Con l'8 settembre e la
capitolazione dell'esercito, centinaia di migliaia di soldati
italiani si ritrovarono senza direttive, senza possibilità di
difendersi, in paesi che avevano aggredito e invaso e martoriato
per ordine dei vertici militari e del regime fascista. In
Grecia, in Albania, in Jugoslavia le popolazioni avrebbero
potuto vendicarsi o lasciarli al loro destino che era quello di
finire nei campi di concentramento tedeschi. Invece quei soldati
furono aiutati, sfamati, accompagnati attraverso zone impervie
perché potessero raggiungere l'Italia, a tutti fu offerto di
rimanere a combattere
nella lotta partigiana a fianco di quelli che erano stati i
"ribelli" contro cui avevano combattuto. Migliaia di essi
dissero di sì, e continuarono la loro guerra dalla parte della
Resistenza. Giacomo Scotti, uno dei maggiori scrittori della
Resistenza, ha raccolto le storie di tre di questi soldati: due
ufficiali medici e un marinaio. Dalle inenarrabili sofferenze
patite e condivise con i partigiani jugoslavi, emerge il
desiderio di riscatto di tutta una generazione di italiani dalla
follia delle aggressioni fasciste.
Giacomo Scotti, oriundo napoletano (Saviano, 1dicembre 1928), dal
1987 pendolare fra la sua città natale e Fiume e dal 1995 tra
Fiume e Trieste, è vissuto per oltre mezzo secolo nell'ex
Jugoslavia, operando come giornalista, storico, traduttore,
narratore e poeta.
Penultimo figlio di una numerosa famiglia di contadini, Giacomo
Scotti vide la sua famiglia decimata nella seconda guerra
mondiale: un fratello sottoufficiale di Marina caduto nella
battaglia navale di Capo Matapan, il padre morto di crepacuore per
questa perdita, un secondo fratello finito prigioniero degli
Alleati per lunghi anni, un terzo fratello deportato dai tedeschi
e mai tornato a casa. Queste perdite hanno segnato poi le sue
scelte di vita.
Ha scritto e pubblicato in Italia, Serbia, Bosnia, Macedonia e
Croazia oltre centocinquanta opere in volume, in più lingue:
raccolte di poesie, libri di favole (per KappaVu
Favole e Storie
da recitare, 2005), romanzi e raccolte di racconti, ma
anche opere storiografiche o tra storia e narrativa.
Alle vicende della Resistenza, e in particolare al contributo dato
dai partigiani italiani alla Resistenza nell'ex Jugoslavia, ha
dedicato una ventina di volumi, fra i quali:
Ventimila caduti
(1970),
Quelli
della
montagna (1972),
Il battaglione degli straccioni
(1974),
Rossa
una stella (1976),
I disertori (1980),
Bono Taliano
(1981),
Le
aquile delle montagne nere (1987),
Juris,
all'assalto (1989),
L'inutile vittoria (1989),
Il partigiano del
cielo (2004),
Bersagliere in Jugoslavia (2004).
Mauro Daltin - Ufficio Stampa Kappa Vu
via Bertiolo 4 - 33100 Udine
Tel: 0432530540 Fax: 0432530140
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da LA VOCE DEL POPOLO del 26
aprile 2006
GIACOMO SCOTTI HA
RACCONTATO LE LORO
«ESPERIENZE PARTIGIANE» NELL'EX JUGOSLAVIA
Tre soldati
italiani che riscattarono l'onore
dell'Italia
Tre italiani, tre uomini
"non proprio ordinari", due medici militari e un marinaio, immersi, loro
magrado, nella selva degli eventi bellici nei Balcani dopo l'Armistizio. Tre
vicende, tre esperienze maturate da una precisa scelta, quella di
unirsi, dopo lo sfacelo dell'esercito italiano, al movimento
partigiano jugoslavo. A raccontarle è l'infaticabile Giacomo Scotti
nel volume, Tre storie partigiane. Dalla Macedonia alle Alpi, dappertutto
italiani (141 pagine, 13 euro), pubblicato nel gennaio 2006
dalle Edizioni Kappa Vu (collana /Resistenza storica/ a cura di Alessandra
Kersevan) di Udine.
