Jugoinfo

 

Altre iniziative sul "confine orientale"
 
1) RAI Tre 8/2: Propaganda fascista in prima serata
Gli incontrollati fantasy su Norma Cossetto (di Nicoletta Bourbaki)
2) Cologno Monzese 7/2: Causa censura iniziativa spostata a Brugherio
Cronache di ordinario bullismo giornalistico e censura istituzionale
3) Fiorano Modenese 9/2: Iniziativa con E. Gobetti
Intimidazioni di Casapound (Il Primato Nazionale) per le iniziative in Sardegna
4) Roma 24/2: Seminario con V. Strinati, S. Volk e D. Conti e Teatro: DRUG GOJKO
Italia e Jugoslavia: storia del Confine Orientale. TavolaRotonda, Discussione e Teatro
 
 
N.B. Sulla polemica in corso attorno alla iniziativa diParma 10/2rimandiamo al post successivo di JUGOINFO
 
 
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Propaganda fascista in prima serata su RAI Tre venerdì 8 febbraio 2019
 
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Fonte: pagina FB di "Dieci Febbraio", 30/1/2019
 
La Repubblica Fascista
 
Oggi come allora... 75 anni fa, il 30 gennaio 1944 anche il quotidiano "La repubblica fascista" nella Repubblica sociale italiana celebrava il primo giorno del ricordo per i 471 caduti nelle "foibe" dell'Istria e della Dalmazia, voluto dal duce:
http://www.diecifebbraio.info/documenti/#300144
“Per disposizione del Duce il 30 gennaio le Federazioni fasciste repubblicane promuoveranno la celebrazione dei nostri Caduti In Istria e Dalmazia nella lotta contro il comunismo partigiano. Messe solenni di suffragio e rievocazioni celebrative, affidate a comitati, consacreranno il perenne ricordo dei Martiri al vindice spirito di riscossa delle nostre schiere e di tutto il popolo.”
Fra pochi giorni, per il giorno del ricordo degli anni duemila, Rai3 in prima serata trasmetterà "Red land - rosso Istria", quello che abbiamo definito un film di pura propaganda fascista...
http://www.diecifebbraio.info/2018/11/recensione-di-red-land-rosso-istria/
 
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Sul film "RED LAND / ROSSO ISTRIA" si vedano: 
Foibe, le storiche giustificazioniste: "Rosso Istria? Pura propaganda fascista e razzista"(Luisa De Montis - Dom, 03/02/2019)
Un film "di pura propaganda fascista, basato su stereotipi anticomunisti e razzisti anti-slavi, sullo stravolgimento della realtà storica per riabilitare il fascismo distruggendo l'immagine della Resistenza anti-nazifascista e, soprattutto, del contributo dei comunisti"...
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/foibe-storiche-giustificazioniste-rosso-istria-pura-1638690.html
 
Presentazioni dello speciale "Foibe, la verità negata" per TG2 Dossierandato in onda il 2.2.2019 alle ore 23.30 (segnalazione a cura di C. Cernigoi)
Dalla pagina FB di Anna Mazzone, 1.2.2019:
Dal TG2 delle 13:00 del giorno 02/02/2019:
https://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-b676ab1c-a137-4bac-a636-405fb208d5fc-tg2.html
Si notino Anna Mazzone che parla di "10.000 infoibati" e la "testimonianza" di Fausto Biloslavo che parla del nonno Ezechiele "infoibato solo perché italiano, non aveva fatto neppure la guerra" – peccato però che il suo nome compaia negli elenchi dell'Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste... A seguire la pubblicità del film di propaganda fascista slavofoba "Red Land - Rosso Istria"
 
Film sulle foibe in tv, le associazioni degli esuli contro Fratelli d'Italia: "Giù le mani dal nostro dramma"(di Gianluca Modolo, 1.2.2019)
La leader di FdI, Giorgia Meloni, rivendica come un proprio successo la messa in onda su Rai di "Red land". E scoppia la polemica... "Abbiamo compiuto un enorme sforzo economicoper realizzare questo progetto, il quale, nella sua complessità, prevedeva già in partenza la visione sui teleschermi degli italiani, senza che ci fosse bisogno di ulteriori sollecitazioni da parte di terzi", spiega a Repubblica Renzo Codarin [presidente dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia]... "La mia associazione è apartitica, infatti sono in molti ad averci aiutato per questo film, non solo Fratelli d'Italia. I fondi che noi abbiamo messo per realizzarlo derivano anche dalla legge dello Stato 72 del 2001che finanzia le attività che noi svolgiamo per divulgare la nostra storia..."
 
Casapound Italia "servizio d'ordine" per le proiezioni del film fascista "Red Land"
 
Il film su Norma Cossetto su Rai 3 in prima serata(di Redazione, 21 gennaio 2019)
Secondo l'Unione degli Istriani la pellicola "Red Land - Rosso Istria" verrà trasmesso dal servizio pubblico la sera dell'8 febbraio...
https://www.triesteprima.it/cronaca/red-land-rosso-istria-rai-tre-8-febbraio-2019.html

Foibe, “Red Land” in prima serata su Rai 3. Frassinetti: «Obiettivo raggiunto»(di Eleonora Guerra, lunedì 21 gennaio 2019)
... come spiegato dalla deputata di FdI Paola Frassinetti, che insieme al collega Federico Mollicone ha presentato un’interrogazione per conoscere i programmi Rai in vista del Giorno del Ricordo... «Con questo film molti italiani resteranno scioccati...»
 
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Gli incontrollati fantasy su Norma Cossetto (di Nicoletta Bourbaki)
 
1a parte | Una kolossale foiba nell’acqua: il film Rosso Istria(22.01.2019)
1. RedLands: «Talk about a dream, try to make it real…» / 2. Genealogia di un desiderio / 3. La pista veneta: la lunga gestazione di Rosso Istria / 4. Le foibe secondo il sovranismo: un’analisi dei contenuti del film
 
2a parte | Cosa sappiamo davvero di questa storia? (29.01.2019)
 
3a parte |Leggende metropolitane e ricatti morali. Con un appello agli storici: rialzate la testa!(5.2.2019)
0. Premessa / 1. Come si fa e come non si fa storia orale / 2. L’«interlocutore privilegiato» di Sessi: Pierpaolo Silvestri / 3. «Lampi di verità»? Il finto diario di Norma e il fascismo politically correct / 4. «Ricostruire i fatti come se accadessero davanti a noi» / 5. Il fascismo «terzo» e il partito della nazione / 6. Un fumetto neofascista nelle scuole medie: Foiba rossa / 7. Come e perché è stato capovolto il senso del termine «negazionismo»
 
 
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Cologno Monzese (MI), giovedì 7 febbraio 2019 
dalle ore 20:45 
ATTENZIONE NUOVO INDIRIZZO: salone della Casa del popolo di Brugherio, piazza Battisti 1
 
La Rete antifascista di Cologno Monzese, con l'adesione di Osservatorio Democratico Sulle Nuove Destre e Comitato Lombardo Antifascista, invita alla conferenza 
 
LE FOIBE NELLE COMPLESSE VICENDE DEL CONFINE ORIENTALE (1920-1947) 
 
Da alcuni anni si parla molto di questi temi, specie intorno al 10 febbraio, "Giorno del ricordo". Ma quanto ne sappiamo davvero?
Che ruolo gioca la propaganda politica? Cosa può dirci la ricerca storica? Perché serve conoscere la storia di quei fatti?

