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L'egemonia tedesca
1) Oskar Lafontaine: La supremazia tedesca in Europa
2) “Kernel Europa”. Un nucleo centrale franco-tedesco per una Ue a due velocità (di Sergio Cararo)
Auch lesenswert:
Wunschzettelökonomie (Von Reiner Zilkenat – junge Welt, 13.06.2015)
Vor 75 Jahren: Die »Reichsgruppe Industrie« entwirft einen europäischen Wirtschaftsraum
... Dabei war von zentraler Bedeutung, wie der europäische Kontinent wirtschaftlich neu organisiert werden sollte. ... In der im Januar 1935 gebildeten Institution waren in Wirtschaftsgruppen, unterteilt in Fachgruppen, die einzelnen Industriebranchen, Betriebe und Banken vertreten. Es handelte sich um eine Organisation, die im staatsmonopolistischen System der Kriegsvorbereitungs- und der Kriegswirtschaft vor allem die Interessen großer Konzerne und Banken artikulieren und ihre Umsetzung in politisches Handeln gewährleisten sollte...
http://www.jungewelt.de/2015/06-13/025.php
Billions for European Wars (German armament projects – GFP 10.6.2015.)
The German Defense Minister announced new multi-billion Euro armament projects, aimed at Germany's and the EU's greater independence from the USA. Ursula von der Leyen announced yesterday that the Bundeswehr would purchase the Medium Extended Air Defense System "MEADS" to replace the "Patriot" air defense system. Whereas the "Patriot" system had to be imported entirely from the United States, a consortium with significant German participation will manufacture MEADS. It is estimated to cost about four billion Euros, with another four billion having been already invested. With MEADS, Germany would achieve more "autonomy in security policy," according to a CSU party military policy specialist. The German Navy will also receive four MKS 180 multi-role warships worth around four billion Euros, better suited for waging distant wars more effectively and over more extended periods. Other armament projects, such as a German-French battle tank, serve the consolidation of the EU's arms industries or - as with the "Euro-drone" - are aimed at achieving more independence from the US arms industry. The A 400M Airbus airlifter crash in early May is seen by observers in the context of these efforts to achieve autonomy...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58854
Milliarden für europäische Kriege (Von der Leyen kündigt neue Rüstungsprojekte an – GFP 10.6.2015.)
Die deutsche Verteidigungsministerin kündigt neue milliardenschwere Rüstungsprojekte an und zielt auf eine größere militärische Eigenständigkeit Deutschlands und der EU gegenüber den USA. Wie Ursula von der Leyen am gestrigen Dienstag mitteilte, wird die Bundeswehr als Ersatz für ihre "Patriot"-Luftabwehrbatterien das Flugabwehrsystem "Meads" kaufen. Es wird von einem Konsortium unter starker deutscher Beteiligung hergestellt, während die "Patriot"-Systeme komplett aus den Vereinigten Staaten importiert werden mussten. Die Kosten werden auf rund vier Milliarden Euro geschätzt; weitere vier Milliarden Euro sind bereits investiert worden. Deutschland erlange mit Meads größere "sicherheitspolitische Souveränität", erklärt ein CSU-Militärpolitiker. Zudem wird die deutsche Marine vier Mehrzweckkampfschiffe MKS 180 erhalten - Kosten: ebenfalls vier Milliarden Euro. Mit ihnen werden Kriege fernab des eigenen Landes schlagkräftiger und länger geführt werden können als bisher. Weitere Rüstungsprojekte wie ein deutsch-französisches Kampfpanzerprojekt dienen der Verschmelzung der EU-Waffenindustrie oder zielen wie die "Euro-Drohne" darauf ab, von US-Waffenschmieden unabhängiger zu werden. Mit derlei Unabhängigkeitsbestrebungen bringen Beobachter den Absturz eines Militärtransporters vom Typ Airbus A400M Anfang Mai in Verbindung...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59132
Sulla Europa a guida tedesca si vedano anche, sul nostro sito:
Il ruolo della Germania nella distruzione della Jugoslavia (1995)
Lo "spazio vitale tedesco" (1995)
Europa: unione e disgregazione (1997)
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ORIG.: Un article de Oskar Lafontaine: La suprématie allemande en Europe (23 MAI 15)
La supremazia tedesca in Europa
di Oskar Lafontaine
Jean-Luc Mélanchon, il fondatore del Parti de Gauche, ha scritto un pamphlet intitolato «Le hareng de Bismarck» (L’aringa di Bismarck). Questo libro è diretto contro la supremazia tedesca in Europa e la ripresa, da parte del presidente francese François Hollande e Manuel Valls, il capo del governo, della politica della «Agenda 2010» di Gerhard Schröder. Poiché questa «politica riformatrice» di Schröder non era un prodotto social-democratico ma consisteva nella ripresa del programma del padronato tedesco da parte di un cancelliere social-democratico, la polemica lanciata da Mélanchon mira in sostanza a denunciare la messa in atto, in Francia, di questo programma del padronato tedesco.
