Jugoinfo

Il testo che segue e` stato pubblicato in forma abbreviata sul numero
di maggio 2001 della rivista tedesca KONKRET
> http ://www.konkret.de


PASSATO PRESENTE
Sulla continuita` della politica grande-albanese della Germania

di Matthias Kuentzel


Scrosciante applauso per il Cancelliere. A migliaia, gli albanesi
kosovari si ritrovarono a Prizren nel luglio 1999 per festeggiare
Gerhard Schroeder al grido di "Deutschland-Deutschland". "E` davvero
impressionante e ne sono
rimasto molto commosso", ha dichiarato Schroeder in seguito, "vedere a
Prizren i Panzer tedeschi ed i soldati tedeschi con le mitragliatrici
spianate da un lato, e dall`altro vivere l`insolito giubilo euforico
con cui un cancelliere federale della Germania veniva salutato. Io
ritengo che questo debba commuovere chiunque, se si pensa ai
particolari trascorsi
della storia tedesca in questa regione."

A quale storia si riferiva in effetti Schroeder?
Nel settembre 1943 la Wehrmacht, tra gli applausi degli albanesi
kosovari, creava a Prizren una "Seconda Lega di Prizren", il cui unico
obiettivo era la uccisione o la cacciata dei serbi allo scopo di
istituire un Grande Albania "etnicamente pura". Nel febbraio del 1944
la divisione albanese delle SS "Skanderbeg" veniva stazionata a
Prizren. Nell`ottobre del 1944 le SS tedesche iniziavano qui il loro
estremo tentativo di impedire la vittoria degli Alleati. Allora come
oggi questa citta` si trova al centro della politica grande-albanese
della Germania. Allora come oggi i tedeschi
qui vengono acclamati, mentre tutti gli altri non-albanesi devono
temere per la loro vita.

Dal marzo del 2001 la situazione ha vissuto una accelerazione
ulteriore: in relazione alla offensiva dell`UCK contro Tetovo [la zona
occidentale della Macedonia ex-jugoslava, ndT], la Germania ha per la
prima volta fatto propria ufficialmente l`idea grande-albanese. Ma uno
sguardo sulla storia chiarisce che le mosse della nuova politica grande-
albanese da parte tedesca inevitabilmente seguono i passi che sono
stati preparati dal nazismo. Allo stesso tempo, tale sguardo
all'indietro rende palese il carattere strumentale della politica
tedesca rispetto al proprio passato [la "Vergangenheitsbewaeltigung",
cioe` la riconciliazione con
il passato perseguita dalla annessione della DDR in poi, ndT]. Tanto
piu` il governo federale si ricollega agli elementi della politica
nazional-socialista sul Kosovo, tanto meno all`opinione pubblica
interessa di venirne a conoscenza. [Si noti che in Italia, dove durante
questi dieci anni di guerra nei Balcani non e` stato scritto ne` detto
nulla sul nostro passato coloniale in quelle terre, la situazione e`
identica; ndT]

DALLA GRANDE ALBANIA ITALIANA...

Come risposta alla occupazione tedesca di Praga, il 7 aprile 1939
l`Albania fu occupata dalle truppe italiane. Questo paese era di gran
lunga il piu` povero ed il piu` arretrato d`Europa. Due terzi dei suoi
abitanti erano organizzati secondo schemi tribali ed erano rimasti
legati alle faide. Le misere infrastrutture aumentarono l`isolamento
delle regioni controllate dai clan familiari. Di un senso di
appartenenza
nazionale albanese, in quelle circostanze, non si poteva davvero
parlare.
Nel 1941 la Germania aggredi` e soggiogo` la Jugoslavia. Dopo alcuni
giorni di trattative tra tedeschi ed italiani, il Kosovo, fino ad
allora jugoslavo, fu suddiviso in tre zone d`occupazione: alla Bulgaria
fu assegnata la parte orientale, confinante con la Macedonia. La
Germania si assicuro` la zona di Mitrovica, ricca di materie prime, nel
nord della provincia, mentre la parte piu' grande del Kosovo fini'
sotto il controllo
italiano ed il 12 agosto 1941 fu saldata assieme al nucleo dell'Albania
sotto controllo italiano per dar vita alla "Grande Albania".

Il rapporto tra gli occupatori italiani ed i kosovaro-albanesi fu teso
sin dall'inizio. Spesso il terrore delle milizie albanesi kosovare
contro i serbi era troppo anche per la amministrazione coloniale
fascista: ripetutamente le forze dell'ordine italiane aprirono il fuoco
per impedire massacri da parte degli albanesi kosovari contro i serbi.
Le truppe italiane furono dislocate nelle citta' in maniera mirata, per
contenere la violenza. E non fu soltanto per questo motivo che "gli
albanesi non hanno mai avuto rispetto degli italiani. Agli albanesi era
estranea la loro visione del mondo e non gradivano quella che, secondo
loro, da parte italiana era una forma debole, non virile di presentarsi
e di comportarsi. Molti albanesi ritenevano gli italiani bugiardi ed
ipocriti".
Tra gli occupatori tedeschi e gli albanesi kosovari, invece, c`era
maggiore intesa. Percio' la amministrazione nazista garanti' agli
albanesi kosovari nella zona tedesca una autonomia molto maggiore di
quella che essi potevano godere nella zona italiana. In questo modo la
Wehrmacht si riallaccio' alla tradizione della occupazione austriaca
del Kosovo, che aveva avuto luogo durante la II Guerra Mondiale. Nel
1916 come nel 1941 ai kosovaro-albanesi furono concesse amministrazioni
autonome e fu permesso l'uso ufficiale della lingua albanese. E non
solo dal 1941 al 1944, ma anche dal 1916 al 1918 "allo scopo di minare
alle radici la presenza serba nella regione furono aperte piu' di 300
scuole in lingua albanese". Questa politica "scolastica" orientata in
senso anti-serbo ha stimolato inizialmente e poi segnato il particolare
nazionalismo degli albanesi kosovari.