Ne parliamo con Claudia Cernigoi, ricercatrice e giornalista, direttrice del periodico triestino La Nuova Alabarda, autrice di numerosi saggi tra cui “Operazione foibe tra storia e mito” (ed. Kappa Vu, Udine, 2005), redattrice del sito web www.diecifebbraio.info

Ingresso libero
evento FB: https://www.facebook.com/events/689979444811445/
 
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Cronache di ordinario bullismo giornalistico e censura istituzionale:
 
Giorno del Ricordo. Foibe, il pasticcio di Cologno Monzese(Lucia Bellaspiga, venerdì 1 febbraio 2019)
Una sala comunale alla giustificazionista Cernigoi. Insorgono i parenti delle vittime e con loro anche l’amministrazione: il sindaco si schiera con gli esuli giuliano-dalmati
 
Foibe, il pasticcio del sindaco Rocchi(di Rete Antifascista Cologno, 3 febbraio 2019)
Il Sindaco di Cologno tenta di mettere in cattiva luce l’evento della Rete Antifascista (e la sua relatrice) e si schiera con i fascisti di Casapound
 
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Lettera aperta al sindaco di Cologno Monzese

di Claudia Cernigoi
sabato 2 febbraio 2019
 
COMUNICATO STAMPA: di seguito la lettera aperta che ho inviato al Sindaco di Cologno Monzese in merito alla "negazione" della sala per una conferenza sul Giorno del Ricordo che avrei dovuto tenere il 7 febbraio prossimo.
Come spiego nella lettera, trovo inaccettabile la campagna stampa di denigrazione nei confronti del mio lavoro di ricerca storica, operato nello specifico dalla collega Lucia Bellaspiga (che da anni continua a diffamarmi attribuendomi affermazioni che non ho fatto, come spiego nell'articolo che cito nella lettera), e che segue di poco l'articolo di un altro collega, Fausto Biloslavo (http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/che-foibe-sono-montatura-1626132.html), anch'egli recidivo nel scrivere falsità sul mio conto, stravolgendo il contenuto di quanto scrivo (vedi questo mio articolo https://www.facebook.com/notes/la-nuova-alabarda/il-giornalista-triestino-pi%C3%B9-coraggioso/846476992189535/a), e che nell'occasione ha anche scatenato la reazione inconsulta del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga che si è scagliato contro la sottoscritta che sarebbe una "negazionista", l'Assostampa che ha pubblicizzato la presentazione del mio libro (in realtà era il Circolo della stampa, ma tant'è) ed in un'intervista al Primorski Dnevnik ha addirittura asserito che a gente come me andrebbe impedito di parlare.
Aggiungo brevemente che è da anni che sono sotto attacco per queste mie ricerche (ed anche per i miei studi sul neofascismo), la mia pagina FB viene continuamente segnalata per motivi pretestuosi e bloccata (in linea di massima perché, per fare informazione sul neofascismo ho pubblicato foto con simboli fascisti), ho ricevuto minacce di morte verbali e per iscritto e più di una volta, per permettermi di assistere a manifestazioni pubbliche, sia conferenze che cortei nelle strade, la Digos ha ritenuto opportuno mettermi al fianco un funzionario. 

LETTERA APERTA AL SINDACO DI COLOGNO MONZESE

Buongiorno. Sono una giornalista pubblicista (iscritta all'Albo dal 1981) e ricercatrice storica (ho al mio attivo una serie di libri sul confine orientale e sul neofascismo), ho fatto parte della Commissione comunale per il museo della Risiera di San Sabba a Trieste ed ero nel comitato di consulenza storica per la difesa di Oskar Piškulić nel cosiddetto "processo delle foibe" (che, nonostante quanto ha scritto la giornalista Lucia Bellaspiga nell'articolo che indico in calce, si è svolto tra il 1998 ed il 2001 e non "negli anni '70" - quando ero, peraltro, ancora minorenne).
Ero stata invitata a parlare delle "complesse vicende del confine orientale" (come recita l'art. 1 della Legge 92/04, istitutiva del Giorno del Ricordo) in un'iniziativa nel Comune di Cologno Monzese. Ho scoperto, "grazie" al già citato articolo di Bellaspiga (che a volte sembra dimenticare che giornalismo e cori da stadio sono due cose diverse) che la mia presenza è stata dichiarata "inopportuna" a causa di mie (presunte) posizioni "negazioniste" o "riduzioniste", non specificate nel testo ma date per assodate (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/foibe-superstiti-contro-la-negazionista?fbclid=IwAR1xw0K7mpANKrG6n4CFUPQBEQiOMFSTieXhHfaXEmIrd6SBkWTkIfGXW5I). 
Ho letto inoltre sempre nello stesso articolo, che l'amministrazione comunale non vuole togliermi la parola (bontà sua), ma "spostarmi" in qualche periodo "da decidere", a loro discrezione, più "opportuno". Parole che si commentano da sole e sulle quali osservo soltanto che la libertà di parola o la si ha sempre o non la si ha mai, non è che può essere limitata a periodi che qualcuno (non si sa a che titolo) decide che siano "opportuni".
Ma non basta. Nel comunicato del sindaco che ho trovato pubblicato a cura di un commentatore della pagina FB di Bellaspiga e che allego, ho trovato, riferite alla mia persona (ancorché mai nominata, ma essendo io l'unica relatrice non è difficile capire di chi si stia parlando) accuse di "tentativo di negare la storia ed infangare la memoria" delle vittime e degli esuli, arrivando a parlare di "folli tentativi di ricostruzione becera e deviata della storia di questo Paese". Ed addirittura il Sindaco conclude "non accetto che il mio nome sia accostato a qualsiasi evento che non rispetti la legge, la morale, il buon costume e non ponga il dovuto ossequio rispetto alla morte e alla sofferenza". La "relatrice" prosegue il comunicato, gli "risulta nota per sostenere posizioni revisioniste che sono facilmente rinvenibili sul web". 
E' scandalosa la gravità di tali affermazioni, rivolte ad una studiosa seria, che (a differenza di altri che pure vengono invitati a parlare su questi argomenti) non ha mai prodotto pamphlet politici sull'argomento, ma esclusivamente testi rigorosi basati su documentazione raccolta negli archivi e dichiarazioni di testimoni, frutto di anni di lavoro. Un Sindaco, un amministratore pubblico, un rappresentante dei cittadini, si arroga il diritto di diffamare a questo modo una persona della quale non ha letto nulla se non qualcosa che ha "rinvenuto sul web". Mi citi, per cortesia, signor Sindaco, frasi o affermazioni che avrei fatto per "negare la storia" oppure "mancare di rispetto a chicchessia". 
Mi trovo nella situazione kafkiana per cui, avendo smascherato (in base a documenti che ho pubblicato e citato più volte e che sono reperibili sul web) molte delle menzogne relative alla storia delle foibe, invece di vedere riconosciuto questo lavoro, mi trovo accusata di "negazionismo" da chi quelle menzogne continua a perpetuare, come se fosse rispetto per i morti aumentarne il numero a dismisura oppure inventare fatti non esistiti. 
Questa campagna stampa contro la mia persona ed il mio lavoro (campagna di cui Lucia Bellaspiga è una delle capofila, particolarmente accanita ancorché non competente sui fatti storici, come spiego nell'articolo che ho pubblicato l'anno scorso, visibile qui http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2018/02/FENOMENOLOGIA-DI-LUCIA-BELLASPIGA.pdf), ha anche portato alla conseguenza che mi trovo continuamente minacciata ed insultata sul web e con l'invio di messaggi personali (ho ricevuto anche minacce di morte, regolarmente denunciate all'Autorità competente). 
Ritengo che tale situazione di censura preventiva ed ingiustificata contro un'operatrice dell'informazione, censura che si avvale di "chiacchiere" false e diffamatorie, che stravolgono del tutto il lavoro svolto nel corso di anni di ricerche, sia inaccettabile in un paese democratico. 
Ovviamente mi riservo di agire per vie legali se ne ravviserò l'opportunità.
 
 
=== 3 ===
 
Fiorano Modenese (MO), 9 febbraio 2019
presso il BLA - biblioteca, ludoteca e archivio storico, Via Silvio Pellico 7-8-9

Giorno del ricordo 2019 - Fascismo, guerra, foibe ed esodo
Incontro con Eric Gobetti, storico, collaboratore dell'Istituto storico della Resistenza di Torino (Istoreto)

Si vedano anche le intimidazioni di Casapound (Il Primato Nazionale) contro Eric Gobetti per le sue iniziative in Sardegna:
 
Alghero e Sassari: se i comuni patrocinano convegni negazionisti sulle Foibe (di Carlo Altoviti, 4 Febbraio 2019)
 
 
=== 4 ===
 
Roma, domenica 24 febbraio 2019
presso il Teatro di Porta Portese, Via Portuense 102
 
 
 
Golpe in Venezuela: NOT IN OUR NAMES
 
1) Giorgio Cremaschi
2) Alessandro Di Battista
3) Jean-Luc Mélénchon
4) Partiti Comunisti e Operai dell'Unione Europea
 
 
=== 1 ===
 
 
Belgrado 1999 - Venezuela 2019. Mattarella, il diritto internazionale e i bombardamenti "umanitari"
 
di Giorgio Cremaschi 
4/2/2019

Nel 1999 il Governo D'Alema violò l'art. 11 della Costituzione, il diritto internazionale, le regole dell’ONU e bombardò Belgrado anche con uranio impoverito a vergogna dell’Italia e dell’Europa. 