La sua esposizione è convincente. Questo programma funziona solamente a spese degli altri e solamente se gli altri paesi europei non lo adottano più. Ciò è così semplice e logico che non si può non domandarsi perché la cancelliera tedesca, il suo ministro delle finanze, e i suoi partner di coalizione, non l’hanno ancora capito. Tutti i paesi europei non possono avere esportazioni eccedenti, cioè più di quanto consumano. O, ancora più semplicemente: tutti i paesi non possono avere in contemporanea il record di esportazioni.
Per illustrare ciò che è successo in Francia, Mélenchon racconta una visita di François Hollande a Angela Merkel nel maggio 2014. Il presidente francese riceve come regalo a Straslund una piccola botte di aringhe di Bismarck. Del resto lo Spiegel aveva notato il gesto inopportuno. «François Hollande avrebbe potuto intendere questa botte come grettezza da parte di Angela Merkel. Il cancelliere prussiano, che concesse il suo nome nel 1871 a un pescivendolo per i suoi pesci di conserva, era un nemico terribile dei Francesi ». Spinto da una febbre tutta nazionalista lo Spiegel prosegue: «Come ai tempi di Bismarck, la Francia lotta contro la sua inferiorità di fronte al suo vicino dell’est… E come all’epoca, è un cancelliere soprannominato “di bronzo” che governa a Berlino».
Per Mélenchon, Bismarck ha aggredito la Francia. Dopo la vittoria, fece incoronare l’Imperatore tedesco nella galleria dei vetri di Versailles. Fino a oggi, i francesi non hanno dimenticato questa umiliazione. Il fondatore del Parti de Gauche chiama questa aringa di Bismarck un “messaggio siciliano”. Quando la mafia inviava a qualcuno un pesce significava che una persona era stata “mandata dai pesci”, ovvero ucciso.
Secondo Mélenchon, sono la democrazia europea e i valori fondamentali della Rivoluzione francese, Libertà, Uguaglianza, Fraternità che sono stati mandati ai pesci dalla supremazia tedesca.
La Merkel non ha certamente voluto inviare un messaggio siciliano. Non è né così malvagia né così sorniona. Ma il fatto che ha offerto lo stesso regalo al presidente francese che a George W. Bush e Vladimir Putin mostra in realtà a che punto la politica e la cultura francese le sono ancora estranee.
Quando Mitterand, Thatcher e Andreotti si opponevano alla riunificazione della Germania era alla supremazia della grande Germania che si opponevano, una supremazia che, secondo loro, avrebbe messo in pericolo il processo di unità in Europa.
George Bush, il presidente americano, non aveva niente da ridire. Al contrario, esigeva dalla Germania una “partnership nella leadership”. Elogiava, così, una dominazione tedesca in Europa, in accordo con la strategia mondiale americana.
