Trije mlajši moški prelepili fasado hrvaškega konzulata na Trgu Goldoni v Trstu s plakati s provokativno vsebino...
Il ministero degli Esteri ha consegnato una nota di protesta verbale all'ambasciatore italiano Adriano Chiodi Cianfarani: "Il ricordo dell’anniversario dell’occupazione di Rijeka non solo mina le relazioni amichevoli e di buon vicinato tra i due Paesi, ma è anche il riconoscimento di ideologia e azioni in contrasto con i valori europei". La presidente croata: "Irrispettoso e scandaloso". Nella città che fu occupata sconosciuti hanno issato la bandiera del Regno d'Italia sul Palazzo del Governatore, che fu residenza del poeta...
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/12/trieste-inaugurazione-statua-di-dannunzio-nel-centenario-delloccupazione-di-fiume-e-un-caso-croazia-protesta-con-lambasciatore/5449051/
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Identita-lingua-e-territorio-bilinguismo-a-Fiume-194075
PDF: https://www.academia.edu/24594737/Fascismo_antislavo
su Il Manifesto dell'8.9.2019
«Edulcorato, estetizzante. Indifferente alle sorti della popolazione di origine slava che durante l’occupazione capeggiata da D’Annunzio subì discriminazioni e venne, in buon numero, costretta all’esilio». La storica Tea Perincic non usa giri di parole per commentare l’approccio con cui in Italia si riscopre e si sdogana la presa di Fiume da parte del Vate e dei suoi arditi avvenuta esattamente un secolo fa.
Nel Palazzo del Governatore della città croata, ribattezzata Rijeka nel secondo dopoguerra, apre, giovedì 12 settembre, una piccola mostra che è il controcanto a quella in corso a Trieste, ideata da Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale e cultore del mito dannunziano.
Si tratta di uno dei pochi eventi organizzati lungo le coste del Golfo del Quarnaro per ricordare i cento anni di un’esperienza complessa e contraddittoria che qui è stata a lungo avvolta nell’oblio, oscurata dalla storiografia ufficiale e dalla memoria cittadina. In Italia, invece, l’«Impresa» affascina e viene spesso celebrata equiparando il Vate ad un «eroe rinascimentale» o ad un novello Garibaldi che, prendendo armi in pugno la città irredenta, seppe tenere alto il vessillo di un’italianità tradita dalle timidezze del governo Nitti e dai diktat della Triplice Intesa.
«Le riletture di questo tipo mi preoccupano – confessa Perincic che per questa mostra ha lavorato in tandem con la storica dell’arte Ana Maria Milcic raccogliendo fotografie, quadri, diari e alcuni cimeli dell’epoca – ma qui in Croazia nessuno sembra invece farci caso. I nostri politici guardano ad est piuttosto, preoccupati dalla situazione in Bosnia, quando in realtà ci sarebbero le condizioni per aprire una vera e propria crisi diplomatica. Questo ritorno di fiamma del nazionalismo in Italia, questa retorica agiografica sul passato per trovare appigli ideologici è inquietante. Tanto più che si travisa anche la Storia. Fiume non è mai stata una città italiana. Ma semmai un porto aperto abitato da una molteplicità di etnie. Per secoli ha goduto di uno status particolare all’interno dei confini dell’Impero Austro-Ungarico. D’annunzio ha negato il municipalismo che era sempre stato un tratto fondante della città. Ha spinto molte persone all’esilio. Insomma la sua avventura, finita poi nel sangue, ha aperto la strada al fascismo. Ne è stata la prova generale»
In Italia c’è chi pensa che questa sia una lettura rigida, senza sfumature, a sua volta ideologica. Tra D’Annunzio e il fascismo non ci sarebbe un legame diretto, si dice. Anzi, per qualcuno l’esperimento fiumano fu un 68 ante litteram. La realizzazione di un’utopia libertaria che prevedeva un’assoluta parità tra uomini e donne e il suffragio universale. Una festa dove si praticava l’amore libero e l’arte aveva un ruolo centrale.
