ROSSO XXI°

Periodico del Movimento per la Confederazione dei Comunisti
http://www.confederazionecomunisti.it/ROSSOXXI.htm
N° 11 - GIUGNO 2002

IL "PROCESSO MILOSEVIC" E L'IMPERIALISMO

di Aldo Bernardini
(seconda parte)

Il 13 gennaio 1992 il Vaticano e il 15 gennaio gli
Stati U.E. riconoscono Slovenia e Croazia. E? del 21
febbraio la decisione del Consiglio di sicurezza
delle N.U. che prevede una forza di interposizione in
Croazia (richiesta in precedenza, non senza
contrasti, dalla Presidenza federale).
Fin dal 18 gennaio 1992, nella Presidenza a rotazione
della Bosnia-Erzegovina, Izebetgovic (musulmano) si
rifiutava di passare le consegne al serbo Karadzic:
nel febbraio 1992 si intensifica la pressione degli
occidentali per l?indipendenza della
Bosnia-Erzegovina, il 29 si tiene il referendum
anticostituzionale (secondo la vigente Costituzione
federata) per l?indipendenza (la componente serba, il
35%, non partecipa). I serbi si rifiutano infatti di
divenire, da popolo costituente, minoranza in uno
Stato dominato dai musulmani. Ciò rafforza la
decisione di distacco dei serbi di Bosnia e porta
alla divisione di Sarajevo, nonché, poco dopo, alla
guerra civile in Bosnia-Erzegovina. Gli Stati Uniti,
nel marzo 1992, fanno fallire un accordo tra le
componenti bosniache basato sul piano (di
cantonalizzazione) dell?intermediario portoghese
Cutileiro (v. lettera di questo all? ?Economist? del
9.12.1995): finché, il 6 aprile 1992, anniversario
dell?invasione della Jugoslavia da parte nazista nel
1941, gli Stati dell?U.E. riconoscono l?indipendenza
della Bosnia-Erzegovina e gli Stati Uniti tutte le
Repubbliche secessioniste. Il 7-8 aprile viene quindi
proclamata definitivamente l?indipendenza della
Repubblica serba di Bosnia nei territori a
maggioranza serba, circa il 65% della superficie (lo
stesso giorno migliaia di bosniaci di ogni
nazionalità manifestano a Sarajevo in favore della
Jugoslavia). Il 10 aprile il nuovo esercito bosniaco
attacca le caserme federali.
Nella situazione fattuale creatasi, viene proclamata
una nuova Costituzione federale della Jugoslavia
(Serbia e Montenegro) il 27 aprile 1992, con apertura
esplicita a qualunque altra Repubblica volesse
accedere. L?8 maggio il Comando di stato maggiore
federale, sino ad allora pienamente jugoslavista,
deve far posto a nuovi quadri di orientamento
?piccolo-jugoslavo? e quindi essenzialmente ?serbo?.
Viene formalmente deciso, sotto la pressione
occidentale, il ritiro dell?Armata federale da
Croazia e Bosnia-Erzegovina (fra il 19 maggio e il 6
giugno), ma in realtà solo con gli elementi
giuridicamente residenti in Serbia e Montenegro,
restando quelli residenti in regioni croate o
bosniache in loco. Il 22 maggio Croazia e Slovenia
risultano ammesse all?ONU, mentre viene riconosciuta,
da vari Stati, l?indipendenza della ?Repubblica ex
jugoslava di Macedonia?. Il 27 maggio 1992 la strage
in una piazza di Sarajevo, che poi si rivelerà essere
una provocazione, fornisce il pretesto per ulteriori
sanzioni delle N.U. (30 maggio) contro la Jugoslavia.
Nel giugno, ad Istanbul la Conferenza islamica decide
l?invio di armati in Bosnia. Il 2 luglio i croati
dell?Erzegovina proclamano la Repubblica croata di
Erzeg-Bosnia, che costituisce un?unità de facto con
la Croazia, senza che le N.U. reagiscano. Nel
settembre 1992 si ha lo spiegamento di forze N.U. in
Bosnia-Erzegovina: la NATO aveva già inviato taluni
effettivi; il 9 ottobre la ris. 816 del Consiglio di
sicurezza stabilisce il divieto di sorvolo della
Bosnia-Erzegovina, che funzionerà essenzialmente
contro gli jugoslavi (serbi). Con le elezioni del 20
dicembre 1992 Milosevic risulta rieletto presidente
della Serbia, mentre, a livello federale, viene
estromesso il premier Panic filoamericano.