...A QUELLA TEDESCA

Dopo la caduta di Mussolini nel settembre 1943, le truppe tedesche
occuparono la regione grande-albanese per impedire lo sbarco dei nemici
sulla costa della Albania, impiegando il minimo possibile di forze
della Wehrmacht. Prima dell'ingresso delle truppe tedesche il
territorio era stato riempito di volantini con i quali la Germania
nazista si dichiarava protettrice dell'Albania nella lotta contro i
suoi nemici -
in questo caso gli italiani e gli anglo-americani, altrove la Russia ed
i serbi... Il tentativo di creare a Tirana un regime-fantoccio alleato
dei tedeschi ando' a vuoto per la prevedibile incombente vittoria
alleata.
Percio' fu il Kosovo a diventare determinante per la politica
grande-albanese della Germania: "Li' abitano gli elementi migliori del
popolo albanese dal punto di vista razziale, quelli politicamente piu'
determinati e piu' capaci dal punto di vista bellico", dichiaro'
Neubacher nel settembre 1943 in un telegramma per Berlino. "Esiste la
possibilita'", continuo', "di far entrare le milizie kosovare... a
Tirana, per dare
slancio al moto di liberazione".
E cosi' i kosovaro-albanesi venivano sobillati con argomentazioni di
carattere efficacemente propagandistico: "I tedeschi suscitavano
l`impressione che solamente ora, con il loro arrivo, si sarebbe
arrivati ad una vera unificazione del Kosovo con l`Albania", scrive lo
storico americano B.J. Fischer. "I tedeschi non mancavano di dare ad
intendere
agli albanesi che sulla questione del Kosovo gli Alleati erano stati
evidentemente zitti - indicazione questa della loro volonta` di
ritornarlo alla Jugoslavia - e che gli Alleati non avevano riconosciuto
alcun governo albanese in esilio, e nemmeno un comitato di crisi,
gettando cosi` un`ombra sulla esistenza di uno Stato albanese dopo la
fine della guerra".