Ministro della Difesa allora era Sergio Mattarella, che ora vuole la stessa politica contro il Venezuela, con la stessa ipocrisia della scelta della democrazia contro la violenza. Quando, se le parole fossero vere e sincere, la scelta dovrebbe essere per Maduro e contro la violenza del golpe. Ma si sa la NATO sono decenni che esporta democrazia con la guerra, per cui quel bene sta finendo in casa nostra e viene seppellito di bombe “umanitarie”all’estero. 

A Mattarella e a tutti i i sostenitori della guerra rispondo come sempre: 

NOT IN MY NAME.

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La sinistra vera – da Corbyn e Mélénchon a Chomsky – è contro il golpe in Venezuela
di Giorgio Cremaschi (Potere Al Popolo), 4 febbraio 2019
 
Quella finta è solo la maschera ipocrita di Trump, Bolsonaro, Salvini.

Corbyn e Melenchon hanno preso posizioni nettissime contro il golpe in corso da parte del fantoccio di Trump Guaidò. E altrettanto nettamente e duramente si sono espressi contro i governi e le organizzazioni colonialiste dell’Occidente -UE NATO – che sostengono il golpe di Trump e colpiscono lo stato sovrano del Venezuela con la guerra economica e preparano quella militare.
Tutta la sinistra vera del mondo, da Lula a Morales, dai leader progressisti dell’America Latina a quelli dell’Africa e dell’Asia, ai radicali degli Stati Uniti, sta sulle posizioni di Corbyn e Melenchon e usa le stesse parole di Noam Chomsky. Tutti i partiti comunisti, piccoli e grandi spesso divisi tra loro, tutte le forze autenticamente socialiste sono contro il golpe. Il campo della sinistra è spesso diviso, con giudizi e posizioni in conflitto su tante cose, ma di fronte ad un golpe reazionario guidato dalle multinazionali del petrolio come quello in atto in Venezuela, si ritrova naturalmente dalla stessa parte.
Ma in Europa ed in Italia, con anni e anni di imbrogli e tradimenti, si è anche costituito un altro campo, quello della sinistra finta. Questa sinistra si presenta come tale fino a che non entrino in campo gli interessi e i poteri economici e finanziari ai quali si é venduta. Quando questi interessi e poteri danno uno strattone al guinzaglio, questa finta sinistra abbaia dove vuole il padrone. Cosi sul Venezuela cade la maschera ipocrita di tanti fieri democratici, antifascisti, antirazzisti e la sinistra finta rivela la stessa faccia di Trump, Bolsonaro, Salvini. La sinistra finta diventa golpista.
Potere al Popolo, nel suo piccolo, è fieramente parte del campo della sinistra vera che nel mondo contrasta il golpe in Venezuela. Per questo abbiamo posto il ripudio del golpe in quel paese come discriminante per le elezioni europee. Non vogliamo avere nulla a che fare con la finta sinistra oggi golpista, dalla quale anzi vogliamo sgomberare il campo. E neppure ci interessa una sinistra muta per convenienza, ora che bisogna gridare da che parte si sta.
 
 
=== 2 ===
 
 
Fonte: pagina FB di Alessandro Di Battista (M5S), 4.2.2019
 
La quantità di “democrazia” che si vuole esportare in un paese è sempre direttamente proporzionale alla quantità di petrolio lì presente. Se il Venezuela non avesse la prima riserva di petrolio al mondo oggi nessuno si interesserebbe ai diritti del suo popolo. Ci vuole coraggio a mantenere una posizione neutrale in questo momento, lo so. L'Italia non è abituata a farlo. Ci siamo sempre accodati in modo vile agli “esportatori di democrazia”. L'abbiamo fatto in Iraq, in Afghanistan, in Libia. Oggi i pavidi di allora piangono lacrime di coccodrillo come fa Junker rispetto alla Grecia. Se avessimo mantenuto una posizione neutrale nel 2011 la Libia non sarebbe diventata l'inferno che è oggi. Il mondo è spaccato in due. Da una parte Russia e Cina sostengono Maduro. Dall'altra Trump ha dichiarato che l'intervento militare è un'opzione. Poi c'è l'Unione Europea incapace di comprendere che la linea del dialogo tra governo e opposizioni suggerita da Messico e Uruguay andrebbe sostenuta nell'interesse dell'Europa stessa oltre che del popolo venezuelano. L'Europa dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini statunitensi. Il mondo va avanti. Il mondo cambia. Nascono nuove opportunità, nuovi mercati. L'India, tra pochi anni, supererà la Cina per numero di abitanti. E l'India ha espresso una posizione neutrale di fronte alla crisi venezuelana. Suggerisco coraggio e lungimiranza e soprattutto una difesa sostanziale dell'art.11 della nostra Costituzione. Perché le guerre vanno ripudiate il giorno prima che scoppino, farlo il giorno dopo è troppo facile.
 
 
=== 3 ===
 
Jean-Luc Mélénchon, leader de La France Insoumise:
 
 “Non è la Francia che sostiene i golpisti in Venezuela. E’ soltanto Macron! Resistete! Insieme all’Onu noi diciamo Nicolas Maduro è il presidente del Venezuela. Pace e libertà per il Venezuela!”

https://twitter.com/JLMelenchon/status/1092349856398618626

Ce n'est pas la France qui soutient les putschistes au #Venezuela. C'est seulement #Macron. Résistez ! Avec L'ONU nous disons : @NicolasMaduro est le président du Venezuela. Paix et liberté pour le Venezuela ! (01:11 - 4 feb 2019)
 
 
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I Partiti Comunisti e Operai dell'Unione Europea contro l'aggressione alla Rivoluzione Bolivariana 
2 Febbraio 2019
 

 

da solidnet.org

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

All'appello, promosso dal Partito Comunista Portoghese e sottoscritto dai partiti comunisti dell'Unione Europea, per l'Italia hanno aderito PCI, PRC e PC

Basta con le interferenze e l'aggressione contro il Venezuela!

Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e il popolo venezuelano!

Condanniamo fermamente l'escalation di interferenze e ricatti dell'Unione Europea contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela, in linea e concordati con l'operazione di "auto-proclamazione" di un presidente fantodccio, manovrato e comandato dall'Amministrazione Trump che, in un'arrogante violazione del diritto internazionale, cerca di rovesciare il presidente legittimo, Nicolás Maduro, eletto con voto popolare, e di sovvertire l'ordine costituzionale venezuelano.

Respingiamo l'inammissibile dichiarazione dell'Unione Europea che minaccia il riconoscimento di un "Presidente" creato dagli Stati Uniti, in linea con la sua collusione con il colpo di stato del 2002, con il boicottaggio, l'azione terroristica e la crisi economica, finanziaria, politica e diplomatica e la confisca illegale di beni e risorse finanziarie, che sono alla base dei problemi economici del Venezuela e delle difficoltà sofferte dal suo popolo.

Respingiamo l'escalation dell'aggressione nei confronti del Venezuela perpetrata dagli Stati Uniti, dall'UE e dai governi del cosiddetto "Gruppo di Lima", che attacca la sovranità e i diritti del Venezuela e del popolo venezuelano, e cerca di saccheggiare le sue immense risorse, come il petrolio.

Chiediamo la fine dell'interferenza e dell'aggressione contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela e il rispetto per la sua sovranità e indipendenza!

Facciamo appello alla solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e il popolo venezuelano!

