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AUGUSTO DI SANO


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Non è stato possibile ricostruire le motivazioni che spinsero Augusto di Sano, scalpellino di Rocca di Mezzo, ad emigrare in Albania per trovarvi un’occupazione lavorativa. Di certo all’atto della costituzione della Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, malgrado fosse stato dichiarato “riformato agli organi di leva”, secondo la dizione burocratica dell’epoca, era in Montenegro schierato con i combattenti per la libertà della Jugoslavia dall’occupante nazista, probabilmente fra i pochissimi civili, nascendo la formazione partigiana dallo sfaldamento delle divisioni Venezia, Emilia e Taurinense, impiegate nell’occupazione del territorio slavo. E’ da ritenere che, essendo privo di esperienze in campo militare, Di Sano venisse impiegato in uno degli undici battaglioni lavoratori di complemento della formazione operanti generalmente disarmati e in situazioni di grande rischio e che, come sottolinea Gestro, erano
Battaglioni di “Straccioni” che si resero utilissimi nella riattivazione di tanti manufatti precedentemente fatti saltare o danneggiati in azioni difensive; nella sistemazione degli aeroporti di fortuna di Berane, Negobudja, Brezna ed altri, integrando con il loro lavoro di manovalanza, anche sotto il fuoco nemico, quello dei reparti del genio; nei duri e penosi trasferimenti dei barellati, macinando chilometri e chilometri su sentieri impervi o fuori sentiero, anche scalzi sulla neve, dormendo all’aperto nelle tappe, se la capanna la stalla era zeppa di malati ai quali spettava la sistemazione migliore.  (1)
L’indicazione del 9 settembre 1943 come data iniziale di appartenenza alla Divisione Garibaldi, contenuta nel foglio matricolare, (2) è evidentemente un riferimento convenzionale della modulistica militare, essendosi la formazione partigiana di fatto costituita a Pljevlja agli inizi di dicembre, ma sta, in ogni caso, ad attestare la presenza di Augusto Di Sano dai primi momenti di operatività della Divisione coincidenti con l’inizio di una nuova fase dell’offensiva tedesca. Si tratta dell’operazione Kugelblitz annunciatasi proprio con la caduta di Pljevlja, sede del comando della divisione, in mano tedesca il 4 dicembre. Ingente fu il numero di morti e feriti, mentre coloro che riuscirono a fuggire all’accerchiamento dovettero affrontare giorni di marcia nella neve, senza cibo né indumenti e calzature adeguati, andando incontro a “gravi e numerosi casi di congelamento”. (3) Fame, neve e gelo saranno infatti destinati a protrarsi per quasi tutto l’inverno. Così il generale Oxilia, ben presente nei ricordi di Di Sano, comunicava le condizioni in cui erano chiamati ad operare i garibaldini nel disperato tentativo di ottenere soccorsi dagli alleati che, peraltro, spesso ostacolarono anche i tentativi fatti dagli italiani: (4)
Per rendersi conto dei disagi che il soldato deve sopportare giova ricordare: che pochi di essi hanno il maglione, pochissimi la camicia, parecchi sono senza giacca e non pochi senza pastrano [...] E ciò nelle condizioni climatiche invernali della zona più innevata e soggetta a bufere di tutto il Montenegro. (5)
Di Sano ricordava il ricorso alle opanghe o pedule, calze di lana grezza, come calzature di ripiego, ovviamente del tutto insufficienti alla protezione dei rigori di un inverno trascorso tra continui spostamenti e nottate all’addiaccio, più duri da sopportare con l’approssimarsi del Natale, come resoconta nel suo Diario il capitano medico Lodi:
Natale! Credo ben pochi, nella ricorrenza così grata, si trovino nelle nostre misere condizioni. Ammalati in tragiche situazioni. Senza vitto e senza possibilità di assistenza. Ambiente ostile, freddo, che vede i nostri stenti senza alcuna pietà. Troveremo da mangiare? (6)
Alle difficoltà climatiche andò ad aggiungersi una letale epidemia di tifo petecchiale, malattia che poteva contare sull’azione dei pidocchi per un’ulteriore diffusione, difficilmente contrastabile nella carenza di farmaci, materiale sanitario e personale medico.
Giovanni Giusti, anch'egli di Rocca di Mezzo ed impiegato nello stesso battaglione di Augusto Di Sano, fu attaccato dal morbo e riuscì a cavarsela grazie anche all’aiuto del suo compaesano, disposto a caricarlo sulle sue spalle nelle faticose marce di trasferimento. L’assenza di medicinali, bende e disinfettanti causò dal 20 al 30% di decessi degli ammalati nei reparti. Nell'occasione, come già per i rifornimenti richiesti nell’inverno, gli alleati si comportarono in modo ambiguo ostacolando di fatto il trasferimento dei feriti in Italia per via aerea. (7)
I più provati dall’epidemia furono proprio i componenti dei battaglioni lavoratori, ridotti in condizioni tali da impietosire nel loro passaggio a Mrezica gli stessi connazionali combattenti, come riferisce il capitano Zavattaro l’11 marzo:
I lavoratori disarmati seguono le formazioni armate... soldati ridotti a sole ossa, con gli abiti a brandelli, deliranti per il tifo, che raggiungono a gruppi di 10-15, distaccati di giorni... I partigiani rimangono impressionati ed il tenente colonnello Kosoric ha parole dure per chi ha permesso il movimento in quelle condizioni verso una zona completamente priva di viveri. (8)
L’alta mortalità riscontrata soprattutto nei battaglioni dei lavoratori portò dapprima al loro ridimensionamento e, il 30 giugno 1944, al definitivo scioglimento.
Di Sano, dopo lunghe attese, riuscì ad imbarcarsi nell’estate con altri cinque garibaldini alla volta di Brindisi, per tornare poi a piedi, con un’ultima estenuante marcia, nella sua Rocca di Mezzo. (9) Al termine delle operazioni delle circa 20.000 unità inizialmente inquadrate nella Divisione Garibaldi, sarebbero tornati in patria poco più della metà.

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Il 5 luglio 1947 gli verrà attribuita la qualifica di partigiano combattente all’estero e, il 28 gennaio 1971 sarà a Roma, vestito di tutto punto, con altri 97 combattenti, per ricevere dalle mani dell’ambasciatore jugoslavo Srdja Prica la meritata onorificenza concessa dal Presidente Tito ai partigiani italiani.

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Note

(1) S. Gestro, La Divisione Partigiana Garibaldi, Milano, Mursia, 2007, p.446.
(2) ASAq, Ruolo matricolare, Distretto dell’Aquila, matr.8862.
(3) Relazione sull’attività svolta dall’8 settembre 1943 al 15 marzo 1944 dal gen. G.B. Oxilia, comandante della Divisione “Venezia”, AUSSME, DS 2127/2/1!, cart.”Accertamenti”, p.22, in: E. Aga Rossi e M.T. Giusti, Una guerra a parte, Bologna, Il Mulino, 2011, p.200.
(4) Aga Rossi e Giusti, op.cit., p.202.
(5) Relazione sull’attività svolta dall’8 settembre 1943 al 15 marzo 1944 dal gen. G.B. Oxilia, op.cit., p.64.
(6) In: S. Gestro, op.cit., p.384.
(7) Aga Rossi e Giusti, op.cit, p.205.
(8) In: S. Gestro, op.cit., p.406.
(9) Di Sano rientrerà in Italia il 19 luglio 1944 e Giovanni Giusti il 22 luglio 1944. ASAq, Ruolo matricolare, Distretto dell’Aquila, matr.8862 e matr.18562 e 17212.

Pagina a cura di Riccardo Lolli


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