Questo il risultato della carta kosovara giocata dai nazisti:
gia` nel settembre 1943 fu istituito un comitato nazionale formato
essenzialmente da kosovaro-albanesi ed a Tirana fu proclamata
la "indipendenza" dell`Albania. Ma la Germania fu e resto` l`unico
paese a riconoscere diplomaticamente la Grande Albania "indipendente".
Con il "blando regime di occupazione" nei confronti dei serbi, dopo la
fine del periodo italiano, era finita. Da questo momento si lascio`
mano libera ai massacri delle milizie albanesi kosovare a scapito dei
serbi. Sempre nel settembre 1943, attraverso il fattivo appoggio
tedesco, venne costituita una "Seconda Lega di Prizren" il cui scopo
ichiarato
era "una Grande Albania etnicamente pura". La sanguinosa cacciata dei
serbi, che poteva adesso essere messa in pratica dalla Lega con i suoi
piu` di dodicimila membri, avvenne con la supervisione e con la regia
tedesca. Al fianco della "Seconda Lega di Prizren" la Wehrmacht
recluto` un battaglione di 600-700 uomini, formato esclusivamente da
albanesi kosovari amici dei tedeschi, che fu inviato a Tirana come
corpo d`elite.
Alla fine del 1943 altri 1200 gendarmi albanesi kosovari furono inviati
da Mitrovica a Tirana.
Nel febbraio del 1944 Adolf Hitler, che aveva "molto da dare per
l`ultimo angolo romantico dell`Europa", trasmise l`ordine di istituire
una autonoma formazione delle SS, la "Divisione SS Skanderbeg", formata
da "queste genti di montagna, che fieramente portano le armi"
(Neubacher). Questa Divisione, che contava 6500 componenti, raccolse le
unita` albanesi della 13.ma Divisione di Montagna delle SS Bosgnacche
ed altre milizie albanesi. Essa stazionava a Prizren, il suo principale
territorio di operazioni era il Kosovo, il suo compito dichiarato
era "la difesa" della Albania "etnicamente pura per razza". "Difesa"
significava: chi non ne faceva parte veniva ucciso o sottoposto a
violenze e scacciato. "Le unita`
di questa divisione", scrive Fischer, "si guadagnarono presto una poco
raccomandabile reputazione poiche`, soprattutto nelle zone serbe,
praticavano lo stupro, il saccheggio e l`omicidio". Sulla straordinaria
brutalita` della "Divisione Skanderbeg" esistono svariate attestazioni.
Il 28 luglio 1944 essa
uccise 380 abitanti del villaggio di Veliko, di cui 120 bambini, dando
alle fiamme 300 abitazioni. Nell`aprile del 1944 essa deporto` 300
ebrei. Tra il 28 maggio ed il 5 luglio "la Divisione delle SS in
territorio albanese prelevo` altri 510 tra ebrei, comunisti, partigiani
e persone sospette. Di
questi 249 furono deportati", scrive Raul Hilberg. Anche i rom della
regione del Kosovo, che fino al settembre 1943, con la fascia gialla al
braccio, avevano dovuto sopportare i lavori forzati, dopo il passaggio
del Kosovo in mano tedesca furono deportati e chiusi nei campi di
concentramento in Jugoslavia, ma anche a Buchenwald e Mathausen.
Contrariamente alla leggenda che fu coltivata in seguito a Tirana, il
Kosovo fu di gran lunga la regione che dette piu` filo da torcere anche
ai partigiani di Tito. "Il movimento in Kosovo e` molto debole, quasi
morto", recitava un rapporto del PC di Jugoslavia dell`agosto 1943.
Sotto il dominio tedesco la
situazione si aggravo` ulteriormente. In un rapporto al CC del PC di
Jugoslavia, all`inizio del 1944, il raggruppamento comunista di quella
provincia, piccolo ed isolato, dichiaro` che li` le masse albanesi
consideravano gli occupatori
nazionalsocialisti come liberatori e vedevano i tedeschi come i loro
piu` grandi amici: persino alla fine del 1944, quando i partigiani
della Albania meridionale avevano gia` costretto alla fuga la Wehrmacht
ed avevano liberato l`Albania, il Kosovo rimaneva decisamente ancorato
al campo delle potenze dell`Asse. Non per caso le SS tentarono proprio
qui per l`ultima volta
di impedire la ormai scontata vittoria degli Alleati. Dopo che il
terreno a Tirana era diventato troppo bollente per loro, nell`ottobre
1944, tutt`e due i legati tedeschi che erano rimasti si trasferirono a
Prizren per appoggiare l`istituzione di un governo anticomunista in
Kosovo, sotto la guida d`un loro amico di vecchia data, il
collaborazionista Xhafer Deva,
che rifornirono in abbondanza di armi, munizioni, derrate alimentari e
probabilmente anche di agenti. Le truppe di Deva, a cavallo tra il `44
ed il `45, contavano piu` di 6000 soldati; esse avevano il comando
nella regione di Drenica. La resistenza delle truppe di Deva contro
l`esercito partigiano di Tito duro` dal novembre 1944 al maggio 1945, e
fu sconfitta solamente con
l`impiego di 30mila partigiani. L`idea panalbanese, pero`, rimase
accesa e torno` alla ribalta in Kosovo all`inizio degli anni Ottanta.

(1/2 continua)


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(2/2 segue)

IL POGROM COME PROGRAMMA

Dopo le modifiche costituzionali di Tito, nel 1974, non si poteva
parlare di discriminazioni a danno degli albanesi kosovari. Al
contrario, questi godevano di ogni diritto e controllavano l`intero
Kosovo "albanesizzato". Tuttavia
per i nazionalisti anche in questa situazione la cacciata e la
persecuzione di tutti i non-albanesi rimaneva all`ordine del giorno.
Scopo di questo movimento e` "un territorio unitario, `etnicamente
puro`, cioe` `ripulito` dai serbi e dagli altri slavi, nel quale siano
insediati solamente gli albanesi", come
indicava "Die Welt" nel 1986. "Lo scopo dei nazionalisti radicali e`
(...) una `Albania etnica` che comprenda la Macedonia occidentale, il
sud del Montenegro, parti della Serbia meridionale, il Kosovo e
l`Albania", come scrisse il "New York Times" nel 1987. La fuga degli
slavi dinanzi al protrarsi delle violenze ha reso il Kosovo proprio
quello... che gli schipetari nazionalisti volevano da anni - una
regione "etnicamente pura".

Con l`unificazione tedesca del 1990 ritornava in campo anche la
tradizionale protettrice della idea panalbanese. Sempre nello stesso
anno i nazionalisti kosovari dichiararono l`indipendenza della loro
provincia. Ibrahim Rugova divenne il "presidente" e Bujar Bukoshi
il "capo del governo" del "Kosova indipendente". Nessuno dei due
nascondeva le proprie grandi ambizioni. "Personalmente mi batto per
l`unione con l`Albania", dichiaro` Rugova nel 1991. "Comunque la
migliore soluzione sarebbe che gli albanesi vivano tutti in un unico
stato, anche gli albanesi
della Macedonia dovrebbero farne parte". Bujar Bukoshi, che non a caso
insedio` il suo "governo in esilio" in Germania, non era da
meno: "Faremo di tutto perche` la libera repubblica del Kosova e
l`Albania un giorno siano tutt`uno", riporto` il
quotidiano "Tageszeitung", aggiungendo: "I bambini gia` imparano nelle
scuole private [quelle del sistema "parallelo" del quale con tanto
acritico apprezzamento si e` parlato anche in Italia, ndT] come ci si
debba comportare in caso di `guerra etnica`." Ed in effetti questo
programma delle scuole private degli albanesi kosovari - dirette dalla
Germania, finanziate dagli esuli albanesi ed appoggiate politicamente
dal governo federale tedesco [programma ed insegnamento cui hanno
attivamente lavorato settori "nonviolenti" ed associazioni
"per i diritti umani" di varie nazioni, tra le quali come capofila la
Gesellschaft fuer Bedrohte Voelker / Associazione Popoli Minacciati,
spec. la sua sezione italiana-sudtirolese, cfr. i loro siti internet -
ndT] attraverso i suoi materiali di orientamento "grottescamente
nazionalista ed antiserbo" (W. Oschlies) ha a tutti gli effetti
continuato l`opera di "formazione" che nelle zone sotto occupazione
tedesca era stata
interrotta nel 1944.

