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Con la liberazione di Norcia, Leonessa, Poggiobustone, Albaneto, e rispettive frazioni dell’Alta Val Nerina, la Brigata garibaldina A. Gramsci ha liberato circa 1000 Kmq. di territorio, migliaia e migliaia di lavoratori sono stati liberati dalla schiavitù nazifascista. Questo Comando, mentre invita tutti i cittadini a collaborare con i Partigiani per le necessità delle popolazioni locali, rende noto che da oggi, 16 marzo 1944, il territorio di Leonessa e San Pancrazio, in zona di Narni, con i limiti Rivodutri, Poggiobustone, Albaneto, Castiglioni di Arrone è considerato staccato da Rieti, Terni e Perugia, città ancora dominate dai nazifascisti ed è unito al territorio di Cascia, Norcia, Monteleone dell’Alta Val Nerina; per conseguenza la Brigata garibaldina A. Gramsci, unica autorità esistente in detto territorio che degnamente rappresenta la nuova Italia democratica, assume la responsabilità di fronte ai cittadini militarmente, politicamente e amministrativamente. I cittadini, per le loro necessità, sono invitati a rivolgersi ai rispettivi Comuni e al Comando della Brigata sito all’Albergo Italia di Cascia.
La rilettura degli interventi della Tavola Rotonda, tenuta nel 1975 a Norcia, dedicata a quella che è stata a tutti gli effetti la prima "Zona Libera" della Resistenza italiana, non è solamente un duro esercizio di verifica dello stato della storiografia, nazionale e locale. Essa si rivela anche di grande interesse per le questioni molto attuali che vengono poste; questioni di natura sociale e politica che rappresentavano nodi irrisolti allora, e neanche in seguito sono state sciolte.
Il Territorio Libero di Norcia e Cascia
a 70 anni dalla proclamazione 1944-2014
a cura di Andrea Martocchia
prefazione di Francesco Innamorati
introduzione di Costantino Di Sante
Roma: Odradek Edizioni, 2014
ISBN 978-88-96487-33-4 -- euro 16,00
Per informazioni e ordini: odradek @ odradek.it oppure partigiani7maggio @ tiscali.it
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Andrea Martocchia è co-autore del volume I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana
Francesco Innamorati, partigiano e volontario del Gruppo di Combattimento Cremona, c.g.v.m., già Presidente della Consulta Regionale per le celebrazioni del trentennale della Resistenza, è attualmente Presidente del Comitato Provinciale ANPI di Perugia
Costantino Di Sante è Direttore dell’Istituto storico provinciale di Pesaro-Urbino
All'iniziativa interverrà il Curatore del libro, Andrea Martocchia. E' prevista inoltre la proiezione di un video con interviste inedite, d'epoca e recenti, ai partigiani della bgt. Gramsci, dei battaglioni Tito e della bgt. Melis.
Evento facebook
Articolo su Spoleto Online
CGIL SPI Lega Spoleto - Valnerina 1944/1945 2014/2015
70° della Liberazione dell'Umbria Nel 70° Anniversario della
proclamazione del Territorio Libero di Norcia e
Cascia e della Liberazione dell'Umbria, il
Sindacato Pesionati Italiani della C.G.I.L. Lega
Spoleto-Valnerina onora le formazioni partigiane
organizzate nelle brigate "Gramsci" e "Melis"
che, operando nel territorio nursino, furono
protagoniste della lotta al nazifascismo e,
occupando la città il 17 giugno 1944, la
restituirono alle libertà civili e democratiche.
Ricorda, inoltre, quei cittadini che con il loro
coraggio fecero di Norcia un importante centro
di propulsione ideale della Resistenza
attraverso la pubblicazione e diffusione
clandestina di manifesti, volantini e delle
riviste "Il Fuoco" e L'Unità".
Norcia, 5 giugno 2014 |
CGIL SPI Lega Spoleto
Valnerina 1944/1945 - 2014/2015
70' della Liberazione dell'Umbria In questo luogo – già “Albergo
Italia”- il 27 dicembre 1943 si insediava il
Comando della Brigata Partigiana “Antonio Gramsci”
che, proclamando, il 16 marzo 1944, prima in
Italia, la “Zona Libera” umbro sabino marchigiana,
rese la Città di Cascia un centro di attrazione e
di stimolo per la lotta al nazifascismo.
Nel 70° anniversario dell’evento il Sindacato Pensionati Italiani della C.G.I.L. - Lega Spoleto Valnerina pose a ricordo delle future generazioni. |
CGIL SPI Lega Spoleto
Valnerina 1944/1945 - 2014/2015
Coordinamento Donne SPI-CGIL70' della Liberazione dell'Umbria "Il luogo delle donne" CGIL Nel 70° anniversario della
Liberazione della Città di Cascia dalle forze
nazifasciste ad opera della Brigata Partigiana
italo – jugoslava “Antonio Gramsci”, il
Coordinamento donne del Sindacato Pensionati
Italiani della C.G.I.L. Lega
Spoleto-Valnerina, onora la memoria delle
numerose figure femminili appartenenti sia alla
società civile che alla comunità religiosa delle
Agostiniane, le quali, con la loro generosa e
disinteressata dedizione nell’opera di
occultamento, assistenza morale e materiale
nonché di cura dei partigiani e dei prigionieri
alleati degenti presso l’Albergo “Salus”,
trasformato in Ospedale, occupano un posto di
grande rilievo nella storia della Resistenza
casciana al nazifascismo.