I partiti firmatari

SolidNet List Parties:

Communist Party of Belgium
Communist Party of Britain
AKEL (Cyprus)
Communist Party of Bohemia and Moravia
Communist Party in Denmark
Communist Party of Finland
French Communist Party
German Communist Party
Communist Party of Greece
Hungarian Workers' Party
Communist Party of Ireland
Workers Party of Ireland
Italian Communist Party
Party of the Communist Refoundation – European Left (Italy)
Communist Party (Italy)
Communist Party of Luxembourg
Communist Party of Malta
New Communist Party of the Netherlands
Portuguese Communist Party
Communist Party of Spain
Communist Party of the Peoples of Spain
Communist Party of the Peoples of Spain
Communist of Catalonia

Other Parties:

Union of the Galician People
Galician Nationalist Bloc
 
 
 
Prepararsi allo sterminio termonucleare
 
1) L’affossamento Usa con la complicità dell’Europa (di Manlio Dinucci, 02.02.2019)
2) Corsa agli armamenti: gli USA sospendono il Trattato INF, la Russia anche (di Fabrizio Poggi, 2 febbraio 2019)
3) Italia e Ue votano per i missili Usa in Europa (di Manlio Dinucci, su Il Manifesto dell' 08.01.2019)
 
 
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Sullo stesso tema: INTERVISTA A MANLIO DINUCCI (2 feb 2019)
La «sospensione» del Trattato Inf, annunciata il 1° febbraio dal segretario di stato americano Mike Pompeo, avvia il conto alla rovescia che, entro sei mesi, porterà gli Stati Uniti a uscire definitivamente dal Trattato. Già da oggi, comunque, Washington si ritiene libera di testare e schierare armi della categoria proibita dal Trattato: missili nucleari a gittata intermedia (tra 500 e 5500 km), con base a terra. Il Trattato sulle Forze nucleari intermedie, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan,  eliminava tutti i missili di tale categoria, compresi quelli schierati a Comiso. Il Trattato Inf è stato messo in discussione da Washington quando gli Stati uniti hanno visto diminuire il loro vantaggio strategico su Russia e Cina...
 
 
 
L’affossamento Usa con la complicità dell’Europa
 
Usa/Russia. Anche l’Unione europea ha dato luce verde alla possibile installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa. Su una questione di tale importanza il governo Conte, come i precedenti, si è accodato sia alla Nato che alla Ue. E dall’intero arco politico non si è levata una voce per richiedere che fosse il Parlamento a decidere come votare all’Onu sul Trattato Inf
 
di Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 02.02.2019
 

La «sospensione» del Trattato Inf, annunciata ieri dal segretario di stato Pompeo, avvia il conto alla rovescia che in sei mesi porterà gli Usa a uscire dal Trattato. Già da oggi, comunque, gli Usa si ritengono liberi di testare e schierare armi della categoria proibita dal Trattato.

Si tratta di missili nucleari a gittata intermedia (tra 500 e 5500 km), con base a terra. Appartenevano a tale categoria i missili nucleari schierati in Europa negli anni Ottanta: i missili balistici Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania Occidentale, e quelli da crociera lanciati da terra, schierati dagli Stati uniti in Gran Bretagna, Italia, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, con la motivazione di difendere gli alleati europei dai missili balistici SS-20, schierati dall’Unione sovietica sul proprio territorio.

Il Trattato sulle Forze nucleari intermedie, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, eliminava tutti i missili di tale categoria, compresi quelli schierati a Comiso. Il Trattato Inf è stato messo in discussione da Washington quando gli Stati uniti hanno visto diminuire il loro vantaggio strategico su Russia e Cina. Nel 2014, l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che «di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra».

Il piano è stato confermato dall’amministrazione Trump: nel 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di «un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada». Da parte sua, Mosca negava che il suo missile da crociera violasse il Trattato e, a sua volta, accusava Washington di aver installato in Polonia e Romania rampe di lancio di missili intercettori (quelli dello «scudo»), che possono essere usate per lanciare missili da crociera a testata nucleare. In tale quadro va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile nucleare Usa a raggio intermedio, schierato in Europa, può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington.

Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse in Messico i suoi missili nucleari a raggio intermedio..

Il piano degli Usa di affossare il Trattato Inf è stato pienamente sostenuto dagli alleati europei della Nato. Il Consiglio Nord Atlantico ha dichiarato, il 4 dicembre 2018, che «il Trattato Inf è in pericolo a causa delle azioni della Russia», accusata di schierare «un sistema missilistico destabilizzante». Lo stesso Consiglio Nord Atlantico ha dichiarato ieri il suo «pieno appoggio all’azione degli Stati uniti di sospendere i suoi obblighi rispetto al Trattato Inf» e intimato alla Russia di «usare i restanti sei mesi per ritornare alla piena osservanza del Trattato»..

All’affossamento del Trattato Inf ha contribuito anche l’Unione europea che, all’Assemblea generale delle Nazioni unite, il 21 dicembre 2018, ha votato contro la risoluzione presentata dalla Russia sulla «Preservazione e osservanza del Trattato Inf», respinta con 46 voti contro 43 e 78 astensioni. L‘Unione europea – di cui 21 dei 27 membri fanno parte della Nato (come ne fa parte la Gran Bretagna in uscita dalla Ue) – si è uniformata così totalmente alla posizione della Nato, che a sua volta si è uniformata a quella degli Stati uniti.

Nella sostanza, quindi, anche l’Unione europea ha dato luce verde alla possibile installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa. Su una questione di tale importanza il governo Conte, come i precedenti, si è accodato sia alla Nato che alla Ue. E dall’intero arco politico non si è levata una voce per richiedere che fosse il Parlamento a decidere come votare all’Onu sul Trattato Inf.

Né in Parlamento si è levata alcuna voce per richiedere che l’Italia osservi il Trattato di non-proliferazione e aderisca a quello Onu sulla proibizione delle armi nucleari, imponendo agli Usa di rimuovere dal nostro territorio nazionale le bombe nucleari B61 e di non installarvi, a partire dalla prima metà del 2020, le ancora più pericolose B61-12.

Avendo sul proprio territorio armi nucleari e installazioni strategiche Usa, come il Muos e il Jtags in Sicilia, l’Italia è esposta a crescenti pericoli quale base avanzata delle forze nucleari Usa e quindi quale bersaglio di quelle russe.

Un missile balistico nucleare a raggio intermedio, per raggiungere l’obiettivo, impiega 6-11 minuti. Un bell’esempio di difesa della nostra sovranità, sancita dalla Costituzione, e della nostra sicurezza che il Governo garantisce sbarrando la porta ai migranti ma spalancandola alle armi nucleari Usa.

 
 
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Corsa agli armamenti: gli USA sospendono il Trattato INF, la Russia anche
di Fabrizio Poggi, 2 febbraio 2019
 

Gli Stati Uniti hanno ufficialmente sospeso per sei mesi gli obblighi derivanti dal Trattato INF (per i russi DRSMD: Accordo sui missili a media e corta distanza, cioè da 1.000 a 5.500 km e da 500 a 1.000 km) e si ritengono liberi di installarne a proprio piacimento dove e quando vogliono. Durante questi 6 mesi, come ha dichiarato il Segretario di stato Mike Pompeo, “se la Russia non tornerà al rispetto del Trattato, gli USA si ritireranno ufficialmente da esso”. 

Al tempo stesso, Donald Trump ha dichiarato di sperare che “sapremo riunire tutti in una grande e bella sala per stipulare un nuovo accordo. Questo accordo sarà molto migliore e io lo vorrei vedere”.. Il riferimento a “tutti” è chiaramente riferito, oltre che a USA e Russia, alla Cina e ai suoi nuovi complessi missilistici DF-26, rientranti nella categoria della media distanza e che, quando nel 1987 URSS e USA firmarono il Trattato, non erano (quantomeno ufficialmente) nemmeno all’orizzonte. Se poi Trump, ancora con quei “tutti”, intende riferirsi anche all’Iran, è da vedere quanta fiducia Teheran gli possa accordare, dopo la mossa unilaterale americana del ritiro dal cosiddetto “accordo sul nucleare iraniano” nei mesi scorsi. 

Riassumendo, osserva topwar.ru, attendiamo una risposta concreta alla semplice domanda: se veramente il problema consiste nel voler ampliare il numero dei partecipanti al Trattato, allora a che scopo si è messa in piedi tutta questa sceneggiata sulle violazioni russe dell’accordo? Da tempo Mosca aveva proposto a Washington di cercare il modo per allargare la cerchia dei partecipanti al DRSMD, senza nel frattempo arrestarne l’efficacia: proposta sempre respinta dagli USA, che ora, al contrario, prima sospendono i propri obblighi e poi parlano di una “grande e bella sala” per i colloqui.

