Barletta
15 marzo 2008
Il
17 febbraio 2008, con la dichiarazione unilaterale di indipendenza
approvata dall’assemblea del Kosovo – organismo sorto sulla base dei
provvedimenti adottati dall’amministrazione ONU del Kosovo (UNMIK
nell’acronimo in inglese) - si chiude formalmente la fase iniziata con
i bombardamenti della NATO nella primavera 1999 e la successiva
imposizione di un protettorato ONU-NATO sulla provincia serba, avallato
dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle N.U, 1244/99,
successiva all’armistizio di Kumanovo, in base al quale la RFJ doveva
accettare, dopo 78 giorni di violenti bombardamenti sulla popolazione
civile e le infrastrutture essenziali, che le sue forze armate
abbandonassero il Kosovo alle truppe NATO e di contingenti di altri
paesi delle N.U.
Questo atto, palesemente contrario alle norme di diritto internazionale
che si basano sul riconoscimento dei confini degli stati esistenti e
che condannano secessioni unilaterali, è stato platealmente sostenuto
dagli USA (cfr. dichiarazioni di George W. Bush a Tirana il 10 giugno
2007). Agli USA si accodano, senza particolari distinguo, i principali
paesi della UE (salvo Spagna, Slovacchia, Romania, Cipro), che si
affrettano a riconoscere diplomaticamente il nuovo stato, definito, in
diversi rapporti di organismi internazionali come il principale centro
di traffico europeo di esseri umani, donne ridotte in schiavitù, armi,
droga.
Il governo Prodi - nonostante sia dimissionario e debba quindi
occuparsi costituzionalmente solo degli affari correnti, nonostante una
mozione a fine novembre 2007, approvata “trasversalmente” dal
parlamento (dalla Lega nord alla sinistra), impegnasse il governo a
spingere per il proseguimento delle trattative sullo status “al fine di
arrivare a una soluzione condivisa” tra Serbia e leadership
albanese-kosovara, e mentre le commissioni parlamentari stanno ancora
discutendo, proponendo di rinviare la decisione dopo le elezioni di
aprile - è tra i primi, insieme con Francia, Regno Unito e Germania, a
riconoscere ufficialmente il Kosovo.
Col riconoscimento del nuovo narcostato da parte dei principali paesi
della UE, che, pur non potendo adottare, per l’opposizione di alcuni
stati membri, una risoluzione comune, fornisce il principale supporto
all’operazione con la missione Eulex - la più grande e costosa missione
europea -, la politica estera degli USA coglie il primo significativo
successo dopo cinque anni di difficoltà e fallimenti, dall’Iraq, al
Libano, all’America Latina, all’Afghanistan.
In nessuna parte del mondo – e forse neppure negli USA stessi – la
bandiera a stelle e strisce è osannata come in Albania e Kosovo, in
nessuna parte del mondo vi sono tanti segnali di servile sottomissione
agli USA, ai cui presidenti si dedicano strade, ristoranti, botteghe e
supermercati, come in Kosovo. Quale zona più sicura per istallare la
più grande base militare USA in Europa (Camp Bondsteel) rivolta a un
tempo verso Russia e Medio Oriente?
Imponendo l’indipendenza del Kosovo gli USA non si assicurano soltanto
il controllo di un territorio di importanza strategica – sia militare
che economica, per il passaggio delle pipeline -, essi piegano la UE
alla propria linea, dimostrano al mondo di essere ancora il leader del
campo occidentale, gli unici a poter dettare l’agenda e ad imporre le
loro soluzioni. La UE invece mostra ancora una volta di non poter avere
una politica estera comune, ma, soprattutto, di essere, con i suoi
principali paesi, subordinata agli USA. E, per giunta, di dover pagare
a caro prezzo questa subordinazione. Agli USA il controllo militare e
la leadership politica, alla UE le spese esorbitanti del mantenimento
delle missioni internazionali in Kosovo, cui si aggiungeranno quelle
della nuova missione Eulex.
Con il riconoscimento della dichiarazione unilaterale di indipendenza
del Kosovo le potenze occidentali aprono nei Balcani e nel mondo una
fase di grande instabilità: profonda e inconciliabile divisione nel
Consiglio di sicurezza dell’ONU, dove due membri permanenti, Russia e
Cina, si oppongono al riconoscimento del nuovo stato; si approfondisce
il solco tra il blocco UE-USA (con la NATO) e la Russia, tra
“Occidente” e “Oriente”, come ai tempi della guerra fredda; si apre,
sul precedente del Kosovo, il vaso di Pandora dei secessionismi.
Si apre anche una crisi politica nel più importante paese della ex
Jugoslavia, la Serbia, che ne è stata storicamente il cuore, come è
stato il cuore del risorgimento anti-ottomano nell’800 e della
resistenza all’invasione degli imperi centrali nel 1914 e dei
nazifascisti nel 1941, che dichiaravano la volontà di distruggere i
serbi: Serbien muss sterbien.
La Serbia reagisce con grande passione e dignità all’amputazione di una
terra in cui si sono formati, nel medioevo, la cultura e il carattere
della nazione: con le manifestazioni e proteste nelle piazze, col
richiamo degli ambasciatori dai paesi che sostengono l’illegittima
secessione, con la resistenza civile, basata sul rifiuto dei serbi del
Kosovo di partecipare a qualsiasi istituzione del nuovo stato.
Per discutere e
approfondire questi temi
Network per i diritti globali - Barletta
Punto Einaudi - www.einaudi.it
organizzano a
BARLETTA
SABATO 15 MARZO - ORE 18:30
c/o PUNTO EINAUDI - Corso Garibaldi
una Conferenza-Dibattito:
KOSOVO
INDIPENDENTE
resa dei conti della "guerra umanitaria"
Ugo Villani,
Docente ordinario di diritto Internazionale, Luiss, Roma
Andrea Catone,
Presidente dell'Associazione Most-Za-Beograd
PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO: "KOSOVO
IL LUOGO DEL DELITTO"