È una visione romantica e tra l’altro poco precisa, si dice ad esempio che D’Annunzio avrebbe legalizzato il divorzio ma in realtà non è vero. Il divorzio venne legalizzato prima, quando Fiume era un corpus separatum della Corona ungherese. Per non parlare poi del suo autoritarismo. Organizzò un referendum sulla proposta d’accordo avanzata da Badoglio ma siccome il responso non gli piacque ordinò ai suoi uomini di distruggere le urne e dargli fuoco.
Perché avete scelto di intitolare la mostra «L’Olocausta di D’Annunzio»? Una definizione che, mi pare, fu proprio D’Annunzio ad usare riferendosi a Fiume.
Si. Olocausta per lui significava sacrificata, martire. Vittima della politica rinunciataria del governo italiano. Era una delle definizioni che aveva dato della città che considerava «italianissima» e che usò come teatro del suo sconfinato egocentrismo. Abbiamo ripreso questo termine attribuendogli un’altra connotazione. Fiume fu vittima sì, ma proprio di D’Annunzio. E vittime, «ostaggi» furono i suoi abitanti in particolare le donne che D’Annunzio amava sedurre per poi abbandonarle. Donne che ricercavano libertà e emancipazione e per questo alcune combatterono al suo fianco, ma che in realtà il Vate strumentalizzò. In fondo erano solo pedine di un disegno velleitario. Quando le cose si misero male D’Annunzio abbandonò la città bombardata tornandosene a casa.
Chi sono queste donne? Avete messo in risalto le loro storie?
Raccontiamo in particolare la storia di tre donne, Luisa Baccara, l’amante del Vate, eccelsa pianista, che, spinta dalla passione, decise di seguire D’Annunzio a Fiume. Nicolina Fabris, la «mamma degli arditi», una signora 60enne, di famiglia irredentista che aveva messo in salvo decine di soldati italiani fatti prigionieri degli austriaci per poi accogliere entusiasta i legionari all’entrata a Fiume. E infine Dora Blasic, una ragazza ventenne, assai emancipata che nel suo diario racconta la vita quotidiana di allora fatta di disagi ma anche di speranze. Non era tutto oro quello che luccicava, c’era miseria. A causa dell’embargo italiano, la bottega dei suoi genitori una volta molto conosciuta aveva gli scaffali vuoti. Ci sono tanti episodi anche divertenti, i pomeriggi al cinema e pure le manifestazioni di protesta organizzate dai serbo-croati in città.
La mostra su Fiume e i fiumani ai tempi di D’Annunzio è la prima tappa di una ricerca che il Museo porterà avanti anche nel corso delle celebrazioni per il 2020 quando Fiume sarà capitale europea della cultura. Ce ne può parlare?
La storia di Fiume è, secondo me, la cartina di tornasole di cosa può succedere quando la mistica della patria prende il sopravvento. Tutto quello che è venuto dopo in questa regione di frontiera ha la sua origine proprio nel 1919. Mi riferisco agli anni del fascismo e a quello che è successo dopo il 1945. Comprese le foibe. Che non giustifico, assolutamente, ma che sono il frutto avvelenato di queste pulsioni. Per questo presenteremo altre due mostre incentrate sul significato di confine, di frontiera. Le celebrazioni del 2020 serviranno a riscoprire Fiume come «Porto delle diversità». È l’intitolazione che abbiamo scelto, perché Il porto per definizione è aperto. Contrariamente ai muri che invece chiudono l’orizzonte.