Le prime cariche esplosive per la nuova Grande Albania scoppiarono nel
febbraio 1996: come primo atto pubblico l`UCK attacco` cinque campi
profughi serbi contemporaneamente con ordigni esplosivi. Cosi` ebbe
inizio "la guerra per la liberazione dei territori kosovari che sono
occupati da
serbi, macedoni e montenegrini", come dichiaro` in seguito un portavoce
dell`UCK. Non e` un caso se gia` questa prima azione fu rivendicata con
un riferimento alla vecchia divisione delle SS "Skanderbeg". Molti
quadri di comando dell`UCK, nonche` il suo fondatore Adem Jashari
[ucciso nella sua roccaforte di Drenica nel marzo 1998 in una vasta
operazione della polizia
jugoslava, che suscito` grande clamore; ndT], furono reclutati in
quanto figli o nipoti di appartenenti della vecchia divisione
SS "Skanderbeg".
Anche la organizzazione albanese di estrema destra "Balli
Kombetaer" (Fronte Nazionale), che nel 1944 era annoverata tra i
principali sostenitori del dominio nazista, si pregia volentieri di
esercitare il proprio influsso sull`UCK. Pure certe usanze ricollegano
l`UCK direttamente ai suoi precursori nazisti. Ad esempio, ancora oggi
almeno i membri macedoni
dell`UCK per richiamarsi al battaglione delle camicie nere che
stazionavano a Prizren nel 1941 indossano una casacca nera. Ed anche il
loro saluto originario - il pugno chiuso sulla nuca - deriva dalla
tradizione fascista. Questo saluto militare fu sostituito con quello
comunemente usato nella NATO solamente dopo che qualche osservatore
dotato di memoria storica ne fu infastidito. Il principale elemento di
continuita` tra la divisione delle SS "Skanderbeg" e l`UCK consiste
nel fatto che ad entrambi non interessa alcuna forma statuale albanese
che non sia fondata sulla "purezza etnica", per cui tutto cio`
che contrasta con l`ideale di omogeneita` nazionale o che ricorda il
vecchio dominio serbo deve essere distrutto e spazzato via. La loro
concezione di liberta` e` orientata nel senso della
nazionalsocialista "liberta` da": liberta` dagli ebrei, liberta` dai
rom, liberta` dai turchi e dagli slavo-macedoni... Questa concezione
di "liberta`" era stata
introdotta nei territori controllati dall`UCK sin dall`inizio. "Nelle
localita` in tal modo liberate l`UCK mise al bando tutti i partiti
politici e scateno` la violenza contro le minoranze dei serbi, dei rom
e dei gorani (macedoni islamizzati)". Questo modello di societa`
nazional-fascistoide rappresenta la caratteristica principale del
progetto della "Grande Albania".

UN PROTETTORATO PER L`UCK

Sin dall`inizio del protettorato della NATO in Kosovo i vecchi ricordi
della Grande Albania degli anni 1943-1944 si sono ridestati. Quando le
truppe tedesche hanno marciato su Prizren sono state salutate come da
vecchi commilitoni. "Sicuramente per i tedeschi sin dal primo istante
e` stato tutto piu` semplice di quanto non lo sia stato per il resto
delle truppe
della KFOR", ha commentato "Der Spiegel". "Per il loro appoggio alla
indipendenza degli albanesi ai tempi di Hitler le generazioni ancora
viventi sentono una fratellanza forgiata nella storia, da trasmettere
ai nipoti...
Come nell`anno 1943 (...), soprattutto le gerarchie dell`UCK esaltano
`il patto sancito nella storia`". In una "Guida per i contingenti della
Bundeswehr in Kosovo" il governo federale tedesco si e` soffermato su
questo affratellamento. "Non si puo` escludere che, a causa di questi
trascorsi storici (...) possa capitare di essere avvicinati da parenti
o amici di ex-membri della divisione SS `Skanderbeg`". Non
necessariamente questo va ricollegato ad una qualche mitizzazione del
periodo del dominio nazista: anche un riferimento ad un calciatore
tedesco potrebbe essere motivo per esprimere il "legame". Il "legame"
con la Germania, seguendo questo filo conduttore, puo` finire per
palesarsi attraverso la simpatia per il nazismo, e l`apprezzamento per
le azioni della Wehrmacht puo` essere considerato normale. La stessa
Bundeswehr dimostra giorno per giorno il suo legame con la Wehrmacht:
ripercorrendo
precisamente il rituale che l`emittente tedesca "Radio Belgrado" curava
dal 1941, a Prizren come sigla quotidiana della trasmissione
radiofonica militare tedesca si usa la nota hit della Wehrmacht "Lili
Marlene"; una provocazione che il governo federale tedesco si puo`
permettere solamente laggiu`, dove un tempo era il centro del
collaborazionismo nazista. E comunque questa scelta musicale ha un
senso piu` profondo, benche` non
trasparente: contemporaneamente alla trasmissione della vecchia
melodia, a Prizren si riparte con le "pulizie" della vecchia divisione
delle SS. Non esiste zona, in Kosovo, dove l`UCK goda di tanta mano
libera per attuare i suoi pogrom, quanto quella sotto amministrazione
tedesca. "A Prizren i soldati tedeschi hanno concesso ai miliziani
albanesi dell`Esercito di Liberazione del Kosovo di dettare legge in
citta`, affidando loro il destino delle famiglie serbe", criticava il
giornale
parigino "Le Figaro". "L`UCK ha dichiarato che Prizren e` totalmente
sotto il suo controllo", ha confermato la "Frankfurter Allgemeine
Zeitung". Persino il capo spirituale dei serbi-kosovari, il vescovo
Artemije, ha chiesto invano al contingente tedesco della KFOR a Prizren
garanzie di sicurezza.

