Comune di Poggio
Mirteto (RI)
MUSEO DIFFUSO
DELLA RESISTENZA IN SABINA: TERMINATI I LAVORI
IL 25 OTTOBRE 2015 L’INAUGURAZIONE
DEL PERCORSO DELLA MEMORIA
Al via il Museo diffuso della Resistenza in Sabina.
Terminati i lavori del percorso storico che sarà inaugurato
il 25 ottobre con una visita guidata e un convegno di studi
a Poggio Mirteto (Rieti). Il progetto, finanziato dalla
Regione Lazio nell’ambito dell’avviso pubblico “Settant’anni
dopo, la memoria della seconda Guerra mondiale nella regione
Lazio”, ha visto protagonista il Comune di Poggio Mirteto in
partnership con la Fondazione Nenni, l’Anpi e l’Associazione
amici del museo.
Il Museo diffuso della Resistenza è un percorso alla
riscoperta di un pezzo importante della storia della Sabina
e della sua identità civile, sui luoghi che hanno visto
nascere la prima zona libera d’Italia, teatro della lotta
clandestina contro l'occupazione nazifascista e della
battaglia del Monte Tancia.
Questo sito è la prima tappa di
un percorso museale all’aperto che intende far emergere
frammenti di storia racchiusi nell’abitato e in
montagna. Il percorso, della lunghezza di circa 10 km
(dalla stazione di Poggio Mirteto alla piazza del paese,
fino alla frazione Gallo e all’Arcucciola), è adatto a un
turismo attento alla cultura e al territorio. Un percorso
perfetto per studenti e appassionati e per chi vuole
immergersi, a piedi o in bici, alla scoperta di un
bellissimo territorio.
Negli ultimi anni è aumentato l’interesse della domanda
turistica verso il tema della memoria e dei luoghi segnati
da eventi storici.
Per questa ragione il progetto del Museo
diffuso della Resistenza in Sabina rappresenta una prima
fase di un progetto più ampio che vuole coinvolgere i Comuni
di Roma, Monterotondo e Rieti per la conoscenza e la
fruizione di itinerari storici della Resistenza, alla
riscoperta dell’entroterra sabino e laziale anche da questo
punto di vista.
PER INFO: ANDREA LEOPALDI, UFFICIO CULTURA
0765405231
https://www.facebook.com/Museo-Diffuso-della-Resistenza-in-Sabina-1614689022095762
http://fondazionenenni.it/events/inaugurazione-del-museo-diffuso-della-resistenza-sabina
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Regione Lazio / Museo
Diffuso della Resistenza in Sabina / Comune di Poggio
Mirteto (RI)
ARCI Poggio Mirteto / ANPI / Fondazione
Nenni
Domenica 25 ottobre 2015
Inaugurazione del
“Sentiero della Memoria”
Mattina
Ore 8.30 P.zza Martiri della Libertà. Partenza con navetta per
il Sentiero della memoria
(Loc. Trio) Poggio Catino.
Ore 9.00 Inaugurazione del Sentiero della memoria (Loc. Trio)
Poggio Catino.
Interverranno:
o Comune di Poggio Mirteto: Sindaco Giancarlo Micarelli, Ass.
Cristina Rinaldi;
o Fondazione Nenni: Presidente Sen. Giorgio Benvenuto;
o Regione Lazio: Ass. Fabio Refrigeri;
Ore 9.30 partenza per il percorso della memoria (il sentiero
dura circa 2h. Difficoltà media)
Pomeriggio
Ore 16.00 Sala della Cultura
Pomeriggio
Ore 16.00 Sala della Cultura.
Convegno:
Il Museo diffuso della Resistenza in Sabina
Saluti istituzionali
Cristina Rinaldi - Assessore Comune di Poggio Mirteto
Il progetto del Museo diffuso della Resistenza in Sabina
Marica Salvitti - Fondazione Nenni
Racconti di Guerra- Memoriali, diari, interviste - Rieti e la
Sabina 1941-1944
Antonio Cipolloni - Autore del libro
Vivere la memoria, il ruolo dell’ANPI
Vincenzo Calò - Coordinatore ANPI Lazio
Il Museo diffuso della Resistenza della deportazione della
guerra dei diritti e della libertà
Guido Vaglio - Direttore
Coordina Maurizio Zuccari
scarica il
programma in formato PDF
evento
Facebook
Comune di Poggio Mirteto (RI)
RESISTENZA IN SABINA: LA
BATTAGLIA DEL TANCIA
E LA STRAGE DI MONTE SAN GIOVANNI, 7 APRILE 1944
scarica in formato PDF
È in Sabina, a cavallo tra Rieti e Terni, con epicentro a
Cascia, che si costituisce alla metà di marzo 1944 la prima repubblica partigiana,
assai prima che in Val d’Ossola. Una zona libera che avrà
vita effimera, neanche un mese, ma rappresenta il primo
esempio di resistenza armata organizzata al nazifascismo in
Italia. Un’esperienza presto repressa con il rastrellamento
nell’Alta e Bassa Sabina e sul Monte Tancia, sito del Museo
diffuso e del percorso della memoria, nell’operazione
denominata “Grossunternehmen gegen die banden”, (nome in
codice Osterei, Uova di Pasqua), avvenuta alla vigilia di
Pasqua, il 7 aprile 1944, il cosiddetto venerdì di sangue.