L’encomiabile impegno di queste donne per la causa della Libertà fu motivo di repressioni violente da parte delle milizie nazifasciste, di vessazioni fisiche e psicologiche nonché di deportazioni. Cascia, 7 Giugno 2014 |
IL TERRITORIO LIBERO DI CASCIA.
UN'ESPERIENZA COLPEVOLMENTE RIMOSSA
di Andrea
Martocchia –
pubblicato
sul numero speciale di Micromega (n.3/2015: Ora
e sempre Resistenza) dedicato al 70.mo della
Liberazione
Il recente fascicolo di
Patria Indipendente "Semi di Costituzione. La bella
storia delle repubbliche partigiane" (Settembre
2014) riporta una mappa delle Repubbliche partigiane, Zone
libere e Repubbliche contadine sorte nel 1944, che
evidenzia alcune novità storiografiche di grande rilievo.
Tra queste, va sottolineata la menzione del Territorio
Libero di Cascia, esperienza sorta nella Valnerina
umbra, che nella accezione più restrittiva va datata dal
15 febbraio 1944 – giorno in cui, a seguito della
presa del controllo di Norcia, viene formalmente
annunciata a mezzo manifesti murali la
creazione della zona libera "di Norcia e Cascia"
– fino al 31 marzo 1944, data della
imponente e sanguinosa rappresaglia tedesca ("Grossunternehmen
gegen
die Banden"). Protagonista dei fatti fu la
locale Brigata Antonio Gramsci, avente commissario
politico Alfredo Filipponi "Pasquale", che nella fase
finale ne diverrà il comandante, mentre nei mesi
precedenti a comandarla era stato lo jugoslavo Svetozar
Laković "Toso". La Brigata, formalmente costituitasi
all'inizio del febbraio, fu dispersa nella
rappresaglia ed i nazifascisti ripresero il
controllo del territorio, ma solo per un breve lasso di
tempo, dopodiché le azioni partigiane tornarono a
intensificarsi fino alla definitiva Liberazione (giugno
1944).
Esistono anche accezioni
più estese per questa misconosciuta vicenda resistenziale:
già il 27 dicembre 1943 Cascia è infatti posta sotto il
controllo delle formazioni partigiane che confluiranno
nella Bgt. Gramsci; addirittura, Celso Ghini
"Luigi", che da incaricato dal CLN di Roma si reca in
quell’area e presiede alla costituzione formale della
Brigata, intenderà la zona libera come quel movimento
sviluppatosi sin dal settembre-ottobre 1943 nei vasti
territori a cavallo tra Umbria e Marche meridionali
in cui i tedeschi non si sentivano al sicuro, perciò
delimitati con i noti cartelli "Achtung Bandengefahren":
un'area vasta da Tolentino al confine abruzzese e da
Amandola a Narni! In questa accezione così estesa, la
Bgt. Gramsci non è l’unica formazione partigiana
protagonista degli eventi, bensì assieme ad essa svolgono
un ruolo anche le altre formazioni umbro-marchigiane
monitorate da Ghini in qualità di ispettore, a partire
(per lo specifico della Valnerina) dalla banda di
Ernesto Melis, nata a Spoleto ma che nella fase
successiva si stanzierà nella zona di Visso ed avrà un
ruolo-chiave nella Liberazione finale di Norcia, benché
oramai in assenza di colui che ad essa aveva dato il
nome.
Anche nella zona di
Leonessa (provincia di Rieti, Lazio) i primi
cartelli "Achtung Bandengefahren" appaiono
nell'ottobre '43: uno, collocato sulla strada che da
Leonessa conduce a Monteleone di Spoleto, viene
rimosso quasi subito dall'antifascista Giulio
Gizzi... (1) Di fatto, il comprensorio di Monteleone – tra
Leonessa e Cascia – è in mano ai partigiani già
nell'autunno. Dopo la fuga dei prigionieri montenegrini
dal campo di Ruscio (2), questi si sono aggregati
alla banda di Guglielmo Vannozzi, originario di
Monteleone, e la zona è già allora sotto controllo
partigiano, ben prima della "ufficializzazione" di
febbraio-marzo. La formazione di Vannozzi, alla quale
inizialmente era aggregato il tenente Marchi,
contribuirà tra le prime a dare vita alla
Brigata Gramsci.