E’ così che Mosca non ha potuto far altro che denunciare i trucchi propagandistici yankee a proposito del non rispetto russo degli obblighi derivanti dal Trattato e il Ministero degli esteri già ieri aveva espresso indignazione per il fatto che per gli USA è diventata una tradizione quella di ricorrere “deliberatamente alla maniera divulgativa di redigere e presentare le proprie congetture”. La Russia “adempie costantemente, coerentemente e incondizionatamente ai propri obblighi”; l’atteggiamento USA, sostiene Mosca, è un “trucco puramente propagandistico” e il vero motivo delle dichiarazioni di Washington è il grave indebolimento delle posizioni statunitensi nell’arena internazionale.

Ma qual è la “materia del contendere”? 

L’annuncio del ritiro USA dal Trattato era stato anticipato nella riunione dei Ministri degli esteri NATO del 4 dicembre scorso, quando lo stesso Pompeo aveva detto che Washington concedeva a Mosca 60 giorni per tornare all’esecuzione del trattato, e il Segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg aveva affermato che “la NATO dà alla Russia l’ultima possibilità di salvare” l’accordo. “La Russia ha messo a rischio gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti, non possiamo più essere limitati da un trattato finché la Russia lo violerà spudoratamente”, ha detto ora Pompeo; e ha aggiunto che se “la Russia non tornerà al pieno e verificabile rispetto del trattato entro sei mesi, distruggendo in modo verificabile i missili che violano il Trattato INF, i loro lanciatori e le relative attrezzature, il trattato cesserà di sussistere”.

Dall’altro lato la TASS ricorda come già dopo tre anni dalla firma del Trattato, entrato in funzione nel giugno 1988, Mosca avesse distrutto 1.846 missili delle categorie previste, contro gli 846 di Washington, quasi tre volte più lanciatori (825 e 289) e quasi sette volte più basi missilistiche (69 e 9). Ora, trenta anni dopo la conclusione del trattato, entrambi si accusano a vicenda di violare l’INF. 

Mosca ritiene che il sistema antimissilistico USA “Aegis-Aegis Ashore” (già installato in Romania e in procinto di essere installato anche in Polonia e Giappone) sia in grado, all’occorrenza, di venir utilizzato come sistema di lancio per missili da crociera a medio raggio, il che costituirebbe una violazione diretta del trattato. Gli USA negano tale possibilità. La Russia si dice preoccupata anche per i droni da combattimento americani, il cui raggio operativo supera i mille km e le cui capacità e caratteristiche si avvicinano a quelle dei missili da crociera.

Sull’altro versante, la stampa americana parla dello sviluppo del “Novator 9-M 969”, missile da crociera basato a terra, presumibilmente destinato al complesso tattico-operativo (OTRK) “Iskander-M”, con portata di almeno 3.000 km. I russi assicurano tuttavia che la loro portata sia inferiore ai 500 km. 

E via di questo passo.

In risposta alla mossa americana, oggi anche Mosca ha sospeso la partecipazione al Trattato INF: “Procederemo in questo modo” ha dichiarato Vladimir Putin nel corso di una seduta coi Ministri degli esteri e della difesa, Sergej Lavròv e Sergej Shojgù, “la nostra risposta sarà speculare: i partner americani hanno annunciato che stanno sospendendo la loro partecipazione al Trattato e anche noi la sospendiamo”. 

Putin ha anche disposto che non si intraprendano per ora nuovi negoziati sul Trattato e ha sottolineato che Mosca, dopo la sospensione della partecipazione al trattato INF, non cesserà di sperimentare nuove armi, senza però aumentare il bilancio della difesa: “Non dobbiamo e non verremo coinvolti in una costosa corsa agli armamenti”, ha detto, sottintendendo quella che aveva aggravato la situazione economica dell’ultimo periodo di esistenza dell’Unione Sovietica.

Forse la Russia riuscirà a non farsi coinvolgere in tale corsa; ma è certo che lo farà anche il nostro paese, quale destinatario delle armi USA? Come reagirà il “governo del cambiamento” agli ordini di Washington e di Bruxelles, che certamente da tempo hanno già programmato il destino delle basi americane e NATO in Italia? Come reagirà quello che resta del movimento contro i missili USA sul nostro territorio?

 

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Versione VIDEO (Pandora TV 10.1.2019): https://www.youtube.com/watch?v=3jfXe8O8VGg
 
 
 
Italia e Ue votano per i missili Usa in Europa
 
di Manlio Dinucci, su Il Manifesto dell' 08.01.2019

Presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, a New York, c’è una scultura metallica intitolata «il Bene sconfigge il Male», raffigurante San Giorgio che trafigge un drago con la sua lancia. Fu donata dall’Unione sovietica nel 1990 per celebrare il Trattato Inf stipulato con gli Stati uniti nel 1987, che eliminava i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra. Il corpo del drago è infatti realizzato, simbolicamente, con pezzi di missili balistici statunitensi Pershing-2 (prima schierati in Germania Occidentale) e SS-20 sovietici (prima schierati in Urss).

Ora però il drago nucleare, che nella scultura è raffigurato agonizzante, sta tornando in vita. Grazie anche all’Italia e agli altri paesi dell’Unione europea che, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, hanno votato contro la risoluzione presentata dalla Russia sulla «Preservazione e osservanza del Trattato Inf», respinta con 46 voti contro 43 e 78 astensioni.

L‘Unione europea – di cui 21 dei 27 membri fanno parte della Nato (come ne fa parte la Gran Bretagna in uscita dalla Ue) – si è così totalmente uniformata alla posizione della Nato, che a sua volta si è totalmente uniformata a quella degli Stati uniti. Prima l’amministrazione Obama, quindi l’amministrazione Trump hanno accusato la Russia, senza alcuna prova, di aver sperimentato un missile della categoria proibita e hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato Inf.
Hanno contemporaneamente avviato un programma mirante a installare di nuovo in Europa contro la Russia missili nucleari, che sarebbero schierati anche nella regione Asia-Pacifico contro la Cina. Il rappresentante russo all’Onu ha avvertito che «ciò costituisce l’inizio di una corsa agli armamenti a tutti gli effetti».

In altre parole ha avvertito che, se gli Usa installassero di nuovo in Europa missili nucleari puntati sulla Russia (come erano anche i Cruise schierati a Comiso negli anni Ottanta), la Russia installerebbe di nuovo sul proprio territorio missili analoghi puntati su obiettivi in Europa (ma non in grado di raggiungere gli Stati uniti)..

Ignorando tutto questo, il rappresentante dell’Unione europea alle Nazioni unite ha espressamente accusato la Russia di minare il Trattato Inf e ha annunciato il voto contrario di tutti i paesi dell’Unione perché «la risoluzione presentata dalla Russia devia dalla questione che si sta discutendo».

Nella sostanza, quindi, l’Unione europea ha dato luce verde alla possibile installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa. Su una questione di tale importanza, il governo Giuseppe Conte, rinunciando come i precedenti a esercitare la sovranità nazionale, si è accodato alla Ue che a sua volta si è accodata alla Nato sotto comando statunitense.

E dall’intero arco politico non si è levata una voce per richiedere che fosse il Parlamento a decidere come votare all’Onu.

Né in Parlamento si leva alcuna voce per richiedere che l’Italia osservi il Trattato di non-proliferazione, imponendo agli Usa di rimuovere dal nostro territorio nazionale le bombe nucleari B61 e di non installarvi, a partire dalla prima metà del 2020, le nuove e ancora più pericolose B61-12. Viene così di nuovo violato il fondamentale principio costituzionale che «la sovranità appartiene al popolo». E poiché l’apparato politico-mediatico tiene gli italiani volutamente all’oscuro su tali questioni di vitale importanza, viene violato il diritto all’informazione, nel senso non solo di libertà di informare ma di diritto ad essere informati. O si fa ora o domani non ci sarà tempo per decidere: un missile balistico a raggio intermedio, per raggiungere e distruggere l’obiettivo con la sua testata nucleare, impiega 6-11 minuti.

