(deutsch / srpskohrvatski / italiano)

In memoria di Domenico Losurdo

0) Il nostro ricordo e altri collegamenti
1) Introduzione di Domenico Losurdo alla Autodifesa di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia
2) Knjiga Domenika Losurda "Historijski revizionizam. Problemi i mitovi" / Velika kontrarevolucija (Srečko Pulig (Pubblicata la traduzione croatoserba del "Revisionismo storico" di Domenico Losurdo)


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Lo scorso 28 giugno, all’età di 77 anni, a seguito di una breve inesorabile malattia è morto Domenico Losurdo, insigne storico del pensiero filosofico, marxista, grande conoscitore di Hegel.
La notizia riguarda anche noi e ci colpisce direttamente in virtù non solo della ampia condivisione di punti di vista sulle questioni della contemporaneità – esemplificata dal grande numero di testi di Losurdo che abbiamo contribuito a far conoscere negli anni, si veda: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/search/messages?query=Losurdo – ma anche in quanto Losurdo è stato socio ed era tuttora membro del Comitato Scientifico-Artistico della nostra Onlus, avendoci sostenuto anche concretamente nelle campagne avviate a seguito della aggressione NATO contro la Jugoslavia nel 1999.
Non sarebbe possibile, né corretto, entrare qui nel merito dei contenuti del suo pensiero politico-filosofico, sia per nostra inadeguatezza sia per l'impossibilità di rendere contro in maniera sintetica dei grandi temi che Losurdo ha trattato promuovendo importanti controversie, facendosi quasi esempio vivente della applicazione del metodo dialettico: pacifismo/nonviolenza ; marxismo occidentale/orientale ; guerre umanitarie, neocolonialismo e razzismo "liberale"... Su altri temi non meno rilevanti e controversi (es. sovranismo, questione nazionale, europeismo, globalizzazione ; materialismo storico/dialettico e dialettica hegeliana/engelsiana) la sintesi è di là da venire, e il contributo di "Mimmo" Losurdo ci mancherà fortemente. Ci limitiamo nel seguito a segnalare alcuni primi testi di cordoglio pervenuti, che abbozzano un suo profilo intellettuale, e proponiamo: 
(1) la sua durissima introduzione alla Autodifesa di Milošević, in cui paragonava il "Tribunale ad hoc" dell'Aia alle corti-fantoccio del Ku Klux Klan: uno scritto che sembra premonitore della eliminazione fisica dell'imputato da parte dello stesso "Tribunale", occorsa pochi mesi dopo; 
(2) la segnalazione e una recensione della recentissima edizione in lingua croatoserba del saggio di Losurdo sul revisionismo storico, tradotto e curato dalla "nostra" indimenticabile Jasna Tkalec e da Luka Bogdanić.
(a cura di A. Martocchia per Jugocoord Onlus)

--- Siehe auch /Si vedano anche:

Ein Brocken im Vorgarten (Von Arnold Schölzel, 30.6.2018)
Für die Einheit des menschlichen Geschlechts: Ein Nachruf auf den marxistischen Historiker Domenico Losurdo
https://www.jungewelt.de/artikel/335204.ein-brocken-im-vorgarten.html

In memoria di Domenico Losurdo (Marco Paciotti e Paola Bubici, 30/06/2018)
... storico della filosofia da anni impegnato in una vasta e profonda opera di rilettura della storia e del pensiero universali in chiave hegelo-marxista, scomparso ... i due pilastri del programma teorico losurdiano: l’uscita del marxismo da ogni dimensione utopistico-mitologica per il suo ingresso in una dimensione scientifica (ovvero nel solco della Wissenschaft hegeliana, della scienza della totalità) e la riscoperta della questione nazionale come sola garanzia per un internazionalismo che sia espressione di universalismo concreto...
https://www.lacittafutura.it/cultura/in-memoria-di-domenico-losurdo

L’Accademia marxista cinese ricorda Domenico Losurdo (Deng Chundong / Accademia cinese del Marxismo CASS, 30 Giugno 2018)

La scomparsa del compagno Domenico Losurdo (Ruggero Giacomini, PCI / Mauro Gemma e la redazione di Marx21.it, 28 Giugno 2018)

Blog ideato e curato da Stefano G. Azzarà


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Dal libro "IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA. Il j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia" 
N.B. di questo libro è in preparazione una nuova edizione con importanti integrazioni)

