Segnalazioni editoriali su Ustascia e dintorni
1) Pino Adriano e Giorgio Cingolani: LA VIA DEI CONVENTI
2) Alberto Becherelli: ITALIA E STATO INDIPENDENTE CROATO (1941-1943)
Sugli stessi temi si vedano anche:
Ante Pavelic - il duce croato
di Massimiliano Ferrara (KappaVu, 2008)
Il silenzio di Pio XII. Papa Pacelli e il nazifascismo
di Carlo Falconi (Kaos, 2006)
Dio è con noi! La Chiesa di Pio XII complice del nazifascismo
di Marco Aurelio Rivelli (Kaos, 2002)
Dittatore per caso
di Erik Gobetti (L'Ancora del Mediterraneo, 2001)
L'Arcivescovo del genocidio
di Marco Aurelio Rivelli (Kaos, 1999)
Il fascismo e gli ustascia - 1929-1941
di Pasquale Juso (Gangemi, 1998)
Ustascia tra il fascio e la svastica
di Giacomo Scotti (Incontri, 1976)
Genocidio nella Croazia satellite 1941-1945
di Edmond Paris (Club degli Editori, 1976)
La nostra pagina dedicata:
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Pino Adriano e Giorgio Cingolani
LA VIA DEI CONVENTI.
ANTE PAVELIĆ E IL TERRORISMO USTASCIA DAL FASCISMO ALLA GUERRA FREDDA
Mursia 2011
pagg.648 - ISBN 978-88-425-4666-5 - euro 20
«A volte distinti per nazionalità, a volte mescolati nelle stesse comitive, criminali di guerra tedeschi, austriaci e croati fuggirono tra il 1945 e il 1948 lungo la “via dei conventi” secondo piani prestabiliti dai tre principali artefici dell’esfiltrazione: l’ex colonnello delle SS Walter Rauff, il vescovo austriaco Alois Hudal e monsignor Krunoslav Draganović.»
IL LIBRO – L'organizzazione segreta ustascia, creata nel 1930 da Ante Pavelić, si batteva per l'indipendenza della Croazia dal regno di Jugoslavia. Ben presto, con il sostegno di Mussolini, Pavelić allestì le proprie basi clandestine in Italia e ramificò l'organizzazione in varie parti del mondo. Per un decennio il terrorismo ustascia si manifestò con sanguinosi attentati, come quello di Marsiglia del 1934, che costò la vita ad Alessandro I di Jugoslavia e al ministro degli Esteri francese Louis Barthou. Disgregata la Jugoslavia nel 1941, Hitler e Mussolini affidarono a Pavelić la guida dello Stato fantoccio croato. Il fanatismo confessionale e razzista degli Ustascia divenne terrorismo di Stato e i massacri perpetrati contro Serbi, Ebrei e Rom furono uno dei peggiori crimini del XX secolo. Fuggiti in Italia nel 1945 attraverso la «via dei conventi» e poi emigrati in Argentina, gli Ustascia continuarono a praticare la violenza fino alla morte di Pavelić, avvenuta in Spagna nel 1959, e anche in seguito.
Adriano e Cingolani mettono in luce, sulla base di documenti diplomatici e d'archivio di numerosi Paesi, gli intrecci che l'organizzazione ebbe con i governi che segretamente la sostenevano, tra cui il Fascismo prima ed esponenti del Vaticano poi, e rivelano le radici lontane dei più recenti conflitti in terra balcanica.
DAL TESTO – “I due ascoltarono la sua storia, la verificarono con le informazioni che avevano raccolto e alla fine gli proposero di mettere la sua esperienza di corriere al servizio dell'organizzazione. Jarschel accettò, ebbe una paga e un passaporto a tutta prova e qualche giorno dopo partì per la sua prima missione a Genova: aveva «un messaggio delicato» da consegnare personalmente «a un tale Draganović». Per un anno Jarschel fece la spola fra Milano, Genova e Roma. Quando accompagnava personaggi tedeschi di riguardo la scorta era quasi sempre formata da ex ustascia, talvolta da qualche ex fascista. Nella primavera del 1947 Jarschel dovette lasciare Milano per motivi di sicurezza. Un sacerdote tedesco venne a prenderlo a San Cristoforo con una vecchia Fiat e lo portò «in un convento di Milano, adiacente alla chiesa di San Lorenzo, in piazza Vetra». La sera stessa, accompagnati dal prete tedesco, sette fuggiaschi vestiti da frati partirono in treno per Roma. Jarschel stette qualche tempo «in clausura» con altri camerati nel convento di monsignor Hudal a Santa Maria dell'Anima; dovette raccontare per iscritto tutta la sua storia nei minimi dettagli e restò un paio di settimane in «ritiro spirituale» sotto la guida di un gesuita tedesco. Superate le prove, con undici camerati Jarschel partì per il Medio Oriente, dove trovò un ingaggio come istruttore militare.