L'autore, oriundo napoletano
(Saviano,
1 dicembre 1928), dal 1987 pendolare fra la sua città natale e Fiume (dove vive
da oltre mezzo secolo) e dal 1995 tra Fiume e Trieste, è uno dei più
attivi scrittori, poeti, giornalisti, storici, traduttori e narratori
della Comunità Nazionale Italiana. Finora ha scritto e pubblicato
in Croazia, Italia, Serbia, Bosnia, Macedonia (oltre centocinquanta
opere), in più lingue, dedicando una ventina di volumi alla
Resistenza, e in particolare al contributo dato dagli italiani alla lotta
partigiana nell´ex Jugoslavia. Ricorderemo "Ventimila caduti"(1970),
"Quelli
della montagna" (1972), "Il battaglione degli straccioni"
(1974), "Rossa una stella" (1976), "I disertori" (1980), "Bono
Taliano" (1981), "Le aquile delle montagne nere" (1987), "Juris,
all´assalto" (1989), "L´inutile vittoria"
(1989), "Il
partigiano del cielo" (2004), "Bersagliere
in Jugoslavia" (2004).
*Una pagina di storia
italiana da mettere in luce*
Il dramma dell'esercito
italiano ebbe inizio alle 19.45 dell´8 settembre 1943, quando la radio trasmise
il messaggio del maresciallo Badoglio. Il capo del governo comunicava che
l´Italia aveva "chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante
in capo delle forze alleate" e che la richiesta era stata accolta. La
"leggerezza" con la quale lo stato italiano aveva affrontato la
situazione e l´assoluta mancanza di direttive da parte dei
responsabili della macchina da guerra italiana trasformeranno i Balcani in una
bolgia per le centinaia di migliaia di soldati abbandonati a sé
stessi. Uno scenario particolarmente desolante per i circa 300mila soldati in
Slovenia, Dalmazia, Croazia, Montenegro e Bocche di Cattaro, più di
100mila in Albania e circa 260mila soldati in Grecia e nelle isole dell´Egeo.
Disarmati, senza possibilità di difendersi in paesi che avevano aggredito e
occupato, abbandonati alla mercé degli ex alleati, alla furia
vendicatrice dei popoli che avevano invaso. Tantissimi furono
soccorsi proprio dalla popolazione locale: sfamati, travestiti in abiti
civili, aiutati a raggiungere l'Italia, invitati a unirsi ai
partigiani. E molti accolsero l'invito. Una pagina di storia italiana che spesso
viene "voltata" in maniera frettolosa, poco conosciuta nella stessa
Italia. In *Tre storie partigiane* Scotti ha raccolto le esperienze di
tre di questi soldati italiani, quella del napoletano Antonio Ciccarelli,
del torinese Domenico David e del livornese Pier Luigi Gaiozzi.
"Non sono racconti nel senso tradizionale del termine - come scrive Elio
Bartolini nella prefazione -; non sono nemmeno un diario di guerra,
sebbene più di qualche volta attingano a note o appunti o testimonianze
dirette. E nemmeno sono tre biografie di italiani coinvolti a vario
titolo nella guerra partigiana jugoslava. Togliendone il tanto di
personalistico, li definirei, come a Scotti stesso capita di dire, tre
'esperienze partigiane', cioè di quel tipo di guerra affatto particolare che
contrassegnò la seconda parte del conflitto mondiale, e per gli
Italiani più propriamente il periodo che va dal settembre 1943
all´estate 1945. Condizionata anzitutto dal convincimento ideologico e
dalla resistenza fisica; inventata giorno per giorno dall´intelligenza dei
Comandi, ma anche affidata all´escogitazione del singolo combattente;
esigente e magari deprimente nella continuità dello sforzo quotidiano ed
insieme esaltata da imprese di eroica unicità, ma anche insidiata dal
tradimento, dalla viltà, da diserzioni e perfino deprecabili discordie
interne, conviene definirla davvero 'particolare', quella guerra." Scotti
ha narrato queste vicende, a tratti mirabolanti, con "assoluta sobrietà,
nessuna esaltazione 'eroicistica', nessuna concessione al colore - come
precisa Bartolini concludendo
che il volume potrebbe essere proposto alle scuole italiane
come lettura
formativa. Le prime due testimonianze vengono pubblicate per la prima volta, la terza è
stata invece dettata a Scotti da un livornese ed è uscita in un
opuscoletto del 1983 curato dallo stesso scrittore.
