La
autobiografia di Giovanni Cuccu:
Le stelle ci guidano
Storia documentata di un partigiano sardo
CUEC 2000
ed anche:
Ivo e le stelle
Un partigiano sardo in Jugoslavia
CUEC 1991
Da
contadino sardo a Maggiore dell’esercito jugoslavo
La lunga storia di Giovanni Cuccu “Ivo”. Al 3° battaglione
“Isonzo” per punizione, prima rifiuta la tessera del Fascio,
poi diventa partigiano in Jugoslavia, infine vicecomandante
del IV Battaglione della Brigata “Sercer”
Gli studi di storia della Resistenza hanno attinto linfa
vitale e un robusto e rinnovato vigore dall’utilizzo delle
autobiografie, il cui studio ha consentito (e consente) di
conoscere personaggi e memorie ignorate dalla “Grande Storia”.
Giovanni Cuccu ha avuto il merito e il pregio di scrivere e
documentare la sua attività di partigiano, attraverso tre
edizioni di un libro redatto tra il 1973 e il 2000, in modo
sempre più completo ed esauriente, grazie alla vivace e ottima
memoria dell’Autore. L’ultima edizione ha come titolo “Le
stelle ci guidano” (Ed. CUEC, gennaio 2000). L’obbligo comune
degli studiosi è la memoria, da preservare e tramandare senza
inutili e dannosi orpelli ideologici, affinché il patrimonio
storico-politico e culturale della Resistenza non vada
disperso, o peggio oltraggiato per biechi interessi personali.
La storia di Giovanni Cuccu – Samassi (Cagliari), 14 ottobre
1914/21 ottobre 2005 – non è una semplice e scontata
biografia, ma è la vita di un combattente partigiano
coraggioso e amante della libertà. Facciamo un passo indietro.
Il Nostro era un povero e laborioso agricoltore che risiedeva
a Samassi (un piccolo centro vicino a Cagliari) assieme alla
sua numerosa famiglia, composta dai genitori e da sei figli.
Partiva militare nel 1935 con destinazione il 71° Reggimento
fanteria di stanza tra Mestre e Venezia. Venne poi richiamato,
nel 1940, nel 45° Reggimento fanteria di Cagliari e destinato
alla Compagnia cannoni anticarro. Giovanni a causa di una
malattia otteneva una lunga convalescenza. «(….) Avevo appena
cominciato a gustare la vita del congedato – scrive Cuccu in
“Le stelle ci guidano” – quando ricevetti una cartolina che mi
chiamava all’arruolamento nella MVSN, Milizia Volontaria per
la Sicurezza Nazionale, il corpo creato dai fascisti. A me i
fascisti non erano mai piaciuti, neppure quando ero bambino; e
non mi attirava per niente avere a che fare con tutti quei
caporioni vestiti di nero che circolavano per il paese dandosi
arie di padreterno e destando un senso di angoscia per le loro
lugubri uniformi. Così, subito dopo aver letto la cartolina,
l’accartocciai e la gettai nel camino: i miei genitori, che ne
avevano seguito la lettura, mi guardarono sgomenti (…)».
Giovanni Cuccu renitente alla leva, veniva accompagnato al
carcere militare di Cagliari, successivamente a Lanusei e
infine, nel marzo del 1942 al carcere militare di Gaeta. La
liberazione dalla detenzione comportava la partenza per il
fronte.
A questo proposito scrive Cuccu: «(…) lì, ci dissero, ognuno
di noi avrebbe lavato con l’ardimento le macchie del passato.
(…)». Il sardo, veniva destinato alla Jugoslavia, nella
regione di confine tra Slovenia e Croazia, in forze al 23°
Reggimento di Fanteria “Gorizia”, con sede a Crnomelj e, in
seguito al 3° battaglione “Isonzo” il cui comando si trovava a
Metlika. Questo era un battaglione di punizione nel quale si
impiegavano armi pesanti. Giovanni Cuccu veniva assegnato
nella Compagnia mitraglieri. In terra slava, la Compagnia
“Isonzo” doveva difendere la cittadina dagli attacchi dei
partigiani «(…) in queste occasioni alle unità regolari
dell’esercito – scrive – si aggregavano anche gruppi di
militari fascisti, italiani e jugoslavi del posto, noti per le
loro ribalderie e la loro crudeltà (…)». Giovanni n terra
slovena intrattiene buoni rapporti con la popolazione locale,
riuscendo ad intrattenere rapporti di amicizia leale e
duratura. Nell’estate 1942 compiva un gesto di estrema gravità
nei confronti della dittatura mussoliniana, ovvero rifiutava
la tessera del fascio, che il Duce concedeva a tutti i
militari che si trovavano nei Balcani.
