Aggiornamento febbraio 2023: Si è
tenuto a Celano (AQ) il 19 febbraio 2023 il convegno "Il
fascismo di confine e il dramma delle foibe", con Eric
Gobetti tra i relatori. Nel corso dell'iniziativa sono
state consegnate ai figli dei partigiani Vincenzo
Colaianni e Eugenio Tudico due pergamene riproducenti il documento
della consegna della medaglia ricordo destinata dal
Presidente Tito ai suoi compagni d'arme nella guerra di
liberazione della Jugoslavia. È stato anche esposto il fazzoletto
originale della Brigata Garibaldi riportato da Vincenzo
Colaianni al suo rientro in patria. MAGGIORI
INFORMAZIONI E IMMAGINI
Vincenzo Colaianni, chiamato alle armi nel marzo del 1942 con
la classe di leva 1923, (1) dopo poco più di un anno venne
inviato col 10° Reggimento artiglieria a presidiare l’isola di
Rodi, assegnata all’Italia con il trattato di Losanna del
1923.
Avrà pochi mesi per familiarizzarsi con la condizione di
occupante di un territorio straniero che si troverà coinvolto
nella dissoluzione dell’esercito italiano seguita all’8
Settembre. Dopo una prima resistenza dell’esercito italiano
alle truppe tedesche, Colaianni venne preso prigioniero nel
corso dei combattimenti del 9 settembre e recluso in uno dei
centri di raccolta trasformati da subito in veri e propri
campi di concentramento. Come gli altri italiani, tra i quali
Alessandro Natta con il quale avrebbe condiviso, una volta
tornato in patria, idee e militanza politica, fu sottoposto
alle continue richieste di adesione al rinato fascismo ed
all’esercito nazista, ogni giorno più minacciose. (2) Il
giovane artigliere di Barisciano fu tra coloro che non
cedettero alle minacce ed alle pressioni materiali e
psicologiche, e quindi trasportato sulla terra ferma in
condizioni disumane, senza potersi nutrire, sino all’approdo
al Pireo» (3)
Dalla Grecia i prigionieri venivano trasportati a piedi verso
campi di concentramento in Jugoslavia per essere poi
trasferiti verso i lager dell’Europa centrale.
Nel corso della conquista di Belgrado, nell’ottobre 1944, i
partigiani jugoslavi poterono liberare dai campi di
smistamento nei dintorni della capitale i prigionieri italiani
reclusi, tra i quali dovette trovarsi Colaianni, ai quali si
spalancava la possibilità del rientro in patria, attraverso
Dubrovnik, dove era stato allestito un centro di raccolta di
militari e prigionieri italiani attrezzato dal Regio Stato
Maggiore per organizzarne il ritorno a casa essendo la
Jugoslavia meridionale ormai liberata dalla presenza delle
truppe germaniche. Benchè provato dalle sofferenze subite il
giovane caporale fu tra quanti decisero di confluire nel
Battaglione
Garibaldi che affiancava l’Esercito Popolare di
Liberazione Jugoslavo nella guerra contro l’occupante
nazifascista. Affrontò così nuovamente i rigori di un inverno
particolarmente rigido senza adeguato equipaggiamento e i
sanguinosi combattimenti nel teatro delle operazioni
sul fronte della pianura
dello Srem, dove il comando tedesco del Gruppo
d'armate E aveva organizzato solide linee difensive
schierate tra i fiumi Sava e Danubio, fino al 13 aprile
1945 quando fu piegata anche l’ultima linea di difesa nemica.
L’8 maggio i partigiani italiani entravano con la
1ª
Divisione proletaria a Zagabria accolti festosamente
dalla popolazione e qualche tempo dopo la formazione italiana
veniva sciolta ed i combattenti rimpatriati. Colaianni poteva
così ripresentarsi a casa dai suoi, irriconoscibile con la
barba lunga ed i calzoni tenuti insieme da fil di ferro, un
proiettile ormai naturalizzato dentro il braccio sinistro e
con il vessillo garibaldino ed il tesserino ben stretti con
sé. (4)
Note
(1) Nato a Barisciano (AQ) il 29 novembre 1922, era stato
dichiarato rivedibile nella chiamata alle armi dell’anno
precedente.
(2) Dagli atti della Commissione delle Nazioni Unite risulta
che i prigionieri italiani erano sistematicamente
maltrattati e torturati dalle truppe naziste che
utilizzavano «a questo scopo la deportazione, le
restrizioni alimentari, le minacce e le percosse specie
verso coloro che propagandavano idee contrarie».
AUSSME, relazioni, b.2129, fs. A/2/5 e B/1/27 in P.Iuso, La
resistenza dei militari italiani nelle isole dell’Egeo,
Roma, Rivista Militare, 1994, p.286. Il responsabile
dell’intero settore dell’Egeo Orientale, il generale Otto
Wagener, verrà condannato quale criminale di guerra dal
Tribunale Militare Alleato a 18 anni di carcere.
(3) E’ proprio Natta a darne una descrizione eloquente: «Nelle
stive alcuni energumeni, armati di bastoni, stipavano fino
all’inverosimile gli italiani via via che giungevano. Il
carico era enorme: si stava in piedi uno accanto
all’altro, stretti e pigiati, senza possibilità neppure di
muoversi, e già dai primi momenti l’aria era diventata
irrespirabile […] si giungeva in fondo una vera
tomba fra le pareti d’acciaio con le mani sanguinanti […]
senza luce, senza aria, gli uni ammassati sugli
altri, senza poterci muovere nel lezzo che diveniva
di momento in momento più orribile […] e così le
stive si tramutarono in una specie di fetida cloaca».
A. Natta, L’altra Resistenza, Torino, Einaudi, 1997,
pp.37-43.
(4) Testimonianza orale del figlio Mauro Colaianni.