Figura
straordinaria di antifascista polesano, poi naturalizzato
milanese. Ci ha lasciati nell'agosto 2016.
GIULIO
CUZZI RACCONTA SE STESSO PARTIGIANO, GEOLOGO MINERARIO, FONDATORE DEL CIRCOLO
BERTOLT BRECHT, HA CONTRIBUITO A CREARE CULTURA NELLA
MILANO DEL DOPOGUERRA
Sono nato in Argentina a Buenos Aires il 24 febbraio 1928.
Mio padre era antifascista socialista e ha dovuto lasciare la
sua terra, Pola, in Istria, per una lite con un maggiore della
milizia fascista.
A Pola e in tutta l’Istria i fascisti non erano ben visti,
perché si distinguevano per la loro prepotenza e sciovinismo.
Negli anni ’30 ho passato l’ infanzia in Argentina e
successivamente sono ritornato in Istria con la mia famiglia,
grazie ad una amnistia.
Nella scuola dove ho frequentato le elementari la maestra
fascista, sempre in divisa, con la bacchetta in mano, esigeva
che i ragazzi parlassero italiano e non il dialetto “ciakavo”
che è una delle due parlate istriane.
Nel 1938 a Fiume (Rieka) ho frequentato le scuole medie, la
città era mista un po’ croata e un po’ italiana, prima
ungherese, un centro molto vivo, porto di liberi scambi che
possedeva un forte sentimento autonomista e antifascista con
molti oppositori a D’Annunzio che la occupò, con un colpo di
mano, nel 1919 creando molto mal contento.
Agli studi superiori ebbi un professore che era stato membro
del governo precedente, il prof. Stablich, ex ministro
dell’istruzione nel governo autonomista di Riccardo Zanella, a
cui le squadracce fasciste fecero bere l’olio di ricino
insieme a vetri di bottiglia, cosa che gli provocò lesioni
all’apparato intestinale e io lo ricordo molto sofferente,
molto malandato mentre ci leggeva i bollettini di guerra e noi
invece gli chiedevamo di parlarci di Dante e della Divina
Commedia. …La mia scuola ha avuto sette caduti nei campi di
concentramento, o fucilati,o morti in combattimento
nell’Eserciti Popolare Jugoslavo non c’è liceo in Italia con
una così alta percentuale di caduti antifascisti: è il Liceo
Scientifico Grossich di Fiume.
Quei territori erano considerati la periferia dell’impero,
perché erano più vicini alla cultura austroungarica e il
fascismo non ha mai attecchito totalmente.
Nel 1943 ci fu una insurrezione antifascista in Istria che ha
coinvolto 20 mila persone. Istriani che si sono armati e sono
stati sconfitti dai reparti tedeschi delle SS naziste che si
avvalevano della nefasta collaborazione dei fascisti italiani
che indicavano le case degli antifascisti.
Le foibe sono state la conseguenza della oppressione, anche
cruenta da parte dello stato italiano fascista; fatti comunque
deplorevoli e non giustificabili in alcun modo.
Nel gennaio 1945 i tedeschi hanno fatto una leva obbligatoria
dai 16 anni in su, perché comandavano loro nella mia regione.
Ho deciso di andare con i partigiani, avevo 17 anni. Ho dovuto
scegliere tra due possibilità: fare il partigiano in città, ma
avrei messo a rischio la mia famiglia, oppure potevo
arruolarmi con l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo
comandato dal maresciallo Tito: ho preso il mio zaino e sono
andato con l’esercito di Tito.
Già istruito alle armi dato che a scuola facevo i campi
premilitari e quindi avevo già una preparazione militare. Sono
andato in un paese vicino ad Abbazia in Istria. Praticamente
ho fatto solo un mese e mezzo di fronte nella Lika vicino a
Medjugorje: una guerra quasi di trincea. Il fronte è la cosa
più brutta.
In seguito sono andato a Fiume per difendere il porto, avevamo
occupato il comando tappa della decima Mas nella città
portuale.
Dalla 13° Divisione di Montagna sono passato alla milizia
popolare e avevamo il compito di sminare i vari moli del
porto. Di notte andavamo a tagliare i fili delle mine piazzate
dai tedeschi. Nella memoria ho ancora degli episodi tragici
come quello di un uomo che aveva sulle spalle un sacco di
farina, ucciso con una sventagliata di mitragliatrice, il suo
sangue aveva tinto di rosso tutta la farina rovesciata per
terra. Dopo solo tre giorni i tedeschi si sono ritirati. Il 3
maggio 1945 ho visto una trentina di tedeschi della marina
impiccati dagli stessi tedeschi perché giudicati disertori.