“Fra il 1945 e il 1948, lungo la stessa via percorsa da Jarschel - o con poche varianti - migliaia di fuggiaschi giunsero in Italia e ripartirono verso paesi lontani. I nazisti la chiamavano klosterweg, gli Ustascia put samostana, gli investigatori americani monastry-road, quelli italiani la strada dei conventi. A volte distinti per nazionalità, a volte mescolati nelle stesse comitive, tedeschi, austriaci, croati e collaborazionisti vari viaggiavano lungo la via dei conventi secondo piani prestabiliti dai tre principali artefici dell’esfiltrazione, l'ex colonnello delle SS Walter Rauff, monsignor Krunoslav Draganović e il vescovo austriaco Alois Hudal.”
GLI AUTORI – Pino Adriano, regista e giornalista televisivo, ha realizzato un centinaio di programmi per la RAI con particolare riguardo alla storia economica, sociale e politica del Novecento italiano. Ha scritto Corpi di reato. Quattro storie degli anni di piombo (2000), di cui è coautore Giorgio Cingolani, e L'intrigo di Berna (2010).
Giorgio Cingolani, storico e saggista, ha scritto Il Fermano negli anni '20 (1994), La destra in armi (1996) e, con Pino Adriano, Corpi di reato. Quattro storie degli anni di piombo(2000). Collabora a riviste di settore.
INDICE DELL’OPERA - Fonti e abbreviazioni - Parte Prima. Il movimento ustascia dalle origini al 1941 - Capitolo Primo. Le origini (Il regicidio - Le origini croato-bosniache dell'ustascismo - Il frate bosniaco - Gli Slavi del Sud tra idea nazionale e progetti statuali: Grande Serbia, Grande Croazia e Jugoslavia - I popoli jugoslavi e la Grande Guerra - Gli interessi italiani sullo spazio jugoslavo e il contenzioso tra i due paesi - Il piano di azione tra gli jugoslavi e il Comitato croato - Dal Trattato di Rapallo al Trattato di Roma) - Capitolo Secondo. Il Regno dei Serbi, Croati, Sloveni e 1'Italia (Stato unitario degli Slavi del Sud - Stato e chiese - Il Partito del diritto di stato croato e l'Italia – Mussolini, Grandi e Badoglio - La visita di Pavelić a Roma - Pavelić alla Skupština - L'azione del separatismo macedone – L’eccidio della Skupština - Il programma croato - Il comitato segreto e le forniture d'armi - Pavelić in esilio - Gli accordi di Sofia) - Capitolo Terzo. Sotto l'ala del Duce (Pavelić in Italia - La missione dell'ingegnere – La nascita dell'Ufficio Croazia - Il fronte croato-macedone - Il Vaticano e la questione croata - Dal Domobran all'Ustaša - Propaganda e azione armata - Il Nucleo - La «rivolta» della Lika e l'Internazionale fascista - Il potenziamento del Nucleo - L'attentato di Zagabria) - Capitolo Quarto. Il regicidio (La nuova situazione internazionale - I movimenti del Nucleo - Verso Marsiglia - L'attentato - L'inchiesta - Le conseguenze - Le responsabilità del regime fascista) - Capitolo Quinto. Da Torino a Zagabria (La détente italo-jugoslava - La tela del ragno - La libertà vigilata - Pavelić contro Maček – Il Trattato di amicizia italo-jugoslavo - Lo scioglimento del Nucleo - Il Concordato incompiuto - La rete di sostegno - Errori e orrori – Certose e conventi - La Croazia tra Italia e Germania - La rimobilitazione di Pavelić) - Parte Seconda. Gli Ustascia al potere 1941-1945 - Capitolo Primo. Lo Stato indipendente croato (La guerra contro la Jugoslavia - La nascita dello Stato indipendente croato - La Chiesa croata e il nuovo Stato - Il viaggio di Pavelić a Roma) - Capitolo Secondo. I massacri di Serbi, di Ebrei e di Rom (Dalle leggi razziali ai massacri - La spoliazione dei beni delle vittime - L'occupazione italiana: problemi militari e sociali - Testimonianze, proteste, denunce dei massacri - Il delegato vaticano – Le conversioni coatte – Jasenovac) - Capitolo Terzo. Problemi di sopravvivenza dello Stato indipendente (Il Movimento di liberazione nazionale jugoslavo e i Cetnici - Contrasti e dissidi