 
[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8994 ]]
(deutsch / italiano)
 
L'Europa oscillante tra Carlo Magno e Altero Spinelli
 
1) Il Trattato di Aquisgrana all'ombra di Carlo Magno / Der Vertrag von Aachen im Schatten von Karl Der Grosse (LINKS)
2) Il “Manifesto di Ventotene”. Una decostruzione necessaria (di Italo Nobile / RdC)
 
 
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AQUISGRANA: RISORGE CARLO MAGNO E MUORE L’UE (Fulvio Grimaldi, 24 gennaio 2019)
I 5 Stelle denudano re Macron, Merkel lo riveste... sancito ad Aquisgrana, città dell’imperatore, sede del primo trattato De Gaulle-Adenauer, per l’egemonia nel continente, simbolo dalla potenza simbolica deflagrante. Sede anche dell’insigne Premio Carlo Magno, forse il più reazionario di tutti i premi... “Sacro Romano Impero di nazione tedesca” (SRINT), così Ottone I, erede di Carlo Magno, denominò l’aggregato di popoli dell’Europa centrale che forgiò in impero includendovi la Franconia Occidentale (Francia). Durò, alla fine simbolicamente, 1000 anni, 962-1806, quando venne beneficamente travolto dal laico Napoleone. Lì, però, iniziò una guerra civile europea che sarebbe durata quasi un secolo e mezzo e avrebbe vissuto le sue tragedie maggiori nei due conflitti mondiali. Condotta dalle aristocrazie feudali e poi dalle borghesie capitaliste, a spese di tutti noi, ha celebrato la sua rivincita, ovviamente ad Aquisgrana, con il trattato firmato da Merkel e Macron il 22 gennaio...
 
AQUISGRANA. IL SECONDO TRATTATO, OSSIA L’ULTIMA CAPITOLAZIONE (di Guido Salerno Aletta, 23 gennaio 2019)
... Nei confronti della Germania, il sogno francese è presto detto: vorrebbe sostituire l’Italia come sub-fornitrice nel settore della manifattura meccanica, mantenendo invece la leadership nel campo dell’industria militare e conquistando quella della tecnologie avanzate: informatica ed intelligenza artificiale...
 
DER VERTRAG VON AACHEN (GFP, 22/1/2019) 
Überschattet von Protesten gegen die französische Regierung steht an diesem Dienstag die Unterzeichnung des deutsch-französischen "Vertrages von Aachen" bevor. Das Abkommen, das offiziell als ergänzende "Aktualisierung" des Élysée-Vertrags aus dem Jahr 1963 bezeichnet wird, sieht unter anderem eine Ausweitung der bilateralen Zusammenarbeit bei der Militarisierung Europas vor. So sollen "gemeinsame Verteidigungsprogramme" erstellt und auf eine "gemeinsame Kultur" der Streitkräfte beider Länder hingearbeitet werden. Hinzu kommt eine bilaterale Beistandsverpflichtung, die auch jenseits von NATO und EU gilt. Zudem sagt Paris zu, Berlin beim Kampf um einen ständigen Sitz im UN-Sicherheitsrat zu unterstützen. Frankreich wiederum willigt in eine punktuelle Schwächung seiner traditionellen Zentralstaatlichkeit ein. Parallel fordern Experten eine breite deutsch-französische PR für eine offensivere Militärpolitik - TV-Auftritte der Verteidigungsminister inklusive. Unterdessen versagt Berlin Paris weiterhin jedes echte Zugeständnis in Sachen Austeritätspolitik...
https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/7836/
 
FINALMENTE È STATO PUBBLICATO IL TRATTATO DI AQUISGRANA TRA FRANCIA E GERMANIA: ALCUNE CONSIDERAZIONI (di Giuseppe Masala, 18/01/2019)
... Alcune considerazioni sul Trattato Franco-Tedesco: 1) Strettissimo coordinamento sulle politiche europee... 2) Coordinamento per far ottenere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell'ONU ai crucchi... 3) Istituzione del Consiglio dei Ministri franco-tedesco... 4) Istituzione di un Consiglio degli Esperti per le politiche economiche fondate sulla "competitività"... 4) Strettissimo coordinamento militare in Africa... 5) Istituzione di un Consiglio di Difesa franco-tedesco... 6) Istituzione di distretti "europei" tra le regioni confinanti dove si favorirà il bilinguismo e si amministreranno comunemente. Inutile dire chi sia il paese economicamente egemone e chi farà dunque la parte del leone in queste regioni unite...
 
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Vedi anche:
L’Unione Europea. Un ambiguo inizio (di Italo Nobile, 24/01 2019)
 
 
 
Il “Manifesto di Ventotene”. Una decostruzione necessaria

di Italo Nobile (Rete dei Comunisti), 28 dicembre 2018
 

 

Nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati dal fascismo nell’isola di Ventotene, scrivono un documento per la promozione dell’unità europea che verrà poi pubblicato da Eugenio Colorni e viene oggi considerato uno dei testi fondanti dell’Unione Europea. A dire il vero, in ambito liberal-socialista spesso si è soliti dire che l’Europa abbia disatteso le idealità di questo scritto e un procedimento retorico di questo genere viene paradossalmente usato anche in uno dei tanti articoli polemici del “filosofo” rossobruno Diego Fusaro.

Tale manifesto di Ventotene era stato preceduto dal progetto di Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi che dopo la prima guerra mondiale aveva coinvolto numerosi uomini politici (Adenauer e poi Churchill) letterati (Rilke, Valery e Mann) scienziati (Einstein, Freud, Keynes) nel progetto paneuropeo, di ispirazione tecnocratica, che voleva l’unificazione economica e politica dell’Europa sotto forma di Confederazione con tutta una serie di istituti (Corte federale europea, un esercito europeo, una unificazione doganale progressiva, una moneta unica) e con una impostazione rispettosa delle diverse culture presenti in Europa e delle minoranze nazionali. 

Tuttavia la natura imperialista di tale costruzione è evidente laddove Kalergi parla di sfruttamento a livello unificato delle colonie (confermando in parte la previsione di Lenin secondo cui “In regime capitalistico gli Stati Uniti d’Europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie”). Inoltre Kalergi, in altre sue opere, accennava ad un modello di uomo, ricco di spirito ma privo di carattere che costituisse il materiale ideale per sviluppare una società cosmopolita, a dimostrazione della ispirazione elitaria del suo progetto che voleva la contaminazione tra razze e culture non per potenziare le capacità degli individui ma per indirizzarle all’ossequio mediocre dell’ordine costruito da una minoranza di competenti (dunque una contaminazione a presupposto razzista).

Per quanto riguarda il Manifesto di Ventotene c’è da dire che nell’introduzione si avverte il lettore dicendo che “Le circostanze anormali in cui tutto questo materiale fu prodotto, l’evolversi degli avvenimenti la cui precisa valutazione non poteva essere data dal confino, han fatto si che oggi si possono notare varie lacune, ed alcune parti possono anche considerarsi superate. Sarebbe forse bene riscrivere tutto da capo in modo da presentare cose completamente aggiornate. Ciò implicherebbe però un lavoro di mesi. Ma la vita politica italiana è stata ridotta dal fascismo come un arido deserto, e chi può dare un qualsiasi contributo che l’aiuti a rifiorire non deve perdere un minuto di tempo, specialmente nell’attuale tragica situazione. Meglio perciò pubblicare questi scritti quali sono, affidando agli studi successivi il compito di correggere e di aggiornare, meglio anche correre il rischio di dire qualcosa di sbagliato ma indicare agli Italiani smarriti ed incerti, almeno nelle sue grandi linee, la via da seguire, anziché tacere per un eccessivo desiderio di adeguatezza alla realtà attuale”. 

E tuttavia pure in questa premessa la natura elitaria del progetto si avverte nel passo “ … indicare agli Italiani smarriti ed incerti, almeno nelle sue grandi linee, la via da seguire …”. Inoltre questo elitarismo si avverte anche nella rinuncia a formare un partito federalista e nel dire che “Il compito dei federalisti nelle attuali circostanze della nostra vita politica italiana deve essere invece quello di indicare ai partiti progressisti, i quali attirano su di sé le simpatie popolari, ma sono ancora più ricchi di fervore che di idee e propositi precisiquali debbano effettivamente essere questi propositi e come ci si debba concretamente preparare a risolvere i problemi politici attuali. Non si tratta più di formare un partito federalista., ma di aiutare i partiti progressisti italiani a diventare federalisti”. 

Nella Prefazione di Eugenio Colorni si dice che “Fu così che si fece strada, nella mente di alcuni, l’idea centrale che la contraddizione essenziale, responsabile delle crisi, delle guerre, delle miserie e degli sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l’esistenza di stati sovrani, geograficamente, economicamente, militarmente individuati, consideranti gli altri stati come concorrenti e potenziali nemici, viventi gli uni rispetto agli altri in una situazione di perpetuo bellum omnium contra omnes”.

