27/02/16
La vicenda della non"foiba"di Rosazzo parte da Gorizia città della storia
( vedi qui La Commissione d'inchiesta per i criminali di guerra italiani, istituita per non consegnarli alla Jugoslavia e qui: Quell'elenco dei criminali di guerra italiani e nazisti ora desecretati )
Insomma pur di non parlare delle responsabilità criminali di questo Paese, si ha la netta sensazione che da più parti si sta distraendo l'attenzione con notine piene di contraddizioni alla ricerca di "foibe" dove neanche esistono le foibe. E poi mutate in "fossa comune" e ponendo come dogma la presunzione della colpevolezza! Alla faccia dello stato di diritto e del rispetto. Con tutte le conseguenze che ne sono derivate nei confronti dell' ANPI, della resistenza e dei nostri partigiani. E comunque so che diversi stanno valutando azioni da condurre nelle opportune sedi per tutelare l'onore dei nostri partigiani e della nostra resistenza. D'altronde è la logica del revisionismo. Da giorni e giorni si continua ad andare alla ricerca della foiba che foiba non è, ma doveva essere foiba, perché fossa comune non rende alla causa, di Rosazzo, poi Corno di Rosazzo, poi Manzano, poi Premariacco, poi Poggiobello, poi Rocca Bernarda, Oleis, Bosco Romagno, e poi di chissà quanti altri luoghi. Ma quando finirà il Friuli dove l'andranno a cercare?
LA FOIBA DI CORNO DI ROSAZZO, O DI MANZANO, O DI OLEIS, O DI…
FOIBE NUOVE MAI CONOSCIUTE PRIMA
Non ce ne vogliano gli illustri ricercatori goriziani Luca Urizio e Ivan Buttignon, coadiuvati dal triestino Lorenzo Salimbeni (il primo presidente della Lega nazionale di Gorizia, gli altri due più volte relatori in convegni patrocinati da quella destra che spazia dai rossobruni di Eurasia ai nerofumo di CasaPound), che a novembre dell’anno scorso hanno dato pubblica comunicazione di avere rinvenuto negli archivi romani dei documenti tanto sconosciuti quanto definitivi (un bel risultato per meno di una settimana di ricerche), documenti che (da quanto da Urizio sbandierato negli ultimi mesi) dovrebbero stabilire il numero reale degli “infoibati” da Gorizia: in pratica un documento “inedito” che parla di “un migliaio” di arrestati al quale togliere circa 200 rientrati; non ce ne vogliano, anche perché dopo che la rappresentante dei parenti degli infoibati, Clara Morassi Stanta aveva tassativamente asserito sulla stampa che “entro quindici giorni” (cioè entro fine novembre 2015) sarebbero stati resi noti i risultati di tali ricerche, mentre dopo tre mesi stiamo ancora aspettando tali risultati e ci aspettavamo che venissero resi noti proprio nel Giorno del ricordo, ma ne siamo rimasti delusi.
Dobbiamo, è vero, confessare il motivo della nostra curiosità, e cioè che la descrizione dell’elenco nominato dai tre inviati con soldi del Comune di Gorizia a spulciare archivi romani, ci ricorda molto un altro elenco, noto da anni, che raccoglie un migliaio di nomi di arrestati con duecento rientrati, ed è quello ancora in fase di verifiche redatto dalla ricercatrice slovena Natasa Nemec – alla fine del quale elenco, anche a studi non completati, appare peraltro che da Gorizia scomparvero come “civili”, intendendo per questi anche i funzionari del Fascio ed i collaborazionisti, circa 300 persone, dato che corrisponde più o meno a quanto reso noto nel 1986 (trent’anni fa!) dall’Istituto Friulano della storia del Movimento di Liberazione).
Ma il 10 febbraio, invece di informarci del frutto di queste loro ricerche, il terzetto Leganazionalista ha reso noto un altro loro scoop storiografico sull’individuazione di una finora sconosciuta foiba che avrebbe visto un massacro dalle 200 alle 800 persone (piuttosto ampia come forbice) di cui mai prima si era sentito parlare (nemmeno nei ponderosi testi di Marco Pirina) in una zona (Corno di Rosazzo) dove nulla sarebbe mai trapelato. E questo, cari Urizio & Co., ci ha francamente deluso. Niente di accertato sulle foibe goriziane (la notizia sembra addirittura scomparsa dalle pagine dei giornali), mentre tutto quello che ci hanno propinato è in fin dei conti nulla più di una “informativa” (e ribadiamo che le “informative” sono nulla più che rapporti nei quali agenti di polizia o dei servizi informano i propri superiori di cose di cui hanno sentito parlare in giro, ma non si tratta di verbali ufficiali su fatti realmente avvenuti) del 1945 (che pubblichiamo in calce così come l’hanno pubblicata i rinvenitori) dalla quale risulta, in sintesi, che “qualcuno” (non si sa né chi né dove, dato che i nominativi delle località interessate sono stati cancellati con un tratto di pennarello per mantenere il segreto istruttorio o la privacy o chissà che altro) avrebbe riferito che «secondo quanto afferma la popolazione (di quale località non è dato sapere, come visto prima, n.d.r.) dovrebbero essere sepolti da 200 a 800 cadaveri facilmente individuabili perché interrati a poca profondità».
