A proposito del paradossale conferimento del Premio Nobel per la Pace alla Unione Europea rimandiamo anche ai nostri post recenti:
Na dodjelu Nobelove nagrade Europskoj Uniji - http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7517

---

Le texte originelle:
Annie Lacroix-Riz, historienne, éclaire l’absurdité du Prix Nobel de la paix attribué à l’UE
http://www.michelcollon.info/Une-historienne-eclaire-l.html?lang=fr

---

http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custcn12-012050.htm

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 12-12-12 - n. 433

Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Uno storico spiega l'assurdità del Nobel per la pace all'UE
 
Intervista a Annie Lacroix-Riz pubblicata sul mensile Bastille-République-Nations, 29/10/2012
 
06/12/2012
 
Annie Lacroix-Riz, è docente emerito di Storia contemporanea presso l'Università di Parigi VII - Denis Diderot. Autrice di numerosi libri, ha studiato soprattutto le origini e i promotori della Comunità europea (cfr. in particolare: L'intégration européenne de la France : la tutelle de l'Allemagne et des États-Unis, Paris, Le Temps des Cerises, 2007). Quando la giuria del Nobel per la Pace ha annunciato il 12 ottobre la sua scelta di premiare quest'anno l'Unione europea, BRN ha voluto raccogliere la sua reazione e il suo commento.
 
BRN - L'Unione europea ha ricevuto il Nobel per la pace di quest'anno. Qual è stata la sua prima reazione all'annuncio della giuria di Oslo?
 
ALR - Tutto subito la notizia poteva essere scambiata per una bufala. Ma nel nostro mondo dell'assurdo, è un'onorificenza in linea con le scelte della giuria del Nobel dell'ultimo periodo. Questa decisione non si può dire che non sia ridicola: sia per la politica attuale che per le origini della UE.
 
BRN - Una politica che lei giudica bellicista...
 
ALR - Per ora, la UE interpreta il ruolo del soldatino della Nato, come ha fatto fin dalla sua nascita. L'Unione europea in quanto tale e molti dei suoi stati membri sono implicati in quasi tutte le guerre "periferiche" degli ultimi venti anni.
 
BRN - Tuttavia, in quanto storico, lei insiste sulle origini tutt'altro che pacifiche della UE. Potrebbe chiarire questa analisi?
 
ALR - Gli archivi, fonti per eccellenza della ricerca storica, svelano le vere origini e obiettivi della UE, escludendo l'idea di una "deriva" recente, tanto strombazzata.
 
BRN - Lei parla, in particolare, della dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, spesso citata come l'atto fondante dell'"avventura europea"...
 
ALR - Sì, le circostanze specifiche in cui fu adottata, meritano un esame. Il giorno dopo, il 10 maggio 1950 quindi, doveva svolgersi a Londra una riunione molto importante della neonata Organizzazione dell'Alleanza atlantica, NATO, a sua volta fondata un anno prima. All'ordine del giorno il via libera ufficiale al riarmo della Repubblica Federale Tedesca (RFT), che Washington chiedeva a gran voce da due anni (1948). Le strutture e il personale della Wehrmacht erano stati mantenuti in varie associazioni di facciata. Ma quattro anni dopo la sconfitta del nazismo, il semaforo verde al riarmo era quasi impossibile da far digerire alle popolazioni, in particolare in Francia. La creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), annunciata dal ministro francese degli affari esteri Robert Schuman, aveva permesso di eludere o ritardare l'annuncio ufficiale richiesto dai funzionari degli Stati Uniti, del riarmo in corso.
 
BRN - Che cosa motivava questa strategia degli Stati Uniti?
 
ALR - Nel mese di marzo 1947, nel suo famoso "discorso al Congresso", il presidente Truman chiedeva prestiti per salvare la Grecia e la Turchia sotto l'ineluttabile "attacco" dell'URSS (il cui nome non veniva pronunciato). In questo modo, aveva inizio il grande accerchiamento politico-militare dell'URSS. In realtà, Washington si preparava per un futuro confronto con questo paese, già tra il 1942 e il 1945, epoca in cui era un alleato militare imprescindibile per sconfiggere la Germania. Una tessera fondamentale di questo confronto era la creazione di un'Europa occidentale integrata.
 
