LE RESPONSABILITA' VATICANE NEL CONFLITTO BALCANICO:
ALCUNI ELEMENTI.


a cura del Comitato unitario contro la guerra alla Jugoslavia
( Fonte:
> http://www.softmakers.com/fry/sfrj/ oppure
> http://marx2001.org/nuovaunita/jugo/opuscolo/index.htm

� Nei primi anni '80, subito dopo la morte di Josip Broz Tito, viene
segnalata l'apparizione della Madonna ad alcuni giovani croati a
Medjugorje, una localit� della Erzegovina dove gi� durante la seconda
Guerra mondiale i fascisti si erano scatenati con violenze ed uccisioni
contro la popolazione di religione ortodossa. La gerarchia cattolica
non ha mai voluto ufficialmente riconoscere la veridicit� delle
apparizioni di Medjugorje, ma il clero locale (i frati francescani
dell'Erzegovina noti da secoli per il loro fondamentalismo e, nel
Novecento, per il loro supporto alla causa degli ustascia) se ne �
avvalso per fini propagandistici. Anche dall'Italia sono stati
organizzati pellegrinaggi.

Sarebbe interessante sapere che fine hanno fatto oggi quei
ragazzi "visionari" o "miracolati": sappiamo ad esempio che Marija
Pavlovic, che aveva fatto voto di entrare in convento, � oggi
felicemente sposata; pare anzi che anche gli altri quattro ragazzi
protagonisti della vicenda abbiano messo su famiglia, e che tre di loro
siano emigrati all'estero.

Molti dicono che le cose, in Jugoslavia, cominciarono a precipitare con
la morte di Tito. Ma si pu� anche dire che le cose cominciarono ad
andare a rotoli quando "apparve" la Madonna a Medjugorje. Probabilmente
sono vere entrambe le affermazioni...

� Il 1990 � l'anno dedicato a Madre Teresa di Calcutta. Pochi sanno che
questa suora era originaria di Skopje, nella ex repubblica federata di
Macedonia, ed apparteneva al gruppo etnico albanese. Lo stesso anno
raggiungono il culmine le tensioni tra albanesi e serbi nella regione
del Kosmet (Kosovo e Metochia). Dinanzi a personalit� albanesi Giovanni
Paolo II, in uno dei paesini albanesi del meridione d'Italia, celebra
la Madonna di Scutari, patrona e protettrice dell'Albania. Durante la
celebrazione il papa afferma: "Madre della speranza regalaci il giorno
Leeeeeenel quale questo popolo generoso possa essere unito",
dichiarando cos� esplicitamente il sostegno del Vaticano alla causa
degli albanesi del Kosovo.

Negli anni successivi segnaliamo tra l'altro la visita del papa in
Albania (paese - per inciso - a stragrande maggioranza atea o, al
limite, musulmana) e la frequentazione di Madre Teresa con pezzi grossi
dello Stato quali la vedova di Hoxha, con la quale presenzia ad una
cerimonia dinanzi ad un monumento alla "Grande Albania".

� Nel 1991 scoppia la guerra. Il papa parla all'Angelus
delle "legittime aspirazioni del popolo croato". Il riconoscimento
ufficiale della Croazia indipendente da parte del Vaticano avviene il
13 gennaio del 1992, contro il parere del resto della comunit�
internazionale, almeno apparentemente: gli altri paesi si adegueranno
dopo due giorni.

� Nel 1992 la guerra civile si estende in Bosnia-Erzegovina, repubblica
a maggioranza relativa di musulmani. I serbi (cristiani ortodossi)
costituiscono un terzo della popolazione, mentre circa il 15% sono
croati (cattolici). Durante il conflitto i soldati croati compiranno i
crimini pi� efferati (semmai sia possibile compilare statistiche su
queste cose... noi comunque ci riferiamo ai dati del londinese
Institute for Strategic Studies - cfr. LIMES n.3/'95, pg.60). Le
cronache parlano di soldati che vanno in guerra con il rosario al
collo, di preti e frati francescani erzegovesi che vanno in giro con la
pistola (alcuni intervistati anche dall'italiano Avvenire) o tuonano
dai pulpiti delle loro chiese, di ingiustizie nella distribuzione degli
aiuti della Caritas (secondo il criterio "etnico", applicato d'altronde
da tutte le organizzazioni umanirie religiose)...

� Il culmine dell'interventismo vaticano viene raggiunto nel 1994 con
la visita del papa a Zagabria. Il viaggio di Karol Wojtyla in Croazia
avviene nel pieno del conflitto bosniaco, mentre � ancora aperta la
ferita delle Krajne (territori dell'odierna Croazia a maggioranza
serba, in quel periodo autonomi e sotto il controllo di truppe ONU), ed
� una evidente boccata d'aria per il regime di Tudjman, con il quale il
papa si incontra e presenzia a cerimonie pubbliche. Scriveva La
Repubblica del 12/9/1994: "...il contatto con la folla fa bene a
Giovanni Paolo II. I fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando
ricorda il cardinale Stepinac, imprigionato da Tito per i suoi rapporti
con il regime di Ante Pavelic, ma sempre rimasto nel cuore del Croati
come un'icona del nazionalismo. Wojtyla, che sabato sera ha pregato
sulla sua tomba, gli rende omaggio, per� pensa soprattutto al futuro."