E poi l’informativa aggiunge che i responsabili sarebbero stati i garibaldini agli ordini del IX Korpus, facendo i nomi dei comandanti Mario Fantini Sasso e Giovanni Padoan Vanni (ambedue oggi deceduti e quindi impossibilitati a difendersi). Di seguito la copia diffusa in rete da Urizio & Co: http://www.diecifebbraio.info/2016/02/la-foiba-di-corno-di-rosazzo-o-di-manzano-o-di-oleis-o-di/informativa-foiba-corno-di-rosazzo/
Da questo documento non sappiamo neppure dove sarebbe stata segnalata questa misteriosa “foiba o fossa comune”, perché il nome è stato cancellato. Non sappiamo neppure se tale informativa ha avuto dei seguiti (i ricercatori non hanno creduto di rendercene edotti, ammesso che lo sappiano). Ma ci domandiamo: se nel 1945 i cadaveri erano “facilmente individuabili perché interrati a poca profondità, come possono non essere stati individuati all’epoca? 800, o anche solo 200 salme “interrate a poca profondità” non è che passano proprio inosservate; se l’informativa faceva i nomi di Sasso e Vanni, e questi non sono mai stati ufficialmente accusati di questo (presunto) eccidio, non sarà che già all’epoca erano state fatte le indagini del caso e ne era uscito che il tutto era soltanto uno dei vari falsi allarmi dell’epoca?
Attendendo lo sviluppo delle indagini sollecitate da Urizio, osserviamo che se oggi qualcuno pubblica una informativa del dicembre 1969 nella quale Valpreda viene indicato come “la belva umana” che commise la strage del 12 dicembre, e non aggiunge che in seguito vi furono alcuni anni di indagini e dibattimenti che lo assolsero dall’accusa, ciò non significa automaticamente che Valpreda abbia messo la bomba in piazza Fontana.
Nel frattempo sulla stampa la dislocazione della “foiba” venne posta ora a Manzano, ora a Quattroventi, ora più a nord, mentre un quotidiano ha anche segnalato che un anno fa era stata data notizia di una “sicura” presenza di “infoibati” in una fossa presso Taipana (a nord di Nimis), ma dopo un anno nulla più si è saputo (si fossero trovati cadaveri si suppone che se ne avrebbe parlato, ma non è neppure giornalisticamente serio non dire che non si è trovato nulla, nel caso le indagini avessero avuto esito negativo.
Al momento in cui andiamo in stampa è giunta notizia dal Messaggero Veneto che la “foiba” sarebbe stata localizzata a “Poggiobello, tra Manzano e Premariacco” e che alcuni residenti avrebbero detto che “qualcosa si nasconde nella zona di Rocca Bernarda”.
Ricordiamo che la zona di Rocca Bernarda, presso Ipplis, è sede di una tenuta vinicola lasciata in eredità dal docente di tradizioni popolari Gaetano Perusini (ucciso da ignoti nella propria casa triestina il 14 giugno 1977, delitto archiviato come tragico finale di un “gioco” sessuale al quale si sarebbe prestato l’insegnante, notoriamente gay) al Sovrano Ordine militare dei cavalieri di Malta (dei quali peraltro non faceva parte), e che lo scrittore Veit Heinichen, indagando sulla morte dello studioso triestino Diego de Henriquez si era imbattuto anche nell’omicidio Perusini, trovandovi dei collegamenti che furono ipotizzati dal custode della tenuta (che era stato custode prima della morte di Perusini e vi era rimasto alle dipendenze dei nuovi proprietari) nell’interesse che Perusini e de Henriquez avevano avuto nei confronti della strage di Peteano (tre carabinieri uccisi da una bomba, rivendicata dall’ordinovista Vincenzo Vinciguerra, il 31/5/72).
La stampa ci informa anche che già nel 1995 erano state condotte delle indagini poi conclusesi con un nulla di fatto. Noi ricordiamo a questo punto un articolo comparso sulla stampa triestina il 26/3/47:
«DUECENTO CADAVERI nella voragine di S. Lorenzo?» il cronista della voce libera (quotidiano finanziato dall’Ufficio Zone di Confine di Andreotti assieme al Messaggero Veneto) scrive che “viene segnalata” presso la grotta di San Lorenzo (Jezero) “un’altra foiba che sarebbe la tomba di numerosi allievi ufficiali tedeschi e di parecchi civili italiani”. E che “si credette che il numero degli infoibati fosse superiore a 200, ma il recupero venne giudicato molto difficile”.
Giova forse aggiungere che i DUECENTO CADAVERI – il maiuscolo era nel testo originale – non furono MAI – il maiuscolo è nel testo nostro – recuperati).
Claudia Cernigoi
27 febbraio 2015