Domenico Losurdo

Introduzione 

Tra le idiozie e le infamie messe in circolazione dall’ideologia che ha accompagnato la guerra contro la Jugoslavia, una spicca in modo particolare: il processo all’Aia contro Milosevic si collocherebbe su una linea di continuità coi processi di Norimberga e Tokyo, che suggellano la fine del secondo conflitto mondiale. In realtà, i responsabili del Terzo Reich e dell’Impero del Sol Levante sono condannati in primo luogo per aver scatenato una guerra d’aggressione. L’atto d’accusa del processo di Norimberga contesta agli imputati di aver commesso «crimini contro la pace» e di aver violato le «convenzioni per la regolamentazione pacifica dei conflitti internazionali». Il 24 novembre 1948, nel confermare le sette condanne a morte emesse dal tribunale di Tokyo, il generale statunitense MacArthur esclama: «Che la Provvidenza Onnipotente faccia uso di questa tragica espiazione come simbolo per ammonire tutte le persone di buona volontà a rendersi conto della totale futilità della guerra - il flagello più terribile e il peccato più grande dell'umanità - con la finale rinuncia ad essa da parte di tutte le nazioni». E’ appena il caso di dire che, a voler tener conto oggi di questo monito e di questi precedenti, sul banco degli imputati dovrebbero essere inchiodati Clinton, i suoi  alleati e i suoi complici.
Ben diversa e persino contrapposta è la storia che agisce alle spalle del processo contro Milosevic. E’ la tradizione delle guerre coloniali. Coloro che osano opporre resistenza alle grandi potenze depositarie della Civiltà sono per ciò stesso «briganti» o «ribelli», da sottoporre a processo ed eventualmente da passare per le armi. Malamente camuffata da «giustizia», la vendetta colonialista si accanisce anche dopo la morte. Nel 1898, con la battaglia di Omdurman, la Gran Bretagna riesce a riassoggettare il Sudan, che in precedenza aveva sconfitto gli inglesi e conquistato l’indipendenza. Ora i bianchi superuomini avvertono il bisogno di riscattare l’umiliazione subita: non si limitano a finire i nemici orribilmente feriti dalle pallottole dum-dum. Devastano la tomba del Mahdi, l’ispiratore e protagonista della resistenza anticoloniale: dopo una sorta di processo, il suo cadavere è decapitato; mentre il resto del corpo è gettato nel Nilo, la testa viene portata in giro come trofeo. Le regole che valgono per gli Stati civili non hanno senso nel rapporto coi barbari, che per definizione sono un’orda barbarica e non già uno Stato e, dunque, non dispongono in senso stretto né di capi di Stato né di capi di governo.
Pur caratterizzati da forti limiti politici e da evidenti forzature giuridiche, i processi di Norimberga e di Tokyo hanno comunque il merito di rompere con questa infame tradizione colonialista. L’atto di accusa di Norimberga contesta ai gerarchi nazisti di aver teorizzato e praticato la «dottrina del popolo dei signori» ovvero della «razza dei signori», abilitati al dominio sui popoli considerati inferiori. E, ancora una volta, dovrebbe essere chiaro a tutti chi si colloca su una linea di continuità coi caporioni del Terzo Reich. Nel discorso che inaugura il suo primo mandato presidenziale, Clinton dichiara: l’America «deve continuare a guidare il mondo»; «la nostra missione è senza tempo». A sua volta, George W. Bush è giunto al potere nel 2000 proclamando un vero e proprio dogma: «La nostra nazione è eletta da Dio e ha il mandato della storia per essere un modello per il mondo». A mettere in scena e a portare avanti la farsa del processo a Milosevic sono due personaggi che, con linguaggio appena più levigato, non si vergognano di riesumare la «dottrina del popolo dei signori» ovvero della «razza dei signori», per definizione superiori non solo agli altri popoli, ma anche agli statuti e alle risoluzioni dell’ONU.