Certamente, almeno nella
accezione più stretta, questo Territorio Libero
merita di essere menzionato nella pubblicistica del
partigianato e nella stessa
storiografia resistenziale ben più di quanto non sia
successo finora: in effetti, esso è stato
generalmente omesso dalle tradizionali elencazioni delle
realtà omologhe visto che l'attenzione è stata rivolta
pressoché esclusivamente alle Repubbliche sorte sull'arco
alpino e ad alcune altre importanti realtà sviluppatesi a
ridosso della Linea Gotica – tutte però
cronologicamente successive, a parte la cosiddetta
Repubblica del Corniolo, nel Forlivese, che è
effettivamente contemporanea al Territorio Libero di
Cascia (dal 2 febbraio 1944 o, secondo altre fonti,
già dal dicembre 1943, fino ai primi di marzo) ma la cui
storia è legata alla figura molto controversa di
Riccardo Fedel "Libero". Ancora precedente è la breve
esperienza della Repubblica di Maschito, in
Basilicata (15 settembre – 5 ottobre 1943), ed altre
simili nel Meridione, che furono però casi di mero
autogoverno amministrativo, senza operatività
militare partigiana.
La coscienza che quella di
Norcia e Cascia fosse “la prima zona libera
d’Italia e, quindi, il primo esperimento di
autogoverno attuato da Partigiani”, parve
affermarsi solo nel breve lasso di tempo segnato
dalle celebrazioni del Trentennale, cioè nel 1974-1975,
quando tra l'altro proprio a Norcia fu tenuta una Tavola
Rotonda i cui Atti sono stati dati alle stampe solo
recentissimamente (3). Tale consapevolezza riecheggiò
anche in tutti i numerosi articoli dei quotidiani
che, all'epoca, riferirono dell’evento (4).
In anni recenti, la
questione è stata approfondita a seguito di ricerche
specifiche, che hanno preso spunto soprattutto da due
aspetti importanti: il primo è il ruolo svolto dai
partigiani stranieri, soprattutto jugoslavi, negli
sviluppi militari e politici della vicenda; il secondo
concerne l'entità e la dinamica delle repressione tedesca
all'inizio di aprile 1944.
PARTIGIANI JUGOSLAVI IN
APPENNINO
La Brigata Gramsci
arriverà a contare 1155 effettivi, di cui 230
jugoslavi e 30 russi, più circa 400 "patrioti", in
base ai dati della Commissione Regionale per il
riconoscimento dei Partigiani dell'Umbria che fu
coordinata nel dopoguerra proprio da Alfredo Filipponi.
Più ancora che al numero, il peso rilevante della
componente straniera fu dovuto alla elevata preparazione
politica e militare degli antifascisti jugoslavi, che si
trovavano in zona in quanto fuggiaschi dai numerosissimi
luoghi di detenzione, lavoro coatto e internamento
presenti in Umbria e regioni limitrofe: quel "sistema
concentrazionario" dell'Italia fascista che timidamente si
è iniziato a ricostruire in anni recenti. Gli
jugoslavi erano in maggioranza già esperti nella
guerriglia perché l’avevano condotta nel loro paese,
contro gli eserciti di occupazione tedesco e italiano
nonché contro i collaborazionisti locali, fino alla
cattura e alla deportazione in Italia. Inoltre, la
gran parte di loro erano giovanissimi militanti della
SKOJ, la struttura giovanile del Partito Comunista
jugoslavo, con una formazione ideologica solida ed una
piena coscienza del nemico da affrontare. Con la loro
esperienza e con la loro determinazione antifascista, essi
dettero, fin dall’inizio, un valido contributo alla
formazione del movimento partigiano in Italia e al
consolidamento della capacità combattiva
delle giovani reclute. (5)
Nello specifico, il gruppo
degli jugoslavi della "Gramsci" si radunò attorno ad
alcuni detenuti politici nel carcere di Spoleto, tra i
quali lo stesso Toso, che erano stati protagonisti
della rocambolesca evasione avvenuta il 13
ottobre 1943 (altre evasioni si ebbero in quelle
settimane, spec. il 25-26 novembre). Questi evasi
presero dapprima contatti con Ernesto Melis a Gavelli, una
piccola frazione sita sul percorso che dalla valle del
fiume Nera conduce a Monteleone di Spoleto; ben presto
però si manifestarono forti dissidi tra la componente di
Melis, in cui prevalevano militari italiani di fede
monarchica e badogliana, e quella di Toso, a egemonia
comunista, formata da stranieri perseguitati che in quanto
tali non avevano nulla da perdere e tutto da guadagnare in
una lotta armata attiva. Dopo la rottura, gli jugoslavi di
Toso assieme ad alcuni italiani più determinati si
spostarono a Mucciafora, paesino vicino alla cima del
Monte Coscerno, il più alto della zona. Proprio Mucciafora
fu il teatro della prima grande strage nazifascista in
zona, avvenuta il 28 novembre 1943, di cui furono
vittime soprattutto i capifamiglia del posto, che avevano
offerto generosa protezione ai partigiani, oltre ad alcuni
combattenti di entrambe le nazionalità.
Dopo un iniziale
sbandamento, le attività del gruppo di Toso proseguirono
con l'intensificazione dei rapporti con l'altro nucleo ad
egemonia comunista sorto nell'Umbria meridionale: quello
degli operai (molti di loro lavoratori delle Acciaierie),
contadini e montanari italiani organizzatisi attorno a
Filipponi, provenienti soprattutto dal Ternano.