Qui possiamo individuare l’illusione che la contraddizione sia essenzialmente culturale e politica. Non si va nella dimensione in cui questi processi politici si formano e si consolidano, quella dimensione dove processi di accumulazione capitalistica ridisegnano attorno a sé la società e i territori, ma ci si ferma all’apparenza e si propongono soluzioni che tengono conto solo dell’apparenza.

Nella Prefazione, Colorni critica l’opzione internazionalista dicendo che “benché le analogie di regime interno possano facilitare i rapporti di amicizia e di collaborazione fra stato e stato, non è affatto detto che portino automaticamente e neppure progressivamente alla unificazione, finché esistano interessi e sentimenti collettivi legati al mantenimento di una unità chiusa all’interno delle frontiere”, ma si illude che l’ipotesi federalista sia un modo alternativo di costruire un ordine internazionale, quando esso va incontro agli stessi problemi e forse a problemi ancora maggiori visto che si vuole applicare a paesi con regimi diversi e sistemi sociali diversi (i quali, a detta proprio di Colorni, non sarebbero sufficienti nemmeno se fossero identici). 

Colorni asserisce che “Tutti i problemi, da quello delle libertà costituzionali a quello della lotta di classe, da quello della pianificazione a quello della presa del potere e dell’uso di esso, ricevono una nuova luce se vengono posti partendo dalla premessa che la prima mèta da raggiungere è quella di un ordinamento unitario nel campo internazionaleEgli però non motiva questo modo di vedere né si chiede se, per l’instaurazione di tale ordinamento, non si debba passare per uno o più dei problemi che invece con questo ordinamento si vorrebbero risolvere. 

Egli poi aggiunge “Un altro motivo ancora — e forse il più importante — era costituito dal fatto che l’ideale di una Federazione Europea, preludio di una Federazione Mondiale, mentre poteva apparire lontana utopia ancora qualche anno fa, si presenta oggi, alla fine di questa guerra, come una mèta raggiungibile e quasi a portata di mano”.. E questo abbiamo visto come fosse in realtà un pio desiderio. 

Ancora Colorni afferma che “Il nostro Movimento non è e non vuol essere un partito politico. Così come si è venuto sempre più nettamente caratterizzando, esso vuole operare sui vari partiti politici e nell’interno di essi, non solo affinché l’istanza internazionalista venga accentuata, ma anche e principalmente affinché tutti i problemi della sua vita politica vengano impostati partendo da questo nuovo angolo visuale, a cui finora sono stati così poco avvezziEcco che quindi ricompare la minoranza illuminata che opera sui e nei partiti politici.

Nel Manifesto vero e proprio (analizziamo in questo contesto anche una prima versione del Manifesto del 1943, perché a nostro parere essa rivela l’ideologia sottesa dei suoi estensori meglio di quella successiva e definitiva del 1944) si dice “L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso; ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori; ha eliminato molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci; ha fatto estendere, dentro al territorio di ciascun nuovo Stato, alle popolazioni più arretrate, le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili. Essa portava però in sé i germi del nazionalismo imperialista, che la nostra generazione ha visto ingigantire, fino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali”. 

Qui possiamo vedere come gli autori attribuiscano la nascita degli imperialismi ai nazionalismi, mentre l’analisi materialistica ipotizza che l’accumulazione di capitale ad un determinato livello condiziona il perimetro all’interno del quale il nazionalismo attecchisce e si sviluppa. 

Inoltre si reitera l’atteggiamento paternalista tra culture quando si dice “ha fatto estendere, dentro al territorio di ciascun nuovo Stato, alle popolazioni più arretratele istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili” (forse per giustificare la soggezione nella quale era tenuto il Meridione d’Italia?). 

Nella seconda e definitiva versione del Manifesto non a caso non si parla più di nazionalismoimperialista ma di imperialismo capitalista, quasi a voler sfumare un presupposto teorico sbagliato.

Si parla anche di “spazio vitale” (l’espressione fatta propria dal nazifascismo per giustificare l’innesco del conflitto mondiale), quasi fosse una sorta di desiderio irrazionale di espansione (e quindi derubricandolo ad espressione di mera volontà politica), quando si tratta dell’espressione ideologica che si collega all’esigenza imperialistica che è interna alle contraddizioni del capitale, per il quale anche l’ambito della nazione diventa angusto ed oppressivo. Perciò la libera circolazione delle merci, che essi vedono solo come “fattore progressivo”, è allo stesso tempo uno dei momenti della dinamica imperialista nel momento in cui ad essa (post hoc e propter hoc) segue quella dei capitali.

Gli autori hanno buon gioco ad evidenziare come anche nei periodi di pace il funzionamento degli ordinamenti che loro definiscono “liberi” (e cioè scuola, scienza e produzione) sia indirizzato totalmente alla guerra. Essi però, come in altre parti dell’elaborato, si fermano alla superficie delle cose. Non vedono che la proiezione bellica è proprio insita nella dinamica imperialistica (e quindi economica) che vede capitalismi in competizione tra loro che trascinano le nazioni con sé (e non nazioni che subordinano la produzione alla guerra). 

La guerra è nella sua accezione moderna un momento della fisiologia (che è dialetticamente una patologia) capitalistica. E la produzione non è affatto un ordinamento libero. Anzi, le modalità con cui si produce sono modalità militari, in quanto la fabbrica sin dal suo inizio (sin da quando si costringeva in Inghilterra a lavorare nelle fabbriche) è una istituzione totale.

E’ sintomatico come gli estensori del Manifesto attribuiscano tutti i mali all’iperbole politica, invece di guardare alla struttura economica: “Le madri vengono considerate come fattrici di soldati, ed in conseguenza premiate con gli stessi criteri con i quali alle mostre si premiano le bestie prolifiche; i bambini vengono educati fin dalla più tenera età al mestiere delle armi e all’odio verso gli stranieri, le libertà individuali si riducono a nulla, dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestare servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi, ed a sacrificare la vita stessa per obbiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore; in poche giornate vengono distrutti i risultati di decenni di sforzi compiuti per aumentare il benessere collettivo”. 

Le madri sono fattrici di lavoratori e devono essere prolifiche per riprodurre “l’esercito” industriale di riserva. I bambini sono dalla più tenera età posti sul mercato del lavoro. Le libertà individuali sono nulla appena varcato l’ingresso della fabbrica. La produzione costringe ad abbandonare la famiglia ed a sacrificare spesso la vita per obbiettivi di cui nessuno capisce il valore. La guerra è l’immagine un po’ più brutta della matrice che la genera e cioè il modo di produzione capitalistico. Ma il Manifesto di Ventotene questa paternità la nega e anzi retoricamente ci disegna l’opposizione tra una produzione pacifica e una politica belligerante.

Anche quando si riferisce alla Germania, il quadro che fa il Manifesto riproduce uno stereotipo dove le considerazioni, fatte anche all’interno degli ideologi liberali (si pensi a Keynes), circa le responsabilità dei vincitori della Prima Guerra Mondiale nel determinare il trionfo del nazismo in Germania sono del tutto sottaciute.

Nella prima parte (“Crisi della società moderna”) ci sono anche analisi che si ricollegano alla tradizione socialista e che cercano di ricollegare il totalitarismo nazifascista alla oppressione delle classi diseredate, ma la tendenza elitaria ricompare quando si dice, all’inizio della seconda parte “Nel breve intenso periodo di crisi generale, in cui gli stati nazionali giaceranno fracassati al suolo, in cui le masse popolari attenderanno ansiose la parola nuova e saranno materia fusa, ardente, suscettibile di essere colata in forme nuove, capace di accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti …

Troviamo poi anche un principio ambiguo (perché utilizzabile in molti modi) quando si dice “Assurdo è risultato il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei”.

Questo principio, ripreso dall’antifascismo, è stato poi uno dei fattori ideologici che ha permesso le guerre Usa contro l’Iraq, la Serbia e la Libia. Non a caso questo principio è stato fatto proprio dal fondamentalismo neoliberista dei Radicali Italiani, che sono stati sempre in prima fila nel sostegno ideologico e politico alle guerre condotte da Usa ed Europa dopo il crollo del socialismo reale.

