IL COMITATO PER LA VITA DEL FRIULI RURALE

E GLI ANTIFASCISTI DELLA BASSA

 

TI INVITANO A

GRIS

DI

BICINICCO

ALLE ORE 14.30 DEL PRIMO NOVEMBRE

PER RICORDARE


UN CAMPO DI

CONCENTRAMENTO

FASCISTA RUBATO ALLA MEMORIA


avevamo visto costruire un campo enorme che sembrava fatto apposta per le belve feroci. Un giorno ci dissero che erano arrivati i Russi e allora andammo a curiosare con non poca paura, ma con nostra sorpresa scoprimmo che non erano diversi da noi. Più tardi arrivarono gli Sloveni e quando se ne andarono la gente si rubò ogni cosa ed ora una cava si è portata via anche la terra… a me è rimasto uno sgabello che ti affido…                         Marino Lestani di Cuccana

        

davanti alla cava Stefanel intervengono

 

L’A.N.P.I. PROVINCIALE, ALDEVIS TIBALDI, EDI MAURIGH

 

prolusione di

ALESSANDRA KERSEVAN

 

la posa di un cippo commemorativo sarà preceduta da un momento conviviale


Per dirla con le parole di Luis Sepulveda “un popolo senza memoria è un popolo senza futuro” e il caso del campo di concentramento di Gris di Bicinicco è la più eclatante dimostrazione che siamo alla deriva.

La memoria dei fatti che hanno macchiato la dignità del nostro popolo e, di converso, l’eroica guerra di liberazione sono state messe all’angolo e una società in cui si agitano false lusinghe, la partecipazione popolare viene sistematicamente disarmata e i luoghi della memoria negletti. I valori della Costituzione repubblicana nati dalla Resistenza vengono continuamente messi in dubbio e la stessa ricostruzione dei fatti storici, spesso abbandonata all’arbitrio di una informazione dozzinale, quando non ispirata dai rigurgiti di una nostalgia che si rifà al fascismo.

La memoria aggrega, può essere il collante che unisce generazioni; la memoria è la base per un umanesimo che costituisce il cemento di una convivenza civile ispirata al confronto e al dialogo costruttivo. Forse proprio per questo è trascurata. Ricordare la vergogna dei campi di concentramento sorti nella nostra regione è dunque un dovere imprescindibile e il ricordo deve trovare una costante ed appassionata diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado. Eppure quelle tremende vicende sono rimaste sepolte per anni, troppi. Troppe sono state le omertà, troppe le complicità e troppe le autoassoluzioni tese ad accreditare la facile convinzione degli “Italiani brava gente”.

 

Quelle che si sono avute nei due campi di Gonars e Gris sono vicende tremende. Erano sorti con l’idea di internare le migliaia di militari russi che la paranoia mussoliniana si era illusa di catturare in una guerra di invasione che, anziché vittoriosa, si è rivelata una tremenda disfatta. Diventarono ben presto, il luogo di detenzione e di morte per migliaia di donne, bambini e uomini sloveni e croati strappati dai luoghi natii per spopolare e terrorizzare le terre di conquista. Migliaia di esseri umani scaricati dai treni bestiame e poi avviati a piedi, talvolta sotto le ingiurie e gli sputi dei residenti storditi da una propaganda becera, sino a raggiungere i miseri alloggi di fortuna dei campi. La fame ed una denutrizione dovuta spesso alla avidità dei carcerieri ha reso la prigionia un inferno e in cinquecento morirono fra sofferenze inenarrabili.

 

Il campo di Gris (alias Campo A) fu inizialmente destinato alla prigionia di militari ed ex militari dell’esercito jugoslavo, poi, dopo averli trasferiti in altri luoghi di detenzione, nell’autunno del 1942 anch’esso si trasformò in un reclusorio per la popolazione civile, massimamente per i sopravissuti dell’altro infame campo insediato nell’isola di Arbe. Anch’esso fu, dunque,  un luogo di sofferenze e di morte, almeno sino al fatidico otto settembre, quando, con la fuga dei militari di guardia, i più si diedero alla macchia.

 
Ambedue i campi -e con essi il quartiere comando- furono ben presto saccheggiati e demoliti dalla popolazione residente, ma se quello di Gonars rimase pur sempre nella memoria dei più e facilmente identificabile, quello di Gris finì preda della avidità dei cavatori e di una Amministrazione che si prestò, e tuttora si presta, a far scomparire ogni traccia e riconoscibilità del luogo. Dopo decenni di oblio, il Comitato per la Vita del Friuli Rurale ha deciso di affidare la celebrazione del Campo di Gris ad Alessandra Kersevan, la massima  e coraggiosa autorità storica cui va il merito di aver dissepolto la verità dei lagher italiani e tenere alta la fiaccola dei valori della Resistenza.