Dopo, questi tedeschi, che erano delle SS, sono stati fatti
prigionieri, giudicati dal tribunale militare e fucilati. Una
catena tragica e inutile di morte, violenza e distruzioni:
questa è la guerra.
IL DOPOGUERRA
Dopo la guerra ho finito il liceo e, la sera stessa della
maturità sono partito volontario nella brigata istriana
Niko Katunar a costruire la ferrovia della
Giovinezza Samaz-Sarajevo. Quella è
stata per me un’esperienza bellissima con giovani provenienti
da tutto il mondo, c’era anche una brigata italiana. Ricordo
che cantavamo una canzone che diceva “Noi costruiamo la
ferrovia e la ferrovia costruisce noi”. Ci si alzava
prestissimo e si lavorava molto duramente, però era molto
bello, ho anche imparato a guidare i bulldozer, era nel 1947 e
abbiamo conosciuto Sarajevo, la capitale della Bosnia, regione
musulmana.
Io avevo la cittadinanza iugoslava e la brigata ”Niko Katunar”
era formata da giovani istriani, ma non erano solo giovani
comunisti dello S.K.O.J. (gioventù comunista jugoslava)
E’ andato tutto bene finché è venuto fuori il problema che
durante la guerra il governo jugoslavo clandestino aveva
promesso che l’ Istria sarebbe stata una regione autonoma come
la Voivodina, la Metohia e come il Kossovo. Praticamente
un’altra regione autonoma doveva essere l’Istria.
Dopo la guerra il governo jugoslavo dello stato socialista si
è rimangiato la promessa e ha diviso l’Istria. Una parte agli
sloveni e una parte ai croati e in questa occasione mi sono
reso conto che il governo aveva una forte tendenza
nazionalista soprattutto i croati e gli sloveni.
All’Italia, con il trattato di pace, sono rimasti solo due
comuni. Praticamente la mia terra è stata divisa in tre,
questo non mi è andato giù e naturalmente in varie occasioni
ho protestato. Per cosa ho combattuto? Mi chiedevo, per vedere
la mia terra divisa? In seguito a queste proteste sono stato
arrestato e, nell’interrogatorio, ho detto chiaramente come la
pensavo, risultato sono stato espulso :” Te sbatemo fora, ti
g’ha la lingua tropo lunga”, mentre io chiedevo il processo
pubblico affinché potessi dire le mie ragioni. [In altre
interviste Cuzzi spiegherà il suo dissenso piuttosto come
vicinanza al Cominform, cfr. ad es. il video,
ndr.]
Volevo un processo a porte aperte anche in considerazione del
fatto che avevo fatto il partigiano. Da carcerato ho aiutato
anche molti profughi a traslocare le loro masserizie prima di
essere espulso.
Il maresciallo della Milizia Popolare che mi ha accompagnato
dal carcere di Fiume alla frontiera di Sappiane (Trieste) si è
tenuto anche la mia collezione di francobolli, dicendo che
tanto a me non sarebbe servita più e io gli ho risposto che me
la stava rubando! Quando ho passato il ponte a piedi ero
arrabbiato moltissimo e ricordo un soldato neozelandese che mi
disse: “Hallo boy are you free”! e io gli ho risposto: “Yes I
am free” e ho passato così la frontiera occupata dagli alleati
in Territorio Libero di Trieste.
A Trieste sono andato a trovare Vittorio Vidali, allora capo
dei comunisti triestini e comandante del V° Reggimento nella
Guerra Civile Spagnola, che mi ha dato indicazioni per andare
a Milano.
A Milano abitavo alla “Casa dello Studente”. Non ho ricevuto
un soldo come profugo perché non lo ero, in quanto espulso.
La mia famiglia invece era in un campo profughi a Novara.