Nel 1993 registriamo campagne di stampa (spesso
rivelatesi di disinformazione) su atrocità di ogni
genere (attribuite soprattutto ai serbi) in
Bosnia-Erzegovina. L?8 aprile si ha l?ammissione
della Macedonia alle N.U. In seguito ad inesatte
notizie su bombardamenti serbi a Srebenica, il 12
aprile, viene data attuazione a una risoluzione del
Consiglio di sicurezza: si vieta ai serbi il volo nei
cieli bosniaci e si consente la presenza di aerei
sotto comando NATO. Il 2 maggio il dirigente
serbo-bosniaco Karadzic firma l?accettazione del
piano Vance-Owen (con l?idea di 10 province
fortemente autonome) per la Bosnia, rigettato però il
6 maggio dal Parlamento serbo-bosniaco per alcune
questioni territoriali e quindi da un plebiscito che
rifiuta totalmente l?inclusione della componente
serba nella Bosnia-Erzegovina. In seguito alla
minaccia di embargo totale (fatta eccezione per i
medicinali), lanciata dal C.d.s., con l?astensione di
Russia e Cina, contro la Jugoslavia il 18 aprile per
il caso di rifiuto serbo-bosniaco, la Jugoslavia
?rompe? con i serbi di Bosnia, ma l?embargo delle
N.U. contro di essa viene fatto ugualmente scattare!
Fra aprile e maggio alcune città bosniache tenute dai
musulmani sono dichiarate dalle N.U. zone protette e
il 4 giugno il C.d.s. autorizza a tal fine l?uso
della forza (ma Mostar, minacciata e attaccata il 9
maggio dai croati, non viene presa in
considerazione!). Si scoprono fosse comuni di serbi
trucidati dai musulmani, ma senza conseguenze.
E? del 20 agosto la presentazione del piano
Stoltenberg-Owen che prevede una confederazione di
tre Stati sovrani in Bosnia-Erzegovina, criticato dai
musulmani. Il 9 settembre la Croazia attacca la
Krajina serba senza reazione delle forze N.U.; il 20
settembre in Bosnia la regione di Bihac sotto la
guida del musulmano Fikret Abdic, si dichiara
indipendente da Sarajevo, accetta il piano di pace e
tratta con croati e serbi. Il rifiuto di Sarajevo
porta a scontri intermusulmani.
Il 17 novembre entra in funzione il Tribunale
dell?Aja per i crimini della ex Jugoslavia, istituito
dal Consiglio di sicurezza soprattutto per volontà
degli Stati Uniti e, nei fatti, con mira rivolta
essenzialmente alla Jugoslavia e ai serbi in
generale.
Il 10 e 11 gennaio 1994 posizioni interventiste si
accentuano al vertice NATO di Bruxelles, e conseguono
incursioni aeree contro postazioni serbe in Bosnia.
Il 12 gennaio il Papa dichiara testualmente che la
?comunità internazionale? ha il dovere di ?disarmare
l?aggressore? in nome della ?legittima difesa? e
chiede ?una nuova Norimberga? per la ex Jugoslavia e
per i ?crimini del comunismo? (?Corriere della Sera?,
13 gennaio 1994).
Una nuova strage al mercato di Sarajevo (5 febbraio
1994) viene artatamente attribuita ai serbi. Il 16
febbraio gli USA riconoscono la Macedonia, in cui
erano già stanziate truppe, per lo più statunitensi,
della missione UNPREDREP.
Nel marzo, gli Stati Uniti impongono in
Bosnia-Erzegovina la Federazione tra croati e
musulmani, in larga misura fittizia, ma ai fini
soprattutto di un comando congiunto delle relative
forze, per concentrare dunque gli sforzi contro i
serbi. Viene riscontrata inoltre la presenza di
mujaheddin provenienti dall?estero. Il 19 agosto i
musulmani-bosniaci attaccano Bihac, provocando
stragi, mai denunciate. Nel settembre 1994 Wojtyla,
nel pieno dei conflitti bosniaco e della Krajna, si
reca in Croazia, mostrandosi in pubblico insieme a
Tudjman, e ricorda il ?collaborazionista? cardinale
Stepinac.
