Aggiornamenti dalla Slovenia
1) L’austerity non si tocca, vietati referendum su banche e privatizzazioni (Contropiano.org)
2) "Mazzette" per i carri armati? (Italintermedia.globalist.it)
LINK: Il Coro partigiano triestino alla TV slovena (VIDEO)
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Mercoledì 19 Dicembre 2012 16:28
Slovenia: l’austerity non si tocca, vietati referendum su banche e privatizzazioni
di Marco Santopadre
La Corte Suprema slovena ha deciso: il popolo non potrà votare sui soldi pubblici regalati alle banche e sulla privatizzazione delle aziende pubbliche. E ora il premier di destra Jansa vuol far proibire anche il referendum sui tagli agli stipendi. E' la democrazia, bellezza!
La Corte costituzionale slovena ha deciso oggi di vietare i referendum che miravano ad abrogare due leggi che fanno parte del cosiddetto “pacchetto anti-crisi” del governo conservatore di Janez Jansa, quelle sul risanamento delle maggiori banche (alla quale il governo ha già regalato ingenti finanziamenti pubblici) e sulla gestione unificata delle aziende pubbliche (che comporterà tagli e licenziamenti). A parere del massimo organo legislativo del paese i referendum in questione “potrebbero avere conseguenze anticostituzionali”.
I due quesiti erano stati promossi dai deputati del partito Slovenia Positiva (maggiore formazione dell'opposizione di centro-sinistra), guidato dal sindaco di Lubiana Zoran Jankovic, secondo cui le due leggi non gioverebbero affatto alla ripresa dell'economia slovena e invece aprirebbero le porte a una veloce privatizzazione di molte società pubbliche di importanza strategica per lo sviluppo del Paese.
La legge sul risanamento delle banche, che dopo il pronunciamento di oggi della Corte costituzionale potrà entrare subito in vigore, prevede invece l'istituzione di una ''banca debole'' pubblica, una bad bank che si addosserebbe i crediti inesigibili e altre ''proprietà finanziarie tossiche'' delle maggiori banche commerciali del Paese. Tutto ciò naturalmente a spese dei contribuenti. Ed in attesa della completa privatizzazione delle banche pubbliche ancora esistenti, annunciata per il 2013.
Ma il governo di destra di Jansa non è ancora soddisfatto per aver ottenuto un no della Corte Suprema all’esercizio di democrazia del popolo sloveno. Il premier ha detto che intende chiedere alla Corte il parere sulla possibile anticostituzionalità di un terzo referendum, promosso questa volta dai sindacati, contro la legge di bilancio per il 2013 e il 2014. I sindacati si oppongono agli ulteriori tagli degli stipendi dei dipendenti pubblici, previsti nei bilanci per i prossimi due anni, e per fermarli hanno avviato una raccolta di firme per indire il referendum abrogativo. Chi sa se almeno questo la ‘democratica’ Slovenia glie lo lascerà fare…
La Corte costituzionale slovena ha deciso oggi di vietare i referendum che miravano ad abrogare due leggi che fanno parte del cosiddetto “pacchetto anti-crisi” del governo conservatore di Janez Jansa, quelle sul risanamento delle maggiori banche (alla quale il governo ha già regalato ingenti finanziamenti pubblici) e sulla gestione unificata delle aziende pubbliche (che comporterà tagli e licenziamenti). A parere del massimo organo legislativo del paese i referendum in questione “potrebbero avere conseguenze anticostituzionali”.
I due quesiti erano stati promossi dai deputati del partito Slovenia Positiva (maggiore formazione dell'opposizione di centro-sinistra), guidato dal sindaco di Lubiana Zoran Jankovic, secondo cui le due leggi non gioverebbero affatto alla ripresa dell'economia slovena e invece aprirebbero le porte a una veloce privatizzazione di molte società pubbliche di importanza strategica per lo sviluppo del Paese.
La legge sul risanamento delle banche, che dopo il pronunciamento di oggi della Corte costituzionale potrà entrare subito in vigore, prevede invece l'istituzione di una ''banca debole'' pubblica, una bad bank che si addosserebbe i crediti inesigibili e altre ''proprietà finanziarie tossiche'' delle maggiori banche commerciali del Paese. Tutto ciò naturalmente a spese dei contribuenti. Ed in attesa della completa privatizzazione delle banche pubbliche ancora esistenti, annunciata per il 2013.
Ma il governo di destra di Jansa non è ancora soddisfatto per aver ottenuto un no della Corte Suprema all’esercizio di democrazia del popolo sloveno. Il premier ha detto che intende chiedere alla Corte il parere sulla possibile anticostituzionalità di un terzo referendum, promosso questa volta dai sindacati, contro la legge di bilancio per il 2013 e il 2014. I sindacati si oppongono agli ulteriori tagli degli stipendi dei dipendenti pubblici, previsti nei bilanci per i prossimi due anni, e per fermarli hanno avviato una raccolta di firme per indire il referendum abrogativo. Chi sa se almeno questo la ‘democratica’ Slovenia glie lo lascerà fare…
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Lubiana, "mazzette" per i carri armati?
Un'indagine dei giudici finlandesi mette sotto accusa il premier Janez Jansa, che per una fornitura militare da 160 milioni avrebbe incassato una percentuale del dieci per cento
giovedì 20 dicembre 2012
giovedì 20 dicembre 2012
La procura finlandese ha aperto un procedimento per corruzione e spionaggio industriale a carico di 6 nuovi imputati nel caso della fornitura di armi da parte del gruppo «Patria» al governo sloveno, avvenuta nel 2006. La procura sospetta un passaggio di “mazzette” intascate da alcuni politici sloveni ed elargite dalla ditta finlandese, con l’intento di aggiudicarsi il contratto per la costruzione di 135 carri armati destinati a Lubiana. Il contratto risale al 2006, e fra i politici coinvolti c’è anche il premier Janez Jansa, che al tempo era al suo primo mandato in qualità di primo ministro. Fra i sei indagati ci sono l’ex direttore esecutivo del «Patria group» e della sua controllata «Patria Vehicles».
La partita di carri armati faceva parte del programma di Lubiana di adattamento del proprio equipaggiamento militare agli standard richiesti dalla Nato, dopo l’entrata del Paese nell’Alleanza atlantica nel 2004. «Gli imputati - si legge nel comunicato della magistratura finlandese - sono sospettati di aver partecipato alla promessa o concessione di tangenti in forma di commissioni di pagamento attraverso intermediari, in cambio dell’azione di alcuni pubblici ufficiali sloveni e di alcuni militari. Tra questi - prosegue il comunicato - compaiono il primo ministro e il vicecapo dell’esercito sloveno, poiché si ritiene abbiano influito nella procedura di acquisizione dei veicoli».
La tangente sarebbe corrisposta al 10 per cento del valore della vendita, «che superava i 160 milioni di euro». Jansa è attualmente già sotto processo, e fino ad ora ha negato ogni accusa. L’ordine di 135 veicoli militari si è ridotto nel frattempo a 30. Durante le indagini da parte della procura finlandese, è emerso anche che «alcuni documenti segreti appartenenti a un concorrente austriaco di Patria sono stati trovati in possesso dei sospettati», da cui la seconda accusa di spionaggio industriale.
(fonte http://italintermedia.globalist.it 20 dicembre 2012)