tra Italia e Stato indipendente croato - Frattura sociale e opposizione al regime in Croazia - L'accordo con i Cetnici e i crimini italiani - La Santa Sede e la situazione in Croazia) - Capitolo Quarto. Crisi e fine dello Stato croato (La guerra a una svolta - La fine dell'egemonia italiana in Dalmazia - La missione di Draganouić - Le conseguenze dell'armistizio italiano – I tentativi ustascia di salvare lo Stato croato - Tito a Belgrado - La fine dello Stato croato - La distruzione di Jasenovac - Dopo il crollo, la fuga – Bleiburg - I massacri perpetrati dagli Ustascia tra memoria, rimozione e strumentalizzazioni) - Parte Terza. Ustascia e Guerra Fredda 1945-1959 - Capitolo Primo. Criminali di guerra in fuga (Le liste nere - I piani di sopravvivenza – Pavelić in Austria - Le reti di sostegno e l'oro ustascia - Ustascia e SS sulla via dei conventi) - Capitolo Secondo. La rete e le trame degli Ustascia in Italia (Profughi e criminali di guerra - Gerarchi e conventi - Sulle tracce del poglavnik - L'attività anticomunista degli jugoslavi - La querelle sui criminali di guerra) - Capitolo Terzo. La crociata anti-comunista (La Jugoslavia socialista - L'opposizione al regime comunista - Il processo Stepinac - Il Hrvatski narodni otpor - L'Operazione 10 aprile – La rottura tra Stalin e Tito) - Capitolo Quarto. Verso il Nuovo Mondo (Obiettivo Argentina - Argentina e Terzo Reich - L'ascesa di Perón - Il ponte Madrid-Buenos Aires - La Pax Romana - La via italiana - Il piano di immigrazione - Sotto la Lanterna - Il viaggio di Evita e la nascita della SARE - La partenza di Pavelić - La via dei conventi e la ratline americana) - Capitolo Quinto. Gli Ustascia in America (Gli Ustascia in Argentina - Pavelić a Buenos Aires - Crisi e frantumazione del movimento ustascia - La caduta di Perón e l'attentato a Pavelić – La morte di Pavelić - La vicenda di Artuković) – Epilogo. La questione ustascia tra Jugoslavia e Vaticano 1952-1972 (La nuova identità jugoslava - Jugoslavia e Vaticano: dall'ostilità al dialogo - Liberalizzazione ed emigrazione nella Jugoslavia degli anni Sessanta - La ripresa del terrorismo ustascia - L'accordo tra Jugoslavia e Vaticano - Il ritorno di Draganović - L'esplosione del terrorismo e la «Primavera croata») - Note - Ringraziamenti - Bibliografia - Indice dei nomi
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di Alberto Becherelli
casa editrice:
Nuova Culturaanno di pubblicazione: 2012
collana: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
pagine: 348
prezzo: 23,00 euro
Il volume si propone di ricostruire alcuni aspetti delle relazioni politico-diplomatiche, militari ed economiche intercorse tra l’Italia e lo Stato Indipendente Croato fino alla caduta del fascismo e al successivo armistizio dell’8 settembre 1943. Ufficialmente contrassegnate dal rapporto di alleanza, le relazioni italo-croate furono caratterizzate in realtà da una forte conflittualità a diversi livelli, generata da alcune fondamentali questioni, tra le quali primeggiava la disputa dalmata. Le tensioni non riguardarono solo i rapporti tra Roma e Zagabria ma determinarono ancor più una serie di attriti tra le autorità militari e le personalità politiche italiane all’interno dello stesso Stato croato: gli ambienti militari italiani fin dall’inizio si dimostrarono critici nei confronti degli ustaša al potere, mentre la Legazione Italiana a Zagabria criticò gli atteggiamenti filo-serbi assunti da ufficiali e soldati italiani. L’intransigenza degli ustaša vicini alla Germania nazista in contrapposizione alla flessibilità che caratterizzò le posizioni del leader Ante Pavelić rappresentò poi un ulteriore ostacolo per l’imperialismo italiano; senza dimenticare infine, nel contesto quotidiano, i numerosi “incidenti” tra militari italiani e milizie croate.