Nel 1995 si scoprono traffici di armi a favore dei
musulmani bosniaci. Il 1° maggio, senza reazione
delle N.U., i croati attaccano la Krajna e ne
occupano gran parte. Il 3 sono i musulmani ad
attaccare i serbi di Bosnia con copertura di
bombardamenti aerei NATO. Nel giugno i serbi occupano
Srebenica, dopo che da questa, come da tutte le
?enclaves? protette, i musulmani a loro volta avevano
scatenato attacchi. Vi sono molte vittime (ma, se
seguiamo il documento della Croce Rossa
Internazionale ICRC n. 37 del 13 settembre 1995,
6.000 musulmani sarebbero stati segretamente
allontanati dalla cittadina, prima dell?ingresso dei
serbi, da parte dell?Armata musulmana!). Di qui
l?accusa dello ?sterminio di 8.000 civili di
Srebenica?. In luglio Giovanni Paolo II in una
dichiarazione ai giornalisti si schiera per
l?intervento militare, contro i ?tentennamenti della
comunità internazionale?, perché si faccia finalmente
?il necessario? contro gli ?aggressori? (i serbi,
tanto per non sbagliarsi). Pochi giorni dopo Tudjman
ordina lo sgombero della Krajna dai serbi.
Nell?agosto 1995 l?attacco finale croato contro i
serbi, senza nessun intervento della forza di
interposizione ONU, costringe alla fuga la totalità
della popolazione, circa 200.000 persone. Si hanno
rivelazioni sulla fornitura ai croati di armi da
parte tedesca e l?addestramento da pseudoprivate
agenzie USA.
Il 28 agosto, ancora una strage nel mercato di
Sarajevo, della quale anche in seguito emergeranno
aspetti molto equivoci, fornisce il pretesto per un
attacco, sino agli inizi di settembre, di aerei NATO
contro i serbi di Bosnia, che provoca molte vittime
civili anche per l?utilizzo di uranio impoverito.
A dicembre gli accordi di Dayton portano alla
cessazione delle ostilità e alla fittizia
stabilizzazione della situazione in
Bosnia-Erzegovina: se ne parlerà ancora. 100.000
serbi abbandonano Sarajevo, senza reazioni
dell?opinione pubblica internazionale. A fine 1997
verranno rivelati, anche qui senza reazioni, i
crimini commessi dai musulmani ai danni dei serbi.
Per chiudere la sommaria cronologia, si ricorda che a
cavallo tra il 1997 e il 1998 si realizza la non
precisamente volontaria integrazione della Slavonia
orientale a popolazione serba nella Croazia; che il
15 luglio 1997 Slobodan Milosevic viene eletto
Presidente federale della Jugoslavia, mentre
nell?ottobre 1998 il Papa ritorna in Croazia,
beatifica il cardinale Stepinac che aveva appoggiato
il regime ustascia di Pavelic nella seconda guerra
mondiale, e proprio nel momento in cui si scatena una
nuova violenta campagna sulla questione del Kosovo,
pronunzia frasi alludenti al diritto di ?ingerenza
umanitaria per aiutare chi soffre?, preconizzando
dunque l?intervento armato contro la Jugoslavia
(quella ?residua?).

4. Un primo tentativo di valutazione, anche
giuridica. Superfluo qui soffermarsi sulle misure
antijugoslave intraprese da N.U. e U.E. contro lo
Stato costituito (legittimo) che difendeva la propria
integrità e comunque sosteneva la permanenza nella
compagine integrale almeno - da un certo momento -
delle regioni e popolazioni di Repubbliche
secessioniste che così volessero (quindi la relativa
autodeterminazione, in subordine nella forma
dell?autocostituzione in entità statali a sé).
Si è poi operato per impedire ogni efficace azione
delle forze impegnate per il mantenimento dell?unità
del paese, a cominciare dall?Armata federale.