Sedici italiani sono stati fermati, multati ed espulsi a Fiume, in Croazia, dopo la scoperta che un gruppo di nostri connazionali si era dato appuntamento per una performance commemorativa dell’ingresso nella città di Gabriele D’annunzio con tanto di bandiere del Regno d’Italia. Fermati anche alcuni aerei impegnati in una rievocazione storica legata alla figura del poeta.
di Antonio Palma, 13 settembre 2019
Polemiche e provocazioni
Manifestini con contenuto irredentista sulla porta del Consolato croato a Trieste, una bandiera sabauda sul Palazzo del Governatore a Fiume e manifesti antidannunziani a Ronchi dei Legionari. Questo il bilancio del centenario della marcia su Fiume.
La Croazia condanna fermamente la decisione della città di Trieste di inaugurare un monumento a Gabriele D’Annunzio nel giorno del centesimo anniversario della presa di Fiume. Questo quanto si legge nella nota del ministero degli esteri di Zagabria. Nel testo si sottolinea che, anche se si tratta di una decisione presa a livello locale, un simile gesto rovina i rapporti bilaterali e riconosce una ideologia e gesti che sono in contrasto con i valori europei.
Il capo dello stato croato, Kolinda Grabar Kitarović, invece ha rimarcato che Fiume era e resta l'orgoglio della patria croata e che pertanto il monumento triestino a D'Annunzio, che pone in rilievo l'irredentismo e l'occupazione, è inaccettabile.
Ferma condanna anche da parte del sindaco di Fiume Vojko Obersnel sia per la posa del monumento sia per quanto accaduto in città in queste ore. Il primo cittadino invita anche i fiumani alla mostra in programma questa sera dedicata al periodo dannunziano in città. Un uomo che, secondo Obersnel, ispirò il fascismo e Mussolini e che distrusse tutto quello che toccò.
Ad accendere le polveri, oltre che all'inaugurazione della statua, anche alcuni episodi che hanno contribuito a surriscaldare ulteriormente il clima. Questa notte sull’edificio del consolato croato a Trieste sono stati affissi volantini in cui si chiede il ritorno della città all’Italia. Come riporta il Primorski dnevnik la firma è quello del movimento neonazista Fronte Veneto Skinheads. A Fiume in mattinata un gruppo chiamato “La banda degli idraulici” ha affisso un tricolore sabaudo sul Palazzo del Governo, che ospitò D’Annunzio durante la sua permanenza in città. In una farneticante dichiarazione, gli autori accomunano la difesa dei confini, l’immigrazione e tirano un parallelo tra il governo Nitti e il governo Conte, “che rappresenterebbero gli interessi della élite finanziaria, antinazionale ed antipopolare”. La voce del popolo, il quotidiano della minoranza italiana di Slovenia e Croazia, nella sua edizione on line commenta che “chi si rende protagonista di queste gesta, non si rende conto che in questa città vivono, parlano, scrivono, studiano, lavorano italiani”. Con queste azioni – aggiunge il giornale- “vista l’aria che tira, passare dall’identificazione di italiano uguale fascista ci vuole poco con tutti i rischi che si corrono. L’abbiamo già passato in altri tempi, non è piacevole…”.
Il presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri, tenta di gettare, intanto, acqua sul fuoco di un centenario che probabilmente non si immaginava così. Liquida le provocazioni definendole “impresine patetiche” e ci tiene a precisare che nessuno oggi mette in dubbio la sovranità croata su Fiume, così come D’Annunzio non metteva in dubbio, all’epoca, quella francese su Nizza. “La mia posizione – sottolinea- non è affatto irredentista. Ho dato tantissimi segnali di pace a quello che voglio chiamare il comune di Rijeka. Oggi andrò in piena amicizia a parlare alla comunità degli italiani ed alla mostra che si inaugura al Palazzo del Governo”.
A Ronchi, da dove partirono esattamente cent’anni fa i legionari, si svolgeranno due manifestazioni contrapposte, una che ricorda l’impresa e l’altra che invece rivendica l’attaccamento della città ai valori della Resistenza. Nella notte ai principali ingressi della città e nelle principali vie sono comparsi decine di manifesti antidannunziani, che in mattinata sono stati prontamente rimossi.