Alberto Becherelli ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia dell’Europa presso Sapienza, Università di Roma. Collabora con la cattedra di Storia dell’Europa Orientale del dip.to di Storia, Culture, Religioni e con l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito. Si occupa di Storia dell’Europa danubiano-balcanica con particolare interesse all’area ex jugoslava.
Le relazioni tra l’Italia fascista e il movimento ustascia croato durante la Seconda guerra mondiale. Un’analisi dettagliata dei documenti militari italiani in questo libro di Alberto Becherelli. Una recensione
All'occupazione italiana dei Balcani sono stati dedicati diversi studi, nondimeno il presente volume, attraverso l'analisi dettagliata dei documenti militari italiani, riesce ad approfondire aspetti già noti e ad offrire spunti nuovi sulle relazioni tra l'Italia fascista e gli ustascia croati. Relazioni che furono fondamentalmente improntante alla collaborazione, ma non per questo mancarono attriti e divergenze tra Italia e Stato Indipendente Croato.
Nonostante gli ustascia fossero stati foraggiati per molti anni da Mussolini, una volta giunti al potere essi si mostrarono molto più sensibili all'influenza tedesca che non a quella italiana. Questa fu la prima ragione di disappunto per gli italiani, ma non l'unica.
È noto che gli italiani non furono molto teneri durante l'occupazione, il generale Roatta raccomandava ad esempio che le linee guida della lotta contro i partigiani non andavano riassunte nel detto ”dente per dente” bensì in quello “testa per dente”. Tuttavia gli italiani non mancarono di restare interdetti di fronte alle manifestazioni più efferate della violenza ustascia. Secondo il generale Ambrosio, capo della 2a Armata italiana, gli ustascia non erano altro che “selvaggi capaci unicamente di massacrare popolazioni indifese, ma incapaci (…) di fronteggiare le forze ribelli”. Ambrosio aggiungeva quindi che “il soldato italiano non poteva rimanere indifferente allo spettacolo di continui, ignominiosi delitti” compiuti dagli ustascia.
Per fuggire gli eccidi dei tedeschi e degli ustascia, migliaia di ebrei si riversarono nella zona di occupazione italiana. In alcuni casi le autorità italiane li riconsegnarono agli ustascia, ma molto più spesso si rifiutarono. Nella zona di occupazione italiana gli ebrei furono rinchiusi in campi di internamento, dove ricevettero un trattamento decisamente mite se paragonato a quello riservato dagli stessi italiani ai prigionieri jugoslavi. Più che da ragioni di carattere umanitario, l'atteggiamento italiano fu probabilmente motivato da ragioni di carattere politico: rifiutando di consegnare gli ebrei, l'Italia ribadiva le proprie prerogative nella sua zona di occupazione, opponendosi all'invadenza tedesca. In ogni caso, la politica seguita dai militari italiani permise a migliaia di ebrei di salvarsi dallo sterminio praticato nelle altre regioni della Jugoslavia occupata.
Nello Stato Indipendente Croato, inoltre, le persecuzioni erano rivolte anche contro la popolazione serba. I militari italiani garantirono invece una certa protezione ai serbi, invitarono le popolazioni fuggite a tornare nelle proprie case e riaprirono al culto le chiese ortodosse. Ciò valse ai militari italiani l'accusa di “sentimentalismo”, rivoltagli non solo dal duce croato Ante Pavelić, ma anche dai rappresentanti italiani presso il governo di Zagabria.
Tale “sentimentalismo” permise peraltro agli italiani di trovare numerose attestazioni di lealtà nelle comunità serbe, che preferivano nettamente l'amministrazione italiana a quella croata o tedesca. Gli italiani stabilirono ottime relazioni perfino con i cetnici, il movimento nazionalista serbo guidato da Draža Mihailović. Obiettivo di questa alleanza era la lotta contro i partigiani di Tito, una lotta che secondo la propaganda italiana equivaleva a uno scontro tra la civiltà e la “barbarie slavo-comunista”. Da parte loro, i cetnici avevano una piattaforma programmatica monarchica e conservatrice, che li indusse ad avversare i partigiani comunisti più di quanto non avversassero le forze di occupazione straniere.
In nome della lotta anti partigiana alcune bande cetniche entrarono perfino sotto il diretto controllo della 2a Armata italiana, che le inquadrò nella 'Milizia volontaria anticomunista'. Si tratta di pagine che meriterebbero di essere lette anche in Serbia, dove la riabilitazione di Mihailović ha portato la storiografia a presentare i cetnici come un movimento eminentemente resistenziale, minimizzando i numerosi episodi di collaborazione con gli occupanti.