BRN - Sono quindi i leader americani che hanno spinto per l'integrazione europea?
 
ALR - Sì. Washington intendeva imporre un'Europa unita sotto il controllo della Repubblica federale di Germania, paese in cui le strutture capitalistiche erano più concentrate, più moderne, più vincolate agli Stati Uniti (che avevano investito miliardi di dollari tra le due guerre) e più integre (l'80% del potenziale industriale era intatto nel 1945). Questa Europa sarebbe stata priva di barriere alle esportazioni di merci e capitali statunitensi: le ragioni dei dirigenti d'oltre oceano non erano solo geopolitiche, ma anche economiche.
 
BRN - E i paesi europei?
 
ALR - Gli Stati Uniti, hanno pressato gli alleati dell'Europa Occidentale, non molto entusiasti di unirsi così rapidamente con il nemico di ieri. Hanno usato spietatamente l'arma finanziaria, condizionando l'accesso ai crediti del "Piano Marshall" alla formazione di una "entità" europea integrata, requisito formulato chiaramente nel discorso di Harvard del 5 giugno 1947.
 
BRN - Ma qual era lo stato d'animo dei leader della Germania occidentale?
 
ALR - Dal 1945 al 1948, prima ancora dell'istituzione formale della RFT, si sono posti senza tregua come "i migliori alunni della classe, in Europa", secondo una strategia ben calcolata: ogni progresso nell'integrazione europea equivaleva a un offuscamento progressivo della sconfitta e costituiva un segno della ripresa del potere perduto. Anche resuscitando il tema della "parità dei diritti" del dopoguerra precedente.
 
BRN - Un'affermazione audace...
 
ALR - Era l'analisi dei diplomatici francesi di allora, posta, in generale, da prima della guerra e chiarisce quello chi era percepito come un pericolo, come dimostrano le loro note e gli avvisi informali. Perché, ufficialmente, il discorso era quello di salutare il luminoso orizzonte europeo.
 
BRN - Può spiegare questo "offuscamento progressivo della sconfitta" previsto dalle élite di Bonn?
 
ALR - Hanno ottenuto rapidamente l'abbandono delle limitazioni alla produzione imposte dagli accordi di Yalta e Potsdam: nei fatti, dal 1945 nelle zone occidentali e sul piano del diritto dal lancio del Piano Marshall nell'estate del 1947. I dirigenti della Germania dell'Ovest hanno fatto proprio il discorso di Gustav Stresemann (Ministro degli Esteri dal 1923-1929) tra le due guerre mondiali e del Sindaco di Colonia Adenauer: gli "accordi di Locarno" (1925) garantivano - sulla carta - i confini occidentali della Germania (non quelli orientali), motivando nel 1926 l'attribuzione a Stresemann e al suo collega francese Briand... del Nobel per la pace. Berlino ha intonato il ritornello del riavvicinamento europeo con l'esplicita condizione della parità di diritti ("Gleichberechtigung"). Vale a dire l'abbandono delle clausole territoriali e militari del Trattato di Versailles con il recupero dei territori perduti nel 1918 (e l'Anschluss inteso come "europeo" dall'Austria) e la revoca del divieto sulle industrie di guerra.
 
BRN - Possiamo quindi tracciare un parallelo con la Germania dell'Ovest dopo la Seconda Guerra Mondiale?
 
ALR - Il diplomatico francese Armand Berard scrive a Schuman nel febbraio 1952 che Konrad Adenauer (il primo cancelliere della Germania dell'Ovest, 1949-1963) potrà, in base alla "forza superiore (messa...) a disposizione" dagli americani contro l'URSS, costringere quest'ultima "a una soluzione in cui abbandoni i territori dell'Europa centrale e orientale che attualmente domina" (RDT e Austria incluse). Anticipazione straordinaria di quello che sarebbe stato realizzato quasi quattro decenni più tardi...
 