Se Norimberga e Tokyo erano la rottura con la tradizione coloniale, l’odierno processo all’Aia è la rottura con Norimberga e la ripresa della tradizione coloniale. Di nuovo c’è solo un piccolo aggiornamento linguistico. I colpevoli di aver opposto resistenza al «popolo dei signori» sono condannati non più in quanto «briganti» o «ribelli», bensì in quanto «criminali di guerra». A pronunciare tale requisitoria è in primo luogo un paese che, ancora nel secondo dopoguerra, non è indietreggiato dinanzi ad alcuna infamia nel tentativo (fallito) di assogettare i popoli dell’Indocina: qui, ancora ai giorni nostri, innumerevoli bambini, donne e uomini continuano a portare nel loro corpo martoriato i segni dell’indscriminata guerra chimica condotta dagli aspiranti padroni del pianeta. D’altro canto, per ironia della storia, la farsa giudiziaria contro Milosevic va avanti mentre, nonostante la censura, trapelano particolari agghiaccianti su Guantanamo e Abu Ghraib.
Tra Otto e Novecento, i «processi» e le esecuzioni inflitti ai «briganti» e ai «ribelli» delle colonie andavano di pari passo coi «processi» e con le esecuzioni cui erano sottoposti coloro che osavano sfidare la «supremazia bianca» e occidentale già nel cuore della metropoli. Sugli afroamericani, che avevano l’ardire di difendere o rivendicare la propria dignità umana, la «giustizia» del Ku Klux Klan si accaniva con un sadismo raccapricciante. Ma qui è di un altro aspetto che voglio occuparmi. I linciaggi dei neri erano annunciato con anticipo sulla stampa locale. Ad assistere e a divertirsi erano spesso migliaia di persone compresi donne e bambini: carrozze supplementari erano aggiunte ai treni per spettatori provenienti anche da località a chilometri di distanza; i bambini delle scuole potevano avere un giorno libero. Ecco, l’umiliazione, la degradazione e la lenta agonia del ribelle si configuravano come uno spettacolo pedagogico di massa: il popolo dei signori era chiamato a godere della sua supremazia, mentre i neri dovevano introiettare sino in fondo la lezione della necessità della rassegnazione.
Analoghe finalità pedagogiche erano state assegnate al processo contro Milosevic, ma già delle prime sedute tutti, assistendo direttamente o tramite la televisione, hanno potuto rendersi conto della netta superiorità politica e morale dell’imputato rispetto ai suoi accusatori e ai loro burattinai. A questo punto, ha cominciato a rivelarsi controproducente l’enorme apparato multimediale approntato per completare sul piano propagandistico la vittoria conseguita a livello militare. Ora, pur di portare a termine il rito dell’ineluttabilità della Giustizia del Ku Klux Klan internazionale diretto da Washington, si è pronti a mettere da parte o a ridimensionare drasticamente lo spettacolo pedagogico di massa. L’importante è che subisca una condanna esemplare e definitiva il «ribelle», il «brigante», il «criminale di guerra» che ha osato disobbedire agli ordini del popolo dei signori statunitense e occidentale.
 