Mi mantenevo facendo il contrabbando di sigarette per
sostenermi agli studi. Andavo in Valtellina, che conosco molto
bene, e dove sono stato accolto come un fratello. Io sono un
uomo di montagna, durante la guerra ero con la 13° divisione
alpina dell’Esercito Popolare Jugoslavo e tra alpini ci si
capisce, mi hanno dato le istruzioni per diventare
contrabbandiere. Andavo a prendere le sigarette in Svizzera e
le portavo a Milano, dove mi ero fatto un banchetto per la
vendita al dettaglio e potermi mantenere agli studi. Alla Casa
dello Studente ricordo non pagavo la retta perché come esule
politico.. questo è stato l’unico vantaggio che ho avuto, ho
continuato gli studi regolarmente fino alla laurea, finendo il
biennio al Politecnico poi con il prof. Ardito Desio, uno dei
migliori geologi docenti italiani, ho fatto tre anni nella
facoltà Geologia con Laurea Sperimentale.
Ho continuato l’attività politica nel partito comunista.
Il Partito comunista italiano si differenziava molto nella
strategia, dagli altri partiti europei. In quegli anni sono
diventato anche segretario nella sezione Mantovani in viale
Padova, 61. E’ in questo periodo che ho iniziato la mia
attività di organizzatore culturale.
Alla fine del 1961 sono stato tra i fondatori del Circolo
Bertolt Brecht, in anni in cui vi era un grande movimento di
luoghi di ritrovo a carattere culturale.
Proprio quest’anno (2010), dopo cinquant’anni, il circolo che
ha iniziato la sua attività nel 1961, finisce e si trasforma
in un circolo di artisti.
È stato fondato nel 1961 per mia iniziativa con un piccolo
gruppo di compagni e nominato presidente cosa che ho svolto
per cinquant’anni. Ci siamo sempre mossi in assoluta
autonomia, il circolo fin dall’inizio si è finanziato con le
tessere annuali dei soci, saltuari contributi di banche,
Fondazioni, del Comune e della Provincia, da feste ed altre
invenzioni. L’attività in questi 50 anni è stata molto
variegata: dai cicli di incontri, alle mostre, alla musica…Un’
attività importante sono stati i corsi, in particolare
“L’A.B.C. della fotografia” (ripresa, sviluppo e stampa con
un’ efficiente Camera Oscura)
Il libro di memorie che sto scrivendo e che spero venga
pubblicato, anche grazie all’aiuto di mio figlio, storico
all’Università Statale di Milano, verrà ultimato entro l’anno
e contiene in modo più approfondito l’esperienza del Circolo
Brecht.
La cosa più difficile consiste nel mettere insieme i
tantissimi avvenimenti del ‘900. Se si vuole capire il
presente bisogna studiare a fondo la nostra storia passata e
in questo libro ho tentato di inserire tutti gli avvenimenti
che hanno accompagnato le mie vicende.
Per comprendere a fondo l’esperienza del Brecht bisogna
ritornare a quell’epoca e cioè a tutto il fermento a sinistra
dei giovani intellettuali come la Rossanda, Vittorini, De
Grada e molti altri… C’era in quel periodo il bisogno di
dialogo, di confronto e noi del circolo Brecht eravamo sempre
pieni di gente perché avevamo saputo cogliere questa domanda
collettiva.
Eravamo in tre o quattro che avevamo avuto l’idea di un
circolo che fosse un centro di aggregazione popolare dove si
discutesse di cultura con la massima libertà, senza
preclusioni ideologiche tranne verso il militarismo e la
guerra che è comunque ingiusta. Io lasciavo parlare tutti,
favorivo sempre il dialogo, perché avevo sofferto sulla mia
pelle la mancanza di libertà.
Il Circolo aveva la precisa funzione di far sapere cosa
avveniva nel mondo.
Tra le tante iniziative voglio ricordare quando abbiamo
commentato la prima dichiarazione di Fidel Castro a L’Avana.
Eravamo nei primi anni ’60 e siamo stati criticati anche da
esponenti del partito comunista cittadino. Non avevano capito
niente, erano molto provinciali, il partito allora non è stato
all’altezza di comprendere bene la portata dell’evento. Altri
titoli di incontri che ricordo riguardano: Egitto, Cuba,
Argentina, India; "Le contraddizioni del socialismo reale”;
"Jugoslavia un vicino sconosciuto”; "Germania/Repubblica di
Weimar: cultura e società” e "Germania 1933/1940”, in
collaborazione col Goethe Institut; "Il W.T.O"; Tre cicli su
“Europa: civiltà e culture del mediterraneo”; “Le religioni”;
“Utopie”; “La Costituzione”e tanti altri titoli ed iniziative.
In seguito, in occasione delle prime lotte popolari spagnole
contro il regime di Franco, abbiamo organizzato delle
iniziative informative e di appoggio.