Finché i tedeschi giocheranno a vassalli della potenza mondiale degli Stati Uniti – basta pensare al comportamento della Merkel nello scandalo della NSA – la messa in guardia di Mélenchon: “l’imperialismo tedesco è di ritorno” non minaccerà la sola potenza mondiale restante.
Il pamphlet di Mélenchon non può essere bollato come una critica esagerata al governo tedesco da parte di un uomo di sinistra. Nel necrologio in omaggio al suo collega Ulrich Beck, il sociologo inglese Anthony Giddens scriveva: «Thomas Mann aveva concluso, come si sa a seguito alle due guerre mondiali, che era necessario che l’integrazione europea sfociasse in una Germania europea, in ogni caso non in una Europa tedesca. Ma la crisi dell’euro ha precisamente prodotto questa Europa tedesca. Angela Merkel è de facto la presidente della UE. Non si può, per così dire, far passare nulla contro di lei, la Repubblica federale definisce le regole per il resto dell’Unione. Ma poiché l’egemonia della Germania non ha una legittimità immediata, la Merkel tenta di dissimularla. È diventata, come propone Beck, una “Merkiavel” che nasconde abilmente la sua influenza di dominatrice, cosa che sfocia infine nell’inganno. Essa finge di guidare il salvataggio dell’Europa ma è autorizzata solamente la politica passata attraverso il prisma del pensiero economico tedesco.
«Siamo assai lontani dalla stabilizzazione dell’euro, perché la Germania non permette la condizione necessaria a ciò, ovvero una integrazione fiscale e economica più grande dell’Eurozona. Al contrario si impone ai paesi del Sud una politica di austerità senza neppure preservare una parvenza di approvazione democratica. Il risultato è che il centro politico sprofonda in questi paesi ancora più rapidamente che negli altri.
«E’ per questo che Beck si augurava un nuovo contratto sociale per l’Europa. Ciò significa in ultima istanza una rivolta contro la dominazione tedesca. La politica economica dovrebbe puntare più fortemente sugli investimenti, la protezione sociali dovrebbe essere estesa in Europa. I paesi più ricchi dovrebbero impegnarsi per quelli che soffrono la crisi»
Se si confrontano le analisi di questi due celebri sociologi con la frase della Merkel: «Se l’euro muore è l’Europa che muore», allora si vede bene tutta la grandezza dello scacco della sua politica europea. In effetti noi siamo molto lontani dalla stabilizzazione dell’euro. Mélenchon non dimentica di notare quanto nel frattempo i tedeschi si mostrano arroganti in Europa. Quando si diceva al momento dell’introduzione dell’euro: “L’euro parla tedesco”, si intendeva ancora riassicurare i cittadini tedeschi che si preoccupavano della stabilità monetaria. Già, all’epoca, gli altri paesi europei non amavano questa musica. Ma quando Volker Kauder, presidente del gruppo della CDU/CSU al parlamento tedesco, disse al congresso della CDU a Leipzig, dieci anni più tardi “ora ecco che in Europa si parla tedesco”, si poteva allora di nuovo provare la vecchia follia della “grandeur” tedesca. Nello scorso aprile, in una riunione a Washington, Wolfgang Schäuble criticava la mancanza di volontà di riforma dell’Assemblea nazionale francese e diceva: «la Francia potrebbe ritenersi felice se qualcuno costringesse il Parlamento, ma questo è difficile, è così la democrazia». Il primo segretario del Partito socialista Jean-Christophe Cambadélis rimprovera al ministro delle finanze tedesco una «francofobia intollerabile inaccettabile e contro-producente». Il tono di indignazione del capo delle fila socialiste non è molto differente da quello di Mélenchon: «la Germania è di nuovo un pericolo. Il modello che impone agli stati europei è un regresso per la nostra civiltà»-
Non si dimentica di sottolineare che il modello economico tedesco dei neo-liberisti è lontano dall’essere coronato dal successo che i suoi propagandisti vorrebbero farci credere. Se la si considera su più anni, la crescita francese è superiore alla crescita tedesca. Ciò vale anche per i guadagni di produttività. Le lamentele della Merkel riguardo alle vacanze lunghe, alle pensioni precoci degli europei del sud si scontrano con un rifiuto categorico privo di ogni spirito di comprensione. Mélenchon ricorda con un tono sarcastico che questi fannulloni dei Greci, degli Spagnoli e dei Portoghesi hanno meno vacanze che i lavoratori della Germania e che gli Spagnoli e i Portoghesi vanno in pensione più tardi.