La "Gramsci" poté dunque
disporre di un nucleo di grande esperienza e potenza
militare, costituito dagli jugoslavi, e di un ampio bacino
di militanza costituito da elementi popolari, i cui
principali esponenti erano perseguitati politici
antifascisti della primissima ora quale lo stesso
Filipponi. E' nella fortunata combinazione di queste
diverse componenti che si spiega la straordinaria riuscita
delle operazioni partigiane che si susseguirono nei mesi
successivi e che portarono la zona libera a raggiungere
quella massima estensione precisata nel Proclama
del Comando della Brigata Gramsci che riproduciamo a lato.
[
Affisso in 200 copie nei centri liberati il giorno 16
marzo 1944. Alfredo Filipponi nel suo Diario
ricostruisce il testo del manifesto in modo leggermente
diverso – cfr. Filipponi
1991, pp.347-348 – e parla anche di un primo
manifesto murale di proclamazione della “zona libera” (Filipponi
1991, p.303). ]
Il 20 marzo 1944,
l'ispettore Celso Ghini relazionava così alla direzione
del PCI sulla situazione in quell'area:
«La situazione che
ho trovato è di un interesse e di un'importanza
eccezionale; ho trovato una brigata su tre
battaglioni (150 uomini armati) ai quali si sono
aggiunti in questi giorni altri 150 uomini che
abbiamo diviso in due battaglioni e siccome pensiamo di
aggregare alla brigata anche il battaglione G.
Manni (Narni) disponiamo ora di 6 battaglioni con
poco meno di 400 uomini, i quali aumentano ogni giorno
ponendo di fronte a noi una quantità di problemi
complessi che per mancanza di uomini capaci ci
mettono in serie difficoltà […] Lo sviluppo
degli avvenimenti ha letteralmente sopraffatte le
scarse forze preparate del nostro partito […] Si
parla insistentemente di imminenti
rastrellamenti ed io temo uno sbandamento per
deficienza di quadri e di preparazione […] Mandate subito
uomini quanti più ne potete per il lavoro politico, per
il lavoro di agitazione, per il lavoro militare
[…] Mandate materiale, molto materiale, ogni settimana
materiale, e rispondete sollecitamente alle lettere
[…] Sono giunti due compagni montenegrini [Pešić
e Borić], uno è veramente buono, ma non fa onore al
nostro partito che in una zona talmente
interessante non gli si possa mettere accanto nemmeno un
elemento equivalente ». (6)
LA "GRANDE OPERAZIONE
CONTRO LE BANDE"
La valenza
militare delle azioni della guerriglia della
“Gramsci”, nell’economia degli eventi della II
Guerra Mondiale sulla Penisola – segnatamente nella prima
fase della guerra, quando il fronte è ancora
attestato sulla Linea Gustav –, è molto più grande di
quanto non sia stato evidenziato fino ad oggi. Essendo
attive a ridosso delle principali
strade consolari che da Roma conducono verso il
nord-est e l'Adriatico, con ripetuti agguati ai convogli e
trasporti militari nazifascisti, la “Gramsci” e le altre
formazioni operanti nelle zone contigue rappresentano
una fastidiosa spina nel fianco delle retrovie tedesche e
repubblichine. I partigiani ne sono coscienti, lo stesso
comandante Toso afferma: «Mi sia permesso dire che
tali azioni le dobbiamo eseguire [oltre che sulla
Salaria] anche sulla strada Flaminia,
poiché questa e la Salaria sono due arterie [di
cui] si servono i tedeschi per alimentare la guerra
contro gli Alleati e i partigiani»
(7). D'altronde, già il 9 febbraio 1944 Mussolini
scrive preoccupato che il “fenomeno ribellistico”
nell’Italia centrale “può tagliare le comunicazioni fra
la Valle padana e Roma” (8). In
effetti, dopo che i sabotaggi partigiani e le
incursioni aeree alleate hanno danneggiato la viabilità
principale, il “fenomeno ribellistico” mette a
repentaglio anche la viabilità secondaria, laddove
viceversa la necessità impellente per i
tedeschi, dopo la caduta di Cassino, è quella di
liberare in fretta le direttrici della ritirata verso
nord.
Le cose prendono una piega
particolarmente preoccupante per i nazifascisti con i
clamorosi fatti di Poggio Bustone, il 9 marzo
1944. Quel giorno, la reazione partigiana ad una
incursione fascista viene potenziata dallo scatenarsi
di una vera e propria jacquerie popolare. Il
btg. “Morbidoni” della “Gramsci” con solamente 18
partigiani deve fronteggiare la colonna fascista composta
da centosettanta militi inizialmente guidata dal prefetto
Di Marsciano, poi dal questore Pannaria, che irrompe
nel paese in cerca dei renitenti, devastando ed uccidendo
tre uomini e una donna; ma nelle ore successive è la
popolazione stessa, inferocita, a reagire furiosa, punendo
e scacciando i fascisti. (9)
Pochi giorni dopo, la
presa di Leonessa viene perciò percepita dal nemico
come l'ultimo inaccettabile affronto, tanto che la
località viene definita dalla Wehrmacht "Hauptstützpunkt
der
Banden", cioè letteralmente: principale
presidio delle bande (partigiane). Non a caso
tale definizione è stata ripresa nel titolo del lavoro di
ricerca del Gen. Enzo Climinti (10), che ha investigato
questo fondamentale caso storiografico. Dopo molte
settimane in cui, di fatto, il territorio immediatamente a
nord di Leonessa (la strada verso Monteleone e la
Valnerina) era già sotto il controllo partigiano, la presa
da parte della "Gramsci" di questa cittadina in posizione
dominante sul massiccio del Terminillo rappresentò da un
lato l’apice delle attività della Brigata, dall’altro
fu l’inizio della fine della “zona libera”: inevitabile
era a quel punto la violenta rappresaglia, che
sarebbe difatti seguita di lì a due settimane.