Questo è stato documentato anche con filmati perché avevamo la
possibilità di proiettare dei film anche del circuito normale.
Corsi popolari di vario genere tra cui quello che ho citato
prima sulla “storia delle religioni” con l’intervento di
rabbini, pastori protestanti, e sacerdoti cattolici
Ospiti illustri come un ministro del Governo in Esilio della
Catalogna.
Il Comandante “Carlos”, Vittorio Vidali, ci ha parlato della
sua esperienza di comandante del V° Reggimento nella guerra di
Spagna.
Il Circolo aveva un carattere internazionalista e aderiva
all’Unione dei Circoli Bertold Brecht nel Mondo con sede nella
DDR.(Repubblica Democratica Tedesca)
Era una realtà importante in città perché era svincolato dai
partiti.
Anche Giorgio Bocca è venuto come ospite, ha portato la sua
testimonianza sulla guerra partigiana e ha scritto sulle
pagine del “Giorno” che il Circolo era “una realtà tra le più
libere della città,con una buona partecipazione di pubblico”,
infatti avevamo sempre la sala piena.
Oltre ad aspetti politici affrontavamo anche argomenti come il
teatro, commentando opere teatrali e in questo mi è stato
vicino un mio grande amico Iure (Giorgio) Strehler, mio
conterraneo. Al Brecht si poteva assistere anche a
rappresentazioni teatrali, a concerti di musica classica,
aperto anche alle arti visive con molti artisti di primo
piano.
Nel 1980 inizia la collaborazione di Alik Cavaliere, Emilio
Tadini, Gottardo Ortelli, Dada Maino, Gianni Colombo con
presenze di giovani nell’arte. Altre collaborazioni con
artisti e critici come Alberto Veca, Mario Raciti, Miklos
Varga, Tommaso Trini, Claudio Cerritelli, Giorgio Seveso,
Franco Migliaccio, Cinzia Bossi, Elena Di Raddo, Lorella
Giudici e molti altri.
Nella sala del circolo si sono tenute ogni anno numerose
mostre collettive di giovani artisti provenienti da tutta
Italia e dall’estero; 1 o 2 personali e vari cicli di incontri
e dibattiti: per ogni mostra è stato organizzato un incontro
con gli artisti.
Ai molti giovani che non avevano la possibilità di esporre le
loro opere,
abbiamo dato loro uno spazio di espressione, offrendo al
pubblico proposte culturali con un taglio universale e
internazionalista.
In linea con il pensiero libero di Brecht, infatti non
volevamo essere legati a nessuno, neanche ai circoli
ricreativi presenti in città come ad esempio i circoli Arci.
Avevamo una biblioteca abbastanza ricca, l’abbiamo ancora, ma
nessuno si interessa. Negli anni ’80 e ‘90, dopo un’indagine
sulle attività culturali degli allora numerosi circoli della
nostra zona, abbiamo deciso di occuparci oltre che delle arti
visive e di musica contemporanea, anche della realtà e dei
problemi e delle mutazioni della città.
La nostra politica era anche basata sull’integrazione delle
varie etnie che iniziavano ad affacciarsi e a popolare il
territorio della città.
Abbiamo fatto molte iniziative pubbliche in collaborazione con
l’Amministrazione Comunale, con il Sindaco Carlo Tognoli (dal
1976 all’86) che si interessava molto alle periferie, e con
l’Assessore alla Cultura Aghina.
Ultimamente per “Un progetto estetico per Milano” e “Le
periferie” sono intervenuti molti artisti con loro proposte
multietniche .
Dopo il 2000 hanno avuto luogo, presso la sede del Circolo, le
“Conversazioni in lingua italiana con extracomunitari”. Altri
incontri, presentazioni di libri, letture di poeti giovani per
“Creare una cultura di pace” in collaborazione con scuole e
associazioni.
Anche cose a carattere sperimentale come
mostre/performance/musica e poesia in piazza e luoghi non
chiusi: “Arteallaria” appunto.
Tutto questo all’insegna dell’indipendenza. Fin dalla
fondazione io mi ero messo in testa che non volevamo essere
strumentalizzati da partiti politici e volevamo dimostrare che
la cultura non è né di destra né di sinistra .
La composizione dei soci era interclassista nel vero senso
brechtiano della parola. E a molti piaceva questo approccio.