"PUREZZA ETNICA" - UN IDEALE TEDESCO

Diecimila serbi di Prizren sono stati quasi tutti presi di mira o
scacciati, i rom del Kosovo sono stati perseguitati in modo
sistematico, e le ultime comunita` ebraiche di Pristina sono state
cacciate via con minacce e violenze. Eppure, per la politica tedesca
questo pare essere a tutti gli effetti
un bilancio positivo. "Nel Kosovo la criminalita` adesso e` inferiore
che a Mosca", ha detto esultante ad esempio Rudolf Scharping, mentre
l`ex comandante tedesco della KFOR Klaus Reinhardt si compiace
soddisfatto: "Oggi a Prizren
come a Pristina la situazione e` quella di altre citta` occidentali: le
discoteche sono piene, la gente siede lungo i viali ed e` contenta di
poter vivere in pace". La pace, secondo questa logica, sarebbe
sopraggiunta perche` "i diversi per nazionalita`" finalmente sono stati
di nuovo cacciati
via. Infatti, spiega Reinhardt, "solo nelle zone dove si confrontano i
vari gruppi etnici le tensioni sono ancora grosse". Per dirla in
un`altra maniera: il pericolo potenziale e` eliminato solamente nelle
zone e nei territori "etnicamente puri". Il Kosovo puo` essere un
modello di nazione in questo
senso? Gli ufficiali della Bundeswehr vogliono forse in questo modo
dire esplicitamente che "la concezione occidentale di una convivenza
pacifica tra vari gruppi nazionali in Stati multietnici (...) e` una
finzione"?

POTERE E FOLLIA

Come in passato, cosi` anche nel presente la Germania si profila come
la potenza protettrice del nazionalismo albanese - con attivismo,
competenza, e con un apparato fortemente motivato. Per questa politica
Gerhardt Schroeder e` stato accolto a Prizren con "un giubilo di
incredibile euforia". Fin qui tutto chiaro. Ma perche` mai Schroeder,
quando si vide
festeggiato in quel modo a Prizren, rimase "commosso"? Perche` mai ne
dedusse che quel giubilo "sulla scorta della particolare storia
tedesca" avrebbe dovuto commuovere chiunque? La spiegazione e`
semplice: il cancelliere federale non ha percepito l`applauso degli
albanesi kosovari come giubilo per la continuita` della politica
tedesca sulla Albania; viceversa,
in quell`applauso egli ha fantasticato esattamente il contrario, cioe`
la conferma di una presunta discontinuita` e l`affrancamento di una
Germania "cosciente del passato". Con narcisistica autostima Schroeder
ha ridisegnato la realta`, come se ad esaltare la Germania non fossero
i difensori del
collaborazionismo bensi` i seguaci dell`esercito partigiano di Tito. La
commozione del cancelliere esprime follia: una particolare disposizione
della psiche tesa a creare una realta` tutta propria. Per questa
disposizione, Auschwitz - cioe` il tema della colpa e della redenzione -
e` centrale. L`intervento della Bundeswehr contribuisce "a sostituire
la colpa storica
ed il crimine storico, commessi nel nome della Germania, con una
diversa immagine del nostro paese", ha spiegato il cancelliere ai
soldati stazionati a Prizren. Ma come possono le immagini "sostituire"
i crimini? Il guasto logico della formulazione di Schroeder corrisponde
al guasto
psico-logico della collettivita` tedesca: come il disco rigido di un
computer si cancella e si sovrascrive con un nuovo programma, cosi`
Schroeder & company devono cancellare i crimini del nazismo e
sostituirli con un programma di "orgoglio di essere tedeschi". Questa
disposizione in effetti cozza frontalmente contro la realta` politica:
gli elementi di continuita` tra la politica per il Kosovo attuale e
quella del nazionalsocialismo sono sotto gli occhi di tutti. Eppure la
realta` viene riconosciuta a livello di coscienza sociale solamente
nella misura in cui essa si armonizza con lo stato di necessita` psico-
sociale. Sembra che i tedeschi si siano confrontati tanto intensamente
con il loro passato come nessun altro ha fatto; eppure i crimini delle
SS albanesi-kosovare vengono ignorati quasi fossero nelle cose, se da
essi bisogna apprendere qualcosa per il presente. Certo, il tema
delle "pulizie etniche" gode di ampia popolarita`; pero` la cacciata
degli ebrei di Pristina, della quale si e` occupato pure il
Parlamento britannico, dalle nostre parti e` un tabu`, perche` ricorda
il passato. Tutte le chiacchiere sul pluralismo che riempiono i nostri
giornali e le nostre reti televisive, quasi fosse cosa assodata, si
trasformano repentinamente in un silenzio assoluto quando il bisogno di
redenzione implica dei conti da pagare, ed il retroterra
nazionalsocialista degli
attuali piani tedeschi di costituzione di una Grande Albania rischia di
venire a galla.