La Germania ha, ci dice il nostro combattivo deputato europeo, il numero più basso di nascite e la parte di popolazione anziana più alta in Europa. È questo il modello che la Francia dovrebbe seguire?
Nell’inquinamento dell’aria e nella produzione di rifiuti la Germania di nuovo è in testa e impedisce, su ordine dell’industria dell’automobile, dei livelli d’emissione di gas di produzione più bassi e, su ordine dell’industria chimica, delle direttive ecologiche al livello europeo.
Va da sé che Jean-Luc Mélenchon miri particolarmente alla politica sociale tedesca. Desiderava evitare a ogni costo in Francia riduzioni di salari e pensioni che seguono il modello tedesco. La precarizzazione del lavoro con i salari bassi, i contratti di lavoro a durata determinata, i contratti a cottimo, del lavoro interinale e dei mini lavori non può servire da modello a Parigi. In Francia, il mercato del lavoro non è ancora, e di molto, così frantumato come in Germania. Da molto c’è un salario minimo più alto che quello del vicino dell’Est.
Si può riconoscere l’avanzata della sottomissione al paradigma neoliberista in Germania nella risposta data a un sondaggio fatto da Handelsblatt dove la maggioranza dei managers tedeschi esigeva un salario minimo superiore a quello che reclamavano la DGB e i socialdemocratici.
Mélenchon, per rinforzare la sua critica, fa riferimento a Arnaud Montebourg, ministro socialista dimissionario. Nel 2011, questi dichiarava: “Madame Merkel sta per uccidere l’euro… e sulla nostra rovina che la Germania vuole fare fortuna… è venuto il momento di assumere il confronto politico di fronte alla Germania”. Il presidente socialista dell’assemblea nazionale, Claude Bartolone, si esprimeva in maniera simile. Sebbene dicessero di avere a cuore di lavorare in comune con la Francia, Merkel e Schäuble non si mostrano fino a ora molto impressionati da tutto questo. I social-democratici tedeschi stessi non hanno fatto nulla per mettere fine alle politiche di austerità in Europa. Li tenta troppo la possibilità di mettere i ginocchio Syriza e di strozzare sul nascere l’arrivo di una concorrenza a sinistra – e il pensiero va a Podemos in Spagna.
Il discorso della mania di grandezza con la Francia è pericoloso. Se la politica tedesca, portata sulle spalle dei vicini per mezzo del dumping sociale e salariale, porta Marine Le Pen al potere, allora il progresso dell’unificazione europea sarà stoppato per lungo tempo.
Anche Die Linke, unico partito a portare una voce di un’altra politica europea al parlamento tedesco, deve continuare il dibattito. Se la Merkel e Schäuble, insieme a Sigmar Gabriel, mettono in ginocchio Syriza non sarà solamente un pesante regresso per la democrazia europea e lo stato sociale europeo, ma anche per tutta la sinistra politica in Europa.