Singolare poi è la teoria sostenuta in questo passo dove si dice “Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente: tracciati dei confini a popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc:, che troverebbero nella Federazione Europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte delle più vaste unità nazionali, quando hanno perso la loro acredine, trasformandosi in problemi di rapporti fra le diverse provincie”. 

Infatti si pensa che l’unificazione europea contribuirebbe a risolvere i problemi interni a vari Stati, mentre la questione catalana è la dimostrazione che la tendenza alla concentrazione dei fattori produttivi – resa possibile dalla libera circolazione degli stessi a livello europeo (senza meccanismi di compensazione) – lacera ancora di più il circuito di solidarietà interno ai singoli Stati, a meno che qualcuno non riesumi il patriottismo nazionalista, per cui il processo di unificazione si configura come una sorta di fuga in avanti.

Fa sorridere ed inquietare l’atteggiamento degli estensori verso la democrazia. Essi combinano la critica al totalitarismo nazionalistico ad un atteggiamento minoritario ed illuministico che non può che mostrarsi scettico verso le possibilità dei popoli di autodeterminarsi. Infatti dicono “I democratici non rifuggono per principio dalla violenza, ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sugli i. Sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono solo essere ritoccate in aspetti relativamente secondari. Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nelle rivoluzioni russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, con le sue leggi e la sua amministrazione, pullulano immediatamente, con sembianza di vecchia legalità o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze sociali progressiste. Il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta tra loro”. 

Il popolo per questi signori è sempre confuso. I milioni di teste li ossessionano ed hanno dunque bisogno di ridurre la complessità democratica con l’accetta. 

Infine in questo passo si intravede la tendenza (in altre parti meno accentuata) di assimilare l’Urss alla situazione spagnola e tedesca, quasi rimpiangendo che il socialismo rivoluzionario russo non abbia avuto miglior sorte. E la critica alla burocrazia sovietica fa intravedere un’altra matrice astrattamente internazionalista, oltre quella del liberalismo ispirato dalla concezioni massoniche (si pensi a Briand e allo stesso Kalergi).

Non finisce qui. Il Manifesto aggiunge “Nel momento in cui occorre la massima decisione ed audacia, i democratici si sentono smarriti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni; pensano che loro dovere sia di formare quel consenso, e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare” e ancora “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”.

Giunti a questo punto, gli estensori del Manifesto si preparano a criticare il concetto marxista di lotta di classe ed affermano: “Man mano che i democratici logorassero nelle loro logomachie la loro prima popolarità di assertori della libertà, mancando ogni seria rivoluzione politica e sociale, si andrebbero immancabilmente ricostituendo le istituzioni politiche pretotalitarie, e la lotta tornerebbe a svilupparsi secondo i vecchi schemi della contrapposizione delle classi. Il principio secondo il quale la lotta di classe è il termine a cui van ridotti tutti i problemi politici, ha costituito la direttiva fondamentale, specialmente degli operai delle fabbriche, ed ha giovato a dare consistenza alla loro politica, finché non erano in questione le istituzioni fondamentali della società. Ma si converte in uno strumento di isolamento del proletariato, quando si imponga di trasformare l’intera organizzazione della società. Gli operai educati classisticamente non sanno allora vedere che le loro particolari rivendicazioni di classe, o di categoria, senza curarsi del come connetterle con gli interessi degli altri ceti, oppure aspirano alla unilaterale dittatura della loro classe, per realizzare l’utopistica collettivizzazione di tutti gli strumenti materiali di produzione, indicata da una propaganda secolare come il rimedio sovrano a tutti i loro mali. Questa politica non riesce a far presa su nessun altro strato fuorché sugli operai, i quali così privano le altre forze progressive del loro sostegno, e le lasciano cadere in balia della reazione, che abilmente le organizza per spezzare le reni allo stesso movimento proletario”. 

Dunque, per gli estensori del Manifesto, gli operai ispirati al principio della lotta di classe non farebbero una politica delle alleanze e quindi non riuscirebbero a raggiungere il potere. Questo assunto falso (l’alleanza tra operai e contadini nella rivoluzione russa come si dovrebbe considerare?) serve per introdurre un più sostanziale interclassismo funzionale alla ideologia elitaria degli autori. Anche questo passo non a caso viene in buona parte espunto nella versione definitiva, ma rimane il passo in cui si dice “Il fronte delle forze progressiste sarebbe facilmente frantumato nella rissa tra classi e categorie economiche”, in cui compare un astratto politicismo che derubrica la lotta di classe a rissa.

Essi aggiungono “Questo atteggiamento rende i comunisti, nelle crisi rivoluzionarie, più efficienti dei democratici; ma tenendo essi distinte quanto più possono le classi operaie dalle altre forze rivoluzionarie – col predicare che la loro «vera» rivoluzione è ancora da venire – costituiscono nei momento decisivi un elemento settario che indebolisce il tutto”.

Non sapendo quali siano queste altre forze rivoluzionarie, ci meravigliamo di come gli estensori del Manifesto credano in una rivoluzione di qua da venire e critichino quelli che prudentemente parlano di una rivoluzione di là da venire. L’anticomunismo del Manifesto si rende evidente quando si dice “Ma anche i comunisti, nonostante le loro deficienze, potrebbero avere il loro quarto d’ora, convogliare masse stanche, deluse, assumere il potere ed adoperarlo per realizzare, come in Russia, il dispotismo burocratico su tutta la vita economica, politica e spirituale del paeseUna situazione dove i comunisti contassero come forza politica dominante significherebbe non uno sviluppo in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del rinnovamento europeo”. 

Anche questo passo viene omesso nella versione definitiva (probabilmente si sceglie un atteggiamento più sfumato verso il partito comunista italiano per quanto Altiero Spinelli fosse stato espulso dal Pci nel 1937). 

Tuttavia la crescente inclinazione di Spinelli verso il liberismo (complice la lettura di Luigi Einaudi, che già dal 1893 parlava di Stati Uniti d’Europa e che, con lo pseudonimo Junius, nel 1920 aveva scritto delle lettere sull’unificazione europea) è evidente quando si dice “Le gigantesche forze di progresso che scaturiscono dall’interesse individualenon vanno spente nella morta gora della pratica routinière per trovarsi poi di fronte all’insolubile problema di resuscitare lo spirito d’iniziativa con le differenziazioni nei salari, e con gli altri provvedimenti del genere; quelle forze vanno invece esaltate ed estese offrendo loro una maggiore opportunità di sviluppo e di impiego, e contemporaneamente vanno consolidati e perfezionati gli argini che le convogliano verso gli obbiettivi di maggiore vantaggio per tutta la collettività

Gli autori sognano un’alleanza tra la classe operaia e gli intellettuali, che eviti agli intellettuali una sorta di impotenza sociale e agli operai di appiattirsi sul classismo dottrinario, senza notare che la classe operaia aveva già nei suoi gruppi dirigenti intellettuali di alto livello e che, nel frattempo, Antonio Gramsci aveva già delineato un modello di intellettuale collettivo (proprio quel partito che gli elitari del Manifesto trattavano con ingiustificata supponenza). 

Questa parodia di un bolscevismo in giacca e cravatta così conclude: “Durante la crisi rivoluzionaria spetta a questo partito organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente come crogioli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidateEsso attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società modernaDà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato ed attorno ad esso la nuova democrazia. Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sbocciare in un nuovo dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere”. 

Nella versione definitiva a “questo partito” si sostituisce “questo movimento”, aumentando nel lettore l’impressione di un pasticcio. Non si vuole fare il partito per velleità di entrismo, ma al tempo stesso si pretende di dirigere senza imporsi a propria volta una organizzazione. Il Manifesto di Ventotene, contrariamente a quello di Marx, invece di abbandonare la dissimulazione, intende perpetrarla rifiutando un contatto diretto con le masse e nascondendosi nelle istituzioni che pure considera compromesse dalla guerra.

Perché tale ingenua e presuntuosa visione delle cose potesse avere il suo infelice successo, si è dovuto aspettare che essa si piegasse alla Forche Caudine del nascente imperialismo europeo, quell’imperialismo che essa vedeva solo nei cosiddetti totalitarismi e che invece si fa presente anche nelle democrazie liberali sempre meno democratiche e sempre meno liberali.

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