L?ingerenza disgregatrice ha cercato di nobilitarsi
inalberando la bandiera dell?autodeterminazione:
riferita però non ai popoli costitutivi della
Federazione (secondo la preesistente Costituzione
federale), bensì alle Repubbliche federate nelle loro
frontiere amministrative, inclusive, quasi tutte tali
Repubbliche, come detto, di settori dei vari popoli
costitutivi e minoranze conviventi, in modo
complessivamente soddisfacente sino a quel tempo,
nell?allora Jugoslavia. Ma dato che in ogni
Repubblica federata una determinata nazionalità
risultava di gran misura maggioritaria e ad essa
facevano riferimento le élites secessionistiche,
l?esplosione nazionalistica si è resa inevitabile.
Va subito ricordato che l?autodeterminazione, quale
categoria del diritto internazionale vigente, può
essere intesa solo come riguardante, nel quadro di
Stati costituiti, esclusivamente le popolazioni
oppresse, discriminate in senso negativo: esempio
canonico, quelle soggette a dominio coloniale e
naturalmente qualunque situazione assimilabile.
Soltanto qui, per norma giuridica formatasi non, come
erroneamente spesso si dice, con la Carta delle N.U.,
ma in epoca successiva (intorno agli anni ?60), si
rendono ammissibili attività di sostegno (non
direttamente militare, riteniamo) da parte di Stati
terzi, anche in sede N.U., con attenuazione quindi
eccezionale del fondamentale principio di non
ingerenza nei fatti interni di uno Stato: negli altri
casi, invece, le pretese secessionistiche possono
certo sfociare anche in guerre civili, ma queste
restano fatti interni, rispetto a cui gli Stati
terzi, e in principio le stesse N.U., dovrebbero
tenersi estranei (senza agitare strumentalmente il
?vessillo? della ?minaccia alla pace
internazionale?).
Ecco dunque che le ingerenze esterne segnalate ai
danni della Jugoslavia concretano profondissime
lesioni dell?indicato principio di non ingerenza nei
fatti interni di uno Stato sovrano:
l?autodeterminazione in senso proprio è stata
falsamente invocata, nella Jugoslavia di allora non
esistendo in senso proprio situazioni di oppressione
nazionale. Il tutto è culminato nei riconoscimenti
prematuri (e cioè espressi quando lo Stato
complessivo ancora esisteva) delle Repubbliche
(federate) secessioniste. Prodromica è stata la
dichiarazione del 16 dicembre 1991, scaturita dalla
riunione di Bruxelles dei dodici Stati CEE,
contenente ?direttive sul riconoscimento dei nuovi
Stati dell?Europa orientale? (per la Jugoslavia:
dell?indipendenza delle Repubbliche federate che la
volessero), un?iniziativa assolutamente inusitata e
di inaudita gravità, accompagnata da una altrettale
seconda dichiarazione, che invitava le Repubbliche
(si ripete, federate, quindi membri di uno Stato
esistente) a fare ?domanda? di riconoscimento entro
il 23 dicembre 1991! Si è visto come tale invito sia
stato ben accetto per i secessionisti. Un?azione
dunque inqualificabile sul piano etico-politico,
grottesca nella sua burocratica conformazione,
giuridicamente ben catalogabile fra gli illeciti
internazionali della specie più grave, insieme poi ai
concreti atti di riconoscimento e ai sostegni
materiali e politici che nella prima metà del gennaio
1992, Vaticano in testa, gli Stati occidentali
compivano a favore di Slovenia e Croazia e quindi di
Bosnia-Erzegovina e Macedonia. Non ritengo azzardato,
alla luce di quanto esploso in seguito, parlare di
crimini internazionali, sotto figura di crimini
contro la pace, compiuti dagli Stati occidentali e,
se si dà credito alle dottrine oggi correnti ma
esclusivamente ?a danno degli altri?, imputabili
anche ai loro dirigenti.