Un
medico «con la barbetta»
Ricordi dei protagonisti,
ma anche documenti d'archivio, il diario di guerra "Partizanski
zdravnik" (Un medico partigiano, Lubiana 1972) del
dottor Aleksander
Gala-Peter e un opuscolo pubblicato nel 1967 a Nova Gorica dalla dottoressa Jerina
Lah-Pavla (che conobbe il protagonista in quei giorni di guerra tra il
1943 e il 1945 in Slovenia) contribuiscono a ricreare il personaggio di Antonio Ciccarelli,
napoletano, classe 1914, ufficiale medico (sarà promosso a Capitano per
merito di guerra nel
1949) nell'aeroporto militare di Merna (vicino a Gorizia).
Nel settembre del
1943 Ciccarelli, il medico chirurgo "con la barbetta", riuscirà a sfuggire alla
cattura da parte dei tedeschi e si arruolerà nelle formazioni partigiane
portando con sé due autoambulanze, materiale sanitario e viveri sottratti al
nemico. Assumerà la direzione del servizio sanitario di una
divisione d'assalto, organizzerà il servizio stesso e costituirà posti di
medicazione ed ospedali da campo. Durante l'attacco a un ospedaletto
assumerà il comando degli uomini di guardia e con intensa azione di fuoco
impegnerà il nemico coprendo l'esodo di oltre sessanta feriti gravi.
"Bella figura di organizzatore e di combattente valoroso" - come
riportato nella promozione al grado di Capitano. "Ho fatto il mio
dovere e nient'altro che il mio dovere di uomo e di medico per una causa
giusta, per la quale migliaia e migliaia di partigiani hanno fatto
olocausto della loro vita", dichiarerà il dott. Ciccarelli. Come mai
decise di unirsi ai partigiani? Lo fece, come ammise egli stesso, perché
odiava i tedeschi e perché il suo aiuto era necessario ai partigiani.
Diventerà uno dei personaggi più popolari in Slovenia (il "doktor Anton"
sarà promosso al grado di Maggiore dell'Esercito popolare di
liberazione della Jugoslavia su proposta del Comando del IX Corpus
d'armata). Un viaggio, il suo, da Gorizia al Monte Nero (Crni-vrh), a Villa
Montevecchio (Vogersko), ad Aidussina fino a Sella Oblà,
Circhina-Montevecchio, al Golako... e persino missioni in Croazia e Bosnia. Un percorso
descritto minuziosamente - il più dettagliato, gli sono state
riservate quasi la metà delle pagine del libro - forse perché "c'era
qualcosa di simbolico nel suo spirito di sacrificio" come un suo
collaboratore rievocherà il dottor Ciccarelli.
La
vicenda di Domenico David
Quasi un diario di guerra,
degli interventi effettuati per salvare le vite, per curare i feriti. È la
seconda storia, quella di Domenico
David, già capitano
medico della 3ª Batteria Alpina Gruppo Susa, I° reggimento Artiglieria Alpina,
Divisione "Taurinense" dislocata in Montenegro e Sangiaccato. David
si è affiancato all'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia
dal settembre 1943 all'estate del 1945, avanzando e combattendo per la
liberazione della Serbia. Gli sarà conferita la Stella partigiana
e la Medaglia al valore, i massimi riconoscimenti per il valore
personale dopo l'Ordine di Eroe del Popolo.
"Cika Davide" (zio David),
poi "Talijanski doktor" (il medico italiano) e ancora "Druze doktor"
(compagno medico, infine "Druze Major", ripercorre la lunga marcia
delle formazioni partigiane, i continui spostamenti, le offensive
nemiche, gli incontri con altri soldati italiani e con le popolazioni
locali, le innumerevoli difficoltà quotidiane. Radiografia della
guerra e delle malattie, delle ferite che provocò. Sul diario di David,
alla data del 9 gennaio 1944, si legge: "Caccia ai pidocchi: nella sola gamba sinistra
della mutanda lunga di lana militare contati e
uccisi 87 parassiti. Senza sale, poco pane e molto appetito." Terminata la "Sesta
offensiva", la Balkanschlucht, il 21 gennaio annota: "Ogni giorno medico i feriti e
pratico qualche piccolo intervento chirurgico.