L’area fu sottoposta ad
una impressionante forza d'urto da parte dei nazifascisti.
Le truppe tedesche passarono all'azione il 29 marzo: erano
composte da un battaglione della Divisione Brandeburgo
(proveniente dal confine franco-spagnolo), un battaglione
di SS-Polizei (proveniente dal fronte russo, svolgeva
servizio di sicurezza operante dietro le linee), due
attivissimi reparti esploranti corazzati, unità di allarme
della XIV Armata e dell'aeroporto tedesco di Rieti; a
questi bisogna aggiungere un reparto della Guardia
Nazionale (GNR) di Rieti. Il battaglione SS-Polizei operò
anche nella zona del Monte Tancia. Le operazioni di questi
reparti, che formarono il Gruppo di combattimento Schanze,
durarono dalla fine di marzo alla metà di aprile. (11)
La “Gramsci” subì gravi
perdite. Oltre cinquanta partigiani furono uccisi e
parecchi civili furono fucilati: cinque a Cascia, tre
a Colle Giacone e tre a Monteleone di Spoleto; nella
stessa Leonessa tra il 2 e il 7 aprile si contarono in
cinquantadue le persone uccise, in una azione
vendicativa guidata da una ragazza del posto disposta a
tutto pur di fare carriera, Rosina Cesaretti, che è
rimasta simbolo di malvagità nei racconti dei locali. In Climinti
2006 sono documentati almeno 300 morti a seguito
della operazione repressiva.
Persino il famigerato
prefetto Rocchi, il 5 aprile 1944 espresse preoccupazione
al Comando militare tedesco di Perugia lamentando “gli
inconvenienti delle azioni di rastrellamento”, le “ingiustificate violenze
e le innocenti vittime”, con reparti che “aprono
il fuoco contro la popolazione senza
discriminazione, o saccheggiano e incendiano abitazioni
private e uffici pubblici”, ed evidenziando la
“delicata pericolosa situazione creata da tali azioni”
(12). Il maggiore Hermann gli risponderà in data 22 aprile
che “le truppe impegnate nella lotta contro i
ribelli hanno l’ordine di condurre questa lotta con
la massima durezza ed energia, poiché solo in
questo modo possono essere ottenuti dei risultati
tangibili. Vedrebbero con soddisfazione una
collaborazione più intima da parte delle competenti
autorità civili. Il loro compito supremo consiste nel tener
libere da ogni interruzione le retrovie sulle
quali transitano i rifornimenti per le truppe
combattenti sul fronte italiano” (13).
Antifascisti e semplici
civili furono deportati a centinaia nel campo di
concentramento allestito a Cinecittà, a Roma. La
controffensiva nazifascista provocò così lo sfaldamento
della “Gramsci” che solo tra la fine di maggio e i
primi di giugno riuscì a riorganizzarsi, ma con uno
scollamento tra la componente "italiana" di Filipponi e
quella "slava" di Laković. La brigata Gramsci in
senso proprio (Filipponi) si andò a ricostituire su alcune
montagne al confine tra Umbria e Lazio, con base in
località Salto del Cieco, e fu la protagonista della
Liberazione della città di Terni il 13 giugno. I
battaglioni "Tito" (Laković), riunificatisi, inizialmente
si spostarono sul versante sud dei Sibillini e poi sopra
Norcia, nella parte più alta della Valnerina, tra
Lazio e Marche; presto ripresero però brillanti azioni di
guerriglia tanto da essere loro stessi, assieme a reparti
della "Melis", i liberatori di Norcia e di tutta l'Alta
Valnerina.
UNA RI-SCOPERTA
STORIOGRAFICA
Ha giustamente fatto
notare Francesco Innamorati (14) che "tra il gennaio e
l’aprile 1944 la piccola Umbria è stata la regione
italiana che ha avuto il maggior numero di
partigiani, sia in assoluto che in percentuale (18.000
partigiani nell’aprile del ’44, cioè il 24% del totale
di quelli combattenti sul territorio nazionale).
Più dell’Emilia, della Venezia Giulia,
del Piemonte, etc. (…) Anche per
questo è interessante studiare la storia della
Resistenza armata nella Regione che ha avuto il
maggior numero di partigiani (anche se non sembra
che finora se ne sia accorta)."