Di fronte al blocco neo-liberista, Tsipras e Varoufakis cercano una soluzione. Hanno invitato a Atene il precedente economista in capo della Deutische Bank, Thomas Mayer. Nel 2012, aveva fatto la proposta di una moneta parallela a l’euro, un euro greco o Geuro. C’era l’idea che la Grecia non poteva uscire economicamente con un euro forte e né può indebitarsi di nuovo perché non ha il diritto di stampare euro. Il blocco neo-liberista europeo al quale Mélenchon aggiunge anche i partiti social-democratici e socialisti al potere fa tutto per affondare la sinistra in Grecia. Ma i grandi piani dei politici dell’austerità non ingannano: l’attuale sistema monetario non funziona. La loro politica ha fatto sprofondare sempre più giù l’Europa nella crisi. Anche se, come me, non si crede che la proposta dell’ex capo economico della Deutsche Bank, Thomas Meyer, sia sufficiente, nessuno in definitiva può evitare il dibattito su un nuovo ordine monetario europeo. La competitività tanto vantata delle varie economie nazionali non può essere sempre prodotta con l’abbassamento dei salari e delle pensioni e sulla distruzione delle contrattazioni collettive e delle protezione del diritto del lavoro. Io mi domando perché il governo greco ha ancora bisogno di crediti che non sono stati introdotti che per salvare le banche. La più grande flessibilità che si impone nel sistema monetario europeo e che lascerà nuovamente la possibilità di svalutare ha bisogno, come quadro e come partner cooperante, della Banca Centrale europea. Ovvero: la BCE può senza problemi dirigere il corso delle monete nazionali, per esempio il corso del Geuro. Si regolerebbe la svalutazione divenuta necessaria e si eviterebbe anche la caduta tanto spaventosa di una moneta debole. Beninteso come ha mostrato l’esempio di Cipro, delle misure di controllo dei capitali sono inevitabili. Nella questione monetaria Mélenchon rinvia alla discussione cominciata qualche tempo fa dalla Germania su un euro del sud, senza prendere una chiara posizione. Die Linke non dovrebbe sottrarsi a una tale discussione rinviando come ora alle esportazioni tedesche. Il nazionalismo delle esportazioni sulle spalle dei vicini non può trovare il consenso di un partito di sinistra. Le questioni monetarie sono conosciute per essere difficili e anche nel caso dell’unione monetaria come per la riunificazione e per l’introduzione dell’Euro i responsabili non si sono coperti di gloria. Indipendentemente dai diversi modelli messi in discussione una cosa dovrà essere chiara: l’euro non dovrà parlare tedesco ma europeo.
traduzione di Stefano Acerbo
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“Kernel Europa”. Un nucleo centrale franco-tedesco per una Ue a due velocità
di Sergio Cararo – 3 Giugno 2015
Si riaffaccia il progetto della “Kernel Europa,” una Unione Europea a più velocità ed a cerchi concentrici subordinati ad un nucleo centrale. Un vecchio progetto tedesco del 1994 torna così a imporsi nel dibattito e nelle prospettive europee assumendo in pieno l'impianto ideologico ordo-liberista, variante germanica del liberalismo, che ha conformato fin nei dettagli la costruzione dell'Unione Europea. L'ipotesi emerge da un documento segreto franco-tedesco, riportato dal settimanale Die Zeit [ http://www.zeit.de/politik/deutschland/2015-06/eu-merkel-hollande-reform-gipfel ], nel quale la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande intendono procedere ad un cambio di passo significativo nei poteri decisionali dell'Unione Europea. Colpisce il fatto che il documento sia strutturalmente “euro-centrico” nel senso che mette il mantenimento della moneta unica come fattore strategico della tenuta dell'apparato costruito dalle classi dominanti europee sull'Ue. In particolare emerge la tentazione di procedere anche ad una gestione sia delle spinte centrifughe che centripete dell'Eurozona. Da un lato i paesi più deboli possono essere marginalizzati, dall'altra quelli più forti – il nucleo duro franco-tedesco – invece si centralizzano ancora di più.