Stefano Lusa
E in tutto ciò nella stessa piazza della Borsa, tra qualche giorno, ci sarà lo Slofest. Il festival degli sloveni in Italia. Cioè il 12 settembre si celebra un simbolo dell'antislavismo, visto quello che D'Annunzio scriveva sui popoli "slavi" e non solo, qualche giorno dopo si riconosce la valenza dell'identità slovena che D'Annunzio considerava di "razza inferiore",ecc. Sarebbe stato tutto ciò certamente un caso di studio interessante per Basaglia.
mb [Marco Barone]
di CLAUDIA CERNIGOI
Noi, che siamo i soliti guastafeste, abbiamo ritenuto di fare cosa utile diffondendo la lettera del sindaco di Fiume Vojko Obersnel, che stigmatizza l’inopportunità delle celebrazioni dannunziane nel centenario dell’impresa fiumana. Ovviamente una copia è stata subito offerta al portavoce del sindaco, Vittorio Sgueglia della Marra, che ci ha detto, serenamente “eh sì, abbiamo già avuto questa lettera, ma per educazione non abbiamo risposto”. Ora, a prescindere che da una persona che costa alla comunità quasi 90.000 euro all’anno (così dice la stampa) ci saremmo aspettati una risposta un po’ meno sciatta, a noi ci hanno insegnato che “per educazione” si risponde, quando non si risponde è maleducazione. A meno che il suddetto portavoce (che è anche capo di gabinetto, e non facciamo doppi sensi, per piacere, anche se il clima è futurista) non abbia inteso dire che la loro risposta sarebbe stata tanto maleducata che è meglio che non abbiano risposto... ma sempre per i 90.000 euro all’anno di cui sopra ci saremmo aspettati qualcosa di più... però evidentemente la nostra presenza non è stata gradita dal primo cittadino, che, dimentico del suo proverbiale aplomb e savoir faire, dovendomi sorpassare, invece di chiedere prima permesso e aspettare che mi spostassi, mi ha prima spostata e poi ha chiesto scusa. Ma si figuri, sindaco, calpesti pure, il clima è quello, in fin dei conti.
Fino alle 11 circa incellofanata come in copertina, poco prima dell’inaugurazione la statua è stata avvolta da un tricolore circondato di blu.
A lato di tutto ciò, i nostalgici con le magliette degli arditi e cappelli alpini (ma il corpo degli alpini è d’accordo con questa commistione?), a farsi i selfie con le bandiere fiumane di allora, tanto per dimostrare che non vi è nulla di nostalgico in queste iniziative.
“Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione... Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando l'annessione di Fiume.”
(Discorso tenuto da Gabriele D'Annunzio il 12 settembre 1919 dal Palazzo del Governo di Fiume)
Una statua a D’Annunzio verrà inaugurata il 12 settembre a Trieste in Piazza della Borsa, cuore del ‘salotto buono’ della città, di fronte alla Galleria del Tergesteo e alla sede della Camera di Commercio, prestigioso palazzo neoclassico. Il motivo dell’iniziativa, voluta fermamente e patrocinata da Sindaco e Regione, è la celebrazione del centenario della storica impresa (per qualcuno) o della insensata avventura (per qualcun altro) cioè l’annessione di Fiume da parte dei legionari partiti da Ronchi e la proclamazione della Reggenza del Quarnaro. Non voglio entrare nel merito della discussione storica, dei perché, dei come, delle collusioni, della portata simbolica dell’evento, delle opinioni… ormai è risaputo che l’avventura fiumana, durata 16 mesi, ha visto protagonista un vecchio pieno di acciacchi e gonfio di retorica, ma ha anche aperto le porte al più becero imperialismo nazionalista. Insomma fu ‘l’aperitivo’ di una stagione italiana di disprezzo, razzismo coloniale e supponenza culturale.