(Fine. Traduzione a cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia)

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Traduzioni a cura di "Soccorso Popolare" (Padova)
<soccorsopopolare@...>

---

MESSAGGIO DI MICHEL COLLON 2 GIUGNO 2001

Cari amici,

Ci tengo molto ad informarvi sugli sviluppi del mio tumore.Vi ricordo
che sono appena stato operato per un tumore al rene; l'operazione ha
avuto buon esito e io mi sto rimettendo normalmente.

Disgraziatamente ho appena appreso che gli esami condotti sia sul
rene asportato, sia sull'altro rene e sulla ghiandola tiroide, hanno
rivelato la presenza di cesio 134 e 137 e anche di un terzo
elemento [radioattivo]. Tutti sono derivati dall'Uranio 235 che,
com'è noto, deriva dalle scorie delle centrali nucleari.

Delle verifiche saranno ancora effettuate nei giorni che vengono. Il
laboratorio dell'Istituto di Medicina Nucleare diretto dal professor
Frohling a dunque trovato delle sostanze radioattive nel mio corpo.
Questo fatto non fa che rafforzare la mia collera contro i caopi
della Nato che hanno trasformato dei territori interi in discarica
radioattiva.

Ho avuto la grande fortuna di essere stato diagnosticato presto e
curato da medici competenti e solidali. Ma io penso alle popolazioni
dei territori colpiti, alle centinaia di migliaia di persone che non
avranno accesso a queste diagnosi e cure sofisticate e costose. Negli
anni a venire dunque la nato provocherà ( e ha già provocato) in
queste regioni delle enormi sofferenze e angosce.

Mi auguro che la mia esperienza sia utile per portare a galla
clamorosamente la verità e per rinforzare la determinazione di tutti
quelli che vogliono far pagare i capi della Nato.

Quelli della Nato sono dei mostri che hanno mentito sulla loro guerra
che hanno preteso pulita. Non solamente hanno mentito sui loro scopi
sedicenti umanitari (in realtà economici e strategici), ma in più
hanno trattato come scorie tutte le popolazioni dei territori
aggrediti.

Sono risoluto a iniziare un azione giudiziaria d'urgenza, la Nato
deve pagare gli esami e le analisi costose. Il principio di
precauzione non è stato fatto valere per tutti i Belgi che si sono
recati in quei paesi (Irak, Bosnia, Kossovo, Jugoslavia) essi devono
anche poter beneficiare degli esami di depistaggio (individuazione
mediante ricerche

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Colette Moulaert Email: colette.moulaert@...

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Michel Collon 4 GIUGNO 2001

Il movimento anti- globalizzazione deve diventare anche un movimento
per la pace

Michel Collon ha tenuto delle conferenze nel mondo intero. Per
fermare le guerre al servizio del Nuovo ordine mondiale delle
multinazionali, per fare contrapposizione alle minacce che pesano su
tutti i paesi impegnati sulla via di uno sviluppo indipendente,
chiama a costruire con urgenza un movimento internazionale per la pace

Herwig Lerouge

Michel Collon Spero che quello che sta succedendo a me oggi aiuterà a
prendere coscienza della sofferenza causata dalle guerre sedicenti
pulite e umanitarie della Nato in Irak e nella ex-Jugoslavia. A causa
dell'uranio, ingannevolemte definito impoverito, centinaia di
migliaia di persone- particolarmente dei bambini- soffrono o stanno
per soffrire di tumori, di leucemie e di altre malattie. Il ministro
britannico della guerra diceva -già nel 1914-18, "Se le genti
sapessero veramente quello che succede, la guerra sarebbe fermata
domani". Possa il mio caso aiutare a strappare la cortina fumogena
che gkli specialisti in comunicazione occidentali innalzano per
dissimulare sia i loro veri obiettivi, sia gli orrori di queste
guerre.

E' possibile questo?
Michel Collon Si, la gente non è stupida. All'ospedale
un'infermieras congolese mi ha detto: "Le grandi potenze non sono
mai "umanitarie". Quando i massacratori si scatenavano nel povero
Ruanda hanno lasciato fare. Ma intervengono nel congo ricco per
controllare le sue ricchezze" Chiunque conosce bene il suo
territorio, la sua regione d'origine, può avere una visione chiara
malgrado la disinformazione. Bisogna allargare e mettere in comune
queste lucidità disperse

Tu insisti perché tutte queste guerre siano considerate come un
unico insieme..