Ricordiamo che l?esercito federale jugoslavo, a
fronte dell?enorme pressione e delle minacce, era
stato costretto gradualmente a ritirarsi. Finirono
per prevalere le posizioni di jugoslavismo moderato
(oggettivamente centrate sull?unità dei serbi di
tutte le regioni, ma - salvo che in alcuni settori
estremisti - aperte a tutte le etnie residenti, come
consacrato esplicitamente dalla Costituzione serba
del ?90 e da quella jugoslava del ?92: e qui fu
essenziale proprio il contributo di Milosevic). Ma
vanno subito precisati alcuni punti fondamentali. Si
era nel momento di massimo declino ed anzi
dell?eclisse della forza mondiale contrapposta
all?imperialismo: formalmente, l?Unione Sovietica,
già da tempo in collasso, si scioglieva nel dicembre
1991. Il gruppo di Stati, restato unico dominatore e
che aveva già scatenato, da un certo punto con abuso
della Carta delle N.U., la guerra contro l?Iraq, si
arrogava di ?curvare? a proprio modo il diritto
internazionale. Nessun C.d.s., è ovvio, sarebbe
intervenuto a tutela dell?indipendenza e dell?unità
della Jugoslavia. Stravolto e rovesciato il concetto
di autodeterminazione anche contro i tanto decantati
(quando comodi) principi di Helsinki, sino a
renderlo, nella pratica, attuazione del tutto simile
a quello fatto valere, sempre contro la Jugoslavia,
dai nazifascisti cinquanta anni prima, con lo
strumento dei riconoscimenti (abusivi) il conflitto
interno jugoslavo venne artificialmente (e sempre
abusivamente) gabellato come lotta per
l?autodeterminazione delle Repubbliche secessioniste
e anzi come conflitto internazionale (dandosi per
definitivamente formatisi e consolidati i nuovi Stati
quando la situazione era invece ancora fluida): un
conflitto nel quale dunque come aggressore risultava
stigmatizzato lo Stato costituito (legittimo), la
Jugoslavia federale! Riferita l?autodeterminazione
alle Repubbliche federate (contro la stessa ancora
vigente Costituzione jugoslava e senza appoggio
valido nel diritto internazionale) e non ai popoli,
venne negata l?autodeterminazione - in questo caso, a
parer mio, invece legittimamente invocata e
concretamente fatta valere a favore della Jugoslavia
ancora esistente o, in subordine, di entità statali
proprie in fuoriuscita dal quadro (sin allora solo
amministrativo) delle Repubbliche secessioniste
tuttora in via di costituzione come Stati a sé -
delle popolazioni (nel caso, prevalentemente serbe)
maggioritarie in date zone della Croazia (Krajina e
Slavonia orientale) e della Bosnia-Erzegovina (serbi
di Bosnia): di qui la repressione violenta,
appoggiata dall?Occidente anche con intervento
armato, di tali lotte di autentica autodeterminazione
e, di nuovo, la qualifica ancora una volta di
aggressore impartita alla (restante) Jugoslavia, che
invece legittimamente operava al fine di mantenere
l?unità per come possibile o, in subordine, per
sostenere istanze di verace autodeterminazione
(perché, in situazioni in cui entità statali nuove
vanno costituendosi, non possono forzarsi entro
confini predeterminati dall?esterno gruppi umani
territorialmente compatti che ciò non accettino). Non
basta: si è voluta imporre la tesi dell?estinzione
della (vecchia) Jugoslavia contro ogni evidenza e in
spregio dell?esempio fornito, forse persino con
minore plausibilità nel senso della continuità dello
Stato, dalla Russia - cui è stato riconosciuto
addirittura il seggio sovietico nel C.d.s.! -nel
rapporto con l?Unione Sovietica, da considerarsi,
essa piuttosto, estinta per smembramento: laddove la
Jugoslavia federale si è solo ristretta in seguito a
secessioni, non si è smembrata, come ha preteso la
vulgata occidentale, che in base a ciò, per
sovrappiù, ha preteso ed ottenuto di fatto
l?esclusione (illecita) della Jugoslavia dalle N.U..
Ma anche questa distorsione era necessaria per
sostanziare la tesi di una Jugoslavia, Stato nuovo,
che aggredisce altri ?legittimi? Stati (secondo la
mistificazione occidentale, già costituiti) e in essi
aiuta (dunque, ?illegittimamente?) insorti locali!