Già all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 si
costituisce sul territorio, nei Comuni di Stimigliano,
Magliano Sabino, Cantalupo, Casperia e Calvi dell’Umbria una
formazione partigiana denominata Banda d’Ercole, collegata
al Centro militare clandestino, organizzato a Roma dal
colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, ucciso alle
Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Comandante militare della
Banda, che prende il nome dal suo fondatore, il maggiore
D’Ercole, è il tenente Carlo Baldassarri. Nell’area opera
pure la banda Strale, collegata anch’essa al centro
militare. Contemporaneamente, nella zona di Poggio Mirteto
si costituisce una squadra di sabotaggio di cui fanno parte
antifascisti locali, soprattutto comunisti poggiani, guidati
da Redento Masci. Il raggruppamento assume successivamente
la denominazione di brigata autonoma Stalin, fondendosi con
la banda D’Ercole e assumendo il nome D’Ercole-Stalin, alla
quale si aggregano soldati sbandati, prigionieri di guerra
fuggiti dai campi di prigionia della zona e renitenti alla
leva.
I partigiani iniziano a operare compiendo attentati lungo la
linea ferroviaria Roma-Orte-Firenze. La prima operazione,
nata in modo fortuito il 14 settembre 1943, è la distruzione
di un treno carico di munizioni e del treno presidenziale di
Mussolini fermi allo scalo di Poggio Mirteto per evitare i
bombardamenti alleati su Roma. All’operazione partecipano
Redento Masci e il giovane sottufficiale del genio Giorgio
Labò, diventato in seguito uno dei due artificieri dei Gap
romani. Catturato il 25 gennaio 1944 con l’altro artificiere
gappista Gianfranco Mattei nella santabarbara di via Giulia
25, sono portati nel carcere nazista di via Tasso, dove
Mattei si suicida, mentre Labò viene fucilato a Forte
Bravetta il 7 marzo 1944. Già il 23 ottobre 1943 la
resistenza in Sabina aveva avuto il suo primo caduto: Mario
Dottori, ucciso mentre cercava di far saltare il ponte
ferroviario in località Galantina (a lui è dedicata una
piazzetta in paese).
Il 16 marzo 1944 avviene la storica proclamazione del
Territorio libero di Cascia, Norcia e Leonessa da parte
della brigata garibaldina Gramsci, dopo gli scontri che a
Poggio Bustone – dove era stato ucciso, con una decina di
repubblichini, il questore Pannaria – e altre località
avevano portato alla liberazione di una vasta fascia di
territorio compreso nelle province di Rieti e Terni. Ad
assumerne il comando è il comunista titino Svetozar Lakovic,
commissario politico Alfredo Filipponi. Intanto nella Bassa
Sabina, ancora nel marzo 1944, viene costituito un comando
unificato sul Monte Cosce, coordinato dal maggiore Aimone
Manni, mentre si aggregano alla Brigata D’Ercole-Stalin
molti gappisti di Centocelle, Torpignattara e il Quadraro,
guidati dai membri del Pci Nino Franchillucci e Luigi
Forcella, riparati nella zona per sfuggire ai rastrellamenti
a Roma. La
brigata, rafforzata da questi elementi, compie varie azioni
di sabotaggio, attaccando pattuglie e convogli tedeschi e
repubblichini che transitano sulla via che collega il
capoluogo di provincia attraverso il Monte Tancia, dove ha
il suo rifugio.