Miche Collon Assolutamente sì. Di più in più vno paesi aggrediti e
minacciati. L'Irak: dopo le bombe, l'embargo che ha fatto già più di
un milione di vittime. La Jugoslavia, dal 1991 e non finisce qui. I
paesi petroliferi del Caucaso e, in Algeria, il via libera agli
estremisti islamici. Il Congo: 3,5 milioni di vittime in seguito
all'aggressione fomentata dietro le quinte dagli Stati Uniti. Vero
genocidio in un silenzio completo. La Colombia aggredita sempre dagli
usa, che minacciano anche la Corea, Cuba e forse un giorno la Russia
e la Cina.

Tutte queste guerre hanno lo stesso obiettivo: permettere alle
multinazionali di accaparrarsi delle ricchezze strategiche e dei
mercati. Il 28 marzo 1999, poco prima dei bombardamenti sulla
Jugoslavia, il New York Times scriveva: " Perché la globalizzazione
funzioni, l'America non deve temere di agire da superpotenza
onnipotente qual è in realtà. La mano invisibile del mercato non
funzionerà mai senza un pugno nascosto. Mc Donald non può prosperare
senza Mc Donnel Douglas, il costruttore dell'aereo F-15"

Il mondo progressista ne è cosciente?

Michel Collon Non ancora. Il movimento anti-globalizzazione deve
assolutamente acquisire anche un'altra valenza: la lotta per la pace.
La Nato è l'esercito, il braccio armato delle multinazionali. La Nato
ha bombardato la Jugoslavia non per farvi trionfare i diritti
dell'uomo, ma per obbligarla a applicare il programma del Fondo
monetario e del WTO. L'Irak deve sottomettersi alle multinazionali
del petrolio. La nato è il pugno incaricato di spezzare ogni
resistenza all'ordine assurdo delle multinazionali.

E' assurdo vedere delle imprese raddoppiare i loro profitti e nello
stesso tempo licenziare massicciamente con gli applausi della Borsa.
E' assurdo vedere un paio di Nike che si vendono a 90.000 lire quando
l'operaio che le ha prodotte prende poche centinaia di lire l'ora.
Chi può trovare sensato un sistema che impoverisce sistematicamente
quelli che dovrebbero acquistare? L'impoverimento di enormi masse
rende feroce la battaglia per i mercati "ricchi". La rivalità tra
grandi potenze, soprattutto USA e UE è diventata un aspetto
importante di tutte le guerre recenti.
Di qui l'intensificazione del militarismo. Aumento del bilancio
militare US del 70%. Rilancio della corsa agli armamenti, compresi
quelli nello spazio: lo scudo antimissile non ha niente di difensivo,
ma deve permettere agli USA di attaccare dovunque nel mondo, compresi
gli attacchi con armi nucleari, senza che i paesi aggrediti possano
rispondere. Nello stesso tempo si mette in funzione l'Euro-armata,
incaricata di condurre guerre sporche dello stesso tipo, ma per conto
delle multinazionali europee. Senza dimenticare il Giappone, numero
due mondiale, quanto alla percentuale del Prodotto lordo nazionale
dedicato alle spese militari.

Quali sarebbero i compiti di questo movimento della pace secondo te
necessario?

Primo, fare con a più gente possibile una vera controinformazione. Le
guerre sarebbero impossibili senza le mediaballe. I paesi che
resistono sono messi al bando da una disinformazione destinata a
disorientare l'opinione pubblica internazionale.

Secondo contribuire a far sì che tutte le resistenze si uniscano e si
rinforzino reciprocamente. Solidarieta' e mutuo soccorso

Oggi le resistenze alla guerra si conducono in ordine sparso. Siamo
divisi. Gli USA e la NATO attaccano la Jugoslavia facendo credere
agli Arabi che essi difendono i mussulmani di Bosnia contro
Milosevic. Invece essi attaccano la Jugoslavia per le stesse ragioni
della Palestina.

Infine il movimento contro la globalizzazione delle multinazionali,
il movimento ecologista e il movimento di solidarietà con i paesi
aggrediti dovrebbero unirsi per arrivare a far proibire l'uso di
certe armi, specificamente l'uranio.

Hai fatto conferenze nel mondo intero. La gente ti pare pronta?

Michel Collon Di più in più- anche nei paesi ricchi - cominciano a
inquietarsi per il numero crescente di guerre. Il movimento greco per
la pace ha ottenuto delle grandi vittorie contro l'uranio. Gli ex-
militari colpiti US e francesi anche. Sono informato che la lotta
cresce in Spagna, in germania..

Sostenere la resistenza dei paesi aggrediti, arrestare l'intervento
all'estero del proprio paese è fondamentale e cruciale. Il Viet-nam
ha potuto vincere gli stati Uniti grazie alla sua lotta eroica, ma
anche grazie a un movimento mondiale di solidarietà.

Verso chi deve orientarsi questo movimento?