In un contesto di coazioni assolutamente evidenti, il
Presidente Milosevic dové compiere opera di
mediazione e contenimento rispetto alle pur legittime
posizioni dei serbo-bosniaci e la Jugoslavia risultò
forzata ad accettare la soluzione imposta dagli Stati
dominanti anche in rapporto allo Stato artificiale di
Bosnia-Erzegovina, una ?soluzione? formalmente
raggiunta con gli accordi di Dayton del 10 novembre e
di Parigi del 14 dicembre 1995 fra le parti bosniache
e, come accordo cornice anche fra Jugoslavia, Croazia
e Bosnia-Erzegovina, con la ?testimonianza? di Stati
esterni. Il C.d.s. ne prendeva atto (!) e autorizzava
(con decisione in vario modo ?antistatutaria?) gli
Stati membri ?che agiscono attraverso o in
cooperazione con la NATO? - per la prima volta qui
nominata! - a istituire una forza multinazionale
esecutiva, l?IFOR (Multinational Implementation
Force) per assicurare il conseguimento degli
obiettivi di detti accordi (e ad essa venivano
passati i poteri della missione ONU, l?UNPROFOR): poi
trasformata, il 12 dicembre 1996, in SFOR
(Multinational Stabilization Force). Dopo i minori
episodi indicati in precedenza, è questo il passo
decisivo per fare entrare la NATO nei territori della
(ex) Jugoslavia, realizzando in Bosnia-Erzegovina un
vero e proprio regime di occupazione (militare della
NATO, civile con un Alto rappresentante delle N.U.):
un passo ominoso e naturalmente non inquadrabile nel
sistema delle N.U. secondo legittimità, leggibile
solo al lume assai poco limpido della volontà di
dominio di dati Stati. Il C.d.s., e meglio gli Stati
componenti, anche quelli ?in sé disinteressati?,
nonostante il giro di parole mirante a velare la
sostanza dell?operazione, e cioè l?intervento della
NATO, sottoscrivevano in questo modo la prevedibile,
possibile futura completa esclusione delle N.U. da
decisioni fondamentali in tema di pace o guerra.
La Bosnia-Erzegovina appare uno Stato fittizio, non
solo per l?istituzionalizzata fortissima ingerenza
straniera (che la rende un?entità sotto occupazione o
amministrazione internazionale, una sorta di ente
dipendente con sfere di autonomia, ripartite per lo
più con entità subordinate), ma anche in quanto la
pur instaurata cornice istituzionale complessiva non
supera la divisione reale tra la Repubblica serba di
Bosnia e la Federazione croato-musulmana, nella quale
a loro volta le componenti appaiono anch?esse in
realtà tuttora non reciprocamente integrate ?in forma
federale?. Vero è che si è forzata nella regione, da
parte dell?Occidente, che aveva fomentato e scatenato
gli etnicismi, una pseudo-soluzione di stampo
?jugoslavo?, quella che si era voluta distruggere
nella complessiva Federazione jugoslava e che avrebbe
potuto invece costituire, come aveva costituito,
l?unico possibile presupposto per una convivenza
pacifica delle tre componenti. La qualifica di
?prigione di popoli?, che la pubblicistica
occidentale e nazionalistica, non senza risonanze di
antichi argomenti fascistici, aveva apposto a torto
alla Federazione jugoslava, appare riferibile, pur
nel debolissimo risultato conseguito, alla
Bosnia-Erzegovina.
Un siffatto stravolgimento di valori e principi
fondamentali della convivenza internazionale - il
rovesciamento del principio di autodeterminazione, il
travolgimento di quello di non ingerenza - spiega
perché sia stato necessario ?criminalizzare? la
resistenza jugoslava e in particolare serba contro la
disgregazione. Efferatezze sono state certo compiute,
ma da tutte le parti: solo quelle attribuite ai serbi
sono state però normalmente poste in luce,
ingigantite, tante volte addirittura inventate o
falsamente assegnate. Deve revocarsi il dubbio che
crimini del genere, in quanto realmente perpetrati e
in tal caso certo da perseguirsi ma nelle sedi
naturali, possano essere legittimamente e con
giustizia fatti valere da chi omette di considerare
il contesto globale.


(2, segue. URL:
http://www.confederazionecomunisti.it/Il%20processo%20
Milosevic%20e%20l%27imperialismo.htm )