BRN - Riassumendo, l'Unione europea è stata quindi lanciata per volere americano e fortemente voluto dai dirigenti della Germania occidentale per i loro propri scopi...
 
ALR - Sì, cosa che ci allontana anni luce dalle storie romantiche sui "padri dell'Europa" ispirati dal "mai più" e impegnati esclusivamente nella costruzione di uno "spazio di pace", che i giudici del Nobel hanno ritenuto opportuno onorare. A questo proposito, si deve tener conto di altri protagonisti, in ruoli determinanti nell'integrazione europea.
 
BRN - Il Vaticano?
 
ALR - Si ricorda poco il suo ruolo geopolitico nella "costruzione europea" del XX secolo, ma, dopo la seconda guerra mondiale, i leader americani ne hanno, ancor più che dopo la prima guerra, considerato l'importanza cruciale. Inoltre occorre ricordare che dopo la fine del XIX secolo e più che mai dopo la prima guerra mondiale con Benedetto XV (Papa dal 1914 al 1922), il rapporto tra Reich e Vaticano ha plasmato il continente (Est compreso), come ho dimostrato nel libro Le Vatican, l'Europe et le Reich. Il tutto con l'approvazione degli Stati Uniti, a meno che le rivalità (economiche) tedesco-americane diventassero troppo forti. Infatti, le relazioni del trio si complicano quando gli interessi dei dirigenti d'oltre-Atlantico e al di là del Reno, divergono oltre misura. In questo caso, la preferenza del Vaticano va sempre alla Germania. La tensione massima è stata raggiunta durante le due guerre mondiali.
 
BRN - In particolare, Lei descrive un'Europa voluta da Washington e Bonn (poi Berlino). Ma queste due potenze non hanno necessariamente interessi coincidenti...
 
ALR - Assolutamente. E queste contraddizioni, evidenti nelle guerre dei Balcani del 1992-1999 (Michel Collon ne ha scritto nel suo libro del 1997, Le grand échiquier), si intensificano con l'aggravarsi della crisi. Ulteriore motivo per dubitare degli effetti "pacifici" dell'integrazione europea.
 
BRN - Ciò viene promosso anche da leader di altri paesi, come la Francia.
 
ALR - François Bloch-Lainé, alto funzionario delle Finanze diventato grande banchiere, fustigò nel 1976 la grande borghesia sempre pronta a "sfruttare le disgrazie della patria". Dal Congresso di Vienna (1815) al Collaborazionismo, passando da Versailles, si alleava con il cancelliere prussiano Bismarck contro la Comune, dal modello tedesco prima della guerra al modello americano del dopoguerra, questa classe dirigente cerca all'estero un "scudo socio-politico" contro il suo popolo.
 
BRN - Sarebbe anche una funzione dell'Unione europea?
 
ALR - Essenziale e per natura. Nell'attuazione della CECA nel 1954, un alto funzionario francese si felicitava che l'"Europa" avesse finalmente permesso al ministero delle Finanze di abolire le sovvenzioni che contenevano il prezzo dei beni di prima necessità. L'esatta citazione merita di essere ricordata: "La differenza fondamentale sta nel fatto che la politica europea poggia sull'alibi dell'esistenza di un corpo sovranazionale contrapposto agli interessi particolari, quando la politica tradizionale vuole attraverso i suoi governi porre a tali interessi l'indispensabile disciplina. Questo è stato possibile solo perché il ministro era in grado di scaricare la colpa su un organismo sovranazionale che gode di un certo grado di indipendenza dal governo". Quasi 60 anni dopo, l'Europa offre l'"alibi" delle sue istituzioni "indipendenti" - come la Banca centrale europea - per sottrarre le decisioni di ciascuna frazione nazionale del grande capitale al controllo e all'ira del suo popolo. Rimarchevole continuità che non incoraggia l'ottimismo circa la garanzia di pace "europea"...