodstvom, s muzikom koja je grmila na trgovima te permanentnim kreveljenjem i izrugivanjem vlasti. Slavenska duša, dotad sahranjena pod naslagama sažaljevanja samih sebe, iskoristila je trenutak, da izbije napolje i ispolji svoju poletnu snagu ironiziranja pa i autoironije i ruganja i sebi i drugima s ogorčenim nepoštovanjem. Bili bi to uradili sami i bili bi to uradili bolje oni iz Otpora, uz pomoć srpskog naroda, da neki vašingtonski strateg nije već bio odlučio, tada - polovinom 1998- kako će Milošević poslužiti za kolaudiranje militarističke ubojne snage NATO-a , kao čuvara istočnog fronta Imperija. Kada marta mjeseca 1999 po Jugoslaviji počinju pljuštati bombe, Otpor se javlja u vojsku, kao i cijela Srbija, ne uz Miloševića, već protiv NATO-a. Za njih su te bombe van pameti. Gađaju despota, a pogađaju srpski narod i narod na Kosovu. No to spada već u sjećanje.

Još jedna mala pomoć pri prisjećanju. Fantazija protesta na vlast, da, ali i ponešto parica za letke, za parole, za plaćanje advokata, za zastave, za slobodne radio stanice i za piratski Internet. Mnogi od tih studenata, koji su već odavna bili apsolvirali, čini se da su jako mnogo učili te zime u kojoj je Otpor zaratio s režimom: učili su kako izglaviti i razmraditi izvjestan grubi aparat moći i sahraniti ga, učinivši ga smješnim, zbog vlastite suštinske nemoći. I StankoLlazendić je također to učio. Premjestivši se u Budimpeštu, u susjednoj Mađarskoj, koja tada još nije tražila vize za srpske građane; i drugi njegovi prijatelji iz NATO-ovog protektorata u Bosni i Hercegovini ili iz američkog protektorata u Crnoj Gori bili su također tamo. Organizatori su to nazivali «seminarima» o «nenasilnom otporu». Dvije stvari uspio sam izvući iz Stankovog pamćenja: ime bar jednog od «docenata» na seminaru i nazive mnogih organizacija, koje su plaćale račune za ta putovanja i «studijske» boravke.

A kakve to veze ima s našim «naračastima»? Nikakve, ali neka se zna.

Revolucija u rukavicama od somota. U martu 2000 godine jedan od «docenata», koji je poučavao Stanka u hotelu Hilton u Budimpešti, bio izvjestni Robert Helvi, koji je kao pukovnik CIA-e , već bio operativac u u Rangoonu i u Burmi. Koliko je to nešto «parica», što su ih dobijali za svoje vrlo originalno profesionalno djelovanje, Stanko Lazendić nije želio kazti. Zato je govorio i opisivao vlastite naručioce. «Rjeđe su to same sudentske organizacije, a češće direktno oni, koji ih financiraju».

Demokratska velikodušnost Srbije, Ukrajine, Gruzije itd, tvrdi nam Stanko Lazendić, proističe direktno sa tekućih računa organizacija kao što je US AID, vladina organizacija Sjedinjenih Država, ili IRI, Internacionalni Republikanski Institut (tada Bushova stranka) ili od njegov rođeni brat, Demokrati (NDI), ili je to fondacija Soros ili pak fondacija Freedom House, ili su to njemačke organizacije «Friedrich Ebert» i «Konrad Adenauer» ili pak britanska «Westminster». Novac koji zaudara.

Naravno ovo je samo historija. Historija, koju će malo njih imati prilike čitati u službenim knjigama i udžbenicima povijesti, koje govore o tim davnim (ali ne predavnim) događanjima. U odnosu na talijanske incijative, koje su pokrenute s Naranđastom bojom, kao simbolom za nova i čista politička zajedništva, sve ovo treba da bude samo upozorenje izdaleka, koliko treba vjerovati izvjesnim malo previše organiziranim prijateljima. Ili prijateljima malo previše široke ruke. Stanko mi je to neprestano ponavljao – s dokumentima u ruci – kako je pobunu protiv Šavernazea u Gruziji platio Soros. Srpski otpor u eksport –formatu potom je porodio «Kmara»(Dosta!) u Tbilisiju i «Porà» (Vrijeme je!) u Kijevu. Nije se samo radilo o krasnim bojama, već i o efikasnim parolama. I, na kraju krajeva, da li je toliko daleka i strana, s obzirom na skorašnja talijanska politička iskustva, ta komplicirana i davna priča? Otkad je reklamni marketing ušao u politiku i otkad je on ustvari uslovljava? Šta danas može učiniti razbješnjeli web i koliko mogu uraditi indignirani slogani, ukoliko ne postoji autentični politički prijedlog?


(prijevod: Jasna Tkalec)



=== 2 ===

Da: Raffaele Simonetti

Oggetto: R: [JUGOINFO] Canadian Minister praises Ustasha supporter Stepinac

Data: 30 novembre 2012 18.25.53 GMT+01.00


Cari compagni del CNJ,

questa vostra denuncia del ministro canadese Jason Kenney (senz'altro sacrosanta, presumo) mi ha molto stupito per il semplice fatto che invitiate a firmare la petizione dell'organizzazione Avaaz.