Perché i partiti allora avevano una funzione molto più
importante di adesso e bisogna considerare il fatto che la
cultura era vista dai partiti come forma di indottrinamento e
c’era una forte strumentalizzazione.
Mentre noi valutavamo la cultura in senso illuministico, nel
solco dei principi della rivoluzione francese e di tutte le
altre rivoluzioni, perché ogni rivoluzione racchiude elementi
positivi che in seguito possono degenerare. Avevamo una forte
propensione al rigore scientifico contro ogni tipo di
approssimazione, oggi invece predomina la superficialità,
basta uno slogan….questo, purtroppo è il frutto di una certa
cultura “televisiva”.
Tornando al Brecht, avevamo dei momenti di contatto anche con
la “Casa della Cultura” che seguiva più indicazioni di
partito, cercavamo di non sovrapporci, di proporre sempre
delle iniziative diverse. La figura di Brecht ci ha sempre
ispirato: la sua libertà l’ha pagata cara, è stato espulso
dall’America, censurato in Germania nella DDR, ma ancora oggi
viene ricordato e apprezzato in tutto il mondo.
Altro grande filone di intervento riguarda la musica in senso
ampio.
Per la musica contemporanea ricordo alcune ottime iniziative
che il circolo ha organizzato, senza alcun contributo o
sponsorizzazione, “Giovani compositori/Giovani interpreti” che
ha coinvolto tutti i Conservatori della penisola, con la
collaborazione del conservatorio
“G. Verdi” e di un gruppo di noti musicisti guidati da
Donadoni per la selezione delle composizioni. Volevo anche
ricordate alcune iniziative sul canto popolare. Dalla musica
popolare si comprende il vero sentimento di un popolo e in
quegli anni c’era molta attenzione verso questi temi,
Negli anni che vanno dal ’70 al ’90 abbiamo ospitato
personaggi come Ivan della Mea, Fausto Amodei, Sergio
Liberovici. Michele Straniero era bravissimo, un cultore della
musica popolare , collaborava anche con l’Istituto Ernesto De
Martino qui a Milano. Erano di ispirazione socialista e
pubblicavano con le Edizioni del Gallo con l’intento di
divulgare i canti politici e popolari.
In quel periodo ricordo che avevo fatto dei commenti
sull’Unità con il mio pseudonimo “Zeno Zuliani”, che è stato
il mio nome di battaglia durante la Guerra Partigiana, in cui
ho ripercorso la storia delle canzoni messicane come “La
Cucaracha” “ Adelida” etc
Poi è sopraggiunto lo sfratto definitivo. Da tempo
l’Immobiliare Risorgimento un anno si e un anno no ci
annunciava ristrutturazioni incompatibili con la nostra
presenza o aumenti di canone di comodato per noi
insostenibili. Il tutto si fermava all’annuncio. Nel 2004 lo
sfratto è diventato definitivo.
Il Circolo ha cambiato sede portandosi dietro un archivio che
conteneva 43 anni di attività. Ora la sede del Circolo è in
via Giovanola, 19 a Milano in zona Piazza Abbiategrasso, nella
periferia sud.
Tempora mutant… oggi i tempi cambiano e anche noi
cambiamo velocemente, in questi ultimi anni tutto è cambiato
in fretta, il modo di pensare e di operare ma …purtroppo i
problemi sono rimasti gli stessi, anzi si sono aggravati. Oggi
ci vogliono altre forme di aggregazione
L’esperienza del Circolo Brecht non si è conclusa, si è
modificata.
Volevo in chiusura parlare anche della mia esperienza con
l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Sono tuttora
Presidente dell’ANPI alla Sezione “ Del Riccio” a Gorla, in
viale Monza 140, un Circolo Familiare di Unità Proletaria, già
sede della 28° Brigata Matteotti, dei gappisti operanti
durante la guerra nella parte nord di Milano.
L’ANPI è veramente una realtà indipendente. Difende ad
oltranza gli ideali della Costituzione nata nella “Resistenza”
Questa Associazione che con mezzi democratici contrasta i
tentativi revisionisti della storia ed i continui attacchi
alla Costituzione oggi ha tra i suoi associati molti giovani e
questa è una buona premessa per il futuro.
13 ottobre e 8 novembre 2010, Via Rancati,
6 Milano
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P A R T I G
I A N I ! Una iniziativa internazionale
ed internazionalista nel 60.esimo anniversario
della Liberazione dal nazifascismo