L'importanza del
Territorio Libero di Cascia, nelle ricostruzioni storiche
del periodo, non è però solo di carattere statistico,
o per affermare il "primato" cronologico di questa
esperienza rispetto alle altre – circostanze che hanno
comunque una loro significatività. Né si tratta
di discutere se tale esperienza ebbe i requisiti di
autogoverno di una vera e propria "Repubblica
partigiana o meno": non lo fu, non si
"istituzionalizzò"… ma quante delle Repubbliche partigiane
comunemente note si "istituzionalizzarono"
effettivamente? Quella di Cascia non ebbe prerogative di
molto inferiori rispetto alla norma delle altre zone
libere della Resistenza italiana. Vi furono elementi
dimostrabili di amministrazione della vita civile,
quali:
- il pieno controllo della
cittadina di Cascia per tre mesi;
- la fissazione del
Comando, sede di tale autogoverno, all'Albergo Italia,
come da Proclama;
- la gestione
dell'Ospedale civile;
- la gestione di aspetti
dell'economia locale: la distribuzione dei viveri (spec.
dopo ogni presa di un ammasso) e lo svolgimento del
mercato; la fissazione dei prezzi di determinate merci,
come la carne;
- l’istituzione di un
Comitato di assistenza delle donne;
- il funzionamento di un
posto di ristoro, con sede all’albergo Salus di
Cascia, per i tanti prigionieri alleati in fuga
attraverso quei territori;
- l'allestimento di un
campo di addestramento in località Capanne di Colle
Giacone;
- l'organizzazione della
stampa e propaganda (oltre ai manifesti, la stampa del
giornale "Il Fuoco" e de "L'Unità" in una tipografia di
Norcia);
- l'istituzione formale di
un Tribunale militare, avente per scopo di “giudicare i
collaborazionisti, le spie e gli stessi partigiani che
si fossero resi colpevoli di qualche reato”.
(15)
Ha spiegato Celso Ghini: «In
questo territorio tutte le autorità erano al servizio
dei comandanti partigiani. I podestà erano stati
scacciati o si erano sottomessi. I presìdi dei
carabinieri erano spariti, le caserme erano state
assaltate e disarmate, i pochi presìdi fascisti
che c'erano erano stati scacciati, qui tutte le autorità
erano a disposizione nostra. Ricordo personalmente
che quando ad un certo momento dovevano fare il podestà
di Leonessa, venne da noi al Comando di Cascia Tavani e
disse: “io sono stato chiamato dal Prefetto di
Rieti, mi deve fare podestà. Sentite, io accetto se
siete d'accordo; se siete d'accordo collaborerò con voi,
se non dirò di no”. Noi dicemmo: “Va bene, accetta,
però tu gli ordini li ricevi da noi”. Lui accettò, poi
lo fucilarono nel grande rastrellamento…» (16).
A ben vedere, al di là di
tutto questo, l'importanza di una trattazione del
Territorio Libero di Cascia in una storiografia che voglia
essere aggiornata deriva piuttosto, paradossalmente, dalla
sua passata rimozione, dalla incomprensione
cui sono state soggette queste vicende per troppi decenni
e fino ad oggi. Tale damnatio memoriae è stata
diretta conseguenza soprattutto della loro precocità:
queste vicende si sono infatti svolte prevalentemente, e
pressoché concluse, prima ancora dello sfondamento
della linea Gustav e prima della cosiddetta Svolta
di Salerno, quindi prima anche della
codificazione delle formazioni della Resistenza Italiana
in Brigate garibaldine, con i loro ispettori, da
parte del CLN-AI. Perciò tali vicende non sono
semplicemente classificabili usando gli schemi più rituali
della storiografia della Resistenza, schemi per cui alla
Resistenza stessa ci si è riferiti essenzialmente come ad
una lotta di liberazione nazionale contro
l'occupatore tedesco. Questa impostazione storiografica
"tradizionale" peraltro nasce con il primo e principale
storico della Resistenza italiana: Roberto Battaglia.
Il fatto a nostro avviso più clamoroso è che proprio
Battaglia, in quanto originario di Norcia e dimorato nella
casa di famiglia a Norcia in quell'inverno del '43-'44, fu
non solo testimone diretto ma addirittura tra i
protagonisti degli eventi; ciononostante ne fece solo
brevi cenni nelle sue opere. In effetti Battaglia apprese
l'antifascismo in quei giorni da membri della "Gramsci" e
segnatamente dagli jugoslavi rifugiati a casa sua, ma non
si integrò nelle strutture di comando della Brigata e
rimase piuttosto legato al gruppo di Melis.
Proprio l’assenza,
tra i quadri partigiani, di ceti intellettuali e
borghesi, e dei loro partiti di riferimento,
determinò la “freddezza” del CLN, durante e
soprattutto dopo la Resistenza. Al contempo, la linea
“frontista” di Salerno – definita anche “bomba Ercoli” per
il modo improvviso con cui Togliatti (“Ercoli”) la
dettò in quell’inizio di primavera 1944 – vanificò le
tendenze più radicali, miranti ad una rivoluzione sociale,
che covavano in settori partigiani ad egemonia
comunista quale era la “Gramsci”.