A tal proposito scrive nel “Diario” «(…) Risposi che non la
volevo neppure gratis: se fossi finito nelle mani dei
partigiani avrei fatto la fine che era riservata ai fascisti.
Dopo di me altri sette compagni la rifiutarono, ma fui solo
io, forse perché ero stato il primo, ad essere chiamato a
rapporto al comando di battaglione. (…)». Per punizione veniva
inviato in un bunker denominato “il fortino della morte”, che
si trovava nei pressi del casello ferroviario di Gornje
Dobravice, ovvero un avamposto militare, spesso teatro di
battaglie da parte dei partigiani, in cerca di armi leggere e
pesanti. I rapporti tra Giovanni e i partigiani sloveni erano
improntati alla massima stima. Spesso sigarette, sale e generi
alimentari venivano donati da Cuccu ai civili e ai partigiani.
Ricorda nel libro l’Autore: «(…) mi garantirono che i
partigiani avrebbero lasciato in pace il bunker, almeno fino a
quando io facevo parte della guarnigione. Precisai che eravamo
stati mandati tutti per punizione, dissi della “tessera dono”,
e osservarono che chi si comportava come me non doveva avere
vita facile nell’esercito (…)». Giovanni Cuccu oltre a
recuperare armi, viveri e vettovaglie per i partigiani e per
le popolazioni del luogo, si faceva staffetta partigiana,
ovvero distribuiva volantini dei combattenti in lingua
italiana. Nel 1943 si unisce ai partigiani sloveni ed entra a
far parte della brigata “Tomsic” (dal nome del segretario del
partito comunista sloveno, fucilato nel 1942). Il suo nome di
battaglia sarà “Ivo”.
Nell’autunno 1943 gli veniva affidata una missione speciale,
ad alto rischio: ovvero entrare in territorio italiano, nei
pressi di Fiume, e convincere i soldati italiani sbandati e
demoralizzati a rimpinguare le fila dei partigiani sloveni.
Giovanni Cuccu continuava imperterrito le sue azioni militari
nelle quali era un assoluto protagonista, dimostrando nei
fatti valore ed abnegazione. Caratteristiche che gli permisero
di ottenere il grado di Vice Comandante del IV Battaglione
della Brigata “Sercer”. Giovanni Cuccu, nel corso delle tante
azioni militari, ebbe modo di incontrare personaggi di estrema
rilevanza umana e politica: il Maresciallo Tito, il vice
Commissario politico del VII Corpo d’Armata Rado Pehacek ed
altri membri autorevoli e stimati della Resistenza jugoslava.
Dopo anni di assenza “Ivo” rientrava nella sua Sardegna e
riabbracciava la moglie ed i figli. Alla fine della guerra
veniva congedato con il grado di Maggiore dell’esercito
jugoslavo e la considerazione di eroe nazionale. A Samassi, il
suo paese d’origine, riprendeva le sue attività originarie nel
settore agricolo e zootecnico. Infatti scrive “Ivo”: «(…) E
così ricominciai la vita del pastore. (…) Io ho continuato,
superando ogni ostacolo, appoggiandomi soltanto su un piccolo
gregge e un piccolo branco di maiali (…)». La scelta della
lunga vita di Giovanni Cuccu (è morto all’età di 91 anni)
aveva come filo conduttore alcuni valori fondanti della vita:
la pace, la libertà, la democrazia, il rispetto della
famiglia. “Ivo” ha militato a lungo nelle file dell’ANPPIA
della Sardegna, dimostrando sempre schiettezza e generosità,
peculiarità che aveva insite nel suo nobile animo.
Giovanni Cuccu nel corso della vita ha pubblicato un libello
dal significativo titolo “Contisceddusu” (raccontini in lingua
italiana), con un preciso sottotitolo “Racconti e personaggi
di un passato non lontano dai nostri giorni”.
Maurizio Orrù, giornalista, Segretario regionale ANPPIA
Sardegna
© 2016 Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
PUBBLICATO VENERDÌ 23 SETTEMBRE 2016