I promotori del solenne evento dedicatorio a un D’Annunzio pensoso mentre legge un volume (questa è la statua) parlano di “omaggio al poeta e non al politico”, evidentemente senza comprendere (o forse lo sanno benissimo) che non si può e non si deve MAI scindere persona e memoria, né distinguere tra quello che è stato pensato e scritto e ciò che è stato malauguratamente fatto.
Perché, a proposito di razzismo, il nostro ebbe a scrivere anche parole di fuoco:
in Il sudore di sangue- Lettera ai Dalmati : "il croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato." (…) "quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso...";
in Gli ultimi saranno i primi. Discorso al popolo di Roma nell'Augusteo, 4 maggio 1919 (…) "Laggiù , su le vie dell’Istria, su le vie della Dalmazia, che tutte sono romane, non udite la cadenza di un esercito in marcia? I morti vanno più presto dei vivi. E per tutto ritrovano essi i segni dei legionarii. Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandre di porci!";
in Italia e vita del 24 ottobre 1919, scriveva: "come Idria, Postumia aspetta a noi. Se non la tenessimo, il flutto della gente balcanica, il flutto della barbarie schiava, giungerebbe a una ventina di chilometri dalle mura di Trieste." (…) "Col distretto di Postumia lasceremmo in mano degli Schiavi meridionali il valico di Longatico, quello di Nauporto e forse quello di Prevaldo, che costituiscono da tempo immemorabile la vera Porta d’Italia, la soglia latina calcata dalle incursioni boreali e orientali dei Barbari di ogni evo". Un vero innegabile poeta, che marginalmente scrisse anche versi gratificanti e suggestivi, e meno intrisi di odio.
Contro le celebrazioni triestine si è espresso il Sindaco di Fiume (Rijeka),Vojko Obersnel , che definisce "vergognosa e pericolosa" la celebrazione di D’Annunzio per l’ occupazione di Fiume; vari istituti di ricerca, tra cui il gruppo di Resistenza Storica di Trieste, Udine e Ronchi, hanno redatto un Manifesto che ha raccolto l'adesione di centinaia di firme di personalità della cultura, dall'Italia, alla Slovenia, dalla Croazia, all'Austria.
Mi fermo qui, perché io -che non sono triestina ma a Trieste vivo da più di 40 anni - non ne posso più di polemiche sulle Foibe, accaparramenti e strumentalizzazioni di priorità memoriali in nome di “Viva l’Istria italiana”, “Viva la Dalmazia italiana” ecc. ad opera di Salvini e di Tajani (anniversario delle Foibe febbraio 2019), celebrazioni retoriche della Resistenza alla Risiera di San Sabba da parte di una giunta comunale che viene metodicamente contestata da ANPI e da tutte le formazioni partigiane, cattoliche e comuniste, italiane ed ex-Yugo . Mi fermo qui anche perché non vedo l’ora che finalmente chiuda la mostra “DISOBBEDISCO” nella storica sede dell’ex-Pescheria (sono andata a vederla di nascosto e senza pagare): un coacervo di materiali – gagliardetti, bandiere, divise, lettere, locandine, suppellettili inutili – che mi ha messo una grande tristezza per la povertà di orizzonti appena dignitosamente culturali.
E vorrei che la ‘disgraziata’ Trieste, dove il Duce proclamò stentoreamente le Leggi Razziali nel 1938 in Piazza Unità d’Italia, fosse alla ribalta non per questioni di odio, insofferenza e intolleranza, ma fosse presente per l’importanza della sua cultura (Saba, Svevo, Veruda, Joyce…), lo sviluppo del suo porto e la capacità di convivere con il resto d’Italia e con i propri vicini: friulani, sloveni, croati, istriani e dalmati.
Infine vorrei esprimere il mio disappunto per l’opinione di Claudio Magris sul Corriere della Sera a favore della statua. Non sono d’accordo con Magris che ha un grande seguito di lettori… e rivendico la mia contrarietà come un’ altrettanto legittima opinione.