Domenico Losurdo
16 settembre 2005

 
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Domenico Losurdo

Historijski revizionizam. Problemi i mitovi

Srpsko kulturno društvo Prosvjeta, 2017. 

prevoditelji: Jasna Tkalec i Luka Bogdanić
urednik: Rade Dragojević
232 str. ; 22 cm. ISBN: 9789533560021



Velika kontrarevolucija

Domenico Losurdo, Historijski revizionizam; Problemi i mitovi (s talijanskoga preveli Luka Bogdanić i Jasna Tkalec, Prosvjeta, Zagreb 2017.): Povijest historijskog revizionizma nemoguće je razumjeti izvan konteksta barem 200 godina buržoaskih i socijalističkih revolucija, čije je naličje doba kolonijalizma. Čuvari tekovina tako uređenog svijeta, iz kojega još nismo izašli, imaju dobre razloge da blate Francusku i Oktobarsku revoluciju

piše Srečko Pulig, 25. travnja 2018.

Knjiga talijanskog filozofa historije Domenica Losurda ‘Historijski revizionizam; Problemi i mitovi’ (Prosvjeta, Zagreb 2017.) dobrodošlo je osvježenje u našoj javnosti, koja pred zlom revizionizma, kojemu smo u barem dva vala ovdje izloženi, stoji uglavnom teorijski razoružana. A ne bismo takvima trebali biti. Jer problem revizionizama, u širem i užem smislu, kako ih razvrstava Losurdo, nije nov. Podsjetimo na domaći kontekst. ‘Revizionizam’ i ‘pravovjerje’ bili su opsesija u svim povijesnim socijalizmima, a donekle specifično i u našem. Mi smo naime, kao što je poznato, za ortodoksiju tzv. realnog socijalizma, koja je imala svoje sljedbenike i na Zapadu, barem od 1948. bili ‘revizionistima’. Zemljom koja je napustila učenje marksizma-lenjinizma i dala se u potragu za jednim autentičnim – ni istočnim ni zapadnim – humanističkim marksizmom. Danas i spram tog naslijeđa možemo biti kritičnima. A ta kritika i postoji. Jedna je ona dominantna, desničarskog revizionizma u užem smislu, koji odbacuje sve socijalističke pokrete, a posebno jugoslavenski, kao nešto strano našem ‘nacionalnom tijelu’. Tone ispisane profašističke literature, u publicisti i novinarstvu, ali i znanosti u ‘tranzicijskoj Hrvatskoj’, izvor su šund literature za ‘razvlačenje pameti’ u svakodnevnim borbama oko ono malo vlasti što je samoskrivljenim novim ‘urođenicima’ ovih krajeva, od silne priče o neovisnosti, ostala. Takvi danas, ne slučajno, na svojim nemasovnim paradama uz lokalne postfašističke nose i američku zastavu, nadajući se da će ih svjetska sila broj jedan prepoznati i priznati kao svoje. No u tom računu su se prevarili. Ne zato što je danas američka država vođa ‘slobodnog svijeta’ imunog na fašistoidne tendencije, nego zato što njoj oni trenutno ne trebaju. A ne trebaju ni Njemačkoj, koja se bori protiv svog novootkrivenog postfašizma, jer spram njega djeluju kao utvare iz predmodernih vremena.
Gledamo li s druge strane u povijest odnosa marksizma i sada široko shvaćenog revizionizma ovdje, dovoljno je usporediti dva po jednom bitnom tekstu slična, no po kontekstu bitno različita izdanja. Naime, dvije knjige, ‘Marksizam i revizionizam’ (Naprijed, Zagreb 1958.) i ‘Revizionizam’ (Globus, Zagreb 1981.), sadrže isti bitan tekst. Onaj Eduarda Bernsteina‘Pretpostavke socijalizma i zadaci socijalne demokracije’, napisan na prijelazu iz 19. u 20. stoljeće. I dok u prvom izdanju Bernsteina kao revizionista još uvijek, usprkos razlazu sa  SSSR -om, i u nas poriču LenjinPlehanovRosa Luxemburg i August Bebel, u drugom izdanju, koje je izabrao i predgovorio politolog Ivan Prpić, nalazimo uz isti još dva Bernsteinova teksta protiv ‘boljševičke varijante socijalizma’. Ali i tekstove Georgesa SorelaJeanaJauresaSaverija MerlinaIvanoa Bonomija i Petera von Struvea. Ono što je bitnije od izbora tekstova stav je priređivača, koji je sad naklonjeniji strani koja se još uvijek zove ‘revizionističkom’, no sada već u pozitivnom smislu. To je primjer kako je s prljavom vodom obračuna sa staljinizmom u Jugoslaviji 1980-ih bačeno i dijete. Naime Oktobar, bez inspiracije kojim ne bi bilo ni  NOB -a, a onda vjerojatno ni šanse da sve to s liberalnih pozicija bude negirano. Jer bi cijelo vrijeme vladao mrak pravog desničarskog revizionizma, u užem smislu.