Verso i giovani che sono sempre stati alla testa del combat, della
lotta contro l'ingiustizia. E verso il movimento operaio che deve
rendersi conto appieno che il denaro inghiottito nella spesa per
carriarmati e bombardieri non è più disponibile per l'occupazione, il
sociale, i servizi, gli ospedali, la scuola.

Questo movimento deve essere estremamente largo, ma permettere anche
di rimettere in questione il sistema che causa la guerra. Gli orrori
attuali devono servire a far comprendere che la dittatura del
profitto assoluto porta inevitabilmente alla guerra.

Aggiungo che occorre avere subito una dimensione europea e
internazionale.

Il campo che ci sta in faccia E' mondializzato. Dobbiamo esserlo
anche noi.

---

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La fonte delle citazioni che seguono, di Vllasi e di Milosevic,
e` il libro "Najteza bitka Josipa Broza Tita"
(La battaglia piu` difficile di Josip Broz Tito)
di Zvonko Staubringer - Ed. SK-PJ u Hrvatskoj,
Belgrado 1992.
(A cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia)

---

ADEM VLLASI, da segretario federale della SKOJ (gioventu`
comunista) dopo la morte di Tito dichiaro':

"A noi del Kosovo il compagno Tito spesso ricordava
il dovere e l`impegno di conservare la Fratellanza e
l`Unita`. Per questo motivo essere fedeli all`opera
ed al messaggio di Tito significa impegnarsi con
fermezza per la fratellanza, l`unita` e l`eguaglianza
di albanesi, serbi, montenegrini, turchi, musulmani, e degli
altri... La morte del compagno Tito ha toccato profondamente
ogni persona. Ci ritroviamo piu` poveri e difficilmente
potremo colmare la sua mancanza nelle nostre fila..."

Oggi Adem Vllasi non gode di particolare influenza politica, ma
trova credito tuttora nel sistema mediatico post-jugoslavo. All`inizio
della primavera di quest`anno (2001), nel corso di una trasmissione
dibattito alla radiotelevisione della Croazia, commentando la
figura di Tito Vllasi ha parlato di lui come del "capo di un regime
bolscevico", rinnegando in pratica non solo le sue stesse parole
piu` sopra riportate, ma anche il suo stesso passato di dirigente della
Lega della Gioventu` Comunista di Jugoslavia (SKOJ). Un giornalista
presente gli ha subito ribattuto intelligentemente: "Lei farebbe
meglio a tacere su Tito, poiche` non mi sembra la persona piu`
adatta ad esprimere giudizi".

SLOBODAN MILOSEVIC non si occupava di politica ai
tempi della morte di Tito; inizio` solo nel 1983. Ha citato
il nome e l`opera di Tito raramente nei suoi discorsi, ma
ha fermamente difeso quanto era stato realizzato nel periodo
titino, e negli anni Ottanta ha aspramente criticato gli
anticomunisti ed i nazionalisti. Cosi` ad esempio nel giugno
1987, al IX Congresso del CC della LCJ, dichiarava:

"I comunisti serbi ed il popolo serbo non hanno mai avuto comprensione
verso i propri traditori. Ancora oggi essi ricordano con ribrezzo,
e le nuove generazioni sanno, che cosa e` stato il movimento
cetnico, ovvero il piu` grande tradimento nella storia del
popolo serbo. Percio` tutti in Jugoslavia devono sapere che
come durante la guerra cosi` anche oggi ne` il vecchio ne` tantomeno
il nuovo movimento cetnico, ne` il vecchio ne` il nuovo
nazionalismo passeranno in Serbia".

Solamente in una occasione, e cioe` al VII Congresso del CC
della LC di Serbia, nel settembre 1987, Milosevic parlo` direttamente
di Tito, dicendo tra l`altro:

"Il pensiero e la forza creativa, e la sua stessa opera
rivoluzionaria creano tutt`oggi, come allora, ponti di comprensione
tra le generazioni, nella gente, tra i popoli, e rappresentano
una costante ispirazione per le nuove generazioni, per tutti coloro
che continuano ininterrottamente il corso della rivoluzione.
La sua vita intensa ed il suo percorso rivoluzionario non sono
entrati semplicemente nella storia, bensi` sono diventati storia essi
stessi, e la sua opera non appartiene al passato... Tito portava
dentro di se un profondo e forte sentimento di energia, di
sicurezza e di ottimismo. Queste sue qualita` avevano un significato
sociale, politico, storico a tutti gli effetti, nel fatto che non
dicevano qualcosa solamente su Tito come uomo, ma anche su Tito come
combattente, come uomo politico, come rivoluzionario. Percio`
egli poteva allo stesso tempo essere a capo della rivoluzione,,
e percio` egli, questa rivoluzione, pote` condurla alla vittoria".

Slobodan Milosevic oggi e` in prigione accusato di ogni
crimine. Dai suoi ultimi discorsi pubblici e dalle ultime
interviste rilasciate non abbiamo appreso alcun nuovo
giudizio sulla figura di Tito, ma piuttosto la contrarieta`
alla svendita incondizionata della RF di Jugoslavia al capitale
straniero, e la convinzione di essere diventato un
perseguitato politico per aver voluto strenuamente difendere
la indipendenza del proprio paese.

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