Rimane il fatto che quella
esperienza ebbe una rilevanza politico-sociale
irripetibile, trattandosi di uno dei pochi casi – l'unico
per quel territorio – in cui l’Italia rurale,
che aveva rappresentato il retroterra indispensabile
della mobilitazione partigiana, si incontrava con la
componente operaia. Tale inedita esperienza sociale
di unione nella lotta, appunto, tra la componente
operaia ternana e la componente contadina e
montanara fu drasticamente interrotta subito
dopo la Liberazione: da una parte gli operai della
città (sotto l’egemonia del Partito Comunista),
dall’altra le popolazioni della valle e delle montagne
(“recuperate” dalla Democrazia Cristiana ma più ancora
vittime dei fenomeni di
emigrazione, urbanizzazione, spopolamento anche
a causa dei terremoti): una separazione
significativamente sottolineata anche dalla non
scontata demarcazione amministrativa tra le
due province, rispettivamente di Terni e
Perugia.
Per di più, il
connubio tra ceti popolari operai e contadini si
rafforzava in quella occasione con la componente
straniera, dei partigiani jugoslavi: una comunanza
di lotta e di idealità che, come ben sappiamo, ha avuto
vita durissima con la Guerra Fredda e con il "doppio
ostracismo" cui fu soggetta la Jugoslavia a seguito dello
strappo con il Cominform.
Stiamo parlando di tante
scissioni e fratture che oggi non sono solamente lontane
nel tempo, ma delle quali non si ritrovano più le ragioni
nel mondo presente. C'è perciò da augurarsi che, alla
straordinaria vicenda del Territorio Libero di Cascia, si
possa finalmente dare lo spazio che essa merita nella
memoria locale, nazionale e internazionale.
Si ringrazia Enzo Climinti,
Generale GdF, decorato, storico militare, testimone e
fiancheggiatore delle attività partigiane presso
Leonessa, per le preziose informazioni e l'aiuto nella
redazione di questo testo.
NOTE:
(1) Giulio Gizzi è ucciso con lo zio Francesco
nei giorni seguenti (13 ottobre 1943) in un conflitto con
una pattuglia tedesca alle falde del Monte Massi; il suo
cadavere è recuperato da Enzo Climinti, che da
giovanissimo ufficiale prende a collaborare con i
partigiani.
(2) Cfr. Nardelli 2013.
(3) Cfr. Norcia 1975, da cui è
tratta la citazione (a p.12: Premessa).
(4) Cfr. ad es. “Innamorati: ‘L’esempio
della prima zona libera’”, in Paese Sera del 12
ottobre 1975.
(5) Cfr. Martocchia 2011.
(6) Lettera di Luigi dall'Umbria alla
Direzione del PCI, 20 marzo 1944, pubbl. in Secchia
1973, pp.382-384; originale in Archivio PCI,
Istituto Gramsci.
(7) In Filipponi 1991, p.259.
(8) Lettera a Renato Ricci, comandante
della GNR. Cit. in Amatori 1983, p.36.
(9) La battaglia ha dato origine a memorie
popolari immortalate nella canzone di Dante Bartolini
sul "Traditore Tanturri", parte del patrimonio di
storia orale e di canti raccolto negli anni '70 dal Gruppo
“Gianni Bosio” e negli studi di Alessandro Portelli.
(10) Climinti 2001.
(11) Cfr. Climinti 2006 per
maggiori dettagli.
(12) Fonte: ASP, APP, b.145.
(13) Riprodotto in Climinti 2001, p.50.
(14) Partigiano già presidente dell'ANPI
provinciale di Perugia oltreché presidente
della Consulta Regionale umbra per le
celebrazioni del trentennale della Resistenza che
organizzò la Tavola Rotonda del 1975 a Norcia. La
citazione è tratta dalla Prefazione a Norcia 1975.
(15) Ordine del giorno del Comando
della Bgt. “Gramsci” n.3 del 31/3/1944. (v.e. “Cascia,
zona libera di” in: Enciclopedia. Copia
del documento originale in: Arch. ISUC, Fondo ANPI
Terni, Resistenza/Liberazione). Per
approfondimenti sul funzionamento e le vicende del
Territorio Libero di Cascia e sulla Bgt. Gramsci riteniamo
fondamentali, oltre alle altre qui citate, due fonti: Filipponi
1991 e Bitti 2010.
(16) Da Ghini 1973, pp.71-72.
BIBLIOGRAFIA:
Amatori, Enrico, 1983: La Resistenza nel
Reatino (1943-1944). Rieti, Il Velino.
Bitti, Angelo; Covino, Renato; Venanzi, Marco,
2010: La Storia rovesciata. La guerra
partigiana della brigata garibaldina “Antonio
Gramsci” nella primavera del 1944. Narni, Crace.
Climinti, Enzo, 2001: Leonessa
1943/1944 : Hauptstützpunkt der Banden. Roma, Arti
grafiche San Marcello.