Secondo il documento, citato dal settimanale tedesco, in futuro gli Stati dell’Eurozona dovrebbero lavorare in modo molto più coeso. Nelle intenzioni della Merkel l'Unione europea infatti deve arrivare ad avere "vertici dell'Eurozona più regolari". Non solo. Dovrebbe anche essere migliorata la capacità di azione del gruppo dei ministri delle Finanze.
Il documento, elaborato insieme al presidente francese Francois Hollande, viene presentato come il contributo di Merkel al vertice europeo del 26/27 giugno prossimo, in cui si dovrà discutere della riorganizzazione dell’Unione europea alla luce delle crescenti tensioni e contraddizioni che vengono emergendo. Da un lato il referendum britannico sulla permanenza o meno nell'Unione, dall'altra le proteste contro le politiche di austerity che vedono la Grecia al centro della tensione ma anche i risultati delle elezioni amministrative in Spagna e di quelle presidenziali in Polonia dove sono cresciuti i consensi alle posizioni – diverse tra loro – di critica ai diktat e ai vincoli dell'Unione Europea.
In molti vedono in questo documento l'attuazione del famoso piano Schauble-Lamers del 1994, quello che individuava la necessità di una “Kernel Europa”cioè di un nucleo duro centrale al quale tutti gli altri dovevano adeguarsi. Inutile dire che al centro del nucleo centrale si sono Germania e Francia. Il documento venne presentato il 1° settembre del 1994, durante il semestre di presidenza tedesca dell’Ue, quando l'allora presidente del gruppo parlamentare della CDU/CSU Wolfgang Schäuble presentòal Bundestag, a nome del suo partito, il documento redatto insieme a Karl Lamers dal titolo “Riflessioni sulla politica europea”. Erano passati poco più di un anno dalla dissoluzione dell'Urss e due anni dalla riunificazione tedesca, e si delineava la prospettiva dell’allargamento ad est dell’Unione Europea. Il documento Schauble-Lamers riteneva che lo sviluppo del processo di unificazione in Europa era entrato “in una fase critica”, tale che, “se entro due-quattro anni non si trova una soluzione alle cause di tale inquietante evoluzione, anziché indirizzarsi verso la maggiore convergenza prevista dal Trattato di Maastricht, l’Unione rischia di imboccare inesorabilmente la via di una formazione più debole, limitata essenzialmente ad alcuni aspetti economici e composta da diversi sottogruppi. Tale zona di libero scambio ‘migliorata’ non potrebbe consentire alla società europea di superare i problemi vitali e le sfide esterne che si trova ad affrontare”. I provvedimenti istituzionali e politici che Schäuble e Lamers suggerivano per prevenire questa deriva riguardavano innanzitutto lo sviluppo istituzionale dell’Unione, la cui capacità di azione e base democratica dovevano essere rafforzate adottando una struttura ispirata al modello dello Stato federale e al principio di sussidiarietà; e parallelamente, “nonostante le notevoli difficoltà giuridiche e pratiche”, si sarebbe dovuta istituzionalizzare l’idea di un’Europa a più velocità – “altrimenti l’Unione si limiterà ad una cooperazione intergovernativa favorevole ad una ‘Europa alla carta’ ” – e si sarebbe dovuto rafforzare “il nucleo duro già costituito dai paesi impegnati sul fronte dell’integrazione e pronti a cooperare”. Questo nucleo, composto dalla Francia, dalla Germania e dai paesi del Benelux, si confermava anche in ambito monetario – cosa importantissima secondo i due autori del testo, dato che proprio l’Unione Economica e Monetaria doveva essere, a sua volta, il nucleo duro dell’Unione politica – ed era l’unico strumento che avrebbe permesso di conciliare gli obiettivi contraddittori dell’approfondimento e dell’allargamento dell’Unione Europea. Sono passati venti anni da quel progetto egemonico tedesco e adesso le condizioni per attuarlo si stanno delineando compiutamente, trascinando così il settore più concentrato, monopolista e multinazionale del capitalismo europeo.