Visito anche qualche civile e amputo un dito a un musulmano.
Non mi sento bene: uno strano malessere mi ha tolto
l'appetito nonostante ci vengano dati due pasti al giorno
dopo mesi di scarso nutrimento". Gli
sarà riconosciuto il merito "più pieno per essersi dimostrato un
ottimo specialista. In conseguenza degli ottimi rapporti da
lui avuti con i feriti e tutti gli altri, è stato benvoluto
da tutti". È
rimpatriato a bordo di un'automobile, "indossando l'uniforme e portando la
pistola".
Un
livornese da Patrasso a Belgrado
Pier Luigi Gaiozzi (combatté da partigiano
con il nome di Luigi Caiazzo), classe 1923, vissuto in provincia di Livorno,
soldato di leva,
fu assegnato alla Marina a La Spezia, dove rimase fino al
gennaio 1943.
Trasferito prima a bordo della "Vittorio Veneto" poi al
"Maridepo" di
Venezia, approdò in Grecia alle dipendenze del Comando
Marina di Petrano.
L'armistizio lo sorprese alla stazione ricetrasmittente di Cuculi presso Patrasso e
trasformò il marinaio toscano in un partigiano del Movimento di liberazione
greco, quindi in prigionero di guerra e infine nuovamente in
partigiano, stavolta nelle file dell'Esercito jugoslavo, fino al rimpatrio
avvenuto nel luglio del 1945. "La mattina del 9 settembre, insieme
al Capitano Commissario Dino Gennari (...), lasciai la stazione. Non senza prima aver preso
le armi - racconta Gaiozzi -.
Ci ritirammo nella villa di un certo Kanelopulos, uno dei
dirigenti clandestini dell'EAM di Patrasso. Nella
stessa villa, al piano superiore, risiedeva il comandante di
zona del movimento ellenico di liberazione."
Inaspettatamente Gaiozzi e un altro marinaio italiano furono condotti in una baracca
di campagna e costretti a scavare una profonda buca. "Venimmo poi a sapere, in
segretezza, che la fossa doveva servire per sepellire i nostri cadaveri. Ma
perché volevano eliminarci?" Probabilmente perché temevano
che gli italiani, se caduti in mano alle SS non avrebbero retto agli
interrogatori, spifferando tutto ciò che sapevano sul movimento
partigiano greco. Kanelopulos tornerà sulle sue decisioni, ma Gaiozzi e gli
altri si rifugiarono sui monti, aggregandosi alla "Dodeca Sinderman".
Nell'ambito di un'operazione di rastrellamento delle SS e della Wermacht
Gaiozzi sarà catturato, trasportato ad Atene e da qui a Skopje in Macedonia, e
ancora avanti a Mackatica, tra la Serbia sud-orientale e la Bulgaria,
nei giacimenti di molibdeno, volframio, piombo, zinco e cobalto. Poi le
grandi offensive, gli stenti - "Il vitto era carne
affumicata, sale e grappa. Per pane avevamo solo la
neve..." - condivisi con i partigiani e di tanti italiani che
confluirono nelle unità
serbe, che formarono la Divisione
Italia. Un momento prima di lasciare il paese e tornare a
casa e David riporta le emozioni provate: "A Belgrado, tutti noi che avevamo fatto parte
delle divisioni jugoslave fummo
radunati in una caserma che - se la memoria non mi tradisce
- si trovava vicino al giardino zoologico. Ci tenne un
discorso il Maresciallo Tito. Oltre a ringraziarci per il
contributo che avevamo dato alla lotta per la liberazione
della Jugoslavia, ci incitò a lottare per la costruzione
della democrazia e per la libertà dei popoli. Voi italiani,
disse, con il vostro sacrificio avete riscattato l'onore dell'Italia mettendo un'ipoteca sul suo avvenire".
In calce al libro, 13 pagine di materiale iconografico sulla partecipazione
dei soldati italiani
alla Resistenza nell'ex Jugoslavia.
Ilaria Rocchi Rukavina
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P A R T I G
I A N I !
Una iniziativa internazionale
ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario
della Liberazione dal nazifascismo
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm
Per contatti: PARTIGIANI! c/o
CNJ,
C.P. 252 Bologna Centro,
I-40124 BOLOGNA (BO) - ITALIA
partigiani7maggio @ tiscali.it
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