Sentendosi minacciato, il prefetto repubblichino di Rieti,
Ermanno Di Marsciano, già federale fascista della città,
chiede l’intervento dei tedeschi che d’altra parte hanno
bisogno di “ripulire” la zona dai partigiani in vista
dell’imminente abbandono del caposaldo di Cassino e della
ritirata da Roma. Così, in coda alla vasta operazione di
rastrellamento iniziata la notte del 31 marzo nel Territorio
libero nell’Alta Sabina da parte del raggruppamento guidato
dal colonnello Ludwig Schanze, poi rimosso dall’incarico, e
successivamente dal maggiore Hermann Wilcke, all’alba del 7
aprile un reparto di SS della divisione Brandenburg, il 2°
battaglione del 20° reggimento, coadiuvati dai militi
fascisti della Gnr, al comando dello stesso Di Marsciano
iniziano il rastrellamento del Tancia da tre direzioni. I
partigiani rimasti sul posto si dispongono in tre squadre
per bloccare le vie di accesso. La squadra di Poggio Mirteto
si piazza in località Crocetta, la squadra di Gavignano
blocca l’accesso da Poggio Catino mentre quella di Roma si
attesta su Salisano. È qui che divampa lo scontro a fuoco
che si protrae fino al pomeriggio, quando la formazione di
circa 80 elementi riesce a rompere l’accerchiamento ma sul
terreno, in località Arcucciola, restano 7 corpi.
I caduti sono: i fratelli Franco e Bruno Bruni (già
caporalmaggiore paracadutista e comandante della squadra) di
21 e 18 anni, Giordano Sangalli, di 16 anni, Nello Donini
(18), Domenico Del Bufalo (20), Alberto Di Battista (22), e
Giacomo Donati (36). Altri due partigiani vengono presi e
fucilati a Castel San Pietro, un terzo all’Osteria del
Tancia. Complessivamente cadono 10 patrioti. I corpi
sull’Arcucciola sono lasciati insepolti per un mese, per
disposizione dei tedeschi. Il 5 maggio don Igino Guidi,
parroco di Bocchignano, ottiene il permesso di recarsi sul
posto accompagnato dai carabinieri e da alcuni volontari, e
dà ai resti sommaria sepoltura. Solo il 5 settembre, tre
mesi dopo la liberazione di Roma, a Poggio Mirteto si
celebrano i solenni funerali dei partigiani caduti
all’Arcucciola e altri, alla presenza del sottosegretario
alla Giustizia, il comunista Mauro Scoccimarro.
Intanto proseguono le operazioni di rastrellamento e le
rappresaglie contro i civili. Quello stesso 7 aprile vengono
catturati il podestà di Poggio Mirteto Giuseppe De Vito,
accusato di connivenza con gli antifascisti, Giuseppe Felici
(già membro dei Gap romani, ferito nello scontro del Tancia)
e Diego Eusebi (a lui, come pure a De Vito, è dedicata una
via del paese) e il giovane studente milanese Giannantonio
Pellegrini Ghislaghi. Due giorni dopo, il 9 aprile, domenica
di Pasqua, vengono fucilati a Rieti in località Quattro
Strade, insieme ad altri 11 patrioti. I nazifascisti
infieriscono anche sulla popolazione locale. Nella frazione
di San Michele del Comune di Monte San Giovanni catturano
anziani, donne e bambini e li rinchiudono nella chiesola
omonima mentre danno fuoco alle case, poi li radunano in uno
spiazzo dove vengono trucidati con la mitragliatrice. Le
vittime sono 15, tra le quali sei donne, di cui una incinta
di sette mesi, 3 vecchi e 6 bambini: una bimba di appena 18
mesi, due di 4 anni e due di 6. Si salvano, perché nascoste
dalla madre, due bambine: una di 3 mesi e l’altra di 7 anni.
Lo stesso giorno, nella frazione Gallo, vengono uccisi altri
3 anziani.
Ancora un tributo di sangue Poggio Mirteto paga nelle ultime
ore dell’occupazione nazista. Il 10 giugno i tedeschi in
ritirata bombardano con colpi di mortaio la piazza del
paese, dove si sono riunite le persone attirate da un
comunicato che annuncia l’abbandono di generi alimentari.
Muoiono 14 persone, tra le quali 3 donne. Altre 9,
soprattutto ragazzi e anziani, periscono successivamente per
le mine rimaste inesplose nel territorio. Ai martiri
dell’Arcucciola, o della libertà, è dedicata la principale
piazza del paese e viene concessa la medaglia d’argento al
valore militare, come pure alla brigata D’Ercole-Stalin e a
Diego Eusebi, mentre la medaglia d’oro, alla memoria, è
concessa a Bruno Bruni e Giuseppe Felici. Nonostante i vari
processi, i responsabili delle stragi non hanno mai pagato.