Climinti, Enzo, 2006: Il gruppo di
combattimento “Schanze” nella grande impresa contro le
bande – Grossunternehmen gegen die Banden – marzo-aprile
1944, Appennino umbro e alto Lazio. Roma,
Edizioni Settimo Sigillo.
[Enciclopedia]: Enciclopedia
dell’Antifascismo e della Resistenza, sotto la
direzione di P. Secchia e E. Nizza. Milano, La
Pietra (sei volumi e due appendici editi tra il 1968
e il 1989).
[Filipponi 1991]: Il diario di Alfredo
Filipponi comandante partigiano, a cura di Giuseppe
Gubitosi / ISUC. Foligno, Editoriale Umbra, 1991.
[Ghini 1973]: Celso Ghini, Il
territorio libero umbro-marchigiano (settembre 1943 –
giugno 1944), in: Resistenza e liberazione
nelle Marche, Atti del primo Convegno di
studio nel XXV della Liberazione. Urbino,
Argalia, 1973.
Martocchia, Andrea, 2011: I partigiani
jugoslavi nella Resistenza italiana. Storie e
memorie di una vicenda ignorata. Con contributi
di Susanna Angeleri, Gaetano Colantuono, Ivan
Pavičevac. Prefazione di Davide
Conti, Introduzione di Giacomo
Scotti. Roma: Odradek.
Nardelli, D. Renato: Il campo di
prigionia n.117. IX Quaderno di Ruscio. Monteleone
di Spoleto (PG): ProRuscio, 2013
[Norcia 1975]: Il Territorio Libero di
Norcia e Cascia a 70 anni dalla proclamazione
1944-2014, a cura di Andrea Martocchia.
Prefazione di Francesco Innamorati, Introduzione
di Costantino Di Sante. Roma: Odradek,
2014.
Scrive Miriam Pellegrini Ferri (16 marzo 2014):
In quella zona ha combattuto nella Brigata Gramsci il compagno Partigiano Spartaco Ferri deceduto purtroppo nel 2012. Spartaco anche se nato a Roma era umbro perché i genitori erano entrambi di Orvieto. Il padre Ferruccio fondò gli arditi del popolo contro il fascismo. Come sua compagna per oltre sessantanni e io stessa partigiana di Giustizia e Libertà partecipo con immnso piacer a questo onorevole ricordo.
Sull'esperienza di Spartaco Ferri nella Brigata Gramsci riportiamo quanto appare in I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana (I ed.), a p.104:
Si è parlato [...] sia di una
“base jugoslava clandestina” a Roma [...], sia delle
richieste di intervento che venivano rivolte al
“centro” del PCI da parte di alcuni elementi più
coscienti tra i partigiani della “Gramsci” e dallo
stesso Ghini. Una prova ulteriore di questo “centro” romano la abbiamo anche dalla testimonianza di Spartaco Ferri. Romano, di famiglia antifascista da sempre, giovane sportivo (giocava a rugby), Spartaco era entrato formalmente nel PCI nel 1942-1943. Chiesi al Partito [comunista italiano] di essere inviato ai reparti di Resistenza. La mia richiesta fu accolta [...]. Partimmo in due compagni per Terni e con la parola d’ordine ricevuta ci accettarono e per quattro giorni camminammo in gruppo solo di notte fino a giungere a destinazione. La Base era d’appoggio ad azioni partigiane e in collegamento con partigiani jugoslavi usciti dal carcere fascista. [...] Dopo qualche giorno fummo costretti a spostarci perché si sapeva che era programmato un rastrellamento fascista. Camminammo un giorno e mezzo per raggiungere la casa di un compagno che dietro il porcile aveva costruito una finta stalla per rifugiare partigiani e ricercati.Dopo solo due ore, tuttavia, i tre partigiani dovettero allontanarsi per evitare di mettere a rischio la famiglia ospitante; e poco dopo, sfortunatamente, durante il cammino si trovarono per caso in mezzo ad un gruppo di fascisti che si riposavano dopo una esercitazione. Io che ero il terzo dei tre, sperando di non esser visto, sono scappato all’indietro e mi sono disteso a terra tra l’erba con la speranza di non essere notato. Non fu così: l‘ufficiale esplorando la zona mi ha trovato. Siamo stati portati al carcere di Terni dove siamo stati interrogati e poi tradotti in galera in un angusto locale, con finestra per spiarci e dove già alloggiavano altri due detenuti che chiaramente erano due spie.[Ferri 2006. Spartaco Ferri continua: «Abbiamo passato circa un mese nel carcere, fino a che una mattina nel prendere l’ora d’aria abbiamo visto il cancello del carcere aperto...». Sono infatti i giorni della Liberazione di Terni. In base alla testimonianza di Ferri, che abbiamo raccolto anche a voce, possiamo collocare il suo arruolamento nella “Gramsci” attorno alla seconda metà di aprile 1944. Ferri ricorda che il commissario politico del suo battaglione era uno jugoslavo; egli però non dispone di documentazione utile a precisare persone, luoghi e tempi, ed ovviamente dopo tanti anni le memorie di quei pochi giorni prima della cattura sono poche e labili.] |