Su Avaaz e sul suo fondatore Ricken Patel allego una scheda (compilata per mio uso personale, non la si trova in rete) che dovrebbe essere di per sé illuminante.

Eventuali residui dubbi dovrebbero essere fugati dal notare che Ricken Patel figura all'89esimo posto nella graduatoria, uscita in questi giorni, del "100 eroi" Foreign Policy:

http://www.foreignpolicy.com/articles/2012/11/26/the_fp_100_global_thinkers?page=0,53#thinker89

saluti
Raffaele Simonetti
(Milano)

P.S.  in relazione alla provvidenziale  TOP 100 di Foreign Policy ho raccolto, più chiaramente, in questa pagina tutti i personaggi della classifica:
http://www.webalice.it/raffaele.simonetti/archives/FP_la_Top_100_2012_dei_pensatori_globali.html
che mi riprometto di arricchire chiosando brevemente i soggetti più interessanti e noti in Italia.
Per adesso ho iniziato con Rick Patel di Avaaz e accennato a Mario Draghi (avevate notato che precede George Soros ma è dietro le Pussy Riot ?).


Ricken Patel / Avaaz.org

Avaaz - Wikipedia

avaaz.org -WHOIS
Created On:01-Oct-1997
Registrant Name:Ricken Patel


Avaaz: Salvare gli oceani, impegnarsi per i rinoceronti, bombardare la Siria - 24 aprile 2012
… Leggo che l''ong è nata nel 2007 per iniziativa di altre organizzazioni, le principali delle quali sono MoveOn e ResPubblica.
La prima è un influente gruppo di azione politica on line presieduta da Eli Paliser (membro anche della seconda), politicamente vicino al partito democratico di Obama e dei Clinton (ministro ed ex presidente), e in passato finanziata (circa 5 milioni di dollari, stando a wikipedia) dal miliardario George Soros. …

Come Avaaz sponsorizza la propaganda di guerra - 7 marzo 2012

Come si abbattono i regimi - Giulietto Chiesa - 18 febbraio 2012

Sostenere il governo USA senza saperlo: il grave esempio di “Avaaz” - 18 febbraio 2012
… “Avaaz” è infatti una ONG creata da Ricken Patel, personaggio politicamente ben schierato a destra che gode del sostegno finanziario del patron della multinazionale informatica “Microsoft” Bill Gates e della Fondazione Rockefeller (il cui ruolo a favore dei governi americani è ben spiegato in quest’altro articolohttp://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmp5a13.htm ). Non è tutto: “Avaaz” collabora strettamente con la famosa Fondazione Soros, una struttura vicina all’attuale governo statunitense e ai suoi servizi segreti che viene utilizzata per organizzare disordini e golpi nei paesi che in qualche modo non ubbidiscono ai diktat di Washington oppure che non autorizzano le grandi aziende occidentali a entrare nel loro mercato nazionale. …

Senate report: Funds funneled to private contractors in drug war go untracked - Brian Bennett - 8 giugno 2011
U.N. Secretary-General Ban Ki-moon, center left, accepts a End the War on Drugs petition last week from Ricken Patel, center right, of the advocacy group Avaaz, at U.N headquarters. Also pictured: former Brazilian President Fernando Henrique Cardoso, left, and Virgin Group chief Richard Branson. (Charles Sykes / Associated Press)

Fernando Henrique Cardoso

In this photograph taken by AP Images for Avaaz, UN Secretary-General Ban Ki-moon, center left, accepts the 'End the War on Drugs' petition from Avaaz Executive Director Ricken Patel, center right, accompanied by Richard Branson, right, and Fernando Henrique.

Can Avaaz change the world in a click? - Sarah Bentley 9 febbraio 2011
Patel has probably been preparing for this role all his life. Born in Edmonton, Canada, to a Russian-English mother and a South African-born Indian father it’s no surprise hisaffinity is with a global rather than national idea of citizenship. Aged 3, he knew about theCold War and the structure of the human cell and by 6 was striking up conversationsabout colonialism. He went to school on a Native Indian Reservation where he enduredbullying but, having read about the communities’ plight, claims to have felt empathy withhis persecutors. “I’ve always felt solidarity with people suffering injustice,” he says. “My theory is that my Mum gave me so much love I’ve always had extra to give.”

Kevin Libin: The third party no one talks about - Kevin Libin - 20 settembre 2010

Ricken Patel Bio - luglio 2010
… Ricken was voted "Ultimate Gamechanger in Politics" in 2009 by the Huffington Post and was named a Young Global Leader by the Davos World Economic Forum. Prior to Avaaz he lived in Sierra Leone, Afghanistan and other countries in conflict, and worked for the International Crisis Group, the Rockefeller Foundation, the International Center for Transitional Justice, and Res Publica. …

The new diplomacy: challenges for British foreign policy - 16 luglio 2007
The Rt Hon David Miliband MP, Secretary of State for Foreign and Commonwealth Affairs
Co-moderated by Dr Robin Niblett, Director, Chatham House and Ricken Patel, Executive Director, Avaaz.org