Da una mezza frase di un articolo di giornale veniamo dunque a
conoscenza del fatto che il papa ha pregato sulla tomba del
collaborazionista dei nazisti Stepinac, nell'entusiasmo dei seminaristi
di San Girolamo (la chiesa croata di Roma, all'inizio di Via Tomacelli,
nota tra l'altro per avere ospitato Pavelic in fuga dopo la guerra;
cfr. il libro "Ratlines" di M. Aaron e J. Loftus) presenti a Zagabria
per l'occasione.

Il 26 novembre successivo Vinko Puljic, arcivescovo cattolico di
Sarajevo, � nominato cardinale dal papa insieme ad altri 30 che
rispecchiano le tendenze della geopolitica vaticana. Citiamo ad es.
Mikel Loliqi, 92enne cardinale di Scutari (Albania). In onore di Puljic
due giorni dopo si tiene un concerto sinfonico nella stessa chiesa di
San Girolamo.

� 1995: � l'anno risolutivo. Dopo una primavera in cui la tensione
cresce enormemente (Srebrenica ecc.), e si parla insistentemente di una
visita del papa a Sarajevo, in luglio Giovanni Paolo II in una
dichiarazione ai giornalisti si schiera per l'intervento militare
(contro i "tentennamenti" della comunit� internazionale, perch� si
faccia finalmente "il necessario" per punire gli aggressori, e cos�
via). Pochi giorni dopo Tudjman ordina il definitivo "repulisti" della
Krajna, mentre in settembre, dopo l'ennesimo grande attentato
sarajevese stile "strategia della tensione" (v. Cronologia), la tanto
invocata "comunit� internazionale" interviene a forza di bombe contro i
serbobosniaci.

In dicembre, con gli accordi di Dayton, la guerra si interrompe.

� Nell'ottobre 1996 il rettore della chiesa di San Girolamo (di cui
sopra), monsignor Artur Benvin, viene trovato impiccato. La notizia
non "passa" sui giornali. Noi l'abbiamo trovata sull'Evropske Novosti,
giornale serbo, che ipotizza triangolazioni di danaro per comprare armi
tra il clero croato, pezzi grossi musulmani di Sarajevo e la Trzaska
Kreditna Banka di Trieste, la banca della minoranza slovena in Italia
dichiarata fallita proprio in quelle settimane.

� Durante la primavera 1997 (12 e 13 aprile) si realizza la "tanto
attesa" visita del papa a Sarajevo. La visita ha un contenuto
palesemente politico, essendo stata preceduta da varie polemiche (cfr.
ad es. Predrag Matvejevic su "la Repubblica" del 5/3/1997, e come
risposta ad es. le dichiarazioni del vescovo di Mostar in visita a
Trieste) e da vari attentati alle istituzioni cattoliche in Bosnia, tra
cui uno, sventato, contro il papa (i giornali parlano di un ponte nella
zona musulmana da far esplodere al momento del passaggio del papa, ma
la bomba sarebbe stata disinnescata dai militari stranieri della
missione SFOR - cfr. i giornali di quei giorni).

� Nel maggio 1998 viene ufficialmente annunciata la prossima visita del
papa in Croazia. Nell'ottobre successivo il papa andra' a Zagabria ed a
Marija Bistrica, il principale santuario cattolico della Croazia, dove
celebrera' la cerimonia per la beatificazione di Alojzije Stepinac.
Sulle responsabilita' di Stepinac in quanto collaborazionista del
regime genocida di Ante Pavelic nello "Stato Croato Indipendente"
instaurato durante la II Guerra mondiale suggeriamo la lettura del
libro "L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli (Ed. Kaos 1999).
� Durante la sua visita in Croazia all'inizio di ottobre 1998 Karol
Wojtyla oltre a beatificare Stepinac pronunzia alcune frasi rispetto
alla situazione in Kosovo, oggetto di una violentissima campagna-
stampa, che alludono al diritto di "ingerenza umanitaria" da parte
della "Comunita' Internazionale", cioe' alla liceita' di un intervento
armato per "aiutare chi soffre". Quando il 24 marzo 1999 la NATO
effettivamente attacca la Repubblica Federale di Jugoslavia con il
pretesto del Kosovo, il papa cita una frase di Pio XII, vale a dire di
quel suo predecessore che non solo non aveva fatto nulla per denunziare
e fermare il nazifascismo, ma che viceversa benedi' Pavelic e lo
sostenne tramite il clero croato (si veda a proposito il libro di Carlo
Falconi "Il silenzio di Pio XII" uscito nel 1965, nonche'i
gia'citati "Ratlines" e "L'Arcivescovo del genocidio"). La frase
recita: "Con la guerra tutto e' perduto, con la pace niente e'
perduto". All'Angelus pasquale, una settimana dopo, il papa afferma
retoricamente: "Ma come si puo' parlare di pace quando si costringono
le popolazioni [albanesi] a fuggire... e se ne incendiano le
abitazioni?... E come rimanere insensibili di fronte alla fiumana
dolente dei profughi dal Kosovo?". Percio', a parte la discutibile
richiesta di una "pausa" nei bombardamenti in occasione della Pasqua
(cattolica, non ortodossa), il Papa non fa appello per la loro
cessazione incondzionata.

Nei giorni successivi la stampa riporta anche le dichiarazioni del
Cardinale croato di Sarajevo Vinko Puljic che rivendica la giustezza
dell'intervento militare argomentandola con la necessita' "di estirpare
la malattia" e di sconfiggere una volta per tutte "il creatore della
guerra" Slobodan Milosevic.

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