Kada je zavladao novi ciklus povijesnog revizionizma, posebno onaj u Njemačkoj 1970-ih i 1980-ih, predvođen novom popularnošću teza Ernsta Noltea, mi smo imali barem jednog povjesničara – našeg porijekla, ali veći dio života u Njemačkoj – koji se njemu i dužoj tradiciji iz koje proističe suprotstavio. Bio je to Eduard Čalić. Sada to izgleda čudno, ali govori o vremenu koje je bilo potrebno čak i tuđmanizmu da zavlada, no on je uspio u nas 1990-ih objaviti ‘Evropsku trilogiju; Marseille i Drugi svjetski rat’ (Zagreb 1993.) i ‘Europu gledanu s Balkana; Kritiku koncepcije globalističkog revizionizma’ (Zagreb 2000.). U tim knjigama mi još sudjelujemo u svjetskoj diskusiji, dok se danas samo reaktivno trzamo na u međuvremenu od vlasti razrađenu revizionističku ideologiju o ‘dva totalitarizma’, onom fašističkom i onom komunističkom. Ili na očite falsifikate obiteljaša, čije je doktrinarno porijeklo u američkom vjerskom ekstremizmu, a posljedice su po društvo na drugi način pogubne od onih iz 1990-ih.
Prva u nas prevedena Losurdova knjiga kreće se oko nekoliko bitnih koncepata, čiji je zajednički nazivnik da je povijest historijskog revizionizma nemoguće razumjeti izvan konteksta barem 200 godina buržoaskih i socijalističkih revolucija, čije je naličje doba kolonijalizma. Ili u drugoj tradiciji rečeno – imperijalizma. Čuvari tekovina tako uređenog svijeta, iz kojega još nismo izašli, imaju dobre razloge da blate Francusku i Oktobarsku revoluciju, kao i cijelo naslijeđe emancipatornih pokreta 20., ali i njemu prethodnog 19. stoljeća, da ih falsificiraju i prerađuju po svojoj mjeri svjetskih gospodara. A to je uloga od koje, vidimo, ne namjeravaju tako lako odustati. Pozivajući se na komparativni pristup, koji možda i prečesto završava u analogijama, Losurdo analizira probleme i mitove historijskog revizionizma prvenstveno u Velikoj Britaniji,  SAD -u i Francuskoj, a tek izvedeno i u Njemačkoj, koja ih, uostalom, u mnogo čemu slijedi. Nacizam nije u prvom planu namjerno, ne zato što to svojom izuzetnošću ne bi zaslužio, već zato da se obasja i one koji ostaju u sjeni kada se sva krivnja za krvavu povijest 20. stoljeća strovali na Njemačku, a onda uzročno-posljedično i na Sovjetski Savez. On govori o međunarodnom građanskom ratu, koji se može razlučiti na onaj imperijalistički i onaj revolucionarni. Oba navodno imaju elemente ideološkog križarskog pohoda i svetog rata ‘koji u svom teleološkom bijesu protiv heretika ne priznaje razlike između boraca i civilnog stanovništva’. No Losurdo uvjerljivo na bezbroj primjera dokazuje da to puno više vrijedi za prvi slučaj. Kako bi to potkrijepio, uvodi razlikovanje između dva oblika ‘despecifikacije’, kako zove postupak u kojemu se neprijatelja u totalnom sukobu izopćava iz civiliziranog društva ili čak iz ljudskog roda. Prvi, opakiji oblik takvog fanatizma je naturalističkadespecifikacija, pomoću koje se određene etničke, društvene ili političke skupine naprosto isključuju iz ljudske vrste. To proturevolucionarni pokreti, kolonijalizam i imperijalizam, stalno čine. Protivnici Francuske revolucije govore o pobunjenicima, građanima, radnicima i seljacima, kao o Hunima, barbarima, sablastima Vandala i Gota, barbarskoj klasi robova, antropofagima. Revolucionari, od francuskih do sovjetskih i drugih, razvijaju pak despecifikaciju neprijatelja na političko-moralnoj osnovi. Iako Staljin govori o kulacima kao o najbestijalnijim eksploatatorima, krvopijama koji su se obogatili na bijedi naroda, vampirima i sl., bitno je uvidjeti razliku da to nisu vječna i rasno pripisana svojstva, što je pravilo u imperijalista.
Općenito govoreći, revizionistička historiografija potiskuje u drugi plan kolonijalno i nacionalno pitanje u svjetskim razmjerima, a baš o tome se radi u tri ogromna sukoba koji stoje u središtu posljednja dva stoljeća. Svaki od njih traje po nekoliko desetaka godina, a osim vojno-političkog, svi oni imaju i ideološki aspekt. Prvi počinje Francuskom revolucijom i završava restauracijom. Drugi obuhvaća razdoblje dva svjetska rata, koje Losurdo naziva i ‘Drugi tridesetogodišnji rat’. Treći ogroman sukob započinje Oktobarskom revolucijom, da bi preko razdoblja hladnog rata završio nestankom  SSSR -a. Slijedi zaključak kako je jedini ideološko-politički entitet koji je iz sva ta tri sukoba izašao kao pobjednik anglosaksonski svijet. Pisan ovako, bez navodnika, termin vuče na poznatu teoriju o kulturnim krugovima britanskog filozofa povijesti Arnolda Toynbeea